ISTITUZIONI DI
LOGICA,
METAFISICA,
ED ETICA.
VOLUME 1-5:...
Francesco Soave
19
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ISTITUZIONI
DI LOGICA»
METAFISICA, ED ETICA.
VOLUME IV.
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• .1.' •
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ISTITUZIONI
DI ETICA
D I
FRANCESCO SOAVE
«H. REG. SOM.
HEGIO PROFESSORE,
«DIZIONE CORRETTA ID ACCRESCIUTA .
IN ROMA 1818
Dai Torohj di Mordac chini
—
Con Permesso . .
»
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/
t. »
c-
uigiuzeo
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\
PREFAZIONE!
La pift importante e più util part
della Filosofìa , senza di cui poco gio-
vano tutte- le altre, quella cioè che
ne insegna a conoscere noi stessi »
che i nostri doveri ci manifesta e
ci addita , che ne apre e spiana la
via > onde giugnere alla felicità , per-
petuo scopo dei nostri desiderj si
è la parte che ora dobbiamo trat^
tare . Oggetti di tal natura abbastan-r
za eertamente l'elogio ne formano
per sè soli , e abbastanza per sè
dimostrano con quii ariore e pre-v
mura ella debbasi coltivare »
Nello studio di questa sì nobil par^
te le eccellenti massime degli An-
tichi , le profonde meditazioni de^
moderni, soprattutto una diligente
analisi del cuor umano, saranno
le nostre guide . E schivando da
un canto la spiacevole aridità di
precetti nudi e isolati + dall' altro il
róno lusso di quistioni e speculazio-,
ni odiose > porremo- ogni cura a far.
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sì , che i precetti discendano da prin-
cipi fermi „ attentamente analizzati +
e ordinatamente concarenati fra loro»
e le nostre riflessioni occuperemo - so-
pra a que*punti principalmente, che
guidar possono a conseguenze piiY
utili ,. e più proficue*
Sotto a tre aspetti può F uomo
considerarsi* giusta li triplice rela- .
zione* ch' egli ha , a sé- medesimo ,.-
ai suoi simili e all' Autore suprema
di lui non meno , che dei suoi si*»
ini li . Da questa, triplice relazione:
nasce la divisione generare dei suoi /
doveri, i quali esigono y che saggio-
egli sia nel governo di sè medesimo»
probo cogli altri » pio verso al supre-
mo Autore.
Or ciò che T uom saggio., Vuom prò*
h<y, V uom pio costituisce , sarà il sog-
getto delle presentì Istituzioni * nel-
le quali sopra alla prima parte -, che
nelle comuni Istituzioni, di Etica è
stata fin qui scarsamente trattata , noi;
più, largamente ci estenderemo sic*
come quella ch'è il fondamento del*
le altre due» e eh* è poi tutta prò*
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pria delfa sola morale Filosofia - r lad-
dove delle altre due parti molta per
se ne chiede il Naturai* Diritte r
molto il Civile , ed il Vuhblkù % e
molto- puf la Morale Teofogiit- , ne
senza ingiuria togliere si potrebbe a
s : ffiute Discipline ciò eh esse riguarda*
no come lor propria e particola* per-
tinenza*.
Spiegato adunque diffusamente tut-
to ciò che aJfUom saggio conviene,
dell' Uomo probo, e dell'Uomo pio
quel tanto solo diremo, che s* ap-
partiene al' morale Filosofar ti cui
ufficio è dr considerarne l doveri; itr
quanto* dalla ragione son dfcnostratiV
e stabilirne le massime ed i; princip}
generali senza discendere a quelle
minute applicaziont e particolarità »
che al Giurisperito e al Teologo più-
propriamente sor* riserbate.
Non lascieremo contuttociò nella
seconda parte di dare una breve idea
dell'origine e dei progressi, delle So«
cietà della sviluppamento dei Co-
stumi , e dell' Istituzione dei Precet-
ti: pel Iora regolamento * e unesac-
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8
ta distinzione faremo poi dei Dove-
ri • e delle Virtù , onde veggasi ciò
che forma il carattere delì*Uomo
semplicemente onesto , e ciò che co-
stituisce F Uomo virtuoso : distinzio-
ne , che non abbiamo trovata in al-
tri così chiaramente determinata* co-
me pareva che meritasse .
Nella terza parte similmente dopo
aver mostrato t doveri » che per ra-
gione stringono ogni uomo al suo
Autore supremo, faremo vedere quel-
li che obbligano più particolarmen-
te T Uom Cristiano , e perchè quel-
le cose che avrem innanzi mostrate
colla ragione, ricevano dalla Reli-
. gione vie maggior peso e autorità ,
e perchè veggasi quanto abbia que-
sta augusta Religione perfezionata la
morale Filosofia , e perchè ognuno
che la professa possa conoscere ,quan*
to sopra d* ogni altro egli sta tenuto
non sol per ragione , ma ancora et
più fortemente per Religione ad es-
sere e saggio * e probo , e pio »
♦
:
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ISTITUZIONI »
B T I C A
PARTE f.
v uomo SAGGI o.
~wrniiiiTiii^ iwiwnMWfiwi i tmm \ ■ f— p— '
1NTR0D UNIONE, /
■
Col nome di Sapiente a di Saggio quello
principalmente intendevasi dagli Antichi , il
quale sapesse bea governar sè medesimo . In-
lino dai primi tempi troppo dagli nomini si
conobbe esser questa la parte primaria dell r
umano sapere , siccome quella senza di cut
alla felicità non puh giugnersi , che troppo
naturalmente ad ognuno sta* a cuore , ma per
cui indarno affaticasi a procacciare gli esterni
ajuti chi ba gli mp*di menti in ȏ medesimo,
ne sa rimorerli •
Un assolata impero sovra alte passioni ent
il mezzo che dagli Stoici a tal fine si pre-
scriveva ; ma tal impero essi volevano , qual
noi consente l'umana natura; cosacche in luo-
go cT agevolare la strada" alla felicità, via
più malagevole co' lor precetti , se non an-
che impossibile , ne rendevano il consegui-
Mento ~
Benché però fosse poco da approvare Tee-;
eessira riggce delio lor» dottrine , o piuttosto
1 a * *
io* ^ Immaginazione
pretensioni , non è tuttavia a negarsi , età?
uo saggia e moderato governa delle passio-
ni sia. una (te principali mezzi ,. che a. quel-
ìo conducono .
Ma ai* altra mezza noi* mena importan-
te , e forse anche più facile e più* uni versar-
le ,. sebbene non abbastanza finora conside-
rato , io trovo> esser quello di bei* governa--
re l' iuimag'nazione-.
Io dico : finora: non àbbastanza considerato
poiché quantunque* assai: cose intorno alla
forza dell' immaginazione , ed ai- mali ch'es-
sa produce-,, si siena dette da varj:, io non
so tuttavia, che alcuno peranche abbia- preso*
a trattare questa argomento: in tutta 1? esten-
sione che si* conviene
Or quanta influenza e V immaginazióne 9 a>
le passioni abbiano- realìnente sopra all'urna-» |
na felicità e per. qual : modo* sì* V una* cher^ "
le altre abbiano a regolarsi ,. noi il vedremo*
paratamente , incominciando dall'immagina-
zione-, r.
# *
S E Z I O N E I.
filLXi* IMM-AGIKAaSfOl» ..
a a. F 0/ i..
Natura* 9 e forza, deli' immaginazioni ~
JLiv immaginazione presa'neT senso più este-
so è quella-, facoltà -, per eavV animo ha vi-
vamente presenti le immagini delle cose , che?
attualmente al sensi non. son proenti
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&ta natura c forza . 11
Isella sna forza già molto si è detto orila
37 classica ( png, no. , e seg. );c soprat-
tutto di cmell' impero estesissimo , cV eli*
esercita sai passata e sul l' avvenire non me-
no che sai presente-
Per farne qai alcun cenno , pongasi , che
alla rappresentazione della Zaira <i) la. sce-
na tenera^ di Lagnano destata ci abbia nna
dolce commozione . Calato il sipario , se it
pensiero ama di ritornar nuovamente , e nuo-
vamente pur trattenersi eoo quel vecchio si
rispettabile nelFa sua stessa sciagura , ecco-
ci tosto all'animo riaperta» la scena . Noi
iJ vergiamo sedente in mezzo a I\erestano„
e Chatillon da nna parte , e Jtaira dalF ai-
Era , ascoltiamo i «uoi- teneri latenti soprai
a-lla perdita sospettata» de* figli suoi , reggia-
mo if pianto f che i languidi aceti gii ba-
gna , veggiam le lagrime , che trae dagli
occhi de 9 circostanti , miriamo i trasporti di
gioja sempre crescenti quando a poco a po-
co in Za ra e in Nerestano i suoi figli di-
scopre ; tutta il progressa della scena distin-
tamente ci si schiera davanti; e ògnrqual-
valta ìh cornarli col pensiero f il luogo ^
i personaggi; f gli atteggiamenti r tutta ci ri-
sveglia , corafr se fosse premènte . Ecco ab-
bozzata in una parte la fòrza dell' immagi-
nazione » ^
^ Ma ella non k già paga sol tanta di rav-
visare le idee passate , impaziente di freac*
arditamente si lancia pare , e si spazia nett
avvenire . Punto da una viva anibiziooe aspi-
ra Cesare all'Impera di Koma. AI varcai
• v f ,
0> Tragedia notissima dì VOLTAIRE - .
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tst ìmmaglnazio n e*.
ilei Rubicone la saa fantasia già gli dipoi-—
§e Pompeo : abbattuta , iì Senato tremante f
Popolo sottomesso; già vede la solenne
pompa del suo trionfò , vede i Re della ter-
ra , che « lui si prostran, davanti , vede le
genti che attonite ammirano le sue vittorie ^
▼ede il Mondo che tutto pende da' cenni
suoi : misero f che par non vede il pugnale
di Bruto , che là in Senato F attende per
trucidarlo !;
Una fòrza dell'immaginazione ancor mag-
giore si è quella di far agli oggetti presenti
cambiar figura ed' aspetto . Un fanciullo coli**
animo ingombro dalle impressegli spavente-
voli idee di notturni fantasmi si trova solo
per avveiffura di notte bup* in un 1 aperta
campagna , Un albero , o una vecchia torre,
che d' improvviso allo sguardo gli si presen-
ta , non è più un albero o torre per lui ::
egli è un fantasma terribile che già s'av-
venta pef divorarli; egli ne vede V immen-»
sa corporatura , ne scopre le orribili mem-
bra , pargli che già s' accosti , già già af-
ferrato da lui si sento ; palpita , fugge , il
terrore gli strozza là yoce : e tutto questo
per un informe ammasso di pietre , o per
un tronco .
Da ciò può scorgersi di leggeri quanto
1 % impero deir immaginazione ampiamente sr
stenda . Ella domina liberamente e sul pas-
sato e sul presente e sull'avvenire ; per lei
ai un a cosa è impenetrabile , ninna a' suoi
lapidi voli può far contrasto .
Tutta questa forza però» ella non trae che*
dal passato • Una sola idea non sa avere per
sè, che dai sensi non le sia stata fornita»
Ami le stesse immagini degli obbietti pre-
-
&ua natura e forztx + i3
senti a lei punto non appartengono. Finché
E oggetto ci sta dinanzi , i sensi medesimi:
$on quelli che parlabo: essi ci avvisano della
presenza di qaefto; essi fa rappresentazione
ce n' offrono , ¥ immaginazione sta cheta +
salvo che interporre si voglia colla mesco-
lanza d' idee tratte dagli oggetti passati a*
confonderlo , e sfigurarlo .
IVta non sì* tosto l'oggetto è rimosso, che
alla percezione incontanente ¥ immaginai
zrione sottentra . EMa è che presente il si-
xnolacro ce ne conserva ; élla che spento*
anche dopo motti anni il ravviva ; che in
mille fog-gie lo accresce , lo scema , con
mille altre lo fcga f h> scioglie , e quel go-
verno sa farne che più li piace . Or è da
vedere qnal' influenza ella eserciti sopra-
ali 1 amar felicità , e primieramente qnat
parte eila abbia nei mali dell' animo , che*
più di tatto contribuiscono a renderci mi-
sera e travagliata levità, e quali rimedj a-
liei si debbano apporre.:
C A P ' (y FL
Influenza deW Immaginazione sui maH :
dell' Animo •
ià si è detto più volte < che i piaceri e
i dolori , i beni ed i mali altri si ehi a ma rr
del corpo o fisici > ed altri dell' animo o mo~
rali f secondo che essi o dalle corporee ini- '
pressioni, o dalle idfee e dagl' interni sen-
timenti dell' animo traggono più direttamen-
te la loro origine .
t Si è par detto C Metafisica )- a c&fe
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:4 Immaginazione r
quantunque i nomi di bene e di male pro-
priamente significhino ciò che è atto a prò—
durre un piacere , a un dolere ; nondimeno
Bel comaa favellare s'adoperano spesse vol-
te ad esprimere non la cagion del piacere o
del dolore- f ma* il piacere ed il dolore me-
desimo, e in questo dóppio senso- nei pure
indistintamente gli adoprererrio, in cui Y e-
satrezsa* non* coregga di doverne indicare il
senso particolare e precisa -
Or chi asserisse, che i mali a dolori dell*
animo per la. massima parte-, e fers v anche-
tutti dall' immaginazione dipendono ,, corre-
rebbe certamente gran rischio che là* su*
proposizione fosse tenuta per paradossa
eppur non- v' ha- forse nella- morale- Filoso-
fia verità merr difficile a- dimostrarsi .
Wè già a tal fine vogliali* noi ricorrere adi
una^ lunga enumerazione di tutti que 1 mali
che da ognuno palesemente all' immagina-
zione si attribuiscono . Da più alto prende-
remo* la cosa , e sotto a un aspetto più. uni-
versale- ci faremo a» riguardarla
L' immaginazione , come si è detto { pag~
icit ) è la facoltà per coi I* attimo» ha viva-
mente presenti le immagini delle eose , che-
ai sensi attualmente non- wm- presenti . Or
i malr dell'animo altro principio comune-
mente non» hanno appunto che questo soie
L'immagine d'MWfc ben perduta, o d' un*
male sofferta,* V immagine di u» male , ohe
presente si crede e noi* è , V immagine d'un
mal che temesi neir avvenire», sonale cagio-
ni , che tutte le inquietudini ,< tatti gK af-
fanni dell' animo costituiscono . Tolgasi air
nomo la forza di trasportarsi nel passato o*
*elT arrenile f tolgasi a lai la fcrxa di fin-
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^ Stia influenza ne* mali morali :".
gersi , o la debolezza, di supporre ciò che'
non è : i suoi- mali dall' animo svaniranno
incontanente , De avrà: piir che quei mali i
quali' dipendono da- un ? atto afe sensazione
molèsta, che- sono i mali- del/ corpo..
Affinchè questo più chiaramente apparisca,,
prendiamo a* esaminar Te cagioni da cui de-
rivano tutt* b dolali dell*" animo .
Tre rappòrti posson eglino avere y secon-
do che riferisconsi o al? passato „ o al pre-
stente *, o a 1? fatturo* ~
Quelli che- riguardano* il* passato-, han*
tatti originerò dall' immagine di un mal com-
messo di cui si conosce la turpitudine ,
li paventa? la pena , iP che è chiamato ri-
morso e quando ti si aggiunga? V interno*
rincrescimento- di avorio.» commesso dicesi:
pentimento o dall'immagine di< un- mal'
sofferto >- che ancor ne- spiace d 1 aver dovuto
soffrire-,, il? che poh dirsi ram mari co ; 0 dall'
immagine di un- ben perduto v che ancor vor-
rebbesi avere ^ il che desiderami da' Latini'
frequentemente si nominava*,, eregret si no-
minava da' Francesi e in* nostra l ingua può'
dirsi egualmente rammarico distìnguendo-
poi» \l rammarico- di un mal sofferto , e il
rammarico di um hen. perduto (t)\ Or trap-
(1) Questa applicazione della parola ram-
marico a significare particolarmente il dòlo-
je- per la rimembranza penosa d 1 un mal sof-
ferto, o d r un ben perduto , io Ho già fatta
»air Appendice al Gap. XXV Lib; II. del
faggio: di LOCKE sopro* allumano> Intelletto
parendomi , che derivandola dalT antica voce*
amaricare acconciamente esprimesse queli
rinnovamento di amarezza , ,iq cai ,p riusi —
talmente quel dolore è riposto v
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t& Immaginazione .
po. è manifesto , che in tutti questi casi iE
dolore è in noi prodotto dall' immagine di
una cosa passata , che dalla fantasia ci è
rendala presente.
Circa air a? venire , le ansietà per le cosa
che si desiderano , le inquietudini , la agi-
tazioni, le angustie per le cose che si pa-
ventano , tutte derivano apertamente dallo
stesso principio .
Il dubbio non pub cadere pertanto-, che-
sopra i dolori , che pruova V animo air oc-
casione di una sciagura presente . E a dir
vero la nuova , che a taluno si rechi della*
morte di un congiunto , o di un amico il
qual sommamente- gli fosse caro, quella di
ti.i incendia, o di una inondazione, che
gli abbia guasta una casa o un podere 9 quel-
la d'un furto , o d' un fallimento , che gli
abbia tolta la- miglior parte delle sue sosta»- .
ze , son tatte nuove acerbissime , nuove che-
Io profondano nel hi più* amara tristezza , e
che pur nascono da veri mali presenti , do-
ve non sembra che 1' immaginazione- possa
aver parte .
Nè vale il dire che quando- il male pe*
altrui detto* ci giugno' a notizia y P immagi-
unzione si è allora che agli occhi supplisce,,
e che il male air animo ne dipinge , sicché
fl dolore che pruova V animo, per. questo
ali 1 immaginazione si debba imputare . Ciò'
sarebbe un cambiar la difficoltà , non le-
varla ; perciocché la risposta* più* non var-
rebbe, qualora P addolorata persona alla sua
disavventura si supponesse, presente .
Plè in tal caso gioverete pur dire , che ,
il male venendo da Un' attuale rappresenta*-
zio&* molesta fra i mali del corpo abbia»
99
99
Sua influenza nomali morali, rj
a noverare, perchè il dolore che pruovasi è
troppo più grande di quello che dalla sola
azione fisica , di una tale rappresentazione
possa dipendere. Infatti se T nomo si acer-
bamente addolorato fosse spettatore di un
medesimo infortunio , mà che ad altri ap-
partenesse , un sentimento di compassione
ne proverebbe soltanto ; sentimento ben di-
verso dal suo dolore.
Ma senza ricorrere a queste cose, altre ra-
gioni noi abbiamo , e più forti , onde dove-
re pur questi mali ali 1 immagihazione attri-
,, buire . „ Se nel momento in cui mi s'an-
%J n anzi a la morte d 1 un mio dolcissimo a-
mico , dice l'Autore delle idee $ull* indole
del piacere , io potessi esser certo , che do-
„ po brevi istanti la di lai memoria nonesi-
„ stèrà più nel mio animo, nè più mi rh-
t , sovverrò d' averlo conosciuto , il mio do—
lore sarebbe semplicemente la compassione
,1 del male altrui , sentimento il quale preso
„ isolato fors*anco non consiste che nel fre-
t , mito di alcune parti unisone della nostra
„ sensibilità (0 . Quel che cagiona la cleso-
„ lazione , e lo squallore ov 1 io piombo , si
„ è che in quel momento prevedo quanta
„ volte avrò davanti gli occhi Y immagino
„ della perdita fatta , sento in quel momen-
f9 to la (rista solitudine , che mi si apre d;*-
M vanti, e il paragone che ne farò col bene
f% avuto , nelle mie afflizioni non avrò^più
f , un fedele compagno a cui senza timore
„ manifestarmi , e riceverne consiglio e as-
(i) Esamineremo» por qetesta opinione »
auo luogo " . • "
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■*S Immaginazione » ,
fr sisteriza : negli avvenimenti felici non ve—
9r drb più quella gioja dell 1 amicizia , che
f , moltiplica la felicità comunicandola : do—
ve trovare chi s' interessi? meno ne' deli t)
99
9t
99
della mia immaginazione -, e che per uni-
f , formila di genia avendo meco comune la
9r curiosità di scoprire il vero , mi accom-
pagni 7 dove troverò più un essere tanto gra-
to , tanto sensibile , che mi consolava ad
„ ogni atta di amicizia f che io ubassi seco 9
9r dolce di carattere T robustissimo nell'one-
f , sta 9 attiva, drscreto> nobile? Cosi mi va-
„ da col pensiero spingendo sulla serie del-
* f le dolorose sensazioni, che mi aspettano,
„ e sa quel prima momento contemporanea-
9r mente pensando tatti r momenti del dolor
,f preveduto f resto immerso nella più era-
„ dele amarezza . Questo dolor morale nasce
„ dalla riunione dei fantasmi che occupa I*
mia mente,, onde la parte più nobile di
me stessa a,ppoggianda sul passata e sull
9r avvenire più che sul momento^ attuale , e
paragonando i due modi d' esistere , tutta*
f , inviluppata nel timore- de 1 mali preveduti
s'immerge in un dolore morale M .
Parrà ad alcuni per avventura un po 1 trop-
po quelV asserire r S' io- potessi esser certe
che dopo brevi istanti la memoria* dell* estin-
to amico non esisterà più- nel. mio animo ,
il dolor morale ia me cesserebbe t e il mo-
tivo, per cui la> pruovo si k il prevedere
quante: volte avrfr dinanzi agli- occhi V im-
magine della perdita fatta . L'averla dinanzi
agli* occhi* attualmente, diranno essi, èia
cagione che ci Contrista ,. non il pensare
quante volte davanti agli occhi l'avremo itti
avvenire -
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Sue* influenza ne* mali morali . ig?
Noi* v'ha dubbio però, che amendue fo-
cose non ti concorrano unitamente. All' udi-
re la trista nuova, l'immagine dell' estinto
antico | e della sua disavventura è la prima
a presentarsi ; quesV immagine è pur la pri-
ma ad affliggerci ; ma il nostro» dolore fia
qui non è che di sola compassione . Succede
però ben tosto L'immagine delle quali-
tà -, che preziosa rendevanci Ta saa amicizia r
V onesta del suo: cuore , la dolcezza del suo
carattere , T amenità della sua iconvcrsazio—
ne , r lumi da lui avuti , i conforti ndìe af-
flizioni , i consigli nei dubbj i soccorsi nel-
le indigenze :: tutto questo di roano in mano
ci si vien vivamente schierando innanzi al
pensiero; e mentre T immaginazione tnttt
questi beni: ci fa presenti, e colla sua illu-
sione ce ne mette di nuovo r per così dire,
al possessa, noi ce li veggàarcio aJ momenla
stesso violentemente ritpitK Ci mr oviamo coi
adunque per certe anodo in 4Jjnelia staio* , in
cui Tantalo gtà ci dipìn-serb/i poeti; e h*
continua vicenda, in cui -siamo di vederci il
bene dinanzi , e vedercelo strappato a} me-
desima istante r è la vera cagione dei nostro»
dolore. r*
Questo dolore pearÒ menxr acerba sarebbe
se alcuna speranza ci trasparisse di poter
nuovamente arrivare un giorno* a godere del
bene , che ci vien tolto - Ma appunto lo sten-
derci che noi facciamo negli spazj dell' av-
venire , il non vedere in qaelP abisso alcun
raggio di luce, il figurarci, che ogni mo-
mento dei viver nostra abbia ad essere quin-
di innanzi privo per sempre di ogni confor-
to, è quello che ci raddoppia e moltiplicai
H afflizione ».
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*o ^ tmmaginctzìom --
Cib che si è detto di questo esempio* , si
può con leggier cambiamento a tutti gli al-
tri pur applicare . Il trasporto adunque , che
T animo fà di sè stesso nel passata c nell'av—
venire , è quello propriamente che anche nelle
disgrazie presenti cagiona il suo dolore \ don-
erete i dolori dell' animo anche nelle disgrazie *
presenti propriamente dalF immaginazione
dipendono.
. Ma certi mali o dolori dell' animo vi sona
pure , che molti non ben sapranno persuadersi
che air immaginazione si possano riferire.
E i.' parrà* ad alcuni 9 che almeno quei
primo dolore che sente V anima Bel punto
stesso , che qualche bene gir vien rapito ,
all'immaginazione non possa ascriversi , non
avendo per anche luogo il trasporto- nel pas~
sato , e nelF avvenire*
Ciò non ostante qualora non trattisi di
un piacer fisica, di cui attualmente si goda ^
e che venga improvvisamente involato , nel
quai casa egli è un dolor di sensazione , ia
tatti gli altri con un' attenta analisi noi
scorgeremo-, che anche quel primo dolore
propriamente dalla immaginazione; dipende*
ad un fanciullo io rapisco un frutto , o-
aJtra cosa a -lui cara , qual è il motivo per
cui si duole cotanto ? Egli è perchè nella
sua immaginazione già ne gustar» il piace-
le , o perchè nell 1 atto medesimo che se Io
vede involato , rapidamente tutto il piacer
rappresentasi , che ne avrebbe ritratto ; e la
perdita di questo piacere immaginario è tan-
to acerba per lui, quanto sarebbe la perdita
di un piacer reale - Difatti se io gli torrò al-
tra cosa, che non gl'importi, e di cui non
goda attualmente niun piacer nè reale , uà .
ideale f egli non ae mostrerà ninna pen*u
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Sua influenza né" mail morali. ai
Parrà ad altri , ohe «tali' immaginazione
pur non -dipenda il sentimento della collera ,
eh' è in noi si pronto al ricevere di un'in-
giuria , e eh' è pare si doloroso ,
; Ma io reggo , eh e se V atto o il detto in-
giurioso ci viene da un mentecatto , egli è
per noi indifferente, e non ne facciamo nes-
sun conto ; se ci viene per modo di scherzo
gioviale « festivo da un amico , ci reca anzi
piacere. Onde è adunque , che Tatto stesso
e lo stesso detto ci muov*c cotanto a sdegno ,
e tanto ne ..punge, quando ci rien da perso-
na , in <uii si creda espressa volontà di ol-
traggiarci ? V idea appunto di quest 1 animo
deliberato di farci insulto , che nell'oltragw
giator si suppone ; l'idea della superiorità f
che in quel momento egli usurpa sopra di
noi , e che troppo ferisce U nostro amor prò*»
prio ; T idea dell 1 avvilimento , in cui ci met-,
te rispetto a sè., e a tutti gir altri 9 e che
immaginiamo continuato puranche nelP av-
venire , se T ingiuria resta impunita , son le
cagioni del dolor nostro : cagioni per conse-
guenza , che tutte dall' immaginazione proce-
dono , come da essa pur similmente vedremo
nella seguente Sezione procedere le altre ca-
gioni dell 1 ira , \
3. Altri diranno /che come piace nelle epe-*
re della natura e delibartela varietà ben con-
giunta ooirnnjtft , la, regolarità la propor-
zione , T ordine , V armonia , 1^ con venienz a
de* mezzi cpl t fiue ec. c ; cosi disgusta ciò che,
presenta disordine, irregolarità', sproporzio$%?
ne , dissonanza , incongruenza ; e che questi;
disgusto è più flelT animo , che non, ^sen-
si ; e che; sipeome dipende da un attuai per-
V!Wfle 9 ,QQs\ all'immaginazione non può ri-
ferirsi .
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■M m 9 Immaginazione*
Ma io qui pare osservo primieramente, che
le stesse cose , le quali ad alcuni altamente
-dispiacciono , sommamente piacciono ad al-
tri, Que^ visi o per natura deformi , o s6gu-
Tati dalP arte , che tanta ripugnanza a noi
fanno al vederli pur solamente dipinti , piac-
cicm però sommamente ai Mori , ai Cinesi 9
ai Selvaggi . Le fabbriche del peggi or gusto,
le più triviali pitture , le rappresentazioni più
sciocche e più stravaganti , le buffonerie più
grossolane , che tanto sdegno muovono agi'
intelligenti , empiono le persone volgari di
meraviglia e di diletto • Le mode degli avi
nostri nelle acconciatore e negli abbigliamene
ti, che cosi brutte a noi sembrano , parean
ad essi bellissime ; e quelle , che or tanto
piacciano a noi , parranno forse bruttissime
ai nostri posteri . Or dande Tiene questa di-
versità ? Dalla diversa idea , che ognun si
ferma del bello e del brutto, e con cui le
cose di roano in mano vien confrontando •
Quantunque il bello abbia i suoi principj fer-
ir? e costanti, siccome nella metafisica { p *~h )
noi abbi a m dimostrato , non da tutti però sob
dessi conosciuti egualmente . Or ciascuno
secondo i grado delle sue cognizioni , e secon-
do le passioni sue , e il suo costume , o la
sua abitudine si fabbrica nella sua mente
nna certa immagine, e misura del bello sua
propria e particolare f e trova piacevole tut-
to ciò che è conforme a tale immagine, e
disgustoso tutto quello che a lei s^ oppone .
Chi non ha idea d'alcuna cosa migliore , nel-
le rappresentazioni ancor le più sciocche, e
sconce , e deformi non pruova che indifferen-
za , o sente anche diletto ; chi ha idea delle
cose , le quali sieno realmente # o egli creda
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Sua influenza né* mali morali . s3
migliori, io tutte quelle, che al sao model-
lo ideale contrariano , pruova ripugnanza e
disgusto r 4
4- Ma la noja , che pure è nn mal sì gra-
te dell'animo , dirà qualch altro , come può
ella ascriversi alla forza dell'immaginazione ,
se anzi anon consiste che nella mancanza o
debolezza delle sensazioni , e delle idee ? L'im-
maginazione non potrà esserne tutto al più
che una cagione negativa , nel che non ha
certamente alca» vantaggio sopra alla sensa-
zione •
Sebbe© cosà paja a primo aspetto , io non -
-dimeno sono d' avvisp f che alla stfessa noja
l 1 immaginazione contribuisca come ragion
positiva assai più che non credesi .io riflet-
to in primo luogo , che la noja non * ripa- *
sta* ntiV assolata «ananza *Ji «sensazioni e
d'idee f e nemmeno <s e m pi ice mente nella man-
canza di sensazioni e d'idee avvertite, peroc-
ché questa invece della noja produce il son-
no . Ella è riposta nella mancanza di sensa-
zione e dWe piacevoli* interessanti f e nella
lunga continuazione invece <K sensazioni e
d'idee indifferenti , -le quali per la languidez-
za, che tnetton nell'animo , diventan posciar
spiacevoli . <Dr ©01 abbiamo già dimostato nel-
la mt&tiùit <pag. *** f e seg. ) , che a>
principio mona sensazione per sè medesima
è indifferente ; il confronto colle sensazioni
più forti- si. è. guello che ne fa i D seguito ri-
guardar come «differenti «nelle che son più
dsooli . £0 stesso- è da dirsi delle percezioni ,
e delle idee ; etmano queste di esstr piacevo-
li a interessanti , e diventano pT i mtl iadifferen-
t» , e por anche spiacevoli , quando provate
sisienoaltm* p*ù interessanti , e più graderò-
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ai ^ immaginazione .
Il , con cai se ne faccia il confronto . Que-
sto confronto adunque delle sensazioni , o
percezioni , o idee presenti colle passate , e
l'inferiorità che in quelle si riconosce, è ciò
che lor toglie e V interesse e il piacere , e che
prodnce la noja • Ed in vero non vedemo boi
già che s'annojano i bambini, o gli stupidi ,
in cui questo confronto non suole aver luo-
go ; cessando le sensazioni vive , che li ten-
gono desti , senza provare veruna pena per
tal mancanza, quelli s' addormentano . Per lo
contrario vedremo, che a que 1 racconti , e a
quelle rappresentazioni , e a quelle feste , e a
que 1 giuochi, a cui i fanciulli, e le persone
rozze ed incolte prendono si gran diletto ,
annojansi mortalmente le persone più matu-
re , e più colte f che migliori cose conoscono,
e che non possono a meno di non farne in
sè medesime il paragóne . Per lo stesso mo-
tivo i voluttuosi noi veggiamo continuamen-
te annojarsi di quelle sensazioni e situazioni
ordinarie della vita ,_di cui tanti altri sono
contentissimi , perchè colle forti sensazioni e
coi forti piaceri , a cui sono accostumati , e
di cui allora sentono la mancanza , ne fanno
continuamente il confronto -
Noi possiamo adunque rettamente conchiu-
dere che i dolori dell'animo o in tutto ,o al-
roen certamente per la massima parte dali %
immaginazione dipendono, e aggiungo pure
almen per la massima parte , affine di lasciar
luogo alle eccezioni , se mai alcuno ne fos-
se , che non avesse dall'immaginazione ve-
runa dipendenza; sebb^n ninno io sappia ora
conoscerne o figurarne .....
Anzi una riflessione pur sembra dovere m
ciò togliere ogni dubbio , e si è che i dolo-
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Sua influenza ne* mail n\oraU . a5
ri non possono nascere fuorché o da una at-
tuale impressione , o da un idea che all'ani-
mo si risvegli ; per la qaal cosa appunto da
altri i dolori sono stati generalmente distinti
in dolori di sensazione, e dolori d'idea (i) -
Ma i primi son quei che diconsi dolori o ma-
li del corpo ; i secondi , che sono quelli deli*
animo , non si fanno sentire se non quando
le idee , onde nascono , si risvegliano con
una c*rta vivacità, il che appartiene air im-
maginazione : dunque i dolori, o mali dell*
animo , tatti quanti in prima origine vera-
mente , o propriamente dall' immaginazione
derivano •
S' avranno dunque i mal? dell'animo a chia-
mar tutti immaginar; ? Poco importa veramen-
te con qua! nome si chiamino, quando l'o-
rigine n è conosciuta • Tcttavolta per accen-
nare qualche cosa di questo ancora , convien
rammentare in primo lnogo il doppio senso,
in cui abbiam detto a principio ( p. i4), che
il nome male suol prendersi: in secondo luo-
go conviene osservare , che per mole imma-
ginario nel favellare comune s'intende un mal
sapposto ? cioè un male che taluno s' imma-
gina d'avere , e non ha , quali sono nella
commedia èe\Y Ammalato immaginario di Mo-
xiebk i mali d'Argante.
Or se per male si voglia prendere l'attua*»
le afflizione, che uno pruova , questa, da
<7aalunrjae motivo gli venga, è realissima
tempre , nè immaginaria potià mai dirsi; ma se
per male s'intenda il motivo ood'ella na»ce,
b
■ ■ ■■■■ h mm
CO C ASSIRA morali discipliìpa huma-
ae Socictatis pag. <J4*
Digitized
2(5 Immaginazione •
chi sa che alcuno non pretendesse, cheì ma*
li delFanirpo chiamar si dovessero veramente
o tutti , o almeno per la più parte immagi-
nar)?
Anche presso Molière , direbbe egli ^affli-
zione d'Argante per l'apprensione de' suppo-
sti suoi mali è realissima ; ma perchè reali
non sono i mali medesimi , ossia le cagioni
onde l'afflizione in lui deriva, perciò si di-
cono immaginarj . Ora nei mali dell' animo ,
egli seguirebbe, la cagione che ci affanna è
sempre tolta o dal passato , o dalF avvenire .
Allora quando ci affliggiamo per la rimem*
branza d' nn mal sofferto, o per l'aspettazio-
ne d'un mal temuto , il motivo della nostra
afflizione è , che trasportandoci coli' imma-
ginazione al momento , in cui abbiamo pro-
vato la dolorosa sensazione , o in cui temia-
mo di averla a provare , ci figuriam di sen-
tirla attualmente . Quando il dolore ci viene
dalla rimembranza d'un ben perduto ,il mo-
tivo è similmente, che presente renandoci
coll'immaginazione uu tal bene , ci figuriani
di vedercelo attualmente rapito . Neil* stesse
disgrazie presenti il dolor nostro parimente
proviene dal trasporto che l'animo fa .dì sè
stesso nel passato , o nell' avvenire : lì che a
nn di presso pur deve dirsi d' ogn' altro ma-
le dell'animo. Ella è dunque questa magia
dell'immaginazione, che ci cagiona ogni tor-
mento ; il mal nostro tutto dipende dal fi-
gurarci presente e reale ciò che presente non
è , o eh' è soltanto ideale : dunque noi sia-
mo nel cas^ d'Argante ; dunque il mal no-
stro deve r.hiamar-Hi egualmente immaginario .
Chi ragionasse per simil gni*a potrebbe for-
non aver torlo ; ma tuttociò ridurrebbesi fi-
0
\
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I
Sua influenza ne 1 mali .
talmente ad una quistione di puro nome, sa
della quale è perduta opera il trattenersi •
Le quistioni di nome possono essere utili quan-
do ci guidino a qualche nuora cognizione f
il che è ben raro, o possano aprirci il cam-
po a spianare qualche difficoltà , la quale trag-
ga l'origine dall'ambiguità determini , il eh©
può essere più frequente . Ma ninno di que-
sti vantaggi dalla presente può derivare .An-
zi chi volesse pretendere seriamente, che tut-
ti i mali dell'animo, i quali per la più par-
te finora si sono detti reali , abbiansi ora a
-chiamare immaginar) f egli non farebbe che
accrescere V oscurità .
Io dirò bene adunque, che i mali dell'
animo dall' immaginazione dipendono , ma
non li dirò immaginar}. Tali chiamerò quel-
li soltanto, in cui l'immaginazione non so-
lo ci presenta all'animo le idee , che immediata-
mente ci affliggono , ma ella medesima crea
ancor le cagioni da cui derivano queste idee .
Una persona , eh 1 era usa in addietro a salu-
tarmi cortesemente , oggi m'incontra , e non
mi fa motto. Ciò sarà effetto d'inavvertenza
o distrazione , ma la mia immaginazione non
*e ne appaga; ella mi dipinge un nemico, e
mi fa supporre , ch'ei m'abbia usato , o mac-
chini d' usarmi alcun tristo ufficio : s' io me
ne affliggo, questo sarà un mal' dell'animo,
e sarà tutto quanto immaginario . Ma se talu-
no saprà , che l'accennata persona gli è real-
mente nemica , e saprà che ha tramato , o
che trama attualmente alcuna cosa a suo dan-
no , se di ciò sentirà pena e tormento , io
~on ini opporrò si apertamente al parlare coma*
r chiamando la sua pena immaginaria; di-
rò oltanto , che la sua pepa dalla immagi-
b a
Digitized by
28 Immaginazione .
nazione dipende, perciocché nasce dall'im-
magine oìk* a lai presentasi d'un mille sof-
lerfo, o dap male ette tentte,
C A ? O I?J.
Influenza dell' immaginazione sui mali ,
del corpo ,
S tolto sarebbe fuor cT ogni dubbio chi pre-
tendesse , che i mali del corpo tatti anche
essi dall' imaginazione provengano , come
parean pretendere gli Stoici , the mali d'opi-
nione li nominavano , e negavano ancora
che fosser mali . Che però anche in qne-
«ti l'impaginazione abbia gran parte, e^li non
è forse cosa molto difficile a dimostrarsi .
E primieramente io vorrei che chiedesse cia-
scuno a sè medesimo, se l'immaginazione
non gli abbia m/ii fatto credere un maj fisi-
co assai maggiore, che per s& stesso non era ,
Io sono d'avviso, che ben sien pochi , a cui
ciò spedissimo non intervenga. Nella piò
parte de' mali l'apprensione accresce di mol-
to la vera loro grandezza , e il timore che
quindi nasce o della morte , o d'un lango e
penoso incomodo f o di qualche vizio e de-
formità ch'abbia in seguito a rimanerne , son
le cagioni , che più afflittive rendono e pili
dolorose le malattie.
A ciò si Aggiungono le molte estranee con-
siderazioni, fon cui parecchi sembra che fac-
ciali espresso studio di vie più tormentarsi 9
Ài mah reali f dice vFoifTJ5NBLt,t , mille cir~
costanze immaginarie da noi si accrescono
per maggiormente aggravarli . Tosto che nu
male ha alcuna cosa d % insolito , la sua me« '
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Sua influenza ne* mali fisici , 29
desiaia singolarità più c'irrita . Una fortuna
un festino , un non so che noi ci andiam so
gnando , che per dispetto si occopi a tormen-
tarci d'una marieni straordinaria :• le stesse
circostanze reali noi ci facciamo non so qnal
premura di mppresen farcele co'più mi colori,
di spiegarcele paratamente davanti , di met-
terle in comparsa ed esagerarle a noi mede-
simi , com-e se a qualche giudice ragion chie-
dessimo d' un torto , che akri ci avesse latto- ;
e a forza di contemplare i nostri mali così
studiosamente e di cercare con tanta cura
ciò che può farli maggiori y noi giugniamo
realmente ad ingrandirli »
E qui un # osservazione importantissima pur
deve farsi . Due specie di piaceri t^stinguon-
si , altri dé 1 quali si chiamano positivi o di-
tetti y c sano quelli che nascono direttamene
te da una modificazione piacevole; aìfri ne-
gativi o indiretti , e son quelli che dipendo-
na dalla cessazione di una modi Acazio n do-
lorosa
Che questa cessazione ci rechi per sè me-
desima un sentimento di vero piacere , e tan-
to più grande quanto il dolore' è sfato più
intenso , e più rapidamente è cessato ♦ egli
é un fatto »- di cui non ha forse ninno ,
che per propria esperienza non possa far
testimonio . Il P. Vogli nel suo trattato fal-
la natura del piacere e del dolore è anzi
d'opinione, cho ad ogni grado di scerò ar-
mento in questa corrisponda un gracto egaa-
Io e contrario di piacere , Ai modo che se-
condo il' suacaleolo dopo una malattia co-
munque lunga e penosa chi riscontrasse il
ctulbre e \T piacere che- Ba provato a vicen-
da , troverebbe la somma da ambi i lai?
egualìssima:*
\
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\
oo JmmQg: nazione .
Ma quando pare non foglia" ammettersi
«cotesto calcolo, certamente che la cessazio-
ne di un dolore cagioni piacere, niuno vor-
rà negarlo. Ciò posto , quanti momenti pia-
cevoli non avremmo noi in mezzo agli stes-
si dolori fisici f se valer ci sapessimo di quel
conforto , che la Natura spontaneamente ci
offre ! •
Ma troppo pochi son quelli, che sappiano
ben profittare d'un tal conforto . Nell'atto
che sentonsi alleggeriti , invece di arrestarsi
a goder del ristoro presente, la loro im-
maginazione s * trasferisce alla considerazio-
ne del mal passato , e non già per render
loro col paragone vie più dolce il presente
sollievo , nel che saggiamente adoprerebbe f
ma per rinnovar loro ali 9 animo incerto mo-
do la pena avuta , per farli adirare d'essere
stati costretti a patir tanta, per far loro
sentire più vivamente il peso e l'atrocità di
ciò che hanno sofferto .
Di ciò non paga ella gode poi anche di
trasportarli nell' avvenire , e presentar loro
nella maniera più spaventevole ciò che for-
se non proveranno , ma che temono di aver
tuttavia a provare . Intantochè contristati
assiduamente dalle tetre immagini del mal
passato , e del mal futuro , tutto il confor-
to presente si lasciano fuggire di mano .
Da queste osservazioni si fa manifesto
quanta sia l'influenza dell'immaginazione
anche nei mali del corpo. Che poi sarebbe,
se un compiuto cataloga s' avesse a tessere
di tutti i mali, che da lei sola direttamente
dipendono? Tali certamente sono quelli ,
che con proprio vocabolo si dicono fmma-
ginarj $ tali molto più quelli , che d' in^ma-
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Sua influenza ne'mali Jisici • Si
ginarj per una lunga fissazione passano ad
esser reali , o che di piccoli e. leggieri per
opera della fantasia si fanno grandi e gra-
vissimi ; tali finalmente quelli che ùascono
da afflizioni d'amino o alimentate , o pro-
dotte anche internamente dall* immagina-
zione , i quali spesso dopo ona serie ir in-
felicissimi giorni guidali più d* uno innan-
zi tempo alia tomba • Chi certamente vorrà
le cose esaminare con diligenza , non potrà
a meno di non assolvere la Natura da una
grandissima parte delle accuse , ohe ne* ma-
li fisici a lei si danno , e d* altrettanto V im-
maginazione accagionarne .
Veduti ì mali che dall' immaginazione
derivano , or è da vederne i rimedj .
C A P O IV.
• I
. * * — i
Rimedj ai mali , che dall' immaginazione -
. dipendono * '
• N
Articolo I,
Rimedio generale
Richiamar V animo da IV immaginazione
alla sensazione . „
Se questa^ regola sola praticar si sapesse a
dovere, più mal morale non vi sarebbe , il
qual valesse a tormentarci . E non è da di-
re qual immenso guadagno per noi sarebbe
par questo solo 9 giacché la nostra infelicità
nasce incomparabilmente più dal morale ,
che noli dal fisico *
Noi non isti a m quasi mai con noi mede-
simi , dicea Montagne ( Essais. L. I. c. 3. > ,
quasi mai non esistiamo nel momento pre-
■
*
Digitized b;
Zi Immaginazione •
tento ; F immaginazione ci tiene assidaamezt*
te oacnpati fuori di noi nel passato, o v*\V
avvenire . Ecco tutta Y origine de* nostri mali
dell' animo *
Se colai , ehe per la so raro a rapitagli , o
per Li perdita fatta , o per la carica non ot-
tenuta , o per Vaffàre andatogli a rovescio ,
o per altra simile disaweutura reggiamo se-
polto in si nera tristezza 9 di questa imr. cu-
gini dispogliandosi in loro vece a riflettere si
facesse , e dire fra sè medesimo : A dispetto
di quello che mi è avvenuto f io tuttora a
buon conto son vivo e sano , a 1 bisogni fi-
sici ho ancora di che soddisfare, abbisogni
d'opinione penserem poi , frattanto godasi
il presente : cangiato volto , cangiato aspet-
to noi il vedremmo tranquillo .
Degno d'imitazione , se in altra cosa non
è, certamente a questo proposito si è l'e-
sempio di ÀRTSTirro riferitoci da Plutarco
< Op use. Della tranquillità dell* anima). Co-
stretto egli a dover perdere la migliore del-
le sae tei;re , s* avvenne in uno de' suoi ami-
ci , il quale con molte espressioni di con*»
doglianza cercava pare di manifestargli la
pena che ne sentiva. E perchè m'ho io ad
affanna? di questo , rispose tranquillamente
Aristippo 9 o perchè dei tu dolertene a mio
riguardo ? Fra tutti i tuoi beni non è egli
vero, ehe tu non hai che un piecol podere r
ed io ne ho tre tuttavia, e maggiori? Ciò è
vero 9 rispose il consolator d' Aristippo . Ben
dunque maggior ragione , soggiunse questi *
io avrei da compiangere la tua fortuna , che
tu non r abbi di affliggerti della mia ,
E veramente, segue Plutarco ,non é egli,
la maggior pazzia il yolere rammaricarsi di
Digitized by GoogI
HTmedj <i mali morali • Z$
cTS clie è perduto , anzi che rallegrarsi, di
ciò che è rimasto? Non è egli questo un
volersi assomigliare a»' fanciulli , i quali so
veggon togliersi un dec loro giuocolini 9 e
quello forse che meco apprezzano , rompo*»
no per dispetto tutti gli altri , poi gridano %
piangono , si dispernno r mettono tutto a ro-
lli ore ? Il più piccai rovescio ci fa quasi
tutti ricader nel!' infanzia , il più leggiero
infortunio ci scompiglia r la perdita più im-
percettibile ci dispera noi ce la prendiamo
con Dei, con la sorte , col cielo , co-
gli uomini , e pretendiamo che V universo
entri a parte del nostro affanno , o. a di*
meglio àefltf nostra follia.
Consentimenti medesimi scrivta pur S«nec*
a Marzia : iniqiuores sitmus , diceva egli
adversus relieta ereptorum desiderio. Sei si
acslimare volueris r quartvtibi valide fortuna
ctiam cum saevierit , peperceri't r scies te fca-
bere plus quam solatia .
E certamente in qualunque sciagura chi
sapesse richiamar il pens ; ero da ciò cha ha
perduto a ciò cha gli resta 9 non vi ha dub-
bio , ch'egli troverebbe comunemente p'ùche
non bisogna per consolarsi . Egli è sì raro cha
alcuno privata si vegga puranch* del neces-
saria assoluta , e senza speranza d' aver al-
tronde soccorsa, che nan accade por favel-
larne. Alla più parte le disgrazie non tolgo-
no chft il necessario relativo , a piuttosto il
superflua, di cui quale estimazione abbiasi a
fare f è troppo facile a comprendere 9 e poi
nell'altra Sezione il vedremo distintamente..
Or fina a tanto che riman pare con chat
soddisfare a 1 bisogni di vera necessità , fiaWii
esenti noi siamo dalle sensazioni dolorosi*
bZ
«r Digitized by
34 Immaginazione.
che sono i veri mah reali , perchè abbiamo
noi a tormentarci da noi medesimi coi mali
d* immaginazione ? Infiniti per avventura feli-
cissimi si terrebbono , se colla nostra can-
giar potessero la loro condizione* . Or non è
egli stoltezza il renderci miseri da noi me-
desimi con qaello stesso , con cai tant' altri
fortunatissimi si crederebbero?
Quel che si è detto riguardo a 1 mali ar-
renati , molto più deve dirsi rispetto a 1 mali
avvenire . Ed in vero perchè turbarmi degg'io
d* aa male, che non ho ancora? Non è egli
strana , che io medesimo debba far sì 9 che eia
che ancor non esiste abbia a rendermi infe-
lice ?
Articolo IL
Che a ciò il maggior ostacolo è il piacere:
segreto che pruovasi neW afflizione.
.Alla massima nel precedente Articolo es-
posta un 1 obbiezione preveggo , che già più
rolte ho adito farsi. Non è in mia potere
dira taluno , il richiamar V animo quando
che sia dall' immaginazione alla sensazione 9
e impedir che le trista idee d* un mal ^avve-
nuto, a d* un male che tema , ali* immagi-
nazione non mi si offrano . Elleno presene
tansi mia malgrado , malgrado mio mi stan-*
no fisse dinanzi , e per quanto io m* adope-
ri a discacciarle, ritornano a tormentarmi*
Per toglier questa obbiezione io noa vo-
glio già pretendere , che il poter nostro so-»
ptra alla immaginazione sia pieno , ed as-
solato: nè si può attribuire all' umana na-
tura più che noA debberà ; e ninno vorrebbe
♦ i
s,
Digitized by Google
Itimeli a % mail morali . 35
sapermi grado eh io in lui supponessi una
perfezione , che dalla propria esperienza egli
trovasse smentita . Non facciamo però nem-
meno più torto a noi medesimi , che non
conviene • Il poter nostro sopra all' immagi-
nazione è certamente maggiore che forse non
crediamo : egli è almen tale da ripararne
bastantemente da* mali, ch'ella può cagio-
narci , nè al proposito nostro dobbiamo chie-
der di più , Tutto dipende dal saper ben*
osarne .
A chi dichiara impossibile il distornare la
immaginazione dalle idee moleste , io chie-
derei prima di tatto ♦ s* egli abbia provato
mai a dare io ciò daddovero tutti i suoi
sforzi f se gli abbia fatti prontamente al pri-
mo sopraggiugnere di una trista avventura ,
se fatti replicatale nte e .costantemente , se .
fatti co 9 debiti mezzi . Tutte queste cose ri-
chieggonsi innanzi di dichiararne impossibile
la riuscita .
Son molti adunque, che al primo arrivo di
un sinistro accidente, in 1 uogo d' allontanar-
ne il pensiero , vi si fissano anzi a bello
studio , non si occupano che di questo , fug-
gono tutto quello che può distrameli f in
esso solo continuamente s' aggirano . Plutar-
co gli assomiglia opportunamente a certa
specie di scarabei , i quali entrati , die' egli *
in una cotal fossa vicino ad Olinto ,
»on san più uscirne, ma di continuo per
entro vi s* aggirano , iafin che cadono morti
di fatica e di sfinimento ( Op use, de Ila tran,
tyiillità delt animo ) . * .
Nè è già che vi si fissino espressamente ,
perchè amino ciò che loro Ah pena > La penu *
pqr sè medesima no* può amarsi, tuoi -
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I
3(S; ^ lrnmagihaztpne .
siamo costituiti di modo , che necessari sf-
inente dobbiam fuggire tutto quello che no
molesta , considerato siccome tate. Egli è
adunque lo stesso amor del- piacere > che li
trattiene sopra le idee spiacevoli . Uh non so-
qaal piacere essi provano nel rappresentarsi
come fanno , ed esagerare a si- stessi la
lpro sciagura , nel* maledire e strapazzar ili
destino o la fortuna , se il" cofpo viene da-
mano ignota, nel meditare e anticiparsi:
coli* immaginazione il* tristo gusto della
vendetta, se viene, da mano nota. Ingannati 1
dalle lusinghe di questo, piacer miserabile
si covan essi frattanto la serpe in seno in-*
vece di soffocarla . E* che ne avviene egli
j>oi? U piacere di sfogarsi contro alla fortu-
na o al sognato destino si viene scemando c
annullando ben presto; ih piacere dell'im-
maginata vendetta egli pare ben presto sva-
nisce o per- gli ostacoli , che vi s' incontra-
no , o per altra ragione . Non rima u più che
la -pena . Allora l'animo cerea di allontana--
re le idee spiacevoli , ma- troppo tardi ; l'inrw
pressione è già; fatta profonda mente ; gli spi-
nti animali , o <?nal altro agente egli sia ^
da coi. dipende la parte meccanica delle idee ,
fcan contratto già l'abito di correre alle fr--
bre, a cui le idee- spiacevoli sono annesse;,
quando V anima s* affatica per inviarli ad al-
tra parte , molti di loro meccanicamente si
portano tuttavia ali è fibre istesse , a cai tro-
vano meglio anerto il sentiero t V fcnìmo*
allor si lagna, della sua impotenza a- sgom-
brare le idee -moleste , allor disperasi , allora
jel sentimento medesimo della sua debole*--
%* %* irrita, e si cruci» vie più; ma a chi,
©e debb' f gUattribuUit; 1* colpa, se eoa a ;
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Rimedi « mali morali S7
Dalle lusinghe di questo inganncTol pia-
cere conviene adunque porre ogni: studio *
guardarsi , er sforzarsi il 4 più prontfcdaente che
è possibile a rimuoTer dall' animo la trista
immagine dèli* avvenuto disastro . Qonviene ,
dico , sforzarsi', poiché non T'Ha dubbio,
che uno, sfòrzo ti si richiede , e uno sfòrza
tal rota grandissimo* t Si avverta però , che la
r^sistenz** maggiora in sul. principio non ci*
rerrà dirrettamente dàlia difficoltà dì disto-
gliere r immaginazione dall' idea molesta r
finché gli spiriti animali- non Hanno appreso
abitualmente là xia che ad essa li guida
non è si difficile il distornarli . La resisten-
za maggióre Terrà" dalle stesse attrattive di
quel piacere segreta,, che abbiamo pur ora
accennato .
Un mal inteso amor proprio mille artffiej sa-
usare in quei momenti per ingannarci . Dirà,,
eh' è dà stolto il privarsi nel colmo, dell'af-
flizione ancha di quella piceolV consolazio-
ne che ella stessa presenta ; dirà , che uno*
sfógo alla fine è neeessario , chTegli è Te-
stremo couforto dei miserabili, che troppo
crudeli saremmo* contro noi stessi , se anche- .
questo pi cool sollievo volessimo contrastarci;
prometterà , che ih appresso ci troveremo più
consolati ; dove si tratti d' un, bea perduto „
ricfiiaaaaudocelo Tf.vamen.te per mezzo dell*
impaginazione , farà che ci semifri talvolta
di possederlo tuttora , e con questa momen-
tanea illusione seducia.no noi stessi ; chiame*
rà' talora in soccorro là ! nostra medesima va-
iHtà , e ci farà credere \ che tornar ci abbi* ad
onore il mostrarci vÌTam*nte s^nsib lì ; altra
Tolta ci lusingherà , che la vista della nostr?
afflizione abbia a destare più facilmente Ir
compassione in altrui , e che questa ree art
A
\
»
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38 Immaginazione . . -
ci debba il bramata ristoro ; pugnerà qual-
che volta a valersi finanche della orgogliosa
persuasione , in cui saremo della nostra for-
tezza f e vorrà che contempliamo la sofferta
disgrazia , per aver il piacere di disprezzarla .
Sono tutte insidio pericolosissime ; ed oso
dire , che se noi lasciamo con queste il cam-
po alla immaginazione d' impossessarsi dell*
idea afflittiva , noi siamo vinti . Ella saprà
poi tornarcela innanzi a nostro dispetta,
quando più non avrà se non quello che può
tormentarci, e invano cercheremo noi allora
d'allontanarla, invano ci sforzeremo di ren-
der ali 1 animo la perduta tranquillità . Pron-
tezza è d 1 uopo e costanza a rimuoverla^ fia
da principio : questa si è V unica via per im-
pedirne i tristi effetti .
Ma di quali meazi s' ha egli a far uso?
Ve n' han di varie maniere , e poco importa
quale di loro si preferisca : tutti sono otti-
mi t purché riescano ad impedire la fissa-
zione dell' animo . Incominciamo da' mezzi
meccanici , siccome quelli che si presentano
Più facilmente. >,
Articolo III.
Mezzi meccanici per distogliere T immagina*
zione daW idea afflittiva •
• -
M eccanici io chiamo quei mezzi , che .
xriuno stadio richieggono, e niuna applica-
zione. dell 1 animo , ma una sen plice opera-
zione meccanica .> Ora il primo di questi mez-
zi egli è il fuggir prontamente il silenzio e
la solitudine, di cui non v'ha peggio pei
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Rimectj ai muli morali . Zg
tristi momenti , ed a cui apponto allor si sc-
glioDo più abbandonare quelli che saggia-
mente non sanno curarsi . E' dolce , essi dico-
no , la solitudine agli afflitti , ma una siffat^
ta dolcezza altro non è che il piacere seduttore
testé accennato, il qual ne lusinga per pochi
istanti, onde poscia sommergerci nella più
trista amarezza . Egli h il canto della Sirena ,
che alletta gì' incauti per farne strazio ; è la
tazza avvelenata di Circe; è l'incanto di
Alcina .
À questo fatale incanto conviene tosto in-
volarsi con ogni sforzo . Un amico è da
procurarsi in primo luogo , amico saggio e
discreto , in seno al quale poter deporre con
libertà e sicurezza la propria afflizione, 11
tenerla racchiusa con troppa forza potrebbe
fare talvolta ciò che fa l'aria o il vapore
soverchiamente ristretto , che scoppia quindi
con maggior impeto . Qualora tale sia il
dolor nostro, che uno sfogo domandi, uno
sfogo prudente per questa guisa gli sì pro-
cacci ; e se il pianto vorrà concorrere ad
•PT^ftlj pur anche un* altra via, al pianto
si lasci libero il freno . Le lagrime sono un
ristoro possente nei grandi dolori: e il sag-
gio ben può cercar di nasconderle agli occhi
altrui , ma poco saggio sarebbe , se per osten-
tare a sè medesimo una-vana fortezza , vo-
lesse forzatamente sopprimerle anche in se-
greto .
Concesso al dolore o P uno , o P altro , od
intendile questi sfoghi primieri , la compa-
gnia , la distrazione , il divagamento si cer-
chi quanto è possibile • Le conversazioni più
allegre e più vive, gli spettacoli più clamo-
rosi e più yarj , un onesto sollazzo con lieta
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4a fnmaguia %\uner *
Brigata v una festa , una caccia, ima par!".-
di campagna, un viaggio," tntto .quello
s'abbracci, che si;i atto a presentarne un
maggior numero di sensazioni e di idee pia
rive e più varie e lasciar mena di presa,
air immaginazione .
Egli for<e avverrà , die in suf principio-
qnesti divertimenti ci annoeranno , che in.
Diano sapremo trovar diletta, che tutto et
parrà insipido , e noi : dovremo allor variare,
e più prontamente passare dall' ano àlT al-
tro : alcwa cosa par finalmente incontre-
rà che ne aggradi , o in qualche parte al—
meno ne sollevi ; e quando pare non riu-
scissimo con tatto questa, che ad occupar-
ci , e distrarci , avremo con ciò solo ottenu^— .
fo sempre moltissimo*.
, Ma non è* da tutti , n? sempre", diià taìct—
no , T usare di questdr nwzzo . Una niadro
alla morte (11 un figlio, o una moglie a quel-
la del marito come cercar tra le fesle , e f.
giuochi, e i tripudf il dilagamento ? Le leg-
gi dal decoro non menor che quelle della na-
tura , e la stessa contraria un versale con*
suetuiine troppo altamente ricl amerebbero .
Alle leggi della natura e del decoro io cer-
tamente non vorrò mai che alcuno s'oppone
ga , e nemmeno agli usi più ricevuti : seb-
bene ve n ? Ka, di /[trilli chs troppo inerite—
rebbono d* essere interamente aboliti .
qual usò più irragionevole, che il condan-
nare , coma costamavasi in alcuni luoghi ^
nna vedova, a star rinchiusa n*H<? sue stan-
ne gì' interi mesi a ricevere le condoglianza
di tutti gli scioperati , che a lèi vanno per
acrimonia, e a sentirsi con c o rinnovare ad*,
•gni haomento il. dolor suo ? 0 qual pio.
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Blmeij a' mali morali 1 .
4ì
inumano, che l'obbligare, siccome pure in
altri 'uoghi si pratica , i più stretti congiun-
ti a dover accompagnare alla tomba le spo~
glie della persona più cara che loro avveg-
ga di perder* , ed averne sott' occhio il tri-
sto spettacolo , finché compiuti ne sieno gli
estremi ufficj ? O quale più barbaro insieme
e più indecente, che il dover poi chiudere,
come par è costarne in altri luoghi-, una
scena cosi trista coli 1 importuno e sconcio
apparato di un solenne banchetto ?
Ma tali usi nelle più «trite parti dell' Ita-
lia o tolti son del tatto , o molto almexi
temperati. Alla morte d'un congianto l'al-
lontanarsi dalla casa e dalla città , e toglier-
si ali 1 aspetto di tutto ciò che può offrirne
T immagine , e richiamar la memoria della
perdita fatta, non *oh> non è vietato, ma
consigliato pur dalla stessa consuetudine .
Senzachè i mezzi , onde sottrarsi in qnei
momenti alla solitudine e al silenzio , non
sono le feste soltanto e i giuochi solenni, e
più pubbliche e più clamorose . Queste gio-
var potranno in quei mali dell' animo , in
cui nè t riguardi eh» aver si debbono alla
decenza , nò altre circostanze ci vietino d'u-
sarne , siccome nelle afflizioni , che nasco-
no da cagioni soltanto a noi conosciute , o
dove il cercar la distrazione anche pubbli-
camente non possa venirci apposto a rim-
provero . Negli altri casi rimangono le pri-
vate società , rimane un viaggio , una gita
in campagna , altri mezzi rimangono , onde
involarsi alla solitudine domestica , e pro-
cacciarsi decentemente un'utile distrazione •
^ Ma per ciò fare un* altra cosa conrièn vin-
i popolari tripudj
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4-2 Immaginazione .
coreiche nello stato d'afflizione pur tanta
amasi, e tanto comunemente, io voglio di-
re V inerzia . Una certa svogliatezza allora
ci nasce di o^ni cosa, un certo languore e
spossamento universale ; il sedersi o àdrajar- .
si abban taratamente su checchessia lontano da
ogni strepito , c fuggir finanche di sentir il
peso della prepria gravitazione , è quello che
allor più cercasi , e che a maggior aumento
del proprio male si c^rca . Imperocché nulla
più brama T immaginazione in quegl' istanti %
che d' aver tutti agli ordini suoi gli spiriti
animali senzschè venga niuno impiegato agli
ufficj muscolari . Quanto meglio ella possa
per questo modo insegnar laro la via di rin- •
tracciare l 1 idea molesta, ed accostumarli a
prontamente riprodurla a' suoi cejini, non è
chi noi veg^a .
Di ciò accorti pertanto allora appunto
cercar dobbiamo vieppiù di occupare gli spi-
riti nelle fatiche del corpo , onde meglio sot-
trarli all'impero delia, fantasia . I giuochi
di più forzoso esercizio, le cacce più firti-
f.ose , le cavalcate di maggior scotimento f
i passeggi più lunghi e più affrettati , e non.
già per luoghi deserti, o cupi, o melanca*
nici , ma per le strade più popolose , e lun-
go le rive del mare , o de* laghi, a de 1 fiu-
mi , e sa per colli eh* guidina ad amene
• verdure , sono quelli allora con cui , man- .
cando altra migliore occupazione, dee pro-
curarsi di vincer l'inerzia > ed' affaticare gli
spit iti *
Qve non si possa occupare il corpo, cer«*
chi ; almeno d'occupare la mente, e una
commedia , un dramma , un poema » una
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Rlmedj a % mali morali . 4^
storia piacevole , un* opera interessante si
scelga con cui trattenersi .
V 1 ha chi n'asci a frenare V immaginazio-
ne coli 1 internarsi in uno stadio profondo.
V* ha dall'altro canto chi seppe ingannarla
col faticare unicamente per faticare , tra-
sportando da luogo a luogo attrezzi , libri f
quadri , strornenti , suppellettili . foco im-
porta qual mezzo si adoperi , purché rie-*
scasi al termine di vincer l'inerzia fatale in
quei punti , di esercitare gli spiriti f di oc- .
cuparli (i) •
Un terzo effetto dell 1 afflizione è V inappe-
tenza , la quale però ben lungi dall' aversi a
combattere, è anzi da secondare , siccome
provvido e salutare compenso della natura me-
desima . E certamente il caricarsi di cibi in
circostanze siffatte troppo sarebbe pericoloso,
conciossiachè la digestione, siccome mostrano
i medisi esser non possa in que' tempi libera
appieno e regolare. Anzi il disgombrare con
una purga rammasso , che il colpo afflitti-
vo può aver trovato e guastato io sullo sto-
maco , è pur sovente giovevolissimo ; peroc-
ché altrimenti l'indisposizione che da esso
nasce, concorre ad accrescere vie maggioT-
inente la stessa indisposizione dell'animo ...
In questa parte adunque io non ripugno f
che alla natura si obbedisca , e che nei cibi
si usi sobrietà . ^ Quello invece che da taluno
suol consigliarsi , è V uso parco e prudente -
d'alcun vivace e spiritoso liquore ; ed io ho
(i) Le fatiche del corpo liberano dagli af-
fanni dell'animo, dicea pure il Duca DE LA.
ROCHEFO UCAULT ( Massima 2. ) .
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44 Immaginazione »
paranco adito di chi seppe con questo mei-
zo più d v una folta nei colpi più disgustosi
opportaoamente acchetar l'animo , e sollevar-
si . Un tal oso gli accendeva ed* eccitava
gli spiriti f oltre al distoglier qaesti dal ser-
vire all' immaginazione , amare a lai faceva il
moto , la compagnia f ir trastailo , il dissipa-
mento ; tornando stanco in sulla sera, ei
dormiva profondamente , e desto al nuoro
giorno seco stesso tranquillamente rideva di
chi in suo luogo sarebbesi strutto di sdegna
* di dolore -
». ^
Articolo ITI.
-
Mezzi filosofici per prevenire le afflizioni*
o dissiparle.
CjTVi accennati finora non- sono che mezzi
.meccanici . n saggio non dee certamente me-
no apprezzarli , perchè siano tali ; impercioc-
ché l'influenza del fisico sopra il morale è
troppo grande ; ed egli deve finalmente par
ricordarsi che ancETegK è nomo, e che il
troppo fidarsi delle fòrze sole dell'animo po-
trebbe talvolta farlo soccombere restar vinto.
Ma quanto egli sarebbe prosontuoso e im-
prudente f re di questi mezzi sdegnasse o
ricusasse far \no~ 9 altrettanto sarebbe cosa per
ini disdicevole e vergognosa, sala sua con-
solazione aspettar dovesse da questi sali , ed"
altri soccorsi non sapesse trovare in sè me-
' effettato • Tanto più che noti è da dissimula-
re esser questi mezzi efficaci bensì fino a un
corto punto , ma non poro, sempre bri starali 9
xrb svari . r/im/iia^o-azione mille momenti
s?r cogliere in mezzo alle distrazioni medesime,
p^r presentarsi; e* g.uaì se essa. tron ci ritiro-
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t ^ Rimedi a % mali morali. £5
* in qucgl'istanti cóltro di lei ben m uniti
in noi stessi !
Egli è dunque a vedere per quali mezzi de-
ve il filosofo pur colla forza della ragione o
prevenire le afflizioni , o distruggerle .
Le afflizioni dei!' animo, per ciò che si è
detto nel Cap. II. (pag. ii>. ), altre dipen-
dono dai passato , ed altre dal presente o
dall' avvenire . Circa al passato esse nascono
o dal rimorso o dal pentimento tT un mal
commesso , o dal rammarico d' nn mal sof-
ferto o d'un ben perduto; quanto all' avve-
nire procedono dal desiderio o dal timore :
ed anche nelle disgrazie presenti noi abbi a m
dimostrato ( pag. 18. ) , che il rammarico
cF nn ben perduto , o il timore di nn mal
avvenire sono le primarie cagioni, onde il
dolore è prodotto .
2VTa del desiderio e del timore qui non fa-
remo parola, riserbandoci a trattare, sicco-
me a luogo più opportuno , nella seguente
Sezione . Poco diremo pure del rimorso e del
pentimento , giacché un solo rimedio essi am-
mettono, e troppo facile a riconoscersi . Il
rammarico si è quello,, sul quale ci tratter-
remo più a lungo , e singolarmente il ram-
marico d'un ben perduto, giacché le nostre
afflizioni riguardo al passato da esso proven-
gono per la più parte , e la maggiore influen-
za egli ha pare nelle afflizioni per le sciaste
re presenti .
§. I. Del rimorso , e del pentimento.
Il solo rimedio per evitare il rimorso egli
è quello di regolare costantemente le proprie
azioni secondo le leggi dell' onesta e del do-*
■
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45 Immaginazione .
vere , onde non averlo a soffrire , o riparare
sollecitamente al mal fatto, allorché siasi a
quelle contravvenuto, onde farlo immantinen-
te cessare. Chi l'una e l'altra cosa ostinata-
mente ricusa , sia egli pur lacerato e stra-
ziato dai suoi rimorsi , sia pur a tutti altri
terribile esempio : il filosofo potrà compian-
gerlo , ma non saprà compatirlo $ troppo me-
ritata è la sua pena .
Il pentimento o riguarda un delitto, 0 ri*
guarda semplicemente un'imprudenza , un er-
rore . Nel primo caso quello stesso ne più
uè meno con lui dee farsi , che abbiamo det-
to doversi far col rimorso . Nel secondo per
prevenire il pentimento , il mezzo generale si
è l'adempire esattamente il famoso precetto
di quel filosofo antico : Innanzi (T impren~
dere alcuna cosa considera quello che te ne
possa incontrare : precetto , che più larga-
mente svilupperemo parlando della pruden-
za . Che se malgrado ogni cautela alcun er-
rore ci Tenga pure commesso, o egli è ri-
parabile, e col rimedio si cerchi la cessazione
del pentimento , o non ammette riparo 9 e
non v*ha allora che pazientemente soffrire ed
acchetarsi . E che giova in fatti il cozzare coir
impossibile ?
§ IL Del rammarico £ un mal sofferto , e
d % un bene perduto ; e delle afflizioni nel-
le disgrazie presenti .
L' immagine d* un mal sofferto non sem-
pre è dolorosa per noi ; il più delle volte an-
zi è grata e consolante pel sentimento at-
tuale cf esserne privi . Quindi una viva com-
piacenza noi reggiamo in tutti generalmente
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Hlmeij a! mali morali . ~ 47
nel raccontare i passati lor njali , e tanto
maggiore , quanto sono essi stati pìu gravi .
A questa compiacenza talvolta può aver par*
té la vanita ili rammentare 4* intrepidezza ,
con cui gli abbiamo sofferti, o quella di
eccitare delle nostre forze una maggior opi-
nione , mostrando quanto siamo stati vale-
voli a sostenere , o quella poranche d 1 in-
teressare a favor nostro con un tenero sen-
timento di compassione chi ci ascolta .
Ma il paragone che noi facciamo fra noi
medesimi del presente e del passalo , il sen-
tir di non essere più infelici , come eravamo,
è quello ^enz" alcun dubbio, che v'ha la
parte maggiore .
Allora solo pertanto V immagine d 1 un
male sofferto in noi produce il rammarico,
quando è accompagnata da sdegno. Questo
or è diretto contro le cose inanimate o ir-
ragionevoli ; così s' adira il fanciullo contro
del sasso , ove inciampando è caduto, o il
cavaliere contro il cavallo , che V ha gettato
di sella: ora contro all' idea astratta , che si
chiama fortuna , termine che per sè non
- significa fuorché una cieca ed accidentale
combinazione di cose , ma che noi massi-
mamente nei mali che ci vengono impensati
e da ignota cagione , amiamo di realizzare
e personificare alla nostra immaginazione ,
onde avere pur qualche cosa , contro alla
t/uale sfogarci : ora è diretto contro di noi me-
desimi , allorché il male ci nasce per nostra
colpa , e siamo costretti a confessare „ a noi
stessi la nostra debolezza , o la nostra im-
prudenza , confessione sempre increscevob?
all'amor proprio; ora finalmente è dirottò
contro degli altri, il che succede allorché il
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43 Imrnaginazume .
male ci vien da persona co nosciuta , mais
tanto maggior ne sembra , quanto la per-*
medesima è più da noi abborrita . Gli
Lii adunque , onde nasce il rammarico
0 a mal sofferto , sono r Tira e l'odio , e
non V ha altro mezzo , che toglier queste
passioni, la qaal cosa come abbia a farsi ,
noi il vedremo nella seguente Sezione .
Ma il frequente rammarico è prodotto in
noi dall' immagine d' un ben perduto , e
questa è pur la maggiore e più copiosa sor-
gente dei nostri mali dell 1 animo • La morte,
o la partenza , o la peidita dell' amicizia ,
della grazia * del favore d'una persona
possente o a noi cara ; la perdita delle so-
stanze per furto , o fallimento, o inondazio- ,
ne , o nceadio , o fortuna avversa nel giuoco
o nel commercio ; la perdita delle dignità ,
o dei titoli,* del potere, o della pubblica,
considerazione , sono le cagioni più ordina-
rie , da cui le maggiori, e più acerbe , e
più desolanti afflizioni derivano - Ora per
prevenire o distruggere siffatte afflizioni^ ,
e^li è da vedere in primo luogo quale esti-
mazione di queste cose si abbia a {are .
6. III. Estimazione de' beni.
Di tanto maggior rammarico suole gene-
ralnaate nus^irs la perdita di un bene,
quanto più necessario da noi si crede alla
nostra felicita . Massimiano non si tosto eb-
be rinunziato air impero di Romaiche do-
lente di vedersene privo , fece ogni sforzo
usfr-ogai artificio, uni ali© cabale i tradi-
menti per rientrarne al possesso , finché inve- .
ce del trono e del diadema trovò la morte %
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. Himedf a* mali morali, A Q
Diocleziano al contrario , che nell' «bdicazioa
generosa gli avea dato l'esempio , spontanea-
mente invitato a ripigliare J 0 scettro .
regno , rispose ( additando il picciol orto .
eh egli coltrava colle sue mani), troppo
mi è pm- certo che non V impero di Roma .
JLfiSL'lr*? dell' uomo^aggio
debb essere di far dei beni una retta «sti-
mazione , e da quelli , che alla sua felicità
non sono necessari , distaccar l' animo in
modo , che la loro perdita non abbia ad es-
sergli tormentosa . Seneca , per calunnia ap-
postagli innanzi a Claudio Imperadore , spo-
gliato delle sostanze , bandito da Roma e
relegato fra i monti della Corsica, per qual
maniera seppe egli con tanta tranquillità so-
stenere quel terribil rovescio , onde altri sa-
rebbe stato desolatissimo ? „ Tutte le cose
scriveva egli dal suo esiglio ( De consolatone
ad Helviam cap. 4.) , che la fortuna libera-
mente mi compartiva, ricchezze, gloria
onori , 10 area riposte in luogo , da cui poi
tesse riprenderle senza mia commozione.
Un grande intervallo fra me ed esse era fran-
me le ha ritol-
to , non già strappate, di mano : abituiti
non avulsa Tale ha ad essere la di-
sposizione dell' uomo saggio , nè l'acquistarla
e pur impresa infinitamente difficile
Imperciocché non pretendiamo noi' già eh*
si debba pervenire a quel!' eccesso di stoicis-
mo che Epitteto vorrebbe . „ V 'ha delie -cose „
incomincia egli : suo Enchmdh. , che dipenl
dono da noi medesimi qQali sono l' opinio-
ne J inclinatone , , desideri . r avversione ,
altre , che non dipendono da noi , siccome
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*
*5o 'Immaginazione .
il corpo , le ricchezze , gP imperj , e tatto
ciò che non è nostra operazione . Ciò che
dipendé da noi, segue egli , è libero di sua
natura , nè ^uò da alena nomo esser impe- .
dito , uè sforzato ; al contrarlo ciò che da
noi non dipende , è senile , «pregevole , e
soggetto «IP altrui' potere . . . • Ora se cre-
derai , -continua poco dopo , esser tuo ciò so-
lo , che veramente V appartiene , e saprai
considerar come «stronco «forestiero ciò che
in effetto lo è , assicurati , che niuna cosa sa-
rà valevole a disviarti dal tao proponimen-
to, che non imprenderai «osa alcuna che ti
conturbi , che non avrai a lagnarti nè a
mormorare, che ninno t'offenderà , che mai
il menomo dispiacere t« non avrai a rice-
vere". ^
Ora per guanto io dicessi f non so certa-
mente , «e mi verrebbe mai fatto di persua-
dere ad alcuno , che il suo corpo noa sta 1
cosa sua , ma cosa estranea e forestiera . Io
so certamente che è mio * direbb^egli , e le
sensazioni moleste che per esso mi vengono «
so altresì che mie sono pur troppo .
Siffatta opinione era negli Stoici una con- •
seguenza del loro generale sistema . V anima
nmana , dicevan essi , non è che una parti-
cella della grand 1 anima del mondo, cioè di
Dio ( Vedi Metafisica pag. 3o. )• Come por-
zione di Pio ogni anima è in sè perfetta , e
non deve cercar altro , che di godere di
questa perfezione, rimovendo da sè tutti gì' j
impedimenti, che venir possono dalle cose
esterne non dipendenti da ornano consiglio ,
ma rette dalla forza invincibile del destino .
Deve il saggio pertanto , essi conchiudevano *
tutto raccogliersi in sè medesimo, e in sè
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Himedj a' mali morali. 5i
tutto riporre , bastare a sè solo , e riguarda*
xotne cose da sè aliene tutte quellé che no»
«ono in sna potestà , ma del fato , compu-
tando fra queste anche il corpo medesimo .
Per via di tali astrazioni alcuni di loro sono
giunti a Tendersi quasi affatto insensibili 9
non pure ai mali dell'animo, ma anche a
quelli del corpo ; nel che sono certo da am-
mirare : ma astrazioni così difficili f ed ap-
poggiate poi a siffatti principj , nna mode-
rata e saggia filosofia non dee pretendere •
Basta soltanto , che facciasi delle cose una
più giusta estimazione che non suol farsi co-
munemente : basta che necessarie 'alla umana
felicità non si pongano quelle che non io sono ,
Ora io domando : quale è la base dell'ama*
uà felicità? Ognuno dirà la tranquillità dell 1
animo. Quale n'è il compimento ? Dirà ognu-
no la contentezza . Vn «omo tranquillo e con-
tento è un nomo certamente felice . Ma perchè
uno sia tranquillo , che si richiede egli mai?
La esensione dai mali . Perchè sia contentò ?
La esenzione dai bisogni . Tolgansi i mali dal
mondo , svaniranno tosto le afflizioni , ognu-
no sarà tranquillo : tolgansi i bisogni , sva-
niranno i <desiderj , ognuno sarà contento .
Ma quali sono i veri mali ? Se ne traete i
dolori del corpo ed i rimorsi della conscien-
za i gli altri sono tutti di opinione , tiicea
Rousseau , e noi l'abbiamo dimostrato. E i
^veri bisogni quali sono eglino? I bisogni fi-
sici : chi ad essi ha modo di soddisfare, cer-
tamente ha quello che basta per esser con-
tento , Quanti difatti con questo solo noft
^vivono contentissimi ? Diogene nella sua bot-
te , dice Blassimo Tirio , era più lieto che
Serse in Babilonia . Gli altri bisogni non so-
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Jfe Immaginazione
DO che fattizj : noi siamo quelli che abbiamo
la stoltezza di fabbricarceli ; noi che renden-
doci necessario alfa felicità quello che la na-
tura lion ha coluto che il fosse, ne formia-
mo da -noi medesimi aspra e disastrosa la via,
ch'està fatta ci aveva più agevole e più spedita .
La natura poco richiede, dice Boezio £ De
consol. Phdo$o\>hiae lib. 3. > 9 e il dice con
lui l'esperienza e la ragione . 11 mondo reale
ha i suoi confini, replica un altro filosofo ; il
. mondo immaginario è il solo che non ha li-
miti . Tutto ciò che puh farne migliori e più
felici , la natura il ci ha posto all' aperta e
da vicino , dice pur Seneca ( De benef. lib. 7. ) .
Finalmente quanto poco essenziali alla feli-
citi siano le ricchezze 9 le dignità , il fasto ,
V autorità , e le altre cose dietro a cui mag-
giormente vaneggiano il più degli nomini ,
quanto sicno aszi insufficienti per procurarla,
quanto spesso le sieno pure d'impedimento ,
infiniti l'han ripetuto . Boezio fra gii altri
elegantemente Fha dimostrato ( loc. cit. ) f e noi
non osiamo pur di parlarne come di cosa già
aroppo nota (1). E perchè dunque di questi
beni dobbiam noi far tanto conto?
* Ria si ha egli perciò a trascurarli affatto ,
a sprezzarli, a rigettarli ? Alcuni filosofi cer-
tamente a questo segno pur giunsero 9 e non
ne furono che più paghi . Gli esempj di Ora-
te te , di Diogene, e degli altri Cinici sono
pm ip»i mm i nn i ■» ^— *
(1) L' imperador Severo dopo esser corso
{>er tutti i gradi della fortuna sino ad aver
'impero del mondo: omnia fui, diceva , sed
/nih'd expedit ; cioè tutto questa nulla ha £io->
vato a formi felice ( P. MAN. Apoth. Lib. YI. ) .
Digitized by Google
t
Klmedf ammali morali. 5'5
troppo famosi; ed ognun sa, che il secondo
di questi gettò perfino la tazza- io- cui beve-
va , allorché l'esempio di un fanciullo gli di-
mostrò, che supplire vi. poteva bastantemen-
te colla cavità della mano . Una filosofia pe*
tò meo Rigida non chiede tanta. Godetene,
diceva Plutarco ( Detta tranquillità dell'animo ),
finché sono essi in poter vostro , con quelli»
- parsimonia , che ad u-n uora saggio conviene,
ninno il vi contrasta ; ma avvezzatevi a po-
terne anche tranquillamente far sen^a , qua-
lora vi sicno rapiti ; considerate quanti mo-
menti passate lietissimi , seaza che le richez-
ze, gli onori, la vanità- vi abbiano parte. \
XXite fra voi medesimo : finche ia vivrò tran~
qnillo e contento,, sarò felice; questa sia
dunque la mia cura- primaria : per la traiv-
quillità e la contentezza ad un domo savio
di poco è mestieri ; questo procurisi di man-
tenere : il resto si abbia per un di più : go-
dasi finché la sorte il consente > e se ne sof-
fra tranquillamente la* privazione , allorché
venga a mancare • Preparato con queste rifles-
sioni voi potrete allora dire alla fortuna co*-
raggiosamente con Epicuro: tu mi puoi to-
gliere qualche piacere, ma Tira tua non sa-
prà giugnere a cagionarmi un dispiacere (i).
(1) Questa anzi è pur la maniera*, dice in
jrltro luogo Plutarco, di meglio sentire il go-
dimento de'bcni stessi, sinché sono essi io
poter nostro . Chi può dire intrepidamente
alla fortuna .-
Saave est% si quid da&>: pan-us dolor h$c
ubi tollis :
privo del timor della perdita , è il solo , che
giù dolcementò tutto il' piacere ne assapora.
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54 Immaginazione
§. IV. Previsione de' mali .
Vi ha però delle occasioni, in cui la per-*
dita ancor di cosa f che non ne importi grai*>
fatto ^aspramente ne punge, perchè arrivata,
improvvisa^. Non. basta, adunque lo staccar
l'animo dai beni di opinione col riguardarli
siccome cose alla, nostra felicità non neces-
sarie; ma, conviene di più a. questa perdita
tenerci ognor preparati col prevenirla . „ E' di
mestieri star sempre in guardia-, dice Seneca
< De consci, ad Hehiam ) e tatti gli sforzi
della fortuna , e tutti agl'impeti suoi preveder
molto, prima che sopray vengano . Ella, è gra-
ve a coloro cui giugne immprovvisa ; facilmen-
te ne sostiene i colpi chi ognor l'attende * 4
A tal oggetto un 1 abitudine ci convien fare,
IH quale e* è facilissima per sè stessa-, e non,
lasciera pur di recarci grandissimo giovamen-
to . Questa si è di torcer sovente all'adire le
altrui sciagure, la riflessione sopra di noi, e
chiedere a noi medesimi;. come covremmo &
contenere , se it male , ond*altri; si lagna , a
noi fosse avvenuto . ^ Chiunque , dice il me-
desima Seneca- (Zoe. cit.) 9 riguarda^ i mali
altrui , dei, quali opni giorno- reggiamo gran
copia, siccome tali che- facilmente a lui pu-
re aprir si possan la via , ben armato contro
di «juelli ognora si troverà, assai prima di
venirne assalito"-.
Per questo modo Anassagora sostener sep-
pe con tanta, calma la morte del figlio , che^
gli era, carissimo-. „ Già : da gran tempo , ri-
spose egli , ia sapeva , che mio figlia era mor-
tale". AUa>, risposta di Anassagora fu- simi-
S^ssima quella di una donna Spartana, la qua—
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Simedj ammali morali . 55
Te adendo che runico figliuol suo era in bat-
taglia rimasto ucciso , in luogo di abbando-
narsi agli usati femminili lamenti : „ fin da
quando io V ho partorito , disscplacidamen-
te , io sapeva ch'egli dovevjMnorire " . E per-
chè non* seguiamo noi questi eserapj , entra
qui acconciamente Plutarco (loc. cit> )y per-
chè al sopraggiugnere di un sinistro avveni-
mento , in lno^a di darci in preda alle que-
rele ed ai gemiti, non diciamo' noi pure si-
milmente : Io sapera , che precarj', non fel-
ini erano i miei beni sotto V arbitrio della
fortuna-, e che questa è volubile ed incostan-
. te ; sapeva , che- chi le dignità ed il potere
m'ha dato , poteva rifarmelo; sapeva f che
l'amico mio era uomo, cioè un essere per
.natura mutabile, come il chiama Platone.
Se ai volgari lamenti: io non l'avrei mai cre-
duto , noi mi sarei aspettato ; queste rifles-
sioni sostituissimo , T animo non uscirebbe si
fàcilmente dalla sua calma (1.)
(0 Perciò Euripide saggiamente fa dire a
Teseo
Nam qui haec audita a dodo memfnis-
sem viro ,~
Futura* mecum commentaliar miserias ,
Aut morlem acerbam, aut exulis mcxs-
tam fugam,
Aut sernper aìlquam rnolem meditahar
mali,
Ut si qua invccta diritas easu foret ,
He me iniparatum cura laceraret repens*
Gicer«« quaest. Tusc. NI.
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§(> / fmmaginazione
§. V. De' mali , che ammetton riparo .
À chi sapesse staccare T animo interamen-
te dai beni non neccssarj , a chi ognor pron-
to sapesse tenersi ad ogni dispiacevole incon-
tro , i proposti rimedj sarebbono certo bas^
tanti - Ma è da provvedere anche a qpellf ,
che non hanno tanta virtù , o- avvedutezza ,
e che dalle triste avventare si lasciano inas-
pettatamente 1 sorprendere . Il dir loro ciò che
àvrebbono dovuto fare per prepararvisi , è
rimedio faor di stagione . Di soccorsi presen-
ti, e presentemente praticabili, hanno essi d'uo*
po , e qaesti sono loro da accennare .
Egli è dunque a riguardare in primo luo-
go , se il male ammette riparo , o non V am-
mette . Net primo caso il conforto si offre i
da sè medesimo f nè si ha a far altro se non se
in luogo di trattenere Vi m mag inazione sulla
considerazione del- mal presente , trasportar-
la alla considerazione del futuro rimedio , e*
eolia speranza di questo racconsolarsi.
Anzi chi sa che in questi casi non si po-
tesse anche talvolta far servire l'immagine*
stessa del ben perduto 9 . o deb mal che si
soffre, ad aumento di consolazione maggio-,
re ? Egli è certo , ohe un bene assai più dol-
ce riesce allora quando si riacquista , che in-
nanzi di perderlo; e la ragione è pur mani-
festa , poiché al piacere diretto , eh* egli reca,
per sè medesimo , il piacere indiretto s' ac-
coppia della cessazion del- dolore-,* che la,
mancanza di lui cagionato n 1 ave a . Indi è,,
ohe i più scaltri e più raffinati Epicurei so-
leano talvolta d'un bene privarsi a bello,
j£ftdio per qualche temi>o , onde più^ivo sca^
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Ri m et! j a* mali morali . Sj'
•rime Ineseguito il godimento. Anzi giugnet-
xìo essi per fino a procacciarsi accora d^i
dolori espressamente per gustare il piacere
di farli improvvisamente cessare O) .
Or ciò posto , se un uomo nell' atto che
ha presente V immagine o del male avvenu-
togli o del- bene perduto , dalla molestia che
ne soffre , misurato prima il diletto che pro-
verà neir istante che verrà questa a cessare ,
saprà indi trasportarsi colla forza dell'imma-
ginazione ad un tale istante , e- con esso f
dirò coki , identificarsi ; egli è chiaro, che
anticipatamente ei godrà di tutto il pia-
cere di quell'istante felice, che V immagine
stessa del- mal presente avrà servita ad au-
mentarglielo .
Ciò potrebbe forse avvenire, dirà taluna r .
quando io fossi sicuro di riavere il ben per-
duto , quando , al male che soffro fossi sicuro
di riparare : ma la cosa è ben diversa , allor
che 1' esito è incerto . La cosa , io replico,
allora riducesi ad ua affale di calcolo: nou
v'ha che esaminare da qual lato la probabi.
li*à sia più grande o per numero , o per va-
lor di ragioni . Ma in questo calcolo a pp un -
I . c 3
(0 Questo uso , come osserva r autore del-
le Idee ' SitlV indate del piovere , non è pure ^
molto lontano dai nostri tempi . Quanti , die*
ejgli , protraggono il passeggio od il ballo in-
aino alla stanchezza per sentirla rapidamente
oessare adagiandosi f I liquori pungenti, i
sughi aspri ed amari , le polveri vellicanti
di cui tanto ci sogliamo compiacere , non
sono pure aggraderai chs per la stessa
gi,oae- • "
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5& Iifimaginazione . .
io è dove gli uomini errano più comunemen-
te .Valutano essi moltissimo ogni ragion di
temere , e quasi in ni un conta tengono tutte
quelle, che eccitare- li debbono a confidare . _
Posta anche una. sicurezza, pienissima , che •
pur si ha tante volte , singolarmente nei mali
per loro natura a limitati- a certo tempo , o
passeggieri , vi sona di quelli , che- invece di:
pensare ali futuro conforta , pare che non ab-
biano anima , fuorché per rammaricarsi col!
sentimento del ' mal' attuale . Il filosofo che
pub fare a costoro , che il male si vogliono
ad ogni patto ? Egli non \ può cho compian-
gerli..
Un nomo saggiò vedrà al contrario , come •
egli debba dar ogni pesa alle, minori speran-
ze 9 alle apparenze pnranche men lusi nghiere 9 .
e levarlo cjuanto è: possibile al timore . Una
considerazione v! ha pure che deve a ciò più
fortemente- animarlo ; o poca o molto sia il
rimediò , eh'' egli ha luogo a sperare , il suo
male ne verrà- sempre scemata di qualche
grado ? ; il suo stata pertanto- diverrà: sempre
men doloroso, di quel eh* sia attualmente :
•gli adunque non può aspettarsi ; che una
condizione migliore ; dunque ad ogni patta ,
egli ha ragione, di consolarsi . .
f.; VI; De' fnali irreparabili . .
Il peggio si è quando il male non ha ripa- •
ro . He; 1 i è il peggio però soltanto agli uomi-
ni deboli , e dei soccorsi della filosofia non .
ben forniti : perocché il saggio anche in questi
sa. egualmente confortarsi ; ed anzi in questi*
appunto è dove egli si compiace di più mos- .
twro: la su., yirtù } she, di ppea yirtfc i certa—
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Rimedi a 1 mali morali ''•
itìCBtfe fa di mestieri per consolarsi ci' un ma-
.le , che riparare si possa agevolmente . Il
difficil abito, ma importantissimo ei sa for-
marsi di Sottomettersi tranquillamente alle
leggi della necessità. Io ho perdatò il fra-
tello , o il padre , o l'amico , che mi erano
carissimi . Il" colpo è dura , ma il colpo non
ha rimedio ; io nè V uno nè 1* altro non posso/
più far rivivere . Che giova dunque il pen-
sarvi ? " Durum sei levius fit patientia quid-
quid' conifere est rtefaz r cosi» die' egli con-
Orazio.
Questa imperturbabile fortezza-d'animo pa-
re che agli Stoici fosse più propria , che i
tutti altri : almeno di essa altamente quei <
filosofi si gloriavano . Io sono d* avviso pero-
che il formar li abito di rassegnarsi paaian-
temente alle lèggi dell* necessita^ non sia*
finalmente sì malagevole , come ra ssembra
Basta fissarvisi risolutamente alle prime oc-
casioni ; basta ripetere fermamente fra sè :
il fatto è fatto , nonV ha riparo > si badi ad/
altro
Anzi V ebbe chi disse \ non esservi male-
cosi sopportabile f come un- male senza ri-
medio . Nè questo concerto è forse men ve-
ro* di quello che sia acuto e sottile . Impe-
rocché una debole- speranza affligge sovente
più' che non consoli ,< per le agitazioni e le
inquietudini- deli 1 opposto- timore Anzi io
aggiugnero , che il peggior male , eh 1 io co-
nosca nelle afflizioni , è appunto 1* ondeg-
giamento della incertezza-, e per le scosse
frequenti , che V animo ne riceve \ e perchè
dall' idea^ afflittiva è allor più- difficile il pò»
ter distrarre il pensiero . Air incontro la si-
carezza che il male è irreparabile*. ch'.eglL
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6& ^ Immagina z tórte .
è deciso , che più non v ale il pensarvi , prò*-
duce una specie di tranquillità e di fermez-
za : l 1 uomo .si determina, prende il suo par-
% tito f e s' accheta . Tanto più eh' egli può al-
lora vie meglio e può facilmente usare dei
mezzi meccanici , che abbiamo accennato
più addietro , con cui distrarsi , nulla più
essendovi , che lo costringa a dover suo mal-
grado richiamare Tifica afflittiva, e tornar-
sela innanzi .
Ma nei mali irreparabili: non v'hnaeglf al-
tro mezzo per tranquillarsi che questo solo ?
Altri pure ve n'ha, e assai più consolanti .
§. Vili Che ogni male hn qualche compenso , .
I pittori e gir scultori si sono dilettati al-
cuna rolta a formare artificiosamente dello
figure in tal guisa * che riguardate da una „
parte un volto vago ed s avvenente f dall' al-
tra un mostro informe e spaventevole rap-
presentassero . Tali sono pure comunemente
le cose umane : tutte per ordinario hanno
doppio aspetto ; e fa differenza si è , che in
esse r aom debole e m*l accorto si ferma,
subito air aspetto tristo , • si avvilisce ; lad-
dove il saggio volge sollecitamente la figura
dall' altro lato , e si conforta .
Ma collie può egli ciò praticarsi nei mali ,
che alcun rimedio non ammettono ? Se ri*
medio non hanno , hanno però tutti qualche
compenso * Non vi ha male , comunemente
parlando, che aecompagnato non venga o ,
seguito da qualche bene-. Un Leibniz! ano di- .
rebbe anzi, che tutto è bene; Robtnet , che-
il bene -e il male sono in perfetto equilibrio : ,
19 souk; ditk uè Tono uè P altro , ma ;oh«
»
- . « <
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ItHneclj (finali morali'.. (Srt
agni tnaìe per ordinario da qualche .bene sia»
compensato, l'esperienza abbastanza ce ne
convince, Quante volte, dice Fontenelle , di-
certi incontri , che gravi mali ne parvero
•in salle prime,, non ci troviamo noi in
appresso così contenti , che fòrtemente ne
spiacerebbe, se non ci fossero accaduti? La
stessa gravezza del malè , aggjngne il P.
Stellici ( Etica Tom. II. ) , contribuisce tal-
volta a far che ne sorga an bene tanto mag-
giore , di noi accadendo qael che dell' acqua,
aelle fontane, che tanto più' alto risale ,
quanto più cadè dall' alto .
Che poi sarebbe se noi volèssimo ram-
mentare tatti quegli altri compensi , che mai-
non mancano d'accompagnare qualunque ma-
lè ; i conforti degli amici c dei congiunti;
V interesse , chte ai altri veggiamo prender
per noi , interesse che ci consolli per la buona
opinione, che di noi mostrano avere: l'istru-
zione , che le traversie ci porgono per me-
glio apprendere a governarci (1) ; il como-
dò , che ci presentano per distinguere i veri
amici dai falsi : il disinganno , che ci offrono
intorno alle cose^ sfuggevoli dèlia terra ; o
mille altri vantaggi , che insieme uniti non la-
sciano di essere rilevantissimi?
Una riflessione novt è par qui da ommet-
tere , ctoe troppo giov* al nostro proposito ,
ed è che la perdita di un bene , dirittamen-
te considerata- , non è spesse volte che la
cessazione d'un male o d' un incomodo . E-
gH è; noto , drce T 4 ab. Trublet ( Essais sur
(t) La fortuna ci corregge di molti difet-
ti , che la ragione non saprebbe correggere ^
dicQTa il Duca De la Rochefoucaolt K(fl.
»
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6& m Immaginazióne",
divers Sujets de litterature et de morale'
Tom. L )t ed è passato anche in proverbio 9
che le grandi ricchezze sono de* grandi im-
barazzi : e noi pur vedremo estesamente in-
altro luogo, quanto uaa j comoda mediocrità
sia loro da preferirsi : Allo- stesso modo le
dignità , dice Seneca, altro non sona , che
una schiavitù onorata (1) . ir comando non
è che la briga di vegliare air altrui condot-
ta , provvedere* agli altrui bisogni, udirne le
querele f comporne le liti , acchetarne i tu-
multi . Tutti i beni* di simil> fatta hanno
\ qualche disagio simile, la cessazione del
quale air uomo filosofo fa cagionare sovente*
maggior piacere , che non cagioni dolore la*
perdita» del" bene stèsso .
Noa v'ha male in somma , in cui il sag-
gio trovar non sappia qualche compenso 9 con-
cui ristorarsi . Egli è come Tape, diceva Plu-
tarco, la quale dall' amarezza^ del' timo sa*
trarre il mele*. ' Zenone perdute in un nau-
fragio tutte le sue sostanze, non giunse egli
a rallegrarsene , perchè ciò gli avea dato*
occasione di- meglio attendere allo studio-
delia sapienza (ti) ? E Demetrio Falereo esi-
(1) Diogene ad uno che esaltava la fortu-
na-di Callistene alla corte di Alessandro
anzi, disse, egli è infelicissimo , che gli toc-
ca (lesinare e cenare non quando- ei n'ha:
T appetito ma quando piace ad Alessandro ..
(2) Tarn bene navigavi \* diceva* egli , cum
naufragium feci ( P; MAN. ApopUt\ Lib. 7.) .
Anassagora, similmente nella rovina delle sue
cose si consolava dicendo : se queste nosfos-
. ser perite, io pon sarei salvo; alluiendo al-
la filosofìa , a cui le sciagure lo avevano de-
tcrminato (Ib.).
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Hìmedj a' mali morali . 65"
Hata dtt Atene , e rifugiato in Tebe , eob $t>
tenne egli avventurato di poter quivi lontano-
dalle pubbliche brighe ascoltar» liberamente
Cratete ??
§ì VIH; Che i mali sono sempre: minori'
di quel che sembrano
Ma oltre al saper nei mali prontamente ri-
volger T occhio all' aspetto migliore , convie-
ne anche persuadersi, che riguardati dal la-
ta stesso peggiore sono essi per ordinaria
essi meno gravi di quella che V immagina-
zione ce» li dipinge . Niente è male per noi
se oi persuadiamo che non la sia ,. dicea il'
poeta Menanti ro ; e questa è Tarma, con
cui gli Stoici a qualunque- sciagura si op-
ponevano Escludendò- dalla classe dei mali
tutto quello che* non è vizio 9 si consolava!*
essi nelle loro disavventure negando che fos-
sero mali ► Epitteto voleva anche- di più".
Quando t' abbatti in alcun oggetto spiacevo-
le - 9 diceva egli avvezzati a dir fra^ te stes-
so ; e' non èr quello che pare , egli è-una pura
immaginazione " . Ma V accostumarsi a ri-
guardar come semplice immaginazione anche
ciò^ch'.è fatto , egli* è impresa troppo dif-
ficile, che noi lascieremo agli Stoici adde*
strati a siffatte pruove . A noi basta soltan-
to , eh 1 ella- si. tenga a freno di modo , che
non presenti come reale cii* che- non V è.
Nelle* disgrazie per ordinario quello che più
ci: affanna non è già il male che attualmen-
te soffriamo , ma quella che coir immagina-
zione ci andiam figurando in appresso • Una-
madre improvvisamente si rimane vedova eoa*
più figli , e con tenui fortune . Sé vi ha tem—
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6% - immaginazione .
po,.in cui meco ella debbo patir, xf daxM|#
della sua perdita , egli ^ certamente nei pri-
mi giorni,. in cui pel sostegno dei fi^li si
trova ancor provveduta : l'indigenza e le an-
gustie sopravvenire non possono sé non do-
po . Ciò nondimeno- appunto nei p*>Imi giorni
noi la veggiamo desolatissiiua $, in progresso
di tempo il dolore si scema , e per lo più si
£a nullo. Or da che viene die tanto ella s'af-
fanna quando ancora non sente il danno e
più non duolsi quando il danno dorrebbe ap-
Imnto sentirsi ? Egli è perchè sul principio
1 immaginazione , che tutto gode ingrandire,
le fa apprendere il male nella veduta più spa-
rentevole . Già rovinata ella crede ogni cosa
senza riparo^ già ogni speranza è bandita da
/ lei per . sempre ; ridotta vedesi già senza scam-
po ai più terribili estremi . Tutto quest* or-
rido a poco a poco si va scemando : ogni pas-
so , ch'ella fa dall'immaginazione alla reali-
tà, le discopre an nuovo raggio di speme e
di. conforto a mano a mano le case giun-
gono a segno , che disgombrata ogni nebbia,
dileguato ogni spavento ella non sa più do-
lersi .
Un giovane vano riceve nn oltraggio : non
pijre presso ai conoscenti , ma in ogni parte
della città, in ogni parté del mondo egli già
credesi disonorato , e disonorato per sempre.
L'affanno , che lo crucia , non è più adun-
que da chiedersi da che provenga . S'egli in-
vece si persuadesse , che ogn' uomo è troppo
occupato intorno a sè medesimo per pensare
ad altrui , che del si^o accidente si parlerà tutto
al più in qualche crocchio di sfaccendati , e
in capo ad ima settimana o acl un mese niu-
3*o più si rammenterà nò della , sua avventura,
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Bimedj male morali * 65^
uh di la! stesso , egli certamente non si pi-
glerebbe più, tanto affannò .
Ma ogni uomo ha l'orgoglio o la debolez-
za di farsi centro dell' universa? ognuno s'ar-
▼isa , che gli occhi di tutto il mondo sieno
rivolti sopra di lui solo ; che le sue piccoli
avventure , che i suoi nonnulla interessar deb-
bano tutto il genere umano . Ecso I 1 origino
d'una gran parte delle nostre afflizioni , e del-
le nostre ridicolezze. Spogliati di questo pre-
giudizio, persuasi che nei pensiero degli al-
tri noi occupiamo o ninna o piccolissima par-*
te , noi saremmo più saggi e più felici •
Da questa breve digressione tornando al pro'^
posito principale, in qualunque disgrazia dob-
biam tenere per fermo , che il male è sem-
pre minore di quello che n' apparisce • (Qua-
lunque abito siasi $a noi formato nel raffre-
nare l'immaginazione , egli è certo -che sui
primi momenti ella vorrà sempre esercitare
alcun poco il suo impero, ed* avvezza , eom*
ella è, a farci tutto vedere a traverso dei
microscopi o dei vetri moltiplicanti , i no*-
stri mali ci fàrà setnpre apparire o più gran-
di o più numerosi che per sè stessi non so-
no . La ragione medesima pertanto ci auto-
rizza ; la ragione medesima , direi quasi ,
pur ci constiinge a doverli credere minori di
quello che sembrano ..
§. IX. Mèzzo disfarli apparire minori
ancora di quello che sono .
•
Ma la stessa itnma^inazione che tanto*
per suo costume è inclinata ad ingrandire ed-
esagerare i nostri mali , non si potrebb' essa
<ooji util consiglio rivolgere invece a farli pa^
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6$ Immaginazione .
rer men gravi di quel che sono , e più facili
a sopportarsi ?
Non v'ha a tal fine che trattenerla nella
contemplazione degli nomini , che o nel ge-
nere stesso di mah , o in altro sono di noi
più infelici / Mei male e nel bene non v'è
misura assoluta ; e quanto grandi rassembra*
no comparati ad un minore f altrettanto ne
sembrano piccoli , tjuando* con uno maggio-
re- si mattano- al confrontò . Quindi Sene-
ca a Marzia : „ volgetevi pure , diceva , a qaal
parte vi aggrada , in ogni luogo voi troverete
dei mali assai pia gravi del vostro». 1 T capita-
ni più illustri , i principr più possenti vi fu-
rono essi pure soggetti , e nemmeno gli stes-
si Iddìi ne Iranno le favole lasciati immani
forse acciocché le loro afflizioni fossero alle
nostre uu conforto. Ninna casa si misera sa-
prete voi nominarmi , che in una più misera
trovar non possa- motivo di consolarsi"
Per simil guisa pur Fóntenelle r M Mirate,
dice, gli schiavi incalliti nelle catene , volge-
te Tocchio a qdei miseri , che non hauno pu-
re- di che vivere f o che sostengono la vita
meschinamente a forza div stenti e di sudori;
osservate quei che languiscono in lunghe , pe-
nose , incurabili malattie : essi formano la più
gran-parte dell' uman genere . Or quanto po-
co sarebbe costato alP Autore dell*- natura il
farci simili a ({negl'infelici V E quanto non
abbiamo a sapergli' grado d* averci fatti da
Toro dissimili V In luogo Adunque di rattristar-
ci dei mali che soffriamo, rallegriamoci, se-
gue egli , piuttosto di quelli ondosiam privi
Ne a questo fine soltanto , ma ad altro an-
cora* io vorrei t che Tocchio frequenti volte
si rivolgesse a. coloro , che trovansi in- istate*
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Blmedj a 9 mali morali'. (Tj-
ctf noi peggiore , ed è quello di osservare fra*
Toro chi meglio sa confortarsene , onde imi-
tarli . E per verità ad' un uora saggio di qua-
le eccitamento- par non debb 1 essere sì fatto
esempio ? Uno che dica sovente fra se : tanti
vi sono* di me più poveri , più vilipesi , più
maltrattati , eppure vivon tranquilli , come non
devigli sentirsi an forte* stimolo a procurar
di emularli 2? *
f. X. Corichi u sione di questo capo
Per raccoglier* in compendio quello che si
è detto fin qui , poiché le afflizioni dell'ani-
mo il più sovente derivano dal rammarico di
nn ben perduto * incomincisi a fare una più
giusta estimazione di quei beni , a cui gli
uomini anelano si fortemente 9 . a conoscere-
quante poco* di essi facci» mestieri per la
felicita , a riguardarli quindi , allorché sono-
in nostro potere , come un di più , e coli*
animo ognor disposto a farne senza tranquil-
lamente-, ove ci vengan rapiti . La virtù e
Fònore son<v i soli beni V dei quali s'abbia
costantemente a far conto . Ma la prima non
ci può esser- tolta da alcuno.: il secondo mai.
non sf perde se non per proprio demerito
nel' qua l caso con nuovi meriti da noi dipen-
de \h ricuperarlo r gli oltraggi e le calunnie
oscurare lo possono per un momento , ma ili
$Ufr splendore ben presto guidato dalla veri-
tà ritorna a manifestarsi più vivo e più fol-
gorante.
Separati i veri beni dai falsi ^distinti i be-
ni necessarj alla felicita da quelli che so-
no cessorj , alla perdita di questi si tenga*
K nirmo- ognor preparato f perchè non giun—
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t58 ^ Immaginazione . 1
ga improvvisa ; e se alcuno eli essi ci vien ra-
pito di fatti , si volga tutto il pensiero a
quelli che ci rimangono , onde colla vista^ e
col godimento di questi racconsolarci .
Per impedire frattanto , che V immagina-
zione non s* impadronisca dell' idea spiacevo-
le che la perdita può averci destata sul pri-
mo momento , ai mezzi Meccanici , che ab-
biamo accennato , rincorrasi prontamente . Si
' fugga come veleno l'inerzia e la solitudine,
come veleno si fugga quel tristo piacere , che
in essa vorrà tenerci legati : la compagnia,
l'esercizio , la fatica , e la distrazione si cer-
chi per ogni modo .
L' immaginazione contutrociò vorrà farci
sentir di tratto in tratto la sua forza anche
a nostro dispetto ; e noi co» immagini con-
trarie adoppiamoci allora a superarla. Se il
male ammette riparo , tutta si occupi nella
considerazione di questo , e colla speranza
si anticipi il confòrto, che venir debbe dall'
ottenerlo. Se if male per se stesso e irrepa-
rabile, ©'determiniamoci costantemente a non
pensarvi , o se ostinatamente egli si presen-
ta , si fissi in lai T immaginazione all' aspet-
to migliore e poiché ogni male per ordina-
rio porta seco alcun bene, o alcun compen-
so , alla contemplazione di questo solo tutto
il pensiero si fermi .
Che se T immaginazione vorrà pure a for-
za mostrarci anche V aspetto tristo, persua-
diamoci allora , ch$ questo non è sì tristo
ih se stesso , com' ella ce lo figura ; sovve-
niamoci , che V immaginazione tutto sempre*
Ingrandisce , che^col passare dall' immagina-
zione alla realita ogni male si fa sempre
minore. . Volgiamoci (quindi, a riguardate
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Hlm'edj a* mali morali. $g
tinelli che si trovano in uoa paggio ir condi-
zione di noi, e consoliamoci della nostra
superiorità: osserviamo fra loro quelli che
sanno , o han saputo trovar più pronto il
conforto, e destiamoci ad imitarli.
Colla pratica di questi mezzi sarà ben
raro , che la perdita di verun bene più ci
riesca di grave rammarico . K troppo facile
H vedere , come Y uso della più parte dei mezzi
xnedesiuu possa giovare puranche a superare
le altre specie d 1 afflizioni , il rammarico
che viene da un mal sofferto , Y inquietudine
che nasce dal desiderio , Y angustia che dal
timore è prodotta: ma ad ahro luogo noi ci
siam riserbati a parlare di queste più accurata-
mente .
Per conchiudere adunque: in tutti i mali
clie dall' immaginazione dipendono , ogni
sforzo si adoperi per distornarla, e per ri-
eìramajr l 1 animo dal! 1 immaginazione alla
sensazione . Questo è il mezzo generale que-
sto è pur T unico mezzo per superarli : gli
altri tutti non si riducono che a questo solo .
CAPO - V .
« •
i
Himedj delV Immaginazione ai mali ,
1 che da lei non dipendono .
S.
_ iffntti mali ristringonsi unicamente ai do-
lori del corpo, e dolor» reali, ove T imma-
ginazione non abbia parte nè col fingerli ,
nè coli 1 alimentarli , nè cóli* ingrandirli .
Quanto sia piccolo il t !oro numero rispet-
to ai mali che dall'immaginazione derivano ,
dal Capo' 11. si può raccogliere abbastante-
mente . Chi calcolar potesse con esattezza
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•70 Immaginazione .
*da un canto i momenti infelici , che un nol-
ano passa per cagione di mali fisici e reali ;
dal!* altro quelli eh* egli pruova per motivi
puramente morali od immaginar] , la diffe-
renza certamente si scoprirete grandissima ^
lilla non sembra comunemente si grande,
perchè in 1. luogo t mali "fisici più facil-
mente per sè medesimi si manifestano , che
non i morali ; in 2. luogo perchè in questi
più frequentemente addiviene , che $li no*
mini per propria colpa si trovino avvolti* ^
però maggiormente se ne vergognano , e più
interesse hanno di occultarli ; 3. perchè qaand*
anche e negli uni e negli altri non abbian
nulla a rimproverarsi , minor premura pero
*i danno di palesare i morali che i fisici ,
perchè minore compassione « minor soccor-
so sperar ne possono comunemente ; 4* in
fine perchè ni silenzio dei mali morali un
saggio contegno pur di sovente gli obbliga ,
perciocché il discoprirli trarrebbe spesso di
conseguenza il mettere in pubblico i proprj
affari , <cosa sempre imprudente , qualora fac-
ciasi senza bisogno .
A dispetto di tutto questo perb i più de-
gli uomini sono abbastanza sinceri per con-
fessare in complesso , che i mali morali ,
che loro avvien di soffrire , superano i fisici
•di lunga mano ; ontVè che sebbene alcun
rimedio a questi ultimi la filosofia non sa-
pesse proporre, un gran servigio avrebb* es-
-sa prestato secppre all'umanità, i rbned)
proponendo contro dei primi e pel numero ,
« sovente ancora per la gravezza assai mag-
giori * ■
Ma anche al conforto dei mali fisici essa
mott è di rimedj affatto sprovveduta :.anzi
uigiti
zed by Googk
Ttitneà) a\ mali fisici . 71
•siccome la medicina dai corpi stessi più ve-
lenosi sa trarre i più preziosi , e più etili me-
dicamenti ; cosi la filosofia sa dell'immagina-
zione , che nei mali dell 1 animo ha sì gran
parte , valersi al contrario nei mali del corpo,
come di opportuno rimedio -
, D' un metodo però aff atto opposto negli uni
* negli altri conviene far uso ; e laddove nei
1 primi , perchè dall' immaginazione dipendo-
no , ogni «forzo si deve adoperare per richia-
mare l'animo dall'immaginazione alla sen-
i sazione; nei secondi , perchè tutti nella sen-
sazione sono riposti , ogni sforzo si deve fa- ,
1 re al contrario , perchè V animo dalla sen-
sazione all' immaginazione si trasferisca ;
ì Prima d'ogni altra cosa però tatto quello
al mal reale si deve togliere , che l'immagi-
nazione pub avervi aggiunto , il -qual so-
1 vente è moltissimo . tjià si è detto nel Ca-
po III. quanto il timor della morte , o d'un'
lungo disagioso di una deformità, 0 d'un
vizio che restar debba in appresso , quanto
la memoria della sanità innanzi goduta , e
il confronto continuo coli' indisposizione pre-
sente , «pianto l'invidia dello stato florido c
felice f che cedasi in altrui , influiscono a
Tendere più penoso il male ohe provasi real-
mente . Tutto questo adunque deve in primo
, luogo ^stralciarsene : più allora non rimarrà
1 che il vero male , il quale comunemente non
sarà molto, * più facilmente però dall' im-
maginazione potrà correggersi .
Chi ama vedere i prodig] straorriinarj , che
in questo genere V immaginazione sa opera-
re , non ha che a volgere rapidamente lo
«guardo a ciò che le storie e antiche e mo-
derne ci hanno tramandato . Miri egli Muzio
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7* Immaginazione .
Seevola innanzi al Re Porsenna arder sull'ara
la destra , che errato aveva . Tremano i cir-
costanti , e si raccapricciano all' adire il cre-
pitar delle carni , al vederne lo sfacimento ,
Y arsura ; egli solo non sente nulla: il pen-
sìer della lode , che con ana eroica fortezza
egli aspira a procacciarsi f la sorpresa che
tqoI infondere di sè medesimo nei suoi ne-
mici , il bene che con ciò spera di procura-
re alla patria, gli rendon nullo il più atro-
ce tormento . Vengasi Agesilao fratello di
Temistocle dar di sè stesso un 1 egnal pruova
innanzi a Serse , ed offerirsi ad ardere an-
cor la manca , se della destra non fosse pa-
go . Anassarco è condannato in Cipro dal
barbaro Nicocreonte ad esser pesto in un
roortajo; intrepidamente egli guastandolo:
sfoga pure , gli dice , la tu* fierezza , ma
sappi, eh? il sacco d' Anassarco tu pe-
sti , non Anassarco . Il successore di Mon-
tezuma è condannato nel Messico ad essere
con «no de 1 suoi ministri lentamente abbru-
stolito : mette questi altissime grida pel cru-
do spasimo , a cui non sa più resistere :
Guatimozino a lui rivolto : ed io, placida-
mente gli «fcce, poso io forse sovra ad un
letto di rose ?
D l egual fermezza innumerabili esempi noi
ritroviamo fra i barbari dell' America, i qua-
li in mezzo a' più crudeli tormenti , lungi
dal prorompere in alcuna doglianza , super-
bamente insultano i loro nemici, gli accu-
sano di poco artifizio nel tormentarli , e
cantando tranquillamente si muojono . INTè
sol fra' barbari , e fra gli uomini più robu-
sti e più duri , frequenti si videro in ogni
tempo sì fatti esempj , ma tra le femmine
i
•* *
m
»
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Mirnecti a' mali fisici . 7?
ancora; ed ognun sa come le giovani India-
ne coraggiosamente si lancino tra le fiam-
me per aver la gloria di morire coi loro ma-
riti t o per evitare il rimprovero di lor so-
pravvivere ; ma fino ancor tra' fanciulli , e
troppo è noto con quale intrepidezza presso
degli Spartani si avvezzassero questi a sof-
ferire innanzi alP aitar di Diana il tormento^
di lunghe e fierissime battiture , senza versa-
re una lagrima , senza mandare un sospiro •
Non v'ha dolore così atroce , a cai l'im-
maginazione non sappia rendere superiori la
persone stesse pia deboli e più d ìli cale . Un
oggetto a lei basta , nel quale poter viva-
mente occupar T animo . L r amor della patria
in alcuni, in altri l'amor della gloria o a
timor dell' infamia sono stati quest' o ggetto
possente. Agli Stoici valea per tutto la per-
suasione , che i mali del corpo non fosser ma-
li (1) . La I<?gge formatasi di un'invitta for-
tezza era quella che insensibili rendeva il
Lacedemoni , che insensibili rende gli Ame-
ricani . Una nobile disperazione , ossia il ve-
dere l'inutilità del lagnarsi d' un male , che
1 non si può evitare nè correggere , è general-
mente bastante al^e anime forti , la speranza
che il male debba cessar prestamente , i ri-
stori o compensi che V accompagnano , la
considerazione di un mal maggiore che si è
; sfuggito 5 il confronto coi più infelici r e
rniJle altre riflessioni di simil genere in soc-
! • ' '
- ■ mg
O) POSSIDONIO tra le più fitte punture del-
ila podagra: Fa pur, dlcea , quanto ti piace,
,raa non perciò otterrai, che io confessi che
tu sii un male »
d
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ni Immasìnazicne*
.orso s'affrettano delle miaai^.g»"^
ma sagge però abbastanza per saper ceroare
«stretti oDDortuoi , con cui sollevare .
^1 cib PP ohe anima più fortemente a soffenr
«on coraggio gli *trazj ancora più «cerbi e p ù
con roragpw .V • SDeranza d' una noooi-
SS Q* solo p«roo D gfai.« T
colla ragione , ora a noi dalla Religione vicu
S 0 i più tolFerabile il mal-
^esente « maritarsi un bene «terno noli
Svenire volesse invece colla sua msotferen-
avvenire , v ^ j medesimo ren-
Z a e questo perdere , m rf .
d^rsi mù -doloroso * p»u gr*»°
S n! leremo più acconciamente nella 111.
vìJ ove ^dimostreremo , quanto abbia
£ ReiìZnl cosi in questa nome » ogni
altra iosa , accresciuta perfezionata la «o-
j-ale filosofia .
H A P 0 VI.
Piaceri della immaginazione .
-T.tM«o nur sembra a un di presso , cne
SeffigU-e eziandio si p^sa d,.
Imperocché in quella «u.sa , che • ™£» "°
~ lori vinconoi fisici di gran langa , ed w tutW
o nlmen certamente per la più parte dal
immaginazione dipendono ; così ancor dei
piaceri pub giustamente affermarsi .
- r
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IP laceri della medesima . '7S
Infatti i piaceri dell* animo hanno essLpu-
re , come i dolori f la triplice relazione al
passato , al presente * air avvenire,
Quanto al passato essi dipendono o dall f
immagine ci' un ben goduto ^ di cai la memo-
ria ancor ci diletta -, ò da quella d' un mal
cessato , di cui amiamo sentir la privazione f
0 da quella d'un bene da noi operaio , che
un dolce s*nso di compiacenza ognor ne ris-
veglia ai rammentarlo .
Circa air avvenire essi nascono dalla spe-
ranza 0 del conseguimento d'un bene , 0 dal-
la cessazione d' un male : conseguimento e
cessazione , che 1' immaginazione col tras-
ferirci a. quel momento , ìa cui debbono av-
venire , ci rende in certa guisa presenti *
Nelle stesse attuali prosperità il piacere di-
pende assai meno dal ben reale di cui si go-
de , che non da quello che coli 1 immaginazio-
ne si concepisce . L'acquisto delle ricchezze,
.0 delle dignità , o dei titoli , o degli oEori ,
rallegra V animo pei vnntaggj , o pei comodi ,
o per la considerazione e I 1 autorità , che
con ciò sperasi d' ottenere . Uo comandante
al riportare una vittoria , un artista , 0 un
noni di lettere al terminare un'opera di lungo
stadio, un uomo virtuoso all' eseguimento
d' ana buona azione sono lietissimi per la
miglior opinione , che con ciò acquistano dì sè
medesimi , e per la lode o pel premio , ohe in
questa vita , e dopo morte se ne promettono*
Piace puraticho all' .animò , e sommamente
il diletta la cognizione del vero ; ma oltre-
ché per arrivarvi di molta forza d'immagi-
nazione fa di mestieri, massimamente ove
richieggasi il confronto di móìtp idee , egli
è ben r?.ro, che 1' acquisto delle cognizioni
d 2
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«7$ Immaginazione .
piaccia per sè unicamente, e non piuttosto
e principalmente per T uso e 1' utilità , che
'si spera di ricavarne. Di sommo diletto è
similmente la contempi -tzione del bello ; ma
oltreché la conformità dell'oggetto che si '
contempla , col modello ideale che ognun
del bello si forma in saa mente , a quel di-
letto ha una .grandissima parte , nelle arti
imitative , siccome sono quasi tutte quelle
che chi anatrasi arti belle , a quel diletto pur
molto contribuisce il confronto , e la cono-
sciuta conformità dell 1 imitazione coli' im-
magine dell'oggetto imitato. A tutti insom-
ma o quasi tutti i piaceri dell' animo 1 im-
maginazione ha la parte maggiore ; e come
dell' umana infelicità, così pnranche della
felicità essa pub dirsi a ragione la princi-
pale- sorgeuts . #>
Non qì faremo noi qui tuttavia a dimo-
strare si lungamente in qual guisa essa ab-
bia a dirigersi por ottenere i piaceri , come
ci siamo trattenuti a indicare i mezzi on-
de fuggirne i dolori; perocché il modo on-
de avere » primi assai più facilmente pre -
sentasi r er ** medesimo , che non quello
onde evitare i secondi .
Direni solamente , che a chi vaol essere
veramente felice fuggir conviene m 1. luogo
«noi fniaceri dell 1 immaginazione , che seca
Sortano' < u seguito il rimorso. L immagine
d' un guadagno , benché inonesto , può esser
piacevole ad un avaro; quella d una ven-
detta , quantunque ingiusta, ad un iracon-
do; quella d'un sensuale diletto , comunqne
illecito , ad un voluttuoso . Ma ciò eh è tur-
pe , ed iniquo , e vituperevole per se stesso ,
Wnché lusinghi per qnalche momento allor-
ché serve la passione , calmata questa , una
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Piaceri delia medesima . 77
trtfppo Jnnga e troppo funesta traccia poi
lascia di acerbissima pena
2. Quei piaceri dell' immaginazione fuggir
si debbono parimente , che servono di ecci-
timento e di pascolo air eccesso dei deside- .
rj . Dormirebbero questi , o' sopiti sarebbonsi
nel cuore dell 1 uomo , se V immaginazione
non li destasse col loro offerire or questo
or quel bene neir aspetto più lusinghevole-
e più seducente . Ma comechè di piacere
per qualche istante sia contemplazione di
questi beni , che l'immaginazione sa ali 1 a-
uimo avvicinare ; noi vedremo qui in se-
guito di quanti mali sia poi cagione i* in-
temperanza dei desiderj , che indi procede .
3. Quei piaceri dell' immaginazione alPin-
contro sono con ogni studio da procurarsi *
in cai nè il rimorso -, nè l 1 alimento di pas-
sioni disordinate possa aver luogo ►
Tali sono quelli principalmente, che na-
scono dalle oneste e virtuose azioni ... Un
atto di generosità , di giustizia , di magna-
nimità , di fortezza , di temperanza , e nel
momento che si eseguisce , ed ogni volta che
si richiama a ì pensiero , lascia nelV anime
un dolce^ sentimento di compiacenza e di
soddisfazione , a cui nian piacere della vi*
fa può uguagliarsi .
Tali parimente sono quelli che vengono
dall'esercizio dell'industria e dell'ingegno.
Fochi momenti , dice Gianson 9 prova l'animo
più dilettevoli di quelli, in cui seco va dispo-
nendo il piano ed i mezzi, onde compiere qual-
che opera importante ; e condotta eh' essa
sia felicemente al suo termine , on nuovo di-
letto si è sempre all' animo il rammentarla •%
t Lo stesso amene dell/acqaistate cognizioni*
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7$ Immaginazióne .
ohe sempre è dolcissimo il richiamare , e tan-
to più quanto sono, o più utili , o più este-
se , o più rare e difficili , o più pregievoll
per qualsivoglia altra ragione .
Tali pnranche sona quelli che derivano
dalla contemplazione dei hello . Un* amena
veduta, nn grandioso, spettacolo, un'eccel-
lente pittura f scoltura , o. architettura , una
musica deliziosa, un'interessante o tragedia,
o commedia , o poesia , nn tratto sublime di
poesia , o di filosofìa , o di eloquenza , sono
tutte cose, che non solamente nell'atto in
cui si gustano*, ma. in. ogni tempo eziandio
in cui si rammentano , sempre recano nell*
animo un nuovo e delizioso piacere •
• Ne l' immaginazione deve pur astenersi,
dal richiamare quegli altri innocenti diletti,
che 1' animo abbia goduto , o che goder
* possa senza rammarico e senza rimorso . Una
lieta conversazione , un' amena villeggiatura,
un viaggio, istruttive e piacevole sono og-
getto di dolce rallegramento ogni volta che
si ricordano; e nei viaggi- singolarmente è,
spesso maggiore la compiacenza, del ram-
mentarli , che il diletto attuale dell'eseguir-
li . Le finzioni stesse dell 1 immaginazione ,
e quelli che da noi si chiamano castelli in
aria , trattengono anch! essi £ anima con na
dolce, piacere , che innocuo è pure per sè-
medesimo, quando l'animo., a tali finzioni
trasportar non si lasci soverchiamente , o
non dia luogo a. passioni sconvenevoli e di-,
sordinate, o per qualunque maniera pertur-
batrici, della sua. tranquillità .
Tale è F uso e il governi, che far si de-
ve* dell' impaginazione, onde toglierne i ma-
li , e procurai; maggiamente quei beni , chi
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Piaceri dell* medesima . 79
essi h atta a somministrare. Ora è da vede-
re qual uso e governo ancor delle passioni
far debba V uomo saggio allo stesso fine.
Origine , e natura: delle pacioni (1)
J? ormato Y uomo dalla natura^ di una or-
ganizzazione delicatissima , ed esposto ali*
azione continua degli obbietti che lo circon-
dano , troppo agevolmente ne potrebb- essere
sconcertata e distratto r se mezzo- alcuno
uon avesse 9 eoa cui distinguere fra le mol-
tiplici impressioni di questi* obbietti le utili
dalle perniciose Questo mezzo/ provvida-
mente fornitogli dalla natura è là* sensi-
bilità . Se una. impressione o lacerando le
fibre , o distraendoìe o affaticandole- tende
a scompigliarne la tessitura e li armonia-, la
sensibilità prontamente per via deh dolore
ne lo avvisa . Se un' altra all' opposto* con un
movimento ordinario e regolare non tende
che a placidamente esercitarle , a conservarle
»fl vigore naturale , a Toro restituirlo , quan-
do V abbiane perduto per qualsivoglia* ca-
(1) Questo Capo con- poche variazioni è
qual fu già pubblicato nell* Appendice al Cap.
XX. Lib. II. del Saggio di LOCKE sa V ur
ciano intelletto... " ■ v
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So
Passioni .
gione , la sensibilità con un sentimento con-
trario ne lo avverte , che è quel del jiiacere .
Ma T interna sensazione del piacere e del
.dolore assai poco gli gioverebbe , se non aves-
se modo di conoscere anche gli oggetti , da
cai le impressioni piacevoli o dolorose gli
vengono . tigli distinguerebbe tutto al più la
sensazioni utili dalle nocevoli , ma nè quel-
le procacciar si potrebbe , nè queste fug-
gire . Oltre adunque alla facoltà di sentire
internamente gli effetti delle estrinseche im-
pressioni , quella ancora gli è stata data di
conoscere gii obbietti onde procedono.
Anche qaesta però gli sarebbe d'un utili-
tà troppo «carsa , qualor rimosso V oggetto
alcuna idea più non serbasse di lui * nè de*
suoi effetti . Per sapere quaFoggetto abbrac-
ciare, e da quale guardarsi , converrebbe f
che ogni volta ne sentisse le impressioni , lo I
quali sovente potrebbero esser tali da non
lasciargli più tempo di scegliere . Ciò adun-
que , che in questa parte perfeziona F opera
della natura , è la memoria e V immagina-
zione, per via di cui sovvenendosi F uomo
delle impressioni passate , e richiamando Fim-
xnagine degli oggetti , ondo furon prodotte «
anche senza averli attualmente presenti sa
farne la scelta , ed ai noti segni riconoscen-
doli , sa poi alF uopo fuggirli , o ricercarli .
Ora gli oggetti , che colla loro azione ten- ]
dono à conservar Y uomo o perfezionarlo ,
sono quelli che chiamatisi leni ; gli oggetti
che tendono a deteriorarlo o distruggerlo ,
quelli sono che si dicono mali . Ma beni
* il piacere o il dolore che F animo ne ri»
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Loro orìgine e natura • 8t
sente (pag. i4* )• Anzi avviene par molte
fiate , che il piacere e il dolore dati air no-
mo dalla natura siccome mezzi per distin-
guere le impressioni giovevoli dallo nocive ,
da lai si tengono in conto di fine, e che
perciò conosciate per mezzo del piacere le
cose ohe giovano a conservarlo o perfezzio-
narlo, più non le cerchi per questo motivo, ma
pel piacere medesimo che gli producono ;
conosciate per mezzo del dolore le cose ,
che tendono a deteriorarlo o distruggerlo ,
più non le fugga pel nocnmento che pos-
sono arrecargli, ma pel dolore che glie-
ne viene . Di quali errori questa sostitu-
zione di fine a ciò eh' è mezzo, esser pos-
sa cagione , qui non è luogo di esaminarlo :
ora basta d*aver accennalo il fatto per de-
terminar con maggior precisione a quanti
significati, e per quali ragioni i nomi di
bene e di male si sognano applicare .
Ma ogni cosa , che vien da noi riguardata
sotto all' aspetto di bene , in noi produce
nna naturale tendenza verso di lei , e questa
è quella , che chiamasi amore . Ogni cosa -al
contrario , che sotto all'aspetto di male per
noi si considera 9 in noi produce una natu-
rale avversione , e questa è quella che odio si
appella .
L'amore e l'odio sono le prime passioni
dell'uomo , le passioni più generali , le pas-
sioni ehe dir si possono fondamentali. Il bea
conoscere V origine e la natora di queste due
passioni primarie, è cosa dunque troppo im-
portante > e per ben conoscerle conviene esa-
minar l'uomo nei tre stati diversi , che sopra
abbiamo accennati . -
■
«2 3
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Passioni.
Se altro egli non avesse , fuorché- internai
sensibilità, il suo amore non si ridurrebbe
che ad una semplice compiacenza nelle sen- „
sazioni aggradevoli , che attualmente provas-
se, ed altro non sarebbe il suo odia fuorché
un disgusta delle sensazioni penose : % che fos-
se costretto a soffrire .
Dotato della facoltà di conoscere gli ob-
bietti f onde le impressioni piacevoli e dolo-,
rose gli vengono*, egli sente crescere e svilup-
parsi vieppiù: l'amor sua ed il sua odio . Alla
compiacenza delle sensazioni aggradevole si
aggiunge, una. compiacenza negli oggetti da.
cui denvano * ossia un* interna, soddisfazione
nel contemplarli , un piacer interno d' averli
presenti : ali.' abborrimento delle sensazioni
penose s'accoppia un abborrimento degli og-
getti onde procedono , ossia un rincrescimen-
to v una scontentezza 9% una pena di doverli,
avere dinanzi <
Ma se memoria ed immaginazione egli non
avesse , queste passioni in lui sarebbero an-
cora limitatissime , perciocché si ristringereb -
bono unicamente alle sensazioni ed agli ob-
bietti presenti, rimossi i quali ogni amore ed
ogni odio cesserebbe . L'immaginazione adun-
que e la. memoria sono- quelle, che presen-
tandogli, l'immagine degli obbietti utili ed
aggradevole anche quando sona essi lontani ,
e la nozione richiamandogli delle sensazio-
ni piacevoli , che da essi, derivano , . in lui
producono! quella., tendenza-, ohe propriamen-
te costituisce Tamare, vale a dire quella com-
piacenza, nel contemplare T immagine dì tali
obbietti, quella propensione continua verso
di loro , quella premura nel ricercarli , quel-
la letizia nel rinvenirli. L'immaginazione e.
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Loro orìgine e natura • o3
memoria similmente sono quelle , che l'im-
magine presentandogli degli obbietti per-
niciosi o disgradevoli ,.. e la nozione richia-
mandogli delle sensazioni molèste , generano
in lai qaelP avversione , in, cai radio è pro-
priamente riposto*,, cioè quel disgusto nel ve-
dersene innanzi V immagine , queli'abborri-
rimentoi perpetuo da essi , quella premura as-
sidua d'allontanarli o di fuggirli , quella pe-
na e quello sdegno cella scontrarli novella^
mente.,
Se- queste due passioni avessero plìr dih— .
gentemente analizzato i filosofi , che l'amore
al bene- ed alla felicità , Y odio al. male ed
alla miseria han riguardato nell' uomo come
due inclinazioni in lai poste dalla, natura
come due affetti innati , come due specie d'i-
stinto , ad espressioni così , vaghe e cosi pri-
ve di sensa non sarebbero per avventura ri-
corsi E certamente* che altro è egli il dire :
l'amore al bene ed alla felicità è innato neU*
nomo ,, è in lui istillato dalla natura , è uà-
istinto-, fuorché un dir nulla. con molte pa-
role, o un* dir tuttf al 7 più che questo*- amo-
re è in lai un- affetto che non si sa donde
venga-?- Nell!aorao* adunque- non* v'ha, altro-
di innato , se questo- termine par si potesse
adoperare ,. fuorché le facoltà di sentire,, ri-
flettere , rammentarsi , volere*. ed J agire , di
cai a lungo abbiam trattatonelhh Psicologia^
e l'amor naturale al bene ed alla felicità, l'o-
dio naturale* al; male ed' alfa- miseria , non so-,
no che- effettivi quali da- queste medesimo*
facoltà direttamente procedano*..
Spiegata Tòrigine- dell' amore- e dell' odio
h presso a poco spiegata anche quella di tutte?
le altre passioni le quali propriamente, ali
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84 Passioni *
tro non sono elle modificazioni diverse di que*
sti due affetti primarj . Ed incominciando da
quelle che dipendono dall'amor* , coni* egli
ha il bene per oggetto , cosi le sue modifi-
cazioni sono vafie , secondo che questo è pas-
sato , o presente , o futaro , e secondo eh* è
di una o di un'altra specie.
L'amore d'un ben passato produce la co tn^
piacenza , o il rammarico , secondo che di
esso o ci piace tuttora la ricordanza , o ci
dispiace la perdita . V amore d'un bene che
godesi attualmente divieti contento , letizia ,
gioja , tripudio , gitasta V impressione eh 1 egli
ne fa maggiore o minore , la quale ove sia
eostante ed abituale , diventa ilarità . L'amo-
re d'un ben futuro fa nascere il desiderio , il
quale è accompagnato dalla speranza o dal
timore, secondo che probabile o improbabile
n* è il conseguimento ; e la speranza poi di-
fesi più propriamente fiducia , e il timor dif-
fidenza , secondo che per un tale consegui-
mento maggiore o minor conto facciamo noi
o del valor delle nostre forze , o dei soccor-
si che aspettiamo da altrui .
Se l 1 amore tende unicamente al piacere ,
si chiama appetito • ghiottoneria , concupi-
scenza , libidine , giusta i diversi suoi gradi-,
e i diversi piaceri che si propone : se tende
alle ricchezze , si dice avarizia; se agli ono-
ri, ambizione; se a saper cose nuove , curio-
sità ; le quali cose nuove se giungono all'im-
provviso 9 o se escono dell' ordinario , produ-
cono la maraviglia ; finalmente se all' onestà
ed alla virtù , egli non ha nome proprio , e si
appella generalmente amore della virtù , del-
la giustizia f dell* onesto .
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Loro or' g' ne e natura , m
V amore che portiamo a noi medesimi è-
detto amor di noi stessi, o amor proprio ; il
quale se è accompagnato da una stima so-
verchia , che l'uomo faccia di sé , , eh. ama-
si orgoglio ; se da una soverchia avidità rt es-
sere stimato dagli altri , d icesi vanita . L a -
more , che V nomo deve portare generalmen-
te ai snoi simili , è Benevolenza ; quello cha
portasi a determinate persone o ritiene il no-
me d' amore , o prende quello di amicizia-,
l'amore verso alla patria, ai parenti , ai n-
rii, ai fratelli, e l'amore scambievole ir*
gli sposi, non hanno nomi particolari , e sr
contrassegnano cogli aggiunti di patnotico ,
filiale, paterno , fraterno, coojugale; il de-
siderio degli altrui vantaggi e Fa premura-
ne! procurarli , si chiama impegno- o favore y
V allegrezza per lè altrui feliei avventure ,
congratulazione ; il sentimento per le perso-
ne , da cui siamo stati beneficati , ricono-
scenza o gratitudine ; il* sentimento per [&
persone di merito, stima , rispetto , venera-
zionej il sentimento in fine che aver dobbiamo
per V autore supremo del nostro essere , ab-
braccia in sé tutti insieme gtl affetti di amo-
re , gratitudine , sommissione r rispetto , ve-
nerazione*,' che tutti dalla Religione cora-
prendonsi sotto al nome di carità .
Gli affetti, che nascono dall odio , sono
anche essir diversi secondo la diversità det
mali , che li cagionano , secondo che sono
questi o passati, o presenti, o futuri-
L'odio d'un mal passato, che ancor ne
dispiace d' aver dovuto soffrire , è rammari-
co ; e quello d' un mal presente è afflizione *
cosdoRlio „ affanno , ambascia , angosciai
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S6 : Passioni .
ec. (i> , a misura che il male è più o me-
no sensibile ; e quando l 1 affetto divenga a-
bituale , è tristezza o maliconia : quello d'un
inai futuro è timore il quale se il male pre-
sentaci come grande ed inevitabile , passa
ali 1 abbattimento ed alla disperazione , se all'
opposto il mal presentasi come piccolo , e
dalle nostre forze fàcilmente superabile , si
converte in non curanza , disprezzo , sperau-
za , (2) , confidenza , coraggio , ardimento .
Se il male consiste nella troppo lunga du-
rata d'una sensazione medesima , lo stato
dell 1 animo è tedio ; se nella mancanza di
sensazioni e idee piacevoli ,. o più general-
mente nella mancanza di sensazioni e idee
interessanti , è noja ,. se nella mancanza del-
le ricchezze, non ha- nome proprio; se nella
mancanza snella perdita dell'onore f . è av-
vilimento , o vergogna ; se nella coscienza di
di un mal commesso, è rimorso ; se nel rin-
crescimento d'averlo commesso, è penti-
mento
(1) Questo Capo con poche variazioni è*
2ual fu già pubblicato nell' Appendice al
ap. XX. Lib. II. del Saggio di LOCKE Su.
V umano intelletto.
(s) La speranza, e il timore hanno luogo
amendue cosi nel bene, come' nel male;
propriamente però 1' oggetto della speranza è
sempre un piacere, e della tema un dolore ,
sperasi il piacere del conseguimento di un
bene , o della fuga d 1 un male , temesi il do-
lóre o dell' avvenimento d 1 un male , o del:
non conseguimento d 1 un bene che si desi-
dera . . •
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Loro origine e natura.. [87^
111 male* che vergiamo in. altrui , produce*
in noi la- cammìsserazione , o compassione
iL quale affetto quando nasca, dalla vista di
nn male* da altrui commesso , ma- leggiero e-
perdonabile,, si chiama: compatimento. IL
male- che da- altrui ci sia fatto , in. noi desta
il: risentimento la collera,. Tira,, i quali
affetti ove clarino lungamente , diventano-,
quello, che propriamente si chiama, odio , o*
rancore ^e 11 odio- ci porta, a. desiderare al-
trui del male>. eglt è malevolenza , astio, ma-
lignità, se fa che irragionevolmente abbiam
pena dell' altrui bene, è invidia o livore^,
se poi non. è che un ragionevole dispiacere
di veder premiato un uomo immeritevole , o-
di vedere ben. riuscita - ad un. uomo, mal one-
sto una; rea. azione,. egli è Adeguazione •
Qui non- facciamo che tessere semplice-
mente la genealogia , direm- cosi , delle pas-
sioni ; e perciò , scorriamo sovr* esse rapida-
mente : le proprietà più particolari di eia- -
scheduna si mostreranno, ove di esse pren--
deremo distintamente a ragionare (1) .
<i) Nella- genealogia delle - passioni non
tatti, hanno tenuto lo stesso ordine . TIMEO *
seguito poi dagli STOICI , e- da molti altri,
stabili per affètti pritaarj \L desiderio ; il tir
more , il gaudio , ed il dolore , gli ARISTO -
TELICI hanno distinto invece i due appeti-
ti irascibile, e concupiscibile ; . CARTESIO »
per- primo affetto ha- messa, la, meraviglia ,
poi fa stima, o il. disprezzo, poi^ Y aurore *
e V odio-, da cai secondo le: varie relazioni*
a, derivar tutti gli altri; MALEBRANCHE,
meco mette alla testa siccome noi V amore *
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$$ Passioni •
Égli è da osservare frattanto , siccome nel-
la Metafisica già si è accennato ( pag. 98.) f
che le passioni non tutte nè sempre tendono
al 1 oro obbietto colla medesima forza ; ma
che questa è più 0 men grande a misura che
r obbietto all' immaginazione presentasi sot-
to alla sembianza d 1 nn bene 0 d 1 un male
più o men rilevante .
Allorché P uomo in nn oggetto non vede
nè ben , nè male , o vi scorga soltanto nn
bene o un male piccolissimo e da non cu-
rarsi , il suo stato si chiama indifferenza ,
eh 1 è* una mancanza di commozione , o man-
canza almeno di commozione sensibile *
Se P oggetto si presenta sotto alla forma
P odio , e WILLIS il piacere e il dolore .
HOBBE5 riconosce per affetti primarj Pap-
fietito , il desiderio , P amore , P avversione f
'odio , il gaudio, e la tristezza: SHÀPH-
TESBURY ha come Timeo per primi affetti
il desiderio , P avversione ( in luogo del ti-
more) , il gaudio , ed il dolore ; P amore
secondo lui è composto di desiderio e di
speranza, P odio d* avversione e di timore ;
LOCKE per primi ne ammétte cinque , amo-
re , odio , desiderio / allegrezza , e tristezza :
HUTCHESON stabilisce per primi il deside-
rio e P avversione : HARTLEI mette cinque
affetti piacevoli , amore , desiderio , speran-
za , allegrezza, e grata ricordanza , e cin-
que molesti , 0 di avversione , timore , tri-
stezza , e ingrata ricordanza. Una più este-
sa esposizione di queste diverse opinioni po-
trà vedersi presso il P. STELLI NI ( Ethica
hxb. 1. Gap. 8.)
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Loro origine e natura . ìftjr
di nn bene , ma piccola, quest' interna •com*
mozione comincia a manifestarsi , ma pie*
cola e debole , e piuttosto che passione si
dice allor sentimento, o compiacenza, se
il bene attualmente si gode; e tendenza f
inclinazióne , propensione, se a lui si as-
pira .
La passione sr forma quando l'oggetto
s'offre sotto all'aspetto d'un bene grande ,
sicché T animo a lui si porti con vivacità e
con impeto •
Che se l' immaginazione lo- rappresenta
come un. bene grandissimo , necessario , indi-
spensabile, allora la passione si spiega eoa-
tutta la forza , tatti gli altri sentimenti i»
lei si trasformano, altro oggetto più nòn sa
Inanimo riguardare fuor di quel solo , » Itti
corre di vola , e di slancio , ed una pena
nn* inquietudine universale lò agita , finche
non .giunge ad ottenerla. Arrivata a questo
grado la passione , trasporto o entusiasmo
vien detta ; e se giunge alt" eccesso , e più»
qualor abbia un motiva irragionevole, ap-v
pellasi fonati smro, furore, mania .
Eguali a ira di presso pur sono! gradi
neli* odio , il quale cominciando dal dis-
gusto e dall' avversione , passa ali 1 abor-
rimento ed all' abbominio , e termina coli*
orrore , a misura che sotto aHa sembianza*
di un male , o piccolo , o grande , o gran-
dissimo alla mente T obbietta si* rappresenta .
In queste rappresentazioni l'immagine ha
d' ordinario una grandissima parte, e fuor d«l?
la prima commozione , che alla sensazione
si deve, tutto il resto per lo più da guella
forza dipende , con cui 1' immaginazione ì
beni té i mali sa all' ànima più o mena in-
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§p» ; Passioni.
grandire. 0ain^i è t che al solo governo del V
immaginazione tutta la teoria dell'uomo sag-
gio ridurre potrebbesi facilmente e tutta in.
una sola Sezione racchiudere.
Per non troppo scostarci *dal coman meto-
do , noi abbiamo creduto di dover fare delle
passioni nna Sezione a parte : ognun vede
però , che il governo dell'immaginazione do-
vrà anche in questa aver necessariamente
moltissimo luogo . La passione non. è per sè
stessa che on moto naturale dell'animo , che
al bene si porta , o dal* male rifugge - L'arte
di governar le passioni deve tutta dunque eon-
sistere nel far si, che all'animo non si pro-
pongano se- non quei beni , che sono veri e
reali, e nell' impedire , che la immaginazio-
pe come reali e veri be^i non gli metta di-
nanzi dei beni falsi ed apparenti ».
Quindi pure apertamente si scuopre , quan- |
to, vane ed irragionevoli sieno le declamazio~
ni , che contro alle passioni, da tanti si sono
fatte f e quanto più irragionevoli fosser colo-
ro-, che le passioni bandite volevano intera-
mente dal cuore umano . Il toglier all' uomo,
le passioni è lo stesso che torgli la sensibili-
tà , da cui procedono in prima origine , e vo-
lerne formar un tronco o un sasso . Le srego-
latezze dell' immaginazione sono quelle che
levare gli si debbono , ossia V m imaginazione è
quella che^ deve ben governarsi e correggersi,
affinchè come bene o^ male all' animo non
preseci se non quella che lo è di fatto . Ot-
tenuto qoesto , la debita forza alle passioni
si deve lasciare : es&e allora più non j*roda -
cono che vie maggior utilità : sono come L
venti al nocchiero , che quando spirano favo-
revoli e regolari , tanto più felicemente e più,
0 •
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► origine e natura . gì*
presto gli fanno compiere fi suo viaggio , quan-
to sono pia vigorosi (i>.
Anzi non par vantaggiosa soltanto , ma ne-
cessaria è all'uomo questa energia delle pas-~
sioni. L'inerzia , che nel mondo fisico hav
lantafurza, non. l'ha minore nel mondo mo-
rale . Ogni uomo resiste alla fatica , come*
ogni corpo resiste al moto : un impulso a
questo è necessario f una passione- è neces-
saria a quello per toglierlo all'inazione : la.
presenza d'un male, che gli renda incomo-
do resistenza; la vista di un bene, di cui
senza inquietudine non possa soffrire la prir
vazione ; un odiò per conseguenza di questo
male , il quale superi la resistenza alla fati—
aa : nn amore di questo bene , il quale su-,
peri la propensione all'inerzia , necessaria-.,
mente ricchieggonsi per determinarlo ad opra*
re : senza di questo egli virerebbe in up'ina^
anione perpetua
C K P 0 II.
_
Amore % e odio di noi stesse ....
J^iamore-d? noi medesimi è la prima passio--
no e più naturale r . che noi abbiamo . Iofin
dal primo mpmento. , che- noi cominciamo.
—
« ■
(1) I. vantaggi, che* dal!* passioni forti*,
( qualora, siano, regolate dalla, ragione ), deri-
vano, ed al privato ed» al* pubblico , sono a
lungo annoverati da EbVEZIO, e provati eoa
molti esempj ( Epist* Disc* 3, Cap* 6.' 7. ) ©
generalmente si può. affermare esser, ben po-
che le azioni , cha da qualche forte passione?
»pa, sieno, state promosse
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*
Amore è odio di no/ stessi. cÈ
si ci rende in coi , ed ingiusti verso degli
altri . Del primo soltanto noi prenderemo or
a favellare , serbandoci a parlar del secondo
in appresso .
Articolo I.
Amore di noi stessi .
D ne oggetti T amore di noi medesimi si
deve proporre , vale a dire , la conservazio-
ne, e la perfezione del nostro essere. Alla
prima è necessario il procurar tatto ciò che al
sostentamento della vita richiedesi , e fuggire
tntto qnello òhe può minacciarla : è neces-
sario alfa seconda il procurar tutto ciò che
il corpo e r animo può render migliore , e
fuggire il contrario •
Or circa alla conservazione , quanto per es-
sa è necessario e indispensabile il nutrimen- >
to , altrettanto la sua o qualità o quantità
può esser pregiudiziale : male adunque ama
sè stesso chi schiavo della su<* gola , per go-
dere d'un piacer momentaneo , 0 s'abbrevia
la vita, o disagiata la rende con procurarle
infermità : nuoce al corpo l'eccesso della fa->
tica , ma non gli è meno nociva una perpt-
tua inazione e infingardaggine; il moto adun-
que e la quiete, fazione e il riposo con-
temperafe si debbono convenevolmente : il
divertimento siccome all' animo , così pur
al corpo son necessarjdi quando in quando ;
ma T abuso dei piaceri , o soverchj , o sre-
golati , è sovente Cagione dei più terribili
mali : ninno pertanto è più nemico di sè me-
desimo , che un pazzo e sfrenato voluttuoso »
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f Amore di noi stessi . 9$
j "Nei pericoli della vita due parimente esser
(possono gli eccessi. Alcuni gli affrontano
incantamento , e spesso Vi rimangono perda-
ti: altri li temono ove non sono , e qaanao
[ne vengono sorpresi si smarriscono d 1 animo
in modo -, che anche potendo non sanno uscir-
ne . V uomo prudente al contrario sa tnistrràrli
innanzi d'^esporvisi , e disprezzando gl'ira-
: xnaginarj, sa rispettare i reali - Allora poi che
n' è impensatamente sorpreso, tutte raccoglie
le. sue forze per liberarsene: la speranza è
T ultima ch'egli perde , che anzi non perde
mai ; ed oppresso dal male irreparabile egli
rimane prima , che abbattuto . Ma di questo
ad altro luogo .
Qui invece osserveremo , che oltre alla pru-
j denza per evitare , ed al coraggio per supe-
rare i pericoli prossimi e presenti , è pur me-
stieri Ai saper premunirsi innanzi tratto con-
tro ai rimoti . V agilità , la destrezza, e la
robustezza molti hanno campato sovente dal-
le rovine, dagli incendj , dalle inondazioni ,
dai precipizj ; la esperienza al nuoto mille ha
sottratto ai naufragi ; Y esercizio delle armi
infiniti ha difeso contro a 1 nemici assalitori.
Quindi è, che questi esercizj presso gli an-
tichi una parte essenziale formavano della lo-
j ro educazione . Non sarebbe ella nu u sta parte
attempi nostri sovercfasamente^negletta? I fi-
losofi se ne lagnano , nè forse a torto : arme-
na dove l'opportunità lo consente , sarebbe
c«rto desiderabile , che la gioventù i questi
esercizj fosse più accuratamente addestrata .
Oltre al munirla contro ai pericoli , che nel-
la -vita accader possono ad ogn 1 istante , si
verrebbe ella cosi nelle meaìb™ a sviluppare»
e perfezionare vie meglio: oggetto, che il
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g5 é Passioni*
TMto amor di noi medesimi patir non deve
che si strascuri .
TMa la perfezione dell' animo è quella, in
cui riposte «esser vogliono le nostre cure
maggiori . La superiorità che ha Y uomo sulla
materia inerte , sulle pianle ^ e sui "bruti f
consiste nelle facoltà di conoscere , di ra-
gionare , e di regolare coi principi della
ragione la propria condotta; e la perfetti-
bilità , che , secondo Rousseau , è quella
proprietà, che più di tutte inalza V uomo
sopra degli altri animali , non è altro appu fit-
to che la facoltà a lui data di perfezionare"
il suo spirito •
Or ciò che V animo perfeziona , si è pria*
eipalmente la dottrina e la virtù . Fra il dot-
to , e T indotto quella differenza poneva A-
stotel* (0 , che ^ fra il vivo ed il morto f
nel che se troppo esagerata era forse l'es-
pressione, non era però in tatto lontana
dalla ragione. Le meraviglie della natura
troppo certamente son degne di essere cono-
sciute , e vergogna sarebbe a chi ha i mei-
ai di arrivare a conoscerle , se per una vi-
tuperevole trascuratezza restar volesse -piut-
tosto nella condizione del volgo ignorante , il
quale è costretto ad ammirare oon una rozza
stupidità i fenomeni che ad ogn* istante gii
si presentano , senza sapere onde vengano .
Più delle cose esteriori però dee 1 nomo
aver cura di ben conoscer sè stesso , di svi-
luppare e scoprir la natura delle sue facol-
tà , operazioni , ed affezioni , di rintracciare
T origine delle sue nozioni ed idee, di ap-
iO PLUT. Àpopht. p. n&
»
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» -
Amore di noi stessi . 97
prendere la maniera di bea distinguerla , di'
ben combinarle , di penetrare i fonti degli
errori e dei pregiudizi f e di evitarli .
Ma soprattutto Y arte di ben condursi f
r arte di vivèré saggiamente e tirtuosainente ,
T arte di vincere i mali , di conoscere i veri
beni e procacciarseli , di giungnere insom-
ma alla felicità , come la più essenziale f
dee certamente occupare eziandio le sue
maggiori premure .
Nè già quest'arte deve egli apprendere
come delle altre cose farebbe , per un impul-
so di semplice curiosità f e per acquistare
ana cognizione di più, ma per applicarla
alla propria condotta , e per profittarne . Po-
chissimi sono i filosofi pratici , dicea Fonte-
nelle ; e ciò che avesse ad intendersi per que-
sto nome , ben egli dimostrò col suo esem-
pio , il quale fino all'età più decrepita sep-
pe vivere con una pace ed ilarità si inalte-,
rabile , che fu la meraviglia de 1 tempi suoi .
All'incontro vi sono moltissimi , che sui be-
ni e sui mali dissertano sottilissimamente ;
che con mirabile sagacità sanno rintracciare
le vie ancor più recondite , che guidano alla
sapienza , alla virtù , alla felicità , ma nei
fatti , dimentichi di sè stessi e dei loro prò-
- prj precetti , nulla più si distinguono dagli
ucrmini più volgari, schiavi come questi del-
le Jor passioni , facili come questi a scompor-
si , a turbarsi , a rendersi infelici per ìe cose
sovente più vili e più dfspregevoh. Cleante
soleva assomigliarli alla lira , che suona per
gli nitri , non per sè stessa .
Il vero filosofo non si contenta di definire
le passioni , ma cerca di vincerle ; studia gli
errori dell'umana ioaxoaginazicne non tanto
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98» ; Passioni.
per accennarli , quanto per saperli evitare ;
esamina i suoi doveri più per adempierli ,
che per predicarli ad altrui . Sua prima curo
è discendere in sè medesimo, onde scoprire
con occhio indagatore e sincero le sue ìh-
éltQ Mio ni , gl'interni suoi movimenti, e
quelli secondando che il portano alla veritk
ed alla virtù , reprimere a tempo e costan-
temente i contrarj . Insufficiente trovando il
solo stadio di sè stesso , volge la sua rifles-
sione fuori di sè , e ste*o prima lo sguardo
sogli nomini che lo circondanò , lo porta
quindi attento sulle nazioni ancor più rimon-
te, attento lo spinge in seno alla più. oscura
antichità. Da queste contemplazioni Y ani-
mo suo mille tesori raccoglie di verace sa-
pienza , che al reggimento di sè stesso ac-
cortamente sa poi impiegare. La storia de-
gli errori degli uomini, e delle splendide trac-
ce , che han lasciato di quando in quando
ni salacità e di prudenza, gli e*empj terri-
bili dei loro vizj puniti ♦ e gli esempj con-
solanti delle loro premiate virtù, la serie
ora ridente , ora lagrimevole delle loro rivo-
luzioni , dei loro innalzamenti, dei loro pre-
cipizi è per lai una scuola perpetua; e nel-
la stessa vita cornane le azioni ancor più
trascurate , gli avvenimenti ancora più pic-
coli da lui con occhio sagace esaminati f gli
forniscono sempre nuovi e sempre più utili
ammaestramenti - Istrutto per questo modo
risila vanità delle umane grandezze , o le
fusge, e come Pitagora si sta a riguardare
cUli* atto il conflitto delle mondane vicende %
spettatore di esse , non parte; o se por quel-
le vengono a presentatisi 9 come Seneca le
mette da Qanto ( V. pag. 4& ) , sicché la
fortuna senza commozione di lui possa ri-
Digitized by Googl<
Amore di noi stessi . • 99
j iprenderle quando le aggradi . TConvinto , che
j Tari sono nell'uomo i mali veri e reali , e
che la più parte non sono apparenti od -im-
maginar] da questi si libera eolla superiorità
e col disprezzo , contro di quelli si arma
con una invitta costanza , traendo cosi dal-
la filosofia quel fratto t che già Cratete di-
ceva d'averne raccolto , cioè di saper vivere
senza affanni, e senza sollecitudini. Per-
suaso finalmente con Antistene ,che la vir-
tù è la sola , che rende -l'uomo verace-
mente e nobile e grande; eh 1 essa AJ V ar-
matura inpenetrabile , che ad ogni colpo
resiste, c che da ninno può esser tolta ; che
«ola essa procaccia la vera estimazione de-
gli nomini , il loro amore , la loro ricona-
scenza ; che .i difensori sinceri e gli amici
fedeli solo per essa ritrovansi ; che essa sola
sa battere la vera strada che guida alla fe-
licità , a lei rivolge indefessamente il «no
stadio, lei per norma e direttrice propone
delle sue azioni e dei suoi pensieri , abbrac-
cia con giubilo ogni occasione , che a lui
presentisi di praticarla , e coli 1 esercizio di
quella amabile rendendosi e rispettabile agli
uomini , lieto ad un tempo e felice si rende ia
se stesso , *d agli altri addita col suo esem-
pio come sè medesimi debbano amare vera-
cemente .
ome naturale e necessario è l'amofe di
xioi medesimi , cosi un odio vero ed espres-
À H T I C Ó L O II .
Odio di noi stessi-
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100
Passioni .
tanto in un senso figurato % che F nomo di-
cesi alcuna volta odiare sè stesso .
Ciò avviene primieramente allora quando
uno si fabbrica palesemente il suo male e la
sua rovina : egli odia allora sè stesso in quan-
to tende alla sua distruzione od alla sua in-
felicità. Ma quest'odio non è che un'amo-
re incauto e disordinato , per cui allettare si
lascia da un ben presente o piccolo o falso ,
disprezzando o non conoscendo il male vero
e grande , che si procura in appresso .
Avviene qualche volta, che alcuna cosa in
noi stessi per noi si odii realmente ; cosi odia
il suonatore la torpidezza delle sue dita ,
che pronte al suo volere non ubbidiscono ;
odia 4!^ uomo di lettere la sua smemoratezza
o distrazione, ehe non gli permetta di trarre
dai suoi stutff.il vantaggio eh 1 egli brame-
rebbe ; l'uomo (daffari odiarla sua imperi-
zia o imprudenza , che sfuggire gli lascia le
occasioni più vantaggiose * e lo conduce a
precipizj non preveduti. Ma quest'odio non
è di noi medesimi, ma sibbene dei mali che
veggiamo in noi stessi , i quali appunto ab-
boniamo , perche ne vorremmo essere privi ,
e ne vorremmo essere privi, perehè ci amiamo.
Finalmente un 1 altr' odio v' ha di noi stessi ,
odio virtuoso , odio dalla filosofia non meno ,
che dalla Religione ordinatoci , il qnal con-
siste nel contraddire vigorosamente al nostri
appetiti, qualor s' oppongono alla ragione.
Ma quest' odia non è appunto che il retto
periore di noi domina suir inferiore , e i ve-
ri beni a noi procura , togliendoci all' in-
ganno e al seduttore allettamento de' falsi .
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Orgoglio , umiltà , viltà • 101
Nel primo caso V uomo per voler essere
troppo amico di sè , diviene realmente il
suo più terribil nemico ; nell 1 ultimo, ne-
mico di sè stesso apparentemente , egli è
in realtà V amico di sè più verace e più sag-
gio ; Todio che abbiamo di noi nel secondo
caso è utile e commendevole infino a tanto
che a riparare ci stimola i nastri difetti ri-
mediabili , ma irragionevole e pazzo divie-
ne f quando ci porta ad affannarci di quelli
che non amtnetton riparo: J Y impossibile all'
uom ragionevole non è mai oggetto nè d'a-
»ore , ni d\ odio *
capo ni.
Orgoglio , umiltà * viltà ~
u na certa estimazione di noi medesimi è
naturale a ciascuno e indispensabile quanto
T amor di noi stessi , conciossiachè noi si ru-
mo costituiti per modo, che le qualità che
apprezziamo in altrui , tutte crescono natu-
ralmente di pregio agli occhi nostri , allor-
ché in noi medesimi le troviamo „ Ed infatti
niente può aver diritto alla nostra estima-
zione , se non ci si offre o sotto alla sem-
bianza di bello , o sotto a quella di buono .
Ora bello significa ciò che ne fa una rap-
presentazione piacevole : buono quello che
ne produce an f interna piacevole modificazione
( V. Metafisica pag. 275. e seg. ) . Ma le
belle qualità a pari grado necessariamente
una rappresentazione più dilettevole far ci
debbono considerare in noi medesimi , che
ia altrui ; e siniilmento una più dilettevole
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1 Orgoglio , itmtUlà , viltà . 20T
si ci tenderanno per questo conto medesima
di lungo tratto inferiori •
Il risu tito eli tatto questo si è, che non
vi ha qaasi uomo al mondo , che in suo cuo-
re segretamente a tutti gli altri non si pre-
ferisca. E in pruova di ciò pur si chiegga a
qualunque , se interamente consentirebbe à
cambiare la propria esistenza con quelle per-
sone eziandio che più estima : niuno o quasi
ninno si troverà eh» a questo patto sia pron*-
to a sottoscrivere senza riserva . Quei mede-
simi , che di sè mostransi più malcontenti ,
che più invidiano lo stato altrui f ridotti a
questo passo si ritrarrebbero, e crederebbono di
fare un tristo contratto . Allorché noi bramia-
mo di essere in luogo altrui , non è un cambia-
mento totale quello; che per noi si desideri; noi
vorremmo soltanto , che la nostra maniera di
pensare e di sentire passasse in altri , vorrem-
mo essere nelle loro circostanze , vorremmo
aggiungere alla nostra esistenza quello che*
in altri veggiamo , ma* nulla perdere di ci&
eh 1 è in noi: un cambio intero e totale ci
sembrerebbe ognora svantaggiosissimo .
Quanto più naturale pertanto è quella sti-
ma , cho ognuno sente di sè medesimo , tan-
to più accuratamente è da guardarsi ch'essa non
giunga all'eccesso, Figlio dell'ignoranza prin-
cipalmente è l'orgoglio. Un uomo colto e
illuminato tanto più rettamente sa misurare
il suo merito e l'altrui: tanto meglio disco-
pre lo spazio f che dalla vera perfezione il
divide ; tanto sa meglio discernere quei difet*
ti , che lo costringono ad umiliarsi : la sapien-
za di Socrate richiedevi per proferire quella
confessione ; che tanto l'onora : hoc unum scio t
me nihil scke . All'incontro un uomo indot*
io4 m Passioni.
to f ed inorpellato soltanto d % una dottrina
superficiale, uno che ignori sin dove s'esten-
dano i confini dell 1 amano sapere , e quanto
egli ne sia lontano , ano che non vegga di
quanto tratto nella cariera medesima cV egli
corre lo abbian altri avanzato ; an uom sif-
fatto è il solo , che più facilmente possa dat
luogo all' orgoglio (i) . Spunta egli alcuna vol-
ta anche negli uomini grandi , ma rari sono
gli esempj , e grandi in ogni altra parte , in
questo certamente' son piccolissimi , che non
veggono come V orgoglio , con cui pretendono
di più innalzarsi , nella classe al contrario li
deprime degli uomini più triviali (a).
Nè solamente V orgoglio rende gli uomini
meno stimabili , ma li rende ancora affatto
odiosi . Niente è più abborrito dell' orgoglio
perchè niente all'amor proprio di ciascuno
più direttamente s'oppone . Provveduti gli uo-
mini perla più parte d'una dose più o men
grande di orgoglio proprio , persuasi quasi
tutti nei loro animo d' essere ad ogn'altro in
tutto o in parte superiori , niente soffrono
più di malgrado , che il vedere che altri pre-
(i) Le spiche vuote , dice PLUTARCO
{Òpnsc. Del cono$cere il proprio profitto neZ-
la virtù sono quelle che tendono più air
alto • *
(a) Quanto superiore^ sumus , dicea CICE-
RONE, tanfo nos submissius geramus ( De
Offic. Lib. i. Cap. a 7 ) : ed EPAMINONDA il
di dopo la gran vittoria di Lenttra andò di*
snesso oltre il solito , e interrogatone/lei mo-
tivo : Jeri , disse , io ho sentito un po' trop-
po compiacenza di me medesimo: questa
compiacenza intemperante oggi castiga .
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Orgoglio i umiltà / viltà r io5
tenda di soperchiarli » L'orgoglio , dice aca*-
tamente l'ab. Trublet , è il nemico pià fina
dell' orgoglio • Un nomo altero pertauto non
pub dalla sua superbia aspettarsi altro com-
penso , che di vedersi da tatti sprezzato in-
sieme e odiato : laddove Y umile per questo
appunto è più universalmente stimato , amato,
perchè mostrando egli pare d' avere stima
degli altri, lascia che ognuno , lui ammi-
rando » possa tuttavia esser contonto di sè
medesimo.
L'orgoglio più ribbuttante poi e più scioc-
co egli è quando taluna si vede andar tron-
fio di quello che non è suo . Qual merito
hai tu avuto , divea ad un di castoro un an-
tico filosofo , di nascer piuttosto in una splen-
dida capitale , che in un oscuro villaggio :
di vederti lasciato un patrimonio opulento f
anzi che una estrema mendicità ; di scende^
re dal sangue degli eroi più famosi , anzi
che da quello della plebe più ignobile ? Fui
egli alcun meritare prima d' esistere ? E per-
chè adunque insultare superbamente a colo-
ro eh' eguali ti sòn per natura , e da cui un
semplice caso ti ha distinto ? Mihi patria
probro , tu patriae, rispose pur fieramente
lo Scita Anacarst all' insolente Ateniese , cho
la patria osava rimproverargli (i); e il gran-
| de I fiorate all' imprudente Armodio : la no-
biltà mia da me, disse, incomincia, e in
te finisce la tua; espressione, che in pari
circostanza usata pur vuoisi da Cicerone *
(0 ARISTOTELE ad uno che milantavasi
eli aver per patria una grande , e illustre cit-
ta : Non monta, disse, di qual patria tu
•ii , ma se di tal patria sei degno .
e 3
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Orgogln , umiltà f viltà • 207
jfclla verace ' irmilta una nobil fierezza pur
deve accoppiarsi , per cai I 1 acino conoscen-
do sò «esso, la sua dignità , le sue forze r
abbattere mai rum si lasci da un basso ti-
more , coraggioso resista alla soperchieria ed
nlT ingiustizia altrui , nè cosa alcuna per-
metta mai a commetta » che giugncr possa
ad avvilirlo .
CAPO 1W
Sanità , modestia , cura 0 disprezzo
dell 1 estimazione
ali* orgoglio nasce direttamente la vani-
tà perocché qnell' idolo , che Tuom superbo,
coti occhio si*parziale contemplando le sue
qualità 9 si vieti formando di $è medesimo r
quello stesso vorrebbe , che con occhio egua-
le fosse dagli altri pur riguardato ; e quin- '
di la premura eh* egli ha di mettere in pub-
blico quanto crede che eccitar possa versa
di lui un 1 opinione maggiore ; quindi la com-
piacenza vivissima nel riscuotere gli altrui ap- ,u
piansi e le altrui Commendazioni (1) .
Gli artificj , onde a citr servesi P uomo va-
no 9 sono di millr maniere . I suoi difetti , &
le tue qualità biasimevoli procura egli di
nascondere studiosamente , e il poco che ha
di pregevole , tutto mette sagacemente in
<i) Noi éi crediamo sempre migliòri , che*
non siamo , dice G1ANSON , e per lo pi* J
siamo bramosi, che altri ci creda ancor mi-
gliori di quello Che non ci crediamo noi '
medesimi . s. ,
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io8 Passioni •
comparsa ; ed affinchè le cose minori in lai
abbian maggior risalto , coglie i momenti
opportuni , cecca le occasioni più favorevoli
per farne mostra .
Persuaso , che gli nomini apprezzare non
so^iioad se non quelli , che i loro gu-
sti secondano e le loro opinioni , egli cangia
carattere e contegno a misura che cangia
luogo s società; e come il versatile Alcibia-
de , attivo ed intraprendente in Atene , è
molle ed effemminato in Persia , duro , fra -
gale , e laborioso in Ispana .
La lode non meglio si compera che eon la
lode: quindi egli prodigio d' encomj si fa ad
altrui , per essere di altrettanti o di maggio-
ri ricompensato .
Ma perchè nulla egli più abbonisce che
aver degli emoli o dei rivali; perciò ove di
questi si tratta f egli cerca ogni via di scre-
ditargli , e dove la verità non gli valga f ri-
corre maligno alle impostare ♦
Intanto verso agli uomini manifestamente
superiori non esita punto a profondere i
maggiori elogj f ed a mostrarsene il prima
ammiratore , per acquistarsi cosi la stima di
giusto . In quelli pure che ad esso inferipri
palesemente sono conosciuti , egli cerca di
rilevare quanto vi ha di pregevole , per ave-
re così il doppio vantaggio e dì esser tenuto
per estimatore «incero dei pregj altrui di
fare che i> propri col confronto più vengano
ad innalzarsi .
- Ma come ciò rispetto *i viventi può alcu-
na volta alla sua vanità riuscire pericoloso *
cosi versoci morti più volentieri 1 esercita ,
ed il panegirico di quelli che più non sono „
a lar sovente serve di mezzo per abbassar©
quelli che esistono .
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Gli eguali a lai o competitori nello stesso^
genere sono quelli soprattutto , che egli si fa><
premura di deprimere maggiormente % e quin-
di l'antico proverbio , che -il poeta è : nemico
al- poeta , il* musico al musico .
Quando però si tratti di mettere a confron-
to colle altre la professione ,- a cui egli si è
appigliata, questa innalza sempre sopra di-
tutte: il che egli fa qualche volta per intima
persuasione t . avvezzo a riguardare come più'
stimabile quella , a cui ha applicato tutti i
suoi studj-; e talvolta per ottenere almeno là
lode- di aver fatta ; una buona scelta , quando
altra aver non ne possa .
Per simil modo la sna patria loda , o la
sua famiglia , o i suoi amici, cri suoi atti-
nenti , per mettersi cosi a parte detta gloria
altrui chi della propria non può ornarsi (i) •
U disprezzo air uomo vano è là pena pjù
in sopportabile , poiché ìè ingiurie sempre gli
lasciano- la lusinga -, che- c&i le dice sia tra-
sportato dall'impeto della passione, e ìionr
senta nel suo cuore tutto quello che proferi-
sce la lingua ; m* un freddo disprezzo gli è
una pruova troppo palése , che non si fa di'
lui nrtssan conto*.
Ora siccome egli riguarda per una specie
di» disprezzo il silenzio che tengasi sopra di
Itti , cosi ogni via procaccia perchè di lui si
ragioni . Il primo a parlarne è pure egli stes-
so , e tutti 1 suoi fatti , e i suoi detti , e le-
m il ■ i i» n i » ■ i l ■ ! ■■■■ I l il l i i ' ■ ■■■■■■ mm ~*
<0 Qui nataraé bonir propri'àrrt' desperant
indipisci già ria ni , istuV confughitit , repehint*
majonim suonim monumenta l quot sttftf ******
pitis , numerant avo* . MENÀNDRO .
no Passioni.
ine prodezze ed arvcuture a tutti egli ripetè*
finanche alla estrema iioja , nè in queste vlia
circostanza la men osservabile , eh 1 egli mi-
natamente non metta in campo .
Ore occasione gli manchi di produrre le
sue glorie , parla delle sa* debolezze , parla
de 1 suoi difetti, parla finanche dei suoi vizj
medesimi: egli ama dir di sè stesso piuttosto
male che nulla • I più scaltri però quei difet-
ti producono solamente , che sembran nasce-
re da buoni principi : si accusano collerici ed
impetuosi , ma doro trattisi dell'onesta , dell*
onore ; minuti ti accusano e scrupolosi ma
quando trattisi di maneggiar cose altrui ; si
confessano ostinati ed inesorabili , ma dove il
chiegga P esatto adempimento dei loro doveri „
Che se pur godono ri 1 esagerare la loro ina-
bilità ; la scarsezza dei Foro talenti , la de-
bolezza e infedeltà drila loro memoria, egli
è dorè sperano in ciò d'essere contraddetti ,
e di sentir celebrati da altri quei meriti che
con una simulata modestia essi fingono di boxi
conoscere in sè stessi ; ed infatti il peggior
dispetto che loro si possa fare , è il mostrare
di credere quel eh' essi dicono . . .
Lo spirito di contraddizione non è anch'es-
so per ordinario che un effètto di vanita : oc-
cupati si trovano , dice La-Rochefuucault 9 i
primi posti nel buon partito, e non si vuole
avere gli ultimi , perciò si corre al partita
contrario» Efletto di vanità similmente è la
intolleranza delle altrui contraddizioni co-
munque giunte , e l'ostinazione nelle proprie
opinioni comunque false : non si vuole aver
errato , quand'anche Terrore si riconosca , os- .
sia non si ruol comparire d'aver errato» . \
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J^ànitàré. ^ irti?
JE\ novr è egli similmente per vanità , che-
gli uomini sì premarosi si fanno di dar con-
siglio ad altrui , quantunque non ricercati ?T
E la ripugnanza all'opposto , che generalmen*-
te si* Tede nel chiedere 1* altrui consiglio , ih
dispiacere nell'udire i suggerimenti non (Io-
mandati v l'impegno di fare tutto il contrario:
di quanto vien consigliato , non derivano es-
si pare daMà stessa cagione ? Chi dà il con-
siglio è superiore in quel momento a chi Io
riceve , ed ognuno brama la prima condizio-
ne , e la, seconda abborrisce
Ma la vanità , che tanto domina nelle uma-
ne azioni , è quella poi , che più di tatto co»*
corre ad oscurare anche le più commendevo-
li ; perocché basta che alcuna si vegga fatta
per questo fine , perchè essa perda inconta-
nente ogni pregio »
La Tolontvia povertà, ir dispreggio dèllé»
cose terrene , e la ferma tolleranza dei mali,.,
che professavano i Cinici , erano cose certa—
niente per sè lodevoli, e gran vigore e fòr*
tezza cV animo in lor richiedevano ; ma per-
chè fatta vedevanst a motivo di vanità, non
• solo ad essi mona lode non procacciavano r
ina spesso- il, biasimo - e V irrisione (*) .
■* \ • - *
<i) DIOGENE in una giornata freddassi ma
stavasi abbracciato ad una statua di bronzo;,
uao Spartano , che il vide , gli domandò se
quella statua fosse di ghiaccio ? Nfc*. rispose
quegli. E che cosa fai tu. dunque di grande,
in atto di scherno replicò lo Spartano , collo»
Starti cosi avviticchiato ? SOCRATE fin da
principio , lo stesso ÀNTI5TEN£ discuoiò*
sua , e jk)L capo di quella Scù* acremente
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li* Passioni. • *
E qui la stoltezza dell 1 uomo vano beo chia-
ramente si manifesta ; imperocché quella stes-
sa premura ch'ei prende pér procacciarsi gli
applausi , non fa anzi che procurargli il di-
sprezzo; e pel soverchio amor della lode egli
perde quella lode medesima , chele sue azio-
ni arrebbe spontaneamente accompagnato .
Il più saggio di tatti è senza dubbio l'aom
modesto . Senza affannarsi pèr avere V al*
trai estimazione, egli è il solo che più age-
volmente T ottiene ; ed operando virtuosa-
mente per solo amore della virtù , è sicura
di conseguire più ampiamente pur quella lo-
de che non ricerca (i) .
La modestia oltre al lasciare alle azioni
virtuose tutto il lor proprio e nativo pregio ,
vi aggiugoe anche un nuovo risalto . Peroc-
ché i . il vedere che -un uomo punto non
s' invanisce di quei meriti , onde altri va sì
fastoso , ^eccita negli spettatori un dolce sen-
so di meraviglia f che vieppiù accresce la
stima; 2. la buona opinione che l'aom
modesto col sue contegno mostra serbare
d' altrui , vieppiù gli accende a largamente
ricompensarlo ; 3. finalmente la stima è tra
quelle cose , che V uomo gode donare spon-
de rampognò ; imperocché avendo questi sdra-
scito e lacero il mantello , e portandolo in
guisa che lo stracciato se ne potesse veder
da tutti ; Socrate a lui rivolto : pel fèsso del
tuo mantello io veggo , disse , r interna tua
vanità .
(i) Za gloria , diceva PLINIO ( Lib. i,
Ep. 8. ) *ma di seguirci par sè medesima ,
non 4 f essere ayidamwt* cercatp .
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Partita. li 5*
rancamente , non già vedersi strappare a for-
za*; alla modèstia appunto egli ha il piacere di
donarla spontaneamente ; laddove la vanità-
sembra pretenderla forcatamente f e volerla
non come che dono 9 ma come suo diritto -
Per la qua! cosa se T nomo vano ben in~
tendesse i suoi vantaggi -, assai più. d* ogni-
ultro egli avrebbe ad esser modesto , per ot-
tenere più agevolmente qaeir estimazione f
cai tanto aspira v
Ne mancano certamente di q celli, che a-
questo mezzo par sanno ricorrere ; ed una-
finta modestia è anzi V estrema parte deHa
vanità pia sagace e più raffinata . Ma la si-
mulazione non pub dorar lungamente , ed il*
concetto fermo e costante d* un uomo mode-
sto non può ottenere che quel solo , il qua-
le veramente lo sia-.
Ma per esserlo veramente conviene in pri-
ma esser umile ; perocché fino a tanto cho
uno avrà stima soverchia di se medesimo,
amerà di farsi stimare par egualmente dagli
altri : T effetto non si può togliere , se non,
si toglie là causa*
•Ifè di leggiera importanza alP umana feli-
cità; è il saper contenere questa passione en-.-
tro i dovati confini. Imperocché quanta pena
retar non suole una vanità smoderata ? quan-
ti stenti e quanti sudori ^ che sono il pi4
delle volte gettati àt vento? quante afflizioni
nelle contraddizioni e censure che frequen-
temente s* incontrano , e quante invidie ed
inimicizie per parte degli emoli- e dei rivali?"
quanta inquietudine poi e costernazione ^
qualor le cose non riescano a seconda delle
speranze e dei desiderj? fi tutto questo fi-
nalmente perchè? Per un faoco fatuo chfe.
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Passioni.
tanto pm fogge, quanto più affannatamente
gh li .t.en dietro , finché V improviso dile-
guasi m nulla e sparisce .
Non è però da confondere la vanità con
nn giusto amore della propria riputazione .
S i? **°S nnu ? «™PP<> debb' essere a cuo-
re . 2Vo« dar arf tf / fr / 3 fll0 0 „ ore dJ
paranche , sacn Libri ( Propri, cap.5. v. q.);'
e pm vale il buon nome , che non le molte
ricchezze. La non curanza della riputazione
e anzi la disposizione peggiore , che i„ un
nomo esser possa , non vi essendo azione si
rea, che da lai non debba aspettarsi.
Lo stesso disprezzo della lode quando è
soverchio, è par vizioso ; perocché in Wo
di essere una pruova di umiltà e di mode-
stia , è indizio piuttosto dell' orgoglio più
ributtante ; conciossiacbè dia segno di l*
far conto d'altrui chi sdegna e! ha a vile
nnanche le loro dimostrazioni di stima .
.•iS "SS' 0 al contrario sa quanto ab-
bisogni degh altri, e sa che non può spera-
re ih altra; soccorsi , se non a misura che
Più si merita la loro estimazione. Il buon
e la riputazione si preferisce
ad ogni altra cosa ; fug ? e tutto quello che
può oscurarla ; tutto quello adopera che pro-
cacciare la pub giustamente. Ma in questo'
£^T e V a F Uomo TaB0 • che wgaeldó iì
precetto d, Socrate ; egli ,i studia «T esser
xaie , qual vuol esser tenuto; e persuaso,
J ° I>eri rellam * D «* »' estimazione
X r ne W» r "HHtrare di ricercarla r
1 1\ V ,omo vano_ curandosi più di nare-
- . che d< essere ShSS 7, YJSÙ K£
c »«oQ« , e |J piacere di comparirlo .
■ •
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Desidèrio-.- 11&
e a p o r.
Desiderio , conferì f*zz<*.
C he P eccesso dei desiderj; formi ona gran-
parte della nostra infelicità , ripetuto si leg-
ge su tatti i libri , « non ha forse ni ano ,
che non l'abbia per pruova sperimentato an-
che in sè medesimo . Sembrar potrebbe pe-
rò una specie di paradosso , ch'essendo que-
sta passione una tendenza dell* animo verso
Del uh Bene proposto , divenir possa afflitti-
va ; conciossiachè V aspetto d* nn bene , e la-
propensione rerso di quello , nulla abbiano
di afflittivo in sè stessi .
Ma al desiderio delle cose passate, ossia
al rammarico , di molto par si assomiglia il
desiderio delie cose avvenire , e il tormento
dell' animo dipende appunto dallo stesso prin-
cipio . Ei nasce adunque in amendue dall'in-
dicato contrasto (pu.i$.) fra l'immaginazio-
ne e la sensazione , di coi hi prima offren-
doci il bene passato o futuro , come se fos-
se presente f fa sorger neiranimo una viva
e veemente tendenza verso di quello, e ce
ne mette per certo modo momentaneamente-
aì possesso ; lìi seconda avvisandoci della sua^
lontananza , ce lè ritoglie nett' atto medesi-
mo , eh* eravamo in procinto di afferrarlo •
Una cosa però essenzialmente distingue?
Fan desiderio dall'altro, ed è che il secon-
do va ordinariamente congiunto colla spe-
ranza, laddove il primo di sua natura res-
cinde, essendo impossibile che il passato
non sia passato • La sola speranza , che in
esso può rimanerci , si è ente nn godimento
simile ci. ritorni altra, rolla ma, in questa-
1 16 Passioni *
caso è manifesto f che il desiderio e la spe-
ranza appartengono non più al passato , ma
ali* avvènire .
Quindi è , che il desiderio delle cose pas-
sate , considerate siccome tali , porta seco
necessariamente nn sentimento afflittivo di
privazione, e perciò sì deve con ogni sfor-
mo bandire dall'animo; laddove il desiderio
delle cose avvenire per mezzo della speran-
za può sovente anticipare alla fantasia il
godimento dei bene stesso , e perciò vuoi
essere moderato soltanto , non già escluso
onninamente •
Anzi può anche affermarsi , che questo
desiderio , dove 6ia da nna fondata speranza
ben sostenuto , è ana delle sorgenti primarie
della nostra felicità . Misero ! chi non ha
più nulla a desiderare , dice nn filosofo , ei
perde ben presto il fratto di tatto ciò che
possiede . Meno si gode , prosegue egli , di
quel che ottiensi , che non di quello che si
spera ; e ninno è felice , se non avanti di
giagnere alla bramata felicita . L* uomo avi-
do f ma limitato , fatto per voler tutto, ma
poco ottenere , ha ricevuto dal cielo una for-
za consolante , che gli avvicina tuttooiò eh Vi
■'desidera ,H sottomette alla sua immaginazio-
ne , glielo rende presente e sensibile , ne la
fa in certa guisa padrone, é perchè questa
proprietà immaginaria gli riesca più dolce ,
a grado della sua passione glielo modifica:
T illusione là cessa, ove comincia il godi-
mento " •
Questa passione però, spesse Toltesi con-
solante | diviene poi la più trista e più fu-
nesta 9 allorché giugne agli eccessi. Uno di
questi si è il bramar cose, le quali alle
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i
"Desiderio , . 11 ?
nostra Forze sicno apertamente superiori ; e
un lungo tratto su tal proposito n'offre op-
portunamente Plutarco (Opusc. della tran-
quillità delV animo). Ciò che di molto con-
tribuisce , die' egli , ali 1 inquietudine del no-
stro animo , si c la sciocca mania , che noi
ahbiamo , d' inalberare sa piccolissima navo
grandissime relè. Le nostre brame sono qua-
si sempre più estese che il nostro potere ;
ond' è che lusingati per una parte da una
folle speranza , e costretti per V altra dall'
esperienza e dal fatto a rinunziare alle con-
cepute pretensioni , ci abbandoniamo poscia
alla tristezza ed al dolore , e pazzamente
ci lagniamo del capriccio , dell* incostanza ,
dell* ingiustizia della fortuna . Le cose più
disperate e più incompatibili sono quelle so-
vente , a cui tendono più diramente le nostre
mire . Noi vogliam essere ad un tempo ero-
busti e dilicati f e scherzevoli e serj ; voglia-
mo esser agili senza esercizio , dotti senza
studio, amati senza merito, rispettati senza
virtù . Dionigi » il crudele oppressore di Sira-
cusa , non era pago di essere il più possente
e più formidabile dei tiranni del suo secolo,
ma s'irritava di non essere puranche miglior
poeta di Filosseno, e cosi eloquente scritto-
re come Platone , e a tal segno recò l'invidia
sua , che Filosseno chiuse egli in un carcere ,
e fece vender Platone come uno schiavo nell'
isola di Egina . A ragione si beffa l'opinione
degli Stoici , allorché dicono , che il saggio
non solo è giusto , prudente , forte, coraggio-
so , ma che egli è ancora essenzialmente fa-
condo oratore f eccellente capitano, poeta
sublime , cittadino possente , e così Re e So-
vrano , come i più grandi monarchi . Ma la
v
ii8 Passioni-*
«più -parte di quelli, che di siffatta pnropos!*-
•zione si ridono, non sono eglino più ridico-
li , desiderando d'avere infatti al tempo stes-
so tante qualità, tanti titoli , tanti vantaggi ?
Fin qui Plutarco .
L' uom saggio adunque allorché un og-
getto gli si presenta , innanzi che il deside-
rio corra sovra -esso avidamente 9 dee ponde-
rare con maturiti e con^ calma , se alle sue
forze egli sia o non sia proporzionato; e
qualora superiore ad esse lo trovi , abbando-
narne tosto il pensiero ; che certamente sa-
rebbe da forsennato il volare al corso egua-
gliare H cervo, od il lione alla forza; e
molto più quando si trattasse di cose incom-
patibili , e che il fuoco col ghiaccio si aves-
se ad associare .
L' umana infelicità , disse già uno , con-
siste principalmente nella sproporzione tra le
facoltà e i desiderj ; e P Autore delle Medita-
zioni sopra alla felicità , tutta la felicità pu-
re ripone aell 1 equilibrio dei desiderj col po-
tere di soddisfarli , di che egli conchiude y
che la sola maniera d' esser felice si è quel-
la o di scemare i desiderj, o d'aumentare
il potere , o di fare al tempo stesso e l'uua
e r altra cosa . Bla il secondo mezzo nè è
da tutti, nè sempre peò praticarsi f e spesse
volte in luo^o d 1 appagare 1 desiderj , per
cui s* accrescon le forze , si può dar nasci-
mento ad altri desiderj sempre maggiori e
più difficili a contentarsi, oome vedremo qui
appresso. Il primo mezzo pertanto cioè il
moderare i desiderj (i) , è il juùsiouro par-
(i) MENEREMO d'Eretria a un che dice*
*a , die il massimo bene sarebbe il potere
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Desiderio . 1! 9
ttto , a questo tanto pia deve Y aom sag-
gio applicarsi f quanto maggiormente da lui
dipende . '
Nè a quei desiderj soltanto debb' egli op-
porsi , i quali prendono di mira oggetti o
troppo grandi, o troppo ardui, o incompa-
tibili , ma a quelli ancora, che col medesimi
ino numero o successivo , o contemporaneo 9
si Tanno eccedenti • La progressione degli
umani desiderj ci è pure da Plutarco eccel-
lentemente descritta (loc. eli.) . Chi è nelF in-
digenza , die' egli, non aspira che al neces-
sario , e questo desiderio è certamente leg-
gittimo. Chi è un po' sopra dell'indigenza,,
par non dirigere i voti suoi che alla sola
mediocrità, ma questi voti sono ben dirado
sinceri. In effetto di quelli che trova risi nel-
la mediocrità, non v' ha quasi par uno r
che non desideri d'esser ricco ; ed ove siena
appagate le sue brame , egli' cerca allora
le dignità , le quali non sì tosto consegne r
che javidia il grado dei principi t e cobi ia
seguito di mano in mano . (j)
Questa progressione dei desiderj dipende*
pure direttamente dalla loro stessa natura. Im-
perocché la tendenza al bene è proporziona-
ta al bisogno , che l'animo ne risente; ed
il bisogno si fa sentire tanto più vivamente,,
quanto il beae è pià vicino . Quindi è , che
aver tutto quello che si desidera: Assai maggior
bene , rispose , è il uoa desiderare so non
quei, che bisogna .
0) Vum abestquod avemus , id exsupera-
re videi ur Coetera : post aliaci , cum còn-
Vgit, iilud avemas : disse pure LUCREZIO.
h'h. io.
^ Passioni-.
un uomo di limitate fortune determina a prin-
cipio i suoi desiderj ad ottenere unicamente
uno stato comodo , perocché è quello stato »
che più dappresso lo tocca : alle vaste ric-
chezze , alle dignità luminose non osa allo-
ra di stendere le sue brame ; perchè le ri-
guarda siccome cose da lui divise per trop-
po grande intervallo . Ma ottenuto eh' egli
abbia quel discreto aumento di sostanze a
cai prima aspirava f si trova allora vicino al-
la condizione d' un ricco , e questa incomin-
cia ad allettarlo • Prevenato alla opulènza non
ha che a dare un passo per arrivare alle di-
gnità , al potere ; e il desiderio di queste co-
■se lo punge . Insomma quanto il suo stato
.si fa più grande, il desiderio invece di sce-
marsi vassi accrescendo ognor fin , perchè a
misura che la sua condizione acquista una
estensione maggiore , vien essa a ^ confinare
con un maggior numero di altri beni più
estesi , tutti atti ad eccitare più vivamente le
sue brame .
Per la qual cosa ben disse La-Hochefou-
canlt , esser più facile assai lo spegnere un
primo desiderio , che soddisfare a tutti quel-
li che lo seguono (i) : e saggiamente osser-
va pur T abate Trublet , che sovente il con-
seguimento di ciò che bramiamo , sarebbe uh
male per noi-
CO ALESSANDRO dopo tutte le sue im-
mense conquiste , udendo ANASS ARCO par-
largli della pluralità dei mondi, dicesi che
piangesse di non aver conquistato un mondo
nino . ( PLUTARCO loc. cit. )
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Desiderio. iài
t$en è vero , che questa massima egli fon*
tla sopra cT un altro principio , il qual è chè
troppo spesso noi siamo ciechi nei nostri
desiderj f e quello sovente bramiamo , che
conseguito più ci sarebbe di danno, che di
vantaggio : laomle egli vorrebbe , che circa
ai desiderj quello stesso facessimo, che dob-
biam fare circa alle opinioni , ed in quella
guisa che il giudizio dobbiam sospendere in-
torno alle cose che sembrano vere , infino a
tanto che con un serio esame non siamo
giunti ad accertarcene , così maggiormente
vorrebbe, che il sospendessimo circa a anel-
li che sembrano buone, essendo assai piìi
pericoloso il prendere 1J cattivo per buono -,
che non il falso* per vero . Ma il compimen-
to di varj desiderj è spesso pernicioso anche
per questo solo, ch'agli apre la via a desi-
derj sempre maggiori ; ed in luogo di pro-
cacciarne quella felicità , che ci andiam pro-
mettendo , ne porta a sempre maggiori e più
vive inquietudini (1).
Un limite adunque ai desiderj si deve por-
re , e V arte conviene apprendere di conten-
tarsi . L' aver con che soddisfare ai bisogni
fisici è essénziale alla vita , ed il desiderio
di questo è non pur giusto, tafe necessario;
ed Epitteto là dove dice : „ se vuoi avanzar-
ti nello studio della virtù, s£ou>bra dall'ani-
mo questi pensieri : se io non avrò* cura dei
miei affari , non mi rimarrà di che vivere u 5
■1 ■ 1 ■ • _ L
• »
(1) A rendere felice un Saggiò porto ri-
chiedasi, dice parimente LA ROCHEFOtf-
1 CAULT; nulla basta a far un pazzo con* *
tento ( massima 5.)
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122 Tassiani .
soggiungendo poi „ esser meglio morir di
fame , e conservar la grandezza dell'animo ,
vivere fra V abbondanza coli 1 animo in-
quieto " , egli dice una stravaganza ; per^
ciocchò una ridicola grandezza d' animo si
è quella di morirsi di fame piuttostochè aver
cura dei proprj affari .
Ma i veri bisogni fisici a pochissimo si ri-
stringono , siccome abbiamo toccato già al-
trove ( pag. 5i.)- Chi ha quanto basta a
sfangarsi , a coprirsi , a ricoverarsi da]F in-
temperie ilei cielo non ha bisogno di. più ,
11 selvaggio non passa eglj tutta la vita con
questo solo? in molti luoghi a lui basta an-
che soltanto c!i poter trarsi la fame ; di vesti
egli non si cura , e la prima tana che in-
contra , bastantemente \\ ripara alle occasio-
ni dall'inclemenza dell'aria. I bisogni di
assolata necessità si ristringono adunque a
pochissime cose , e fino a tanto che ad esii
uno ha il modo di soddisfare , non può chia-
marsi assolutamente infelice •
Dietro a questi bisogni vengono qut!U
ti 1 opinione , i quali distinguer si possono in
tre eln^i. Alcqui riguardano un 1 altra specio
di necessario, che d»r si può relativo f altri
riguardano i) comodo , ed altri il éuperfiao .
A chi è nato nella società diviene una
specie dì necessiti di poter vivere in essa
decentemente secondo la propria condizione.
(Questa però , come ognuno può scorgere di
leggieri, non è una necessita reale ed asso-
luta, ma relativa soltanto alle opinioni adot-
tate ed all' uso . Tuttavolta se ano desidera
di poter mettersi in questo sfato t ed in con-
seguenza per mezzi onesti a ciò dirige i
suol sforzi , ninno certamente può biasimar-
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Desiderio . '
■ io . Io non biasimerò neppure chi oltre al
necessario assolato e relativo aspirerà ad
avere ancor quello che possa contribuire ai
suoi comodi; imperocché tutto ciò che con-
corre a risparmiarci delle sensazioni mole-
ste , ed a procacciarne onestamente delle
sensazioni piacevoli , è per sè stesso deside-
[ rabile . Il desiderio del superfluo è quel so-
I Io , che condannare si de^ senza riserva .
Ma qui taluno potrebbe chiedere, se esi-
sta veramente questo superfluo ; e la questio-
ne non sarebbe pur si frivola , come può
fors» parere a prima vista.
Quando superfluo voglia chiamarsi , direb-
! beegli, tutto ciò che non è necessario , in-
finite cose noi troverem certamente da ripu-
tare come tali; nin se per superflue voglia-
mo intendere , siccome pare che debbasi *
quelle cose soltanto , vhts non solo non son
necessarie y ma non possono nemmeno esser
utili-, difficilmente alcuna si troverà, che
tale abbia a chiamarsi . Il potere, le ricchez-
ze, le dignità, la fama , la nobiltà , la con-
siderazione , tutto può infl(iir« a procacciar-
ne maggiori comodi, ed a farne provare un
maggior numero di sensazioni aggraderei! ;
e siccome questi mezzi tanto più fac hnen-
: te concorrer possono ad un tal fine, qnari-
1 to per sè medesimi sieno maggiori 9 a
qualunque grado pervengalo , mai non pon-
1 no assolutamente chiamarsi . superflui . pfè
vale il dire , che. la nostra sensibilità è li-
mitata , e che perciò quando abbiasi di tali
mezzi quanto richi<?desi ad appagarla, il re-
sto debbasi riputare soperchio . Impure* <-,hè
s<; limitata . cioè finita , è la nostra sensibi-
lità , limitati e finiti son pare questi mezzi
/ 2
1*4 Passioni.
di soddisfarla ; e chi è che della nostr a ca-
paciti di sentire possa determinare i precisi
confini , per misurare ciò che nei -.rezzi di
appagarla rimanere possa come superflno ?
• Concedasi pare-, che in an dato momento
una cosa sola possa bastare a riempierla to- J
talmente* ; ma questa eosa più non basterà |
nel momento seguente . Una legge fisica '
della nostra costituzione si è , che una fi-
bra , ili cai moto è annessa una sensazione
piacevole , quando è giunta al sommo gra-
do del movimento che reca piacere , convie-
ne che cessi o si rallenti ; altrimenti la sua 1
medesima tensione o agitazione colia lunga
durata diviene alfin dolorosa . Per aver dun-
que una successione continua di piaceri , fa
d' uopo che cambiansi di continuo le fibre
che il piacere n'apportano , ossia che il lo-
ro moto passi continuamente dall'una all'ai-
tra. Ora sebbene un oggetto ad un nomo sia
«overchio in nn dato momento , in cui la su:t
sensibilità già da un altro sia riempiuta , chi
oserà asserire, che giovar non gli possa ni
occuparla in un altro tempo ? £ ciò posto y
qual sarà qusil' oggetto, il cai possesso per '
lui dir si possa interamente superfluo ? E
quando puve si volesse fissare da una parte
una serie continua di sensazioni aggradevo- ,
li , e dall'altra una serie d'oggetti atti ad
eccitarle successivamente, quello che rima-
nesse doq si potrebbe chiamar superfluo an-*
torà . Ad uu animo generoso non è egli un
piacer nuoro « grandissimo quello di poter
far altri feliei ? Impieghi egli dunque tutti i
beni, che a lui sopravanzano , alla felicita- !
zione degli altri , e militi sicuramente conio
superfluo potrà mai più rimanergli.-
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Ùesiderh . 12S
Un tale ragionamento non lascerebbe cer-'
tamcnte d'avere un'apparenza di verità. Bla
conviex* distinguere in priruo luogo il saper-
<fìuo assolato dal superfluo relativo , siccome
b pur da distinguere in secondo luogo T uti-
lità rimota , e meramente possibile , dall'uti-
lità probabile , e prossima . Io^concedo adun-
que , che siccome non vi ha cosa , la quale
biella combinazione infinita di tutti i contin-
gibili casi non ci possa per avventnra alcu-
na volta riuscire dr qualche utilità , cosi non
v'ha cosa t che assolutamente parlando chia-~
mar si debba superflua . Ma nell' umana vi-
ta il superfluo non si misura da questa uti-
lità meramente possibile . Superfluo noi chia-
miamo tutto quello , da cui probabilmente f
poste le circostanze ordinarie del viver no**
atro 9 ninna utilità debbe mai provenirci ; e
questo superfluo relativo , questo superfluo
senza del quale , volendo , possiamo viver
contenti , si è quello da cui dobbiamo ri-
muovere interamente ogni desiderio .
« E ciò tanto più perckè un diverso conta
circa al superfluo si dee fare quando si trat-
ta di cosa già posseduta , e quando di cosa
puramente desiderata . Che io stimi superflua
o no una cosa che già posseggo 9 alia mia
feliciti non rileva gran Catto. M'ingannerò
giudicandola cosa importante al mio ben es-
sere , quando probabilmente mai non me ne
abbra a venir nessun bene; ma quest'ingaji-
do non mi farà perciò infeKce . All'incentro
^ quando si tratta di cosa non posseduta , ma
vivamente desiderata , il fatto è diversissimo.
La proprietà generate del desiderio si è dì
renderci necessario tutto quello che bramia-
mo . Allorché; dunque io mi fo a desiderare
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1*6 9 Passióni .
una cosa , di cai , votando , potrei far senza ,
ella cambia per me incontanente cT aspetto ,
e di superflua che è in sè stessa diviene per
me necessaria . Ne quest' inganno è già per
me differente, conoiossiaehè ci diventi per
me cagione di (atta le inquietudini , che il
desiderio accompagnano .
Massima generale pertanto dell 1 uomo sag-
gio debb* essere pnma di tutto di non mai
rendersi necessaria alcuna cosa , fuori di quel-
le che il sono realmente • Un di Socrate passeg-
giando in sulla piazza d'Atene , e veggendo a*
• gli avidi compratori esposte da ogni parte rie*
chissime merci , con un sorriso di compia-
cenza: quante cose, disse, son qui, delle
quali io non ho bisogno ! Lo stesso Socrate f
quei c he di poco si appagano, e conseguen-
temente di poco hanno mestieri , soleva as-
somigliare agli Dei , che di nulla abbiso-
gnano .
Trattone ciò che al sostentamento della vita
indispensabilmente richi edesi , nel, che è ri-
posto il necessario assoluto , e ciò ohe rlchie-
desi a poter viver decentemente secondo la.
condizione , in coi ciascuno si trova , nel che
consiste il necessario relativo, nuli' altro è
necessario per noi. Il trascurare il primo sa-
rebbe affatto da uomo insensato; ed io con-
siglio l'uomo savio ad impiegare onestamente i
mezzi opportuni per procurarsi anche il se-
condo , quando non fosse per altro motivo ,
per quello almeno di non avere un giorno a
rimproverarsi d'averli negletti . Ma giunto cV
egli sia a cpesto grado (e con una onesta
attività ed industria non gli sarà affai diffi-
cile T arrivarvi , purché si guardi dal vizio di
molti , che troppo allargano a sè medesimi
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Desiderio . ^ 127
i confini della loro còndiiione ) , egli debbV-
ser contento (i) .
Che se vorrà pnre avanzarsi più oltre , e
andare in traccia di comodi ancor maggiori t
corcar maggiori fortune , procurarsi una più
a Ita considerazione , io con mi farò certamen-
te a vietarglielo : solo un patto gli chiederò,
che i desiderj di siffatti avanzamenti abbiano
ad essere in lai senza inquietudine, e debba
rinunziarvi tosto che l'inquietano; altrimenti
debbansi riguardare qual pazzo , e da niuno
essere compatito ; perciocché pazzo, che ma-
tta compassione si merita , egli è appunto
colui , il quale avendo quanto è richiesto per
esser contento , e in conseguenza fVlice , si
rende da sè medesimo, per l'ansietà di aver
di più , malcontenta ©.infelice .
Io vorrei anzi che senza inquietudine- fos-
sero quei medesimi , che mancanti si trovano
del necessàrio relativo. E perchè nò? Quan-
do il necessario assolato non manca , il re-
lativo non è egli finalmente , siccome abbia-
mo dimostrato-, tutto quanto d'opinione ?
Confesso f che questa opinione nella società
(1) Dives Me cs.t, dice CICERÓNE( Parati.
6. ) qui nihil quaerat , nihil appeiat , nihil
optet amplius ; e non molto dopo; IVon esse
cupidum , pecunia est ; non esse amacern ,
vectigal est : contentarti vero suis relus esse,
maximac sunt , certissimaeqne divitiue . Allo
stesso modo LUCREZIO nel Lib. 5.
Divitiae grande $ homini sani vivere pasce?
Aequo animo : neque *nim est unquatn
penuria parvi .
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xtB ^ Passioni +
ha grandissimo forza ; confesso , eh* elift ne
forma una necess : tà poco lontana dall' asso-
luta : questo pertanto farà , che io compati-
sca più facilmente chi trovandosene sprovve-
duto , non ha coraggio bastante, per soppor-
tare la sua rondinone senza dolore; ma non
farri chs quello molto non lodi, ed a quello
principalmente non dia U titolo di vero sag-
gio , il quale anche in tale condizione sap-
pia essere tranquillo _ .
Ma ciò soprattutto che in qualunque oc-
casione da chi vuol e*ser detto saggio , dirit-
to ahbiam di pretendere , si è , che prima di
abbandonarsi a niun desiderio, con un ma*-
turo esame si faccia a considerare quale ac-
cresci mento di vera felicità abbiagli a venire
dal conseguimento di ciò che chiede . Imper-
ciocché quanti non reggiana noi che 4 sedurre
si lasciano dalla loro immaginazione, e sup-
ponendo di dover essere felicissimi colTotte-
nere ciò che desiderano , ali* arrivarvi si tro-
vano poscia ingannati ? Quanti non sono , che
al presentarsi di un oggetto avidamente tosto
ri corrono colle brame più vive , senza pea*
sar neppure , se egli abbia ad essere lóro ve-
ramente utile , o non piuttosto inutile e va-
rio , o forse anche pregiudiziale f Quindi è
poi l'indifferenza , il fastidio , e sovente an«^
cora il dispettoso disprezza delle cose ricer-
cate con tanto affanno ; quindi pure talvolta
il pentimento d' averle cercate, e il dolore
d'averle ottenute. Negli uomini per età, o
per condizione e tenor di vita poco accostu-
mati al riflettere ben si potrebbe ciò compa-
tire : son essi come i fanciulli , a cui una
farfalla , un orpello , un giaocoJino qualun-
que basta per eccitare i desiderj, più at denti, „
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T) esiti eri o . taef
e più incapaci di spingere il pensieri alle
conseguenze » quello sovente più appetiscono,
che lor p*u nuocer ma in un filosofo sì fata-
to errore sarebbe imperdonabile. Eppure quan-
ti filosoli bamboleggiano !
Allorché Pirro si disponeva a muover guer-
ra ai Romani , Cinea , ch'era seco , couie per
oxio cosi prese a domandargli : Vinti che sa-
ranno i Romani , che avremo noi a fare in
appresso? Soggiogare tutta l'Italia, rispose
Pirro . — - E soggiogata V Italia ? Passare r
replicò Pirro , alla vicina Sicilia . — Ma de-
bellata la Sicilia , sarà qui fine alla guerra?
Anzi no , disse il Re , questo non sarà che
il principio : xi resta poscia la Libia , e Car-
tagine. — - E dopo questo ? Si potrà passare
all' Egitto , alla Porsia , ed al restante del
mondo . — - Ma finite tutte queste conqniste r
che avrem noi a fare? Noi ci vivremo allor
lietamente , rispose Pirro , e i giorni passe-
remo godendo, e sollazzandoci . Allora*
Ginea : Ma chi ti vieta , o Re f di non co-
minciare fin d'ora a vivere lietamente ; o quai
bisogno hai tu- tV empire la terra di stragi e
di rovine , per gi a e nere a quella felicità , eh?
è già in tua mano ?
La più parte degji nomini non avrebbero*
che a replicare a sè stessici ragionamento di
Ginea per riconoscere la follia dei loro' desi-
deri . L'avaro e l'ambizioso a- qual fine bra-
man tési cotanto , V uno di ammassare ric-
chezze 9 l'altro di accrescere la dignità , i) po-
tere T II fine ultimo è quello di procacciarsi
maggiori comodi , di agevolarsi il godimenti
di un maggior numero di piaceri . Ma quan-
do di comodi già son forniti bastantemente t
quando già i mezzi posseggono, con cui po-
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i3o Passioni .
ter passare, volando, tutta la vita piacevol-
mente, non è egli stoltezza l'affannarsi cotanto
a cercare altrove quel che già hanno in lor
potere?
V nomo avido , dice nno , è quale un viag-
gtator frettoloso, impaziente eli giuguere alla
meta proposta . Mille delizie invano gli si of-
frono sulla via, tatto è perduto per lai ; oc-
capato soltanto dall' obbietta , e dal termine
del suo viaggio , non ha più occhi per veder
nulla . Ingegnosamente pur altri somiglia il
desiderio ad an ciurmatore , 11 quale tenen-
doci lusinghevolmente coir animo occupato
neir avvenire , di soppiatto frattanto e" invo-
la tatto il presente . E il peggio si è , che
dopo averci involato il godimento del ben
presente, il desiderio ci sopraccarica di mil-
le affanni , ed angustie, ed inquietudini; giac-
che il più misero stato è quello appunto d'un
uomo , che alcuna cosa ardentemente deside-
ra , e non T ottiene .
Anche allo stesso piacere del conseguimen-
to il soverchio impeto dei desiderj è notevo-
lissimo . Il detto d 1 alcuni ,• che il godimento
riesce tanto più grato , quanto maggiore e
più vivo n' è state il desiderio, non si veri-
fica , se non quando la cosa corrispondé appie-
no all'idea, che di essa noi ci eravamo formata .
Ma questo appunto è ciò che assai di rado ,
e qaasi mai non avviene . L'immaginazione ,
come s' è detto aggrandisce sempre gli oggetti
a dismisura , sempre maggiori , e più belli ,
e più preziosi, e più dilettévoli ce li dipin-
ge , che per sè stessi non sono, e quindi è
poi , che mai non passano dalla fantasia ali*
realità , che non perdano. ..
-
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Desiderio . 301
Per le quali cose oenor più manifesto si
rende quanto rilevi il formar per tempo !a
saggia abitudine di contenere e reprimer^ la
violenza di questa passione , che indocile poi
e sfrenata diviene, se troppo lente a princi-
pio a lei si lascin le briglie . ì? d4q f " che
sappia accortamente tener a freno e modera-
re i suoi desiderj f gode di tre vantaggi ad
un tempo r i, ei non soffre l'inquietudine nell 1
aspettazione ; ?. non sente l'afflizione nella
ripulsa ? 3. gusta meglio tutto il piacere dei
conseguimento .
• «
CAPO VI.
Amore delle ricchezze, del sapere 9 della glo-
ria , delle dignità , del potere , e del pia~
cere .
4
D opo avere esaminato ciò che riguarda ir
desiderio in generale f e dimostrato quanto
' importi all'umana felicita il Sapere ben tem-
perarne la forza , non sarà fuor di proposito,,
uè forse pure di piccola utilità , il discende*
re a considerare particolarmente gli oggetti ,.
a cui i desiderj degli uomini sogliono essere
più specialmente indirizzati , e vedere come
Taom maggio in ciascun di essi drstintamèa?-
1« si abbia a contenere.
Articolo L >
Amore delle ricchezze
1 desiderio delle r*ctf ize noi veggi <vmo co-
munemente essere quello che ha negli uo*ni>-
Digitized by
i£* 9 Passioni.^
ni maggior forza ; e non v'esser cosa, a cui;
dalla cupidigia dell' oro egli non lascisi tra-
sportare . Quid non mvrtalia pectora cogis ,..
auri sacra fames ? già disse Virgilio ( Aèneid.
Kb. 3. ) .
Questo desiderio però sì universale trae ma-
nifestamente l'origine da on inganno univer-
sale . Credesi generalmente, che le ricchezze
sieno il primario elemento dell'umana felicità,
e che basti a taluno esser ricco per esser fe-
lice • Ma la felicità non si compera , dice Plu-
tarco ; e tal che eccita invidia , desterebbe
forse compassione , se invece di abbagliarci
all'apparente splendore della, sua esterna com-
parsa , penetrare potessimo internamente nel
fondo del suo cuore (1). Affine dunque di
meglio e più esattamente determinare qual
desiderio meritar possano le ricchezze, esa-
miniamo dietro alla scorta di un uomo , lè cui
opere fra molti errori contengono par tal vola-
ta delle utili verità (i) , qnal sia coi» une men-
te la felicità d'un uomo ricco .
La felicità degli uomini general menf e ri-
sulta dalla diversa maniera, colla quale pas-
sano i direni istanti del viver loro . Veggia-
mo adunque come ciò avvenga nei ricchi ,
e come negli uomini di limitate o scarse for-
tune . I bisogni della fame , della sete , del 1
riposo, del sonno, ed altri simili sono a
tutti comuni , e delle ventiquattr' ore dal
j ( i ) E* Spesso il core iti grandi affanni avvolto t .
R la felicità tutta sul volto*.
saggiamente pur dicela Duchessa del VASTO-
GIRARDI negli Avvertimenti a? suo Figlio:
(aj EWezio de V Efomme ce*
• * • ■
*
j Digitized by Google
Àìnore delle ricchezze . iKT
giorno dieci o dodici tolti comunemente
ne impiegano per soddisfarli * nè mentre a
questi soddisfano , v'ha differenza fra il più;
opulento signore, ed il più-misero contadi-
no ; o se re n'ha , essa è ben piuttosto a
favore di quest' ultimo , che non del primo .
Iuiperciocohè ben è vero che là mensa deli*
uomo ricco è più squisita e più dilicata di
quella deli* nomo povero ^ ma nei sapori
ognun sa , che i gusti sono relativi al palato
ed all' abitudine -, e che l'appetito si è quel-
lo che dà il maggior condimento , J1 quale
sovente ben manca all' uomo ricco ed ino-
peroso , ma al povero non manca mai . IV
riposo similmente ed il sonno ninno dubite-
rà, che a questo nou soglia riuscire più gra-
to e giocondo che non a. quello .
Fra il giorno adunque sono dieci o dodici
ore, in eui ogQÌ nomo , che abbia quanto
gli è necessario, può esser almeno egual-
mente felice, come chi abbondi più di
superfluo . Restano le altre dodici o quattor-
dici, ore, vale a dir quelle che sono frappo-
ste ai bisogni soddisfatti , ed ai rinascenti . v
Queste si spendono dall' uomo ricco per la
più parte in . ozio > dall' uomo di strette for^
tune si occupano al lavoro. Ora quali di
questi due ld impiega (meglio e più lieta-
mente ? 11 secondo è soggetto , egli è vero
alla fatica ; ma il primo è soggetto alla no-
ja : quali di questi due mali è da. riputarsi il
peggiore?
La noja è certamente unv male , e mnlè *
gravissimo; dove air incontro la fatica non
sempre è un male . Essa è tale per uno schia-
vo costretto a faticare contra sua yo«lia 9 „
sovente sopra alle sue forze , e seo?a ppte»
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ì^i m Passioni .
riposarsi ; ma quando sia volontaria, e mo-
derata , e dall' abitudine renduta facile , essa
diventa nn vero bene per noi . Quanti non
veggiamo ed artefici e mercatanti , anche do-
po di essersi arricchiti . continuar tuttavia
con piacere il loro commercio e i loro la-
vori , ed abbandonarli con rammarico allora
quando dalle infermiti o dalla vecchiezza vi
sono costretti ? Il solo vantaggio di togliersi
per questo modo ai male intollerabile della
noja , la distrazione che V occupazione pro-
cura da ogni tristo, pensiero , il piacere che
reca per sè medesimo il moto e l'esercizio ,
la sanità e la robustezza che il corno n'ac-
quista , e per cui va esente dai mali, a cai
gli nomini scioperati sono soggetti così so-
vente , il piacere del riposo che alla fatica
succede, il piacere del nutrimento e del son-
no che dopo di quella riescon si dolci e deli-
ziosi ; son tutti motivi, che grato rcndotooiT
lavoro anche a quelli che più non ne hanno
mestieri .
A chi poi ne abbisogna , un altro piacére
$i aggiunge, che è quello della previdenza +
Allorché in nn uomo si .nono associate le idee
del lavoro , e dd prèmio che dee venirgliene,
^ Tuna ti chi a tn a V altra ^ e la previsione del
premio in lai convertasi ad ogni momento
in piacer vero e realé . Ogni colpo di scure
o di martello alla mente del fabbro presenta
l'immagine della mercede che deve averne ;
ogni solco al contadino richiama il lieto gior-
no della raccolta : e questo pènsiei^ lùttò ì il
diletto gliene fornisce innanzi trattò.
L'uom ricco , per lo contrario , ó)tre ad es-
ser privo di tutti quésti piacefi , rioù si veg-
agendo determinato da alcun bisogno ad oc-
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Amore dèlie ricchczztl. r35
copersi, è costretto sovente per la più parte*
d«l giorno a r manersi ozioso , ed oppresso v
perciò dalla noja . Per esser felice egli è for-
zato ad aspettare , che la natura qualche bi-
sogno in lui rinnovi per soddisfarlo . Ma fin
aspetta egli è intanto infelice ; riè la;
natura moltiplica poi i bisogni a suo favore
perchè succedanei l 1 uno ali 1 altro più pre-
stamente . Anzi la mancanza «Ji fatioa e di'
esercizio li fa per lui ritornare assai più tar-
di , e T intervallo che passa fra un bisogno
soddisfatto ed nn rinascente , è per lui di-
gran lunga as*ai maggiore , ed assai più pe-
nosa per conseguenza la sua aspetta2Ìone .
* Gli stessi momenti , iò cai questi bisogni
in lai rinascono , e lor soddisfa i softo per
Ini tanto meno piacevoli , quanto più debol-
mente i bisogni stessi gli si rinnovano .Quanto
frequente difatti nell'uomo ricco ed ozioso,
all' ora del mangiare e del domare , non è
la doglianza di ritrovarci senza appetita , e
senza sonno ?
AH* incontro in nn uomo occupato gV in-
tervalli fra T nno e T altro bisogno I. iòti
molto più brevi; jfc> sono riempiuti dai pia-
ceri medesimi dell 1 occupazione , € da quelli
di previdenza; 3. Y appagare i rinascenti li-
sogni è per lai tatffo più dilettevole , qa«in-*
to si fanno questi sentire più vivamente. Al
giornaliere affaticato ed affamato il pane da-
rò e pesante è senza dubbio assai più sapo-
rito, che non fossero a Sardan apalo , ai La-
callo, ad Apicio^ ad Etiogubalo le vivando.-
più ricercate e più peregrine (i) .
(V) Ciro il giovane nella foga , travati pres-
to d' un contadino deifichi secchi, e d«i pan
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TòG Passioni.
Queste considerazioni danno abbastanza;
a conoscere quanto sia poco da invidiare co-
munemente lo stato d' un nomo ricco . Per-
niò niente è più saggio , ne più filosofico di
quella bella preghiera : mendicità lem et di-
vitias ne dederis vnihi ( Proverb. cap. 3o.
v. 7. ) .
E certamente se v'ha stato a desiderare
egli è quello appunto di una comoda medio-
crità : cioè quello stato ch'escluda P indi-
genza penosa , ma non escluda una mode-
rata occupazione . V uomo , che colP eser-
cizio di un'industria non grave e laboriosa r
ma temperata e discreta , riuscir possa age-
volmente a procurarsi tutti i comodi più im-
portanti, è senza dubbio il più felice di tut-
ti , siccome quello che libero dal peso della'
noja , ritrovasi pur in grado d 1 assaporare
^jaeglio d 1 un altro i veri piaceri della vita
I- ricchi medesimi, se por amano d' essere
felici , conviene che a tale stato riducansl
spontaneamente ; e poiché ad occuparsi non
possono esser determinati dal bisogno di
procurarsi qoelle comodità , che già hanno*
in poter loro, conviene che altri bisogni si
formino da sè stessi .
I p\xt nobili fra questi sono P amor del sa-
pere, e P amor della gloria, di cui passere-
mo a ragionare .
d* orzo : Dei immortali ! esclamò in man-
giandoli , di qual piacere sono io stato pri-
vo finora ? Artaserse languente di sete , re-
catagli da un villano delP acqua palostre ,
tntta se la tracannò, e giurò appresso, che
ni un fino gli era sembrato mai più squisito*
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1 R T 1 C O L O II.
Amore del sapere .
X ra le passioni dell' uomo 1?. amor del sa-^
pere è certamente delle più stimabili ; peroc-
cbè meglio e più saggiamente Don si può e—
gli occupare, che nel coltivare e perfezionare la
sua ragione; e al dono più prezioso per lai
ricevuto dalla natura meglio non può cor-
rispondere,
Ad ispirar questa nobile passione molto in-
fluire dovrebbono i vantagsj grandissimi elio-
ne procedono . Imperciocché , senza dire de-
gli altri, la superiorità dell' uomo dotto sul-
ì* ignorante a chi per sè stessa non è mani-
festa ? E qual gloria più lusinghiera di quél-
la , che da un vero sapere deriva ? E quanti
comodi pure nella rita. comuni un'estesa,
cognizione nelle arti e nelle scienze non ci
procura ?
Il diletto medesimo", che lo studia delle
lettere e delle scienze accompagna, o che da.
esse proriene , a ciò invitar ne dovrebbe più*
fortemente. Ove infatti si vide mai un tra-
sporto di gioja sì vivo , come fa quello d'Ar-
chimede , allorché giunse a scoprire il modo
di sciogliere il problema propostogli da Gi-
rone (1) ? Alessandro nella sconfitta di Da-
•
(ì) Desiderava questi di pur sapere , se una
corona d' oro , che avea commessa ad un
orefice f fosse tutta d' oro puro f o se mescola-
to vi fòsse altro metallo , e in qual dose,
itlcntrè ARCHIMEDE andana a ciò ripensan-
do ; entrando nel, bagno osservò che tanta*
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r3& Passioni. *
rio , Cesare nella disfatta di Pompeo , Ottavio,
Della fuga di Antonio non provarono certa-
mente un piacer cui puro . E chi non sa ,
che Pitagora anch' egli uo 1 ecatombe sacrificò
pel teorema dell' ipotenusa ? Qualunque scor-
pena di una nuova verità ad un filosofo \
qualunque felice produzione ad un poeta so-
no sorgenti di un piacere vivissimo . E la ra-
gione si è , che niuna cosa più dolcemente
di questa solletica queir amore, che ciascu-
no porta a sè stesso ; ogni nuova cognizio-
ne che T uomo acquista , ogni nuovo felice
parto del suo ingegno, una nuova e più van-
taggiosa, e quindi più grata e più lusin-
ghiera opinione gli danno di sè Medesimo •
A ciò si aggiunga il diletto di soddisfare
una nobile curiosità , diletto che è si comu-
ne ad ogni nomo in ogni età ed in ogni
condizione. Il desiderio di sapere è nato per
così dire con noi : quindi i fanciulli anaora
acqua ne usciva , quanto era il volume del
suo corpo. Ciò gli suggerì che se in un vaso
ripieno d'acqua egli avesse posto una mas-
sa d' oro di paso eguale alla corona, indi la
corrona medesima , dalla quantità dell 1 ac-
qua , che in ambi i casi sarebbe uscita,
avrebbe potuto conoscere , se la corona era
jiura f o quanta lega vi fosse mista, essenlo
'oro quel tra ì metalli ali or conosciuti , che
ad ^gual p?so avesse minor volume . E di
questa scoperta egli fu si lieto , che imman-
tinente balzà del bagno , é senza pure av-
vedersi di esser nulo , andò perle strade
gridando : Ho trovato , ho trovato .
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Amor del sapere . log
piti teneri noi reggiamo avidissimi di co-
noscere ogni ocova cosa che loro' si presen-
ta :e fra gli adatti anch'* i più zotici veggi ara*
vogliosi ssimi di sapere tutto ciò che alla lo-
ro intelligenza è proporzionato: e nell'atto
che arrivano a conoscere ciò che bramavano r
tutti veggiamo provare no piacere grandissi-
mo * Che se questo è sì vivo nelle cose an-
cora più piccole , quanto non dev'essere egli -
zi proporzione nelle più grandi e più rile-
vanti , dove o T utilità della cognizione ac-
quistata f ola difficoltà superata dell'arrivarvi
accresca * siccome avviene , un nuovo motivo
di compiacenza ?"
À tatto questo s'aggiunga ancora il pia-
cere medesimo nel!' ammirar la bellezza del-
le scoperte ingegnose , o delle ingegnose pro-
duzioni altrui . Il bello e uno de' fonti pri-
tearf dell* amano dilettò ; e se egli piace do^
dunque incontrarsi , nelle opere dell' inge-
gno è sorgente di ari piaaere ancor più vivo,
sì perchè è più difficile l' ottenerlo , ed al
piacere , che reeà il bello per sè medesimo r
si aggiunge il piacere della maraviglia; si
perchè, una maggiore intelligenza- richiede
nel rilevarlo , ed al piacere nel bello stesso^
va unita la compiacenza di saperlo conosce-
re ed estimare .
Tanti motivi grandissima forza aver do-
vrebbono certamente sopra di chicchessia per
animarlo all' amor d^llo studio e del sapere .
Ma l'uomo ricco , e più generalmente chitin-
qae dei comodi della vita già trovasi bastan-
temente fornito f senza esser costretto ai
i npiegare la propria industria per procaccia*--
erli , per .litro titolo ancora agli sta ci j do-
rrebbe più intensamente applicarsi, Questo?
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r£<* m m Passioni.
sr è quasi 1' unico mezzo eh e a lai ri nmng*
per togliersi all'ozio , compagno ordinario di
ut' agiata condizione , per involarsi alla no-
ja , seguace dell' ozio inseparabile * per occu*
pare con piaeer vero e costante le lunghe
ore , che in Ini dividono i bisogni soddisfat-
ti dai rinascenti . Un ricco nemico degli s tu-
ri j difficilmente trovando altra cosa che* Toc-
capi seriamente, costretto qaindi a passare
il tempo o a non far nulla, o a far di nonnulla,
è forse F nomo di tutti il più miserabile . Si
studia egli diromper l'ozio , da cui è oppres-
so , o come dicono energicamente i France-
si , si sforza egli di ammazzare il tempo (i) col
cangiare di luogo, di società, di divertimen-
to ; ma è uno scoiattolo , dice Elvezio., cha
passa la noja col far girare la sua gabbia .
Benché sì utile però e commendevole in
se medesimo • anche 1' amor del sapere vuol
essere dirittamente guidato , o ordinato dalla
ragione. Archidamo ad Aperiandro : q«al ge-
nio nemico ti ha, disse , ispirata la smania ,
che di buon medico ti ha cangiato in catti-
vo poeta ? L ostinarsi in quegli stndj , a cui
inetti ci rende o la naturale inabilità , o la
mancanza di esercizio e d' abitudini fatta in
tempi più opportuni, è certamente follia.
Anche nei primi cominciamenti la scelta
degli studj esser non dee capricciosa • Chi
di questi dete servirsi come di mezat per
procurarsi quei comodi , di cui la fortuna
non T ha abbastanza fornito , a quegli stu-
dj deve appigliarsi , che riuscire gli possano
più vantaggiosi : chi provveduto di comodi
(i) iPuer le temps
4
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Amor del sapere . ì^i
•srbbondevolmente si da agli stadj soltanto per
istruirsi e per occuparsi , è più libero nella
scelta; ma tanto più commendevole sarà egli
pure , quanto più alile calle sue occupazio-
ni si saprà rendere altrui .
Uno scoglio poi , dove urtano facilmente
gli uomini studiosi , è la vanità : e quindi
le gare contenziose , e talvolta 1q liti arrab-
biate 9 e le ostinate inimicizie che sono poi
1' obbrobrio , e lo scandalo della letteratu-
ra e della filosofia . La superiorità , che col-
le loro cognizioni e coi loro talenti essi ac-
quistano sul comune degli uomini , troppo
lusinga nei mcn *auti Y amor proprio : dal-
l' altro' canto, *«iecome la riputazione è la
mercede , che la più parte alle loro fatiche
principalmente promettonsi , o per mezzo di
cui essi sperano di servir meglio ai loro in-
teressi ; così di troppo si dolgono , ove al-
tri tenti di loro toglierla od oscurarla.
v Ma quanto alla prima' parte . se invece
abbassare gli occhi sul volgo , li sollevas-
se a quegli ingegni sublimi , che il, volo han-
no spiegato sì alto sopra la sfera comune ,
io non so se al confronto più avrebbon co-
raggio d'insuperbirsi. Quanto alla seconda,
troppo mal consigliato è certamente chi cre-
de fondare la sua riputazione sulle contese;
poiché non V ha cosa che alla vera e solida
riputazione pregiudichi maggiormente.
11 letterato e il filosofo, che niuno mai
non assale per inquieto genio di contraddire }
cfce ben rileva gli altrui errori, qnand' è bi-
sogno, ma modestamente , e per salo e sin»
cero amore della verità; che assalito da al-
tri si difende colla maggiore moderazione dal
canto suo, e quando un esame spassionato
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ìfc Passioni . % I
gli fa vedere che egli ha il torto , sin eern men-
te il confessa ; è certamente sopra di tatti il
più rispetta bile ♦ ed anche più rispettato.
INtwton , e Fenelon f nomi grandissimi f non
meno celebri si rendettero colla lor modera*
zione , che colle loro opere v immortali . Il pri-
mo , dice il signor IT Alembert (Elogio di
Gio. Bernoulli) , censurato con nna specie
di trionfo da Giovanni Bernoulli per ano sba-
glio fuggitogli intorno alla misura delle for-
ze centrali net mezzi resistenti, in luogo di
rispondere o di difendersi , nella nuova edi-
zione , che allor facevasi dei snoi Principj
matematici , si corresse : il secondo tacciato
non sepza qualche amarezza da Monsignor
Bossuct per un errore trascorso in materia di
morale , fece ancor più , ritrattossi pubbli-
ca mente .
À K T I G 0 L O Hit
Jmor della gloria .
L a gloria è il premio , che la pubblica ri <-
conoscenza suol rendere alle grandi virtù *
ed ai meriti siraonjinarj ; r eP amor della glo-
ria suol essere quindi uua prossima disposi-
zione alle azioni più nobili e più generose •
Epaminonda , e Pelopida in Tebe ; Licurgo ,
Leoni nd*, ed Agesilao in Isparta ; Milziade,
Temistocle , Aristide , Ificrate , Focione in
Atena ; Orazio ; Scevola , Bruto , Manlio ,
Cimilo, Fabrizio, Curio , Scipione , Catone
in Jxorqa, altro premio certamente non si
proposero , che questo solo .
Conviene però distinguere, in primo luogo
giuria da fama , L'acquistar fama, cioè il
farii nome comunque , non è difficile impre-
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.4mor (fotta gZoua . ^
sa t , e quel pazzo (O , che abbrucio il tempio
ci' Efeso • vi nasci egli pure non meo cT ogn*
altro; ma a simile fama è certamente pre-
ferirle la obblrvione » La vera gloria , che
6ola è degna di un uom ragionevole suppo^
Be uri merito , e merito grande , e quella
specie di merito soprattutto , che il pubbli-
co più vivamente interessi • Esporre genero-
samente la propria vita in un pubblico e
grande pericoli) per la salute della patria 9
sollevare il popolo costernato e gemente in
una pubblica calamitò , fare azioni grandi
pel pubblico berte , illuminare la propria na-
zione con grandi scoperte , inventar nuove
arti , o guidare le già inventate ad un nuovo
•e sublime grado di perfezione , lasci aro in-
signi monumenti di grande ingegno, di gran
coraggio, o di gr^n «uore f sono le vere stra-
de che guidano alla gloria . Quelle azioni il
pubblico più ricompensa colla sua stima , da
•cui riceve una più vasta utilità; ed una so-
la di queste basta talvolta a render un uo-
mo immortale . Ben si può anche però a
forza di piccoli meriti arrivar talvolta alia glo-
ria , ma ò d'uopo che tanto maggiormente
sicno essi moltiplicati , quanto *onó minori ,
e chs il numero alla grandezza supplisca .
Il promettersi gloria da poche e piccole co-
se , è sciocca lusinga , o folle persuasione .
Convien distinguere in secondo loogo V ti-
mor della gloria dalia vanità . Questa si per-
de in piccoli e bassi artificj per ottenere una
stima non meritata , quello tende ad ottene-
re una stima grande, e pubblica, e pereu-
*
1 " " ■ ■ " i ■■ m ■ m
(0 Erostrato .
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>
i Passioni .
te , ma non meriti grandi . Quindi è , che
la vanità è la passione più vile e più dis-
prezzabile ; V amor della gloria fra le pas-
sioni puramente umane , e che le amane co-
se soltanto han per •oggetto , è la più nubi-
le e più magnifica .
Pieni di queste massime gli antichi Gre-
ci e Romani ogni mezzo adoperarono per
ispirare neir animo dei lor cittadini questo
nobile entusiasmo ; ed indi uscirono poi quei
tratti d'eroismo sublime , che tanto ancora
ammiriamo .
- La Religione un 9 altra gloria più elevata
c più soda a noi propone f e <ìhe assai più vi-
vamente eccitar deve un' anima ragionevo-
le alia virtù: ma noi di questa diremo in
nitro luogo , dove non ali 1 uomo in genera-
le , ma alTuom cristiano particolarmente
prenderemo a favellare-.
* r
Articolo IV.
Amore degli onori t del patere »
KJ i va dagli domini in traccia più degli
onori , che deiT onore , dice scherzando
T ab. Trnblet , e V esperienza dimostra , che
s;:h^rxando pur dice il vero . Pochissimi so-
do infatti quelli che aspirano alla vera glo-
ria , e moltissimi invece quei che s* affanna-
no a procacciarsi distinzioni , onori , titoli,
dignità .
L* ambizione è una delle passioni più uni-
versali , m.issimanj<»nte che ad eccitarla e
promuoverla , in molti alla vanità V interesse
pur s 1 accompagna >
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Amor degli onori /! i£5
Non lascia essa ciò non ostante d 1 esser
utile qualche volta , in quanto chi aspira agli
onori opera talora per meritarseli delle azio-
ni illustri f che fatte non avrebbe altrimen-
ti ; ma il più delle volte è funestissima , ed
ognun sa come Mario e Siila f Pompeo e
Cesare per ambizione sieno divenuti il fla-
gello della lor patria e della umanità .
Più che a tate 1 altri p*rò questa pas storne è
funesta air ambizioso medesimo < „ Se io '
potessi odiare qualcuno, dice l'Autore te-
sté citato, o desiderare di vederlo infelice 9
io gli bramerei dell' ambizione .
f , Questa passione , segue egli, è da te-
mersi più di tutt' altra, perchè la più ar-
dente , la più ostinata , la più insaziabile ;
perchè i felici avvenimenti sono rari e dif-
ficili , le cadute orribili e frequenti ; perchè
essa è costretta in mille occasioni a combat-
tere, infino, a sacrificare sè stessa per sod-
disfarsi " . Non vi ha cosa più amara ad un
uomo ambizioso , che il doversi umiliare :
eppur quante volte non è egli costretto ad
avvilirsi per arrivare alle sue mire ! Non —
v f ha dispetto eh* egli non soffra , non affron-
to che non divori : nulla è si basso , ed ab-
bietto , e servile, a cui non discenda ; nul-
la si obbrobrioso ed infame , che pur non
faccia talvolta per ottenere il suo fine. Chi-
unque brama avidamente di esser più che
non è , ed opera a seconda di cjuesto desi-
derio , è misero doppiamente i misero perchè
scontento e sdegnato , ed intollerante del
proprio stato ; e misero molto più par le pe-
ne ed inquietudini infinite, ohe gli cagiona
ciò eh' egli adopera per sollevarsi .
Ma quando pure egli ottenga ciò che de-
S
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• I
a
i4$ ' Passioni .
sidera , qaal profitto ne cava egli alla fine?
Nulla altro per ordinario che ci 1 aver brighe
maggiori . Grande certamente era tra i Gre-
ci la dignità di Agamennone capo di un eser-
cito , in cìù erano tanti Re: ina odasi ciò
ch'egli dice di sè medesimo a Nestore la
notte , che inquieto per "timor del TrojaBi al-
la tenda di lai sen venne , mentre placida-
mente dormivansi tutti gli altri < Iliadi
Lib. X. r. ^. ) :
Qui miri Agamennon , tai sopra tuìti
Giove gravato ha di perpetue cure.
Per la^qual cosa, segne V Autore sammeo-
totfato che uno s'adoperi per ottenere une
stato pi ù. agiato e più comodo , pur il com-
prendo,. ma che fatichi per arrivare ad on
grado , ove gli converrà raddoppiar le fati-
che , ove non avrà un momento , di cai di-
sporre a piacer suo , dove sovente non am
par agio di mangiare tranquillamente, nè di
dormire / io non saprei nè crederlo * n è com-
prenderlo, se noi vedessi ogni giorno
Che se accade un rovescio improvviso , che
è pur facilissimo ad avvenire , poiché. gli o-
nori , come * altri disse , non fanno che ac-
crescere per certo, modo il nostro volarne,
ed esporci vieppiù ai colpi dell' invidia
della fortuna , quale non è nell'ambizioso!
cordoglio e 1 afflizione ? Tutte le lingue
che erano per ! innanzi (renate -dalla spnac-
za o dal timore , -vede egli sciorsi in un mcj
monto : gli amici falsi e le anime deboli gr'
dano contro di lui per interesse e per poli^
tica , non meno" che i nemici per odio ep?i
vendetta: abbattuto egli frattanto , sprezza
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'Amor degli onori. ìli 9 }
to , avvilito 9 sepolto si vede nella desolazio-
ne più orribile . À quanti aa di siffatti ro-
vesci non è costato miseramente la vita?
Non è certamente necessario il dir di più
per mostrare quanto sia generalmente a te-
mersi T ambizione *
L'amor del potere non è che una modifi-
cazione particolare dell' ambizione , o piut-
tosto non è che ano degli oggetti e dei mo-
tivi dell 1 ambizione medesima. Perciocché bea
di rado gli onori si desiderano per stessi :
il potere fche lor va congiunto è quello , a
cui si aspira desiderandoli . Quindi è , che
quanto si è detto dell 1 amor degli onori , air
amor del potere interamente deve applicarsi .
Una sola cosa sgrugneremo , cheia vedere
maggiormente la stoltezza dell 1 uomo ambi-
zioso^ L'amor 'lei potere ad altro in ultima
analisi non si riduce , che al desiderio
<T avere un maggior numero di persone , che
servano al piacer nostro . Non è adunque in
sostanza, come si è già altrove accennato,
che T amor dal piacere . Ma di quali piace- *'
ri gode egli I 1 ambizioso ? Noi lo abbiamo
pocanzi abboadevolmente veduto . Quei mez-
zi medesimi adunque, che egli impiega per
ottenere una maggior somma di piaceri , non
fanno che privarlo di quelli che possedeva,
« di cui 9 volendo , avrebbe potuto tranquil-
lamente godere: egli è il cane della favola,
che per avere di più si lascia pur quello che
ha, scioccamente cader di bocca.
Io non voglio contuttociò biasimare aper-
tamente qualunque siasi desiderio d' avanza-
mento . Un avanzamento può essere vera-
mente iitile alla nostra felicità, quando si
sappia ben profittarne ; e il procurar© per
e*
*
V
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HÈf 0 t% Passioni. x
onesti nie^zi il conseguimento di ària costi
utile, non è per sè biasimevole .
L' eccesso dei desirderj è quello eh 1 io con-
danno in i. luogo , vale a dire , condanno chi
questa cosa puramente utile, colla *ua avi-
dità necessaria si rende, che si rende infeli-
ce per la soverchia brama di ottenerla , che
più infelice si rende stoltamente , inquietan-
dosi se non la ottiene.
Condanno in 2. luogo chi aspira a cariche
0 non adattate ai suoi talenti , 0 in cui è
probabilissimo eh' egli sarà infelice . „ Se l'in-
teresse della propria estimazione e felicità atten-
tamente si consultasse , dice l'Autore soprac-
citato ciò basterebbe sovente ad estinguerà
ogni desiderio delle dignità e degli onori .
Due domande dovrebbe l'uòmo ambizio-
so fare a sè stesso.- 1. Son io capace del
grado • a cui aspiro, e saprò io ben soste-
nerlo ? 2, Dutj anche questo , sarò io eoa
ciò più felice di quel che sono ? Voi credete f
segue egli , che i vostri talenti sien troppa
chiusi e ristretti in un grado inferiore , e ne
bramate quindi un più sublime per meglio
porli in comparsa . Ma paventate questo no-
vello ponto di -veduta : grande voi comparite
in un piccolo posto , e pìccolo sembrerete per
avventura in un grande" . Tal brilla al se-
condo grado , chu si ecclissa nel primo , dice
pure un poeta (1) ;
In 3. luo^o condanno chi cerca di ginene-
re ai suoi lini ambiziosi per via d'artifizj, f
di viltà , di bassezze , solite vie delle animi [
(1) Tel brille mi second rane Qui *' evinse
*u premier , VOLTAIRE. 6 1
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Amor degli onori .
piccole ed abbiette , c vie si indegne , eh' h
par vergogna il parlarne .
A R T I c o x o V.
Amor dei piacere \
C he F uomo ami il piacere , efi 1 è qaantd
dire , ch'egli abbia piacere di ciò che piace , è
cosa troppo per se naturale. Ma v'ha dei
piaceri innocenti, e ve n' ha di perniciosi e
malvagi , e da questi la ragione vuol certa-
mente , che il saggio s>i allontani (1) .
I piaceri dividono , come altrove si è det-
to , i* piaceri dell' animo f ed in piaceri del
corpo . Quelli dell' animo altri chiamanti
piaceri dell 1 intelletto , ed altri del cuore ,
secondo che o l'intendimento , o i sentimen-
ti del cuore vi hanno la maggior parte . Il di-
0) Varie intorno al piacere furono gii le
sentenze degli antichi filosofi . ANTISTENE
io chiamava un sommo male ; CR1T0LA0 un
male, e cagion dì mali ; ZENONE nè ben
nè male ; ÀRISTIPPO ed EPIGURO all'in^
contro Io dicevano un sommo bene , colla
differenza che il primo lo collocava nelle
sensazioni positive, e il secondo nella pri-
vazion del dolore. ARISTOTELE disse invece
non esser male il piacere in se , ma l 1 ecces-
so di lai , e DIONE 6R1S0ST0M0 il chia-
ma cosa insidiosa e pericolosa t e perciò da
prendersi con grandissima cautela . Veggasì
intorno a ciò il f . STELUK1 Mica Mb.
i* Cap. 4 ?
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i5o« Vas sioni.
letto, che prnova l'animo nella scoperta del
vero , nel P acquisto delle cognizioni, nella
contemplazione del bello , nelle opere della
natura o dell' arte , e più nelle opere dell'
ingegna , appartiene ali* intelletto ; quello f
eh' egli pruova nel sentimento della propria
on està , nelF esercizio delle virtù , negli at-
ti di beneficenza , nei dolci moti di tenerez-
za verso i parenti f i congiunti , gli amici ,
nella soave compiacenza di veder sollevato
un infelice 9 difeso un innocente, premiato
un uomo di merito , appartiene al cuore •
Questi piaceri, siccome i più innocenti , co-
si sona anche i più puri , più veri , più da +
jevoli , più perfetti; nè il saggio dee mai
cessare , come abbiam detto a pagina 72 9 e
di procurarseli attualmente col fatto , e di
'richiamarli sovente, colla forz^ della imma«*
gin azione .
Non cosi deve dirsi circa ai piaceri del cor-,
po (1) : questi sono come le rose % che pan-
(i)Gli STOICI facevano distinzione tra le
due voci voluptas, e gaudium , intendendo per
la prima i piaceri de 1 sensi, cui detestavano,
e pel secondo il piacer che deriva dal sape-
re , e dalla virtù (STELLI NI Ethiea Lib. 1- cap.
4.) ^ Noi pure distinguiamo voluttà- dà pia-
cere , intendendo col nome di voluttà un pia-
cere disordinata o pel suo eccesso , o per la
sua qualità disonesta . Di essa intendeva par-
lar CICERONE., quando diceva 1 Corporis
voluptatemnonsatis esse di^nam hominis prae-
stantia , eamque contemm et retici oportere
(De Officiis . Lib. 1. C*J». Ì7O i e SOC$A>
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Amor del piacere* i5i
gono 9 * e flon si colgono con mano leggiera'.
Il piacere del mangiare e del bere, a cagion
di esempio , è innocuo fino ad un certo se-
gno : ma rintempera»za o nella quantità, o
nella qualità dei cibi e delle bevande , si sa
che spesso è cagione delle pia terribili ma-
lattie; e già i medici a questa intemperanza
cogliono pur ascrivere la più gran parte dei.
mali fisici
XJa sollievo dell' animo, ed un piacevole
esercizio del corpo sono certamente le caccie,
le cavalcate , le danze ,.. i giuochi le feste ,
i divertimenti . Ma questi pure divengono
perniciosi, ove siano imcnoderati , o dove in
essi consumisi vanamente quel tempo, che
in più utili occupazioni porrebbe esser impie-
gato r. *
Il ginoco singolarmente è un vizio noce-.
volissimo, quaùdo diventa una passion dcW
TE allorché diceva , che turpe cosa sarebbe ,
se ano servendo alla voluttà da sé medesimo
tal si rendesse , quale in sua casa niun aver
vorrebbe i suoi servi (P. MAN. Apùpht . Lib .
o-); poiché realmente non v'ha peggior ser-
vitù, c!\e di quello jl quale sia schiavo de*
voluttuosi suoi appetiti . EPITTETO secondo
.AGELIO (Lib. 17. Cap. 19,) a due cose par
riduceva tutta la teoria dell' uomo saggio :
alla tolleranza, de 1 mali f ed al V astinenza da'
piaceri i.Sustine et abstine era. la. sua divisa;
nel che egli , siccome Stoico , intendeva una
totale astinenza da tutti i piaceri de'éensr, e
noi vi sostituiremo invece l'astinenza dai pia-
ceri illeciti , e disordinati, ossia la tempe-
ra nnza .
Digitized by
i5a Passioni • .
minante 9 e quando in luogo d'un passeggera
divertimento diviene una continua occupazio-
ne . L'avidità del guadagno è quello soprat-
tutto , che fomenta questa terribile passione;
in pruova di che noi vergiamo , che nei giuo-
chi di rischio , i quali cìai viziosi sono più
ricercati 9 quegli stessi che non si stancano
di consumare i giorni e le notti intere, av-
venturando , se occorre tutte le loro fortu-
ne , non si saprebbon poi reggere per due
minuti , se vi avessero a giuocare di nulla , o
di pochi soldi. Ma questa loro avidità ben©
aspramente è punita per 1' ordinario ; ed oltre
alla continua agitazione ed inquietudine , eh*
«si provano poni sempre frammezzo alla spe-
ranza ed al timore , la perdita di sostanze
considerabili , il dilapidamelo di pinguissimi
patrimonj , la rovina talvolta d 1 intere fami-
glie ne sono terribili esempj .
Vi ha un'altra specie di piaceri provenienti
dalla inclinazione scambievole , che la natu-
ra ha posto nelT uno verso dell' altro sesso .
Questa inclinazione crea , singolarmente negli
animi giovanili , una delle passioni più fprti ,
che antonomasticapjente è detta amore . Ora
dei mali , che vengono da questo amore, del-
le angustie ed inquietudini ch'egli produce
negli animi, della servitù a cui li lega, dalia
gelosie con cui li tormenta , della dissipazio-
ne con cui gli stia , della perdita delle so-
stanze , e talvolta ancora della salute e del-
la vita con cui li punisce , pieni son tutti i
libri 9 e piena a* è pure la continua esperien-
za^ Io su di questo non mi tratterrò lunga-
mente : dirò soltanto , che da questa fatai pas-
cione debbono i giovani tanto più accurata-
mente guardarsi , quanto per età e per nat
Digitized by Google
I
m Amor dei piacere. i$g
ra ri sogliono essere più propensi, cjnrmto
- maggiori e più frequenti fono ogni dove i pe-
. ficoli di cadervi, quanto meno V esperienza
sa renderli cauti nel! 1 evitarli . Alessandro in-
vitato a veder le figlie di Dario , di coi al-
tamente celebratasi la bel le* 3 a -, lo ricusò,
dicendo , che dopo aver vinto #1» uomini , non
volea mettersi al pericolo di esser vinto dalle
donne . . . rr r;«
Ma poiché del de sW erro ,- e degli;oggetti , a
eoi suol essere indirizzato , già si è detto
bastantemente, alcuna cosa diciamo ora def
gli affetti , che sogliono accompagnarlo , i
quali sono la speranza, ed il timore-
CAPO VII. * ■
• » *
Speranza , timore , coraggio , ardimento *
Articolo h
* »
* *
*
Speranza •
1 desiderio e fa speranza sono due passfo*
ni, che si dan mano scambievolmente : im-
perocché quanto più si desidera, tanto pii|
facile r immaginazione dipinge l'esito , e ki
speranza più cresce, e quanto* maggiormente
si spera , tanto più V immaginazione la cosa
bramata ci avvicina f e più* cresce il desi-
derio . * ^
Io s* però la speranza è nna passio*, con-
solante, e molte volte eziandio vai più del
medesimo godimento . Un signore di alto daf-
fare disse già di certano , a cui qua Wie co*
sa aveva promesso :. io gli ilo dato pur oggi
«olla speranza , che non gli avrei dato, tqjk
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i54 Passioni..
fctto . E certo a rendere spesse fiate maggio-
re il piacere della speranza r che quello del.
godimento , due ragioni concorrono : Y una ,
che il bene sperato» ordinariamente maggiore
si crede di quello che sia in. se stesso; e Vim-
zna^inazione n n ha.quindi maggior diletto : l'al-
tra , eh* quando l'uomo ha alcuna cosa , egli
l'ha., e qui tutto finisce; ma quando la spe«~
ra , egli op^ra , s'affatica , si muove , s'inda-
«tria per. acquistarla e quest 1 attività vai so-
Tente assai più, che la. languida, inazione dei
possedimento (1)
Troppo, importa però il sapere anche que~
ata passione tenere nei giusti limiti f e gover-
nare prudentemente . Tre casi intorno ad es-.
sa hanno, a distinguersi , che pur richieggono,
«issai diverso governo *.
U Qualor si tratta, di un male avvenuto
tutti i motivi cercar si debbono , come altro-
ve si, è già. detto, ( pag 57. ) ; i. quali eccitar
possano, la, speranza o d 1 un rimedio , 0 d*un
compenso . Questo si è il mezza più efficace
per, consolarsi , giacché noa è da. negare,,
che gli altri mezzi richieggono dello sforzo e ;
della contenzione nell* animo ^ laddove quan-
do incomincia a. nascervi la speranza * la eon«^
colazione s'insinua per sè medesima,.
a. Qualora trattasi di un male avvenire , di
una doppia e» contraria, operazione fa di me-
stieri , Egli è d 9 uopo da uo canto preparare
l'animo a tntte le sue forze adunargli d'in-**
(1) Non: dopo* aver guadagnato venti milio-
ni, dica ELVEZIO , che uno è felice , ma nel
guadagnarli {De V Uovimc ce Tom- 11%.
pag. a58e ) ...
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1 Speranza., iS5
torno per sostenere intrepidamente l'assaltò
ove il male ci avvenga ; e dall'altro a tatti
motivi convien r flettere , che destar possono
qualche probabilità , che il male si dissipi,
o almeno non abbia a. rHrscir eosì grate , co-
ine rassembra . fieli accade infatti assai volte,
che dopo le più terribili apparenze, una scia-
gura , la qnale credeasi inevitabile, tutf acl
un tratto o per sè stessa , o per un. soccorso
inaspettato ,o per una fortunata combinazio-
ne di cose , felicemente dileguisi . Così le
procelle più nere e più spaventevoli./ e che
più certo minacciare sembrano lo sterminio
alle campagne, si sciolgono qualche volta
impensatamente in una pioggia benefica, -a
3. -Air opposto quando si tratta d'un bene,
a: cui s' aspira , mai cauti non saremo abba-
stanza a frenare i trasporti imprudenti d'una
soverchia speranza . Troppo agevolmente si
spera ciò che si brama : ogni piccola appa-
renza allor si prende come realità; ogni pio-
colo indizio serve a dar* fortuite ad una va-
na lusinga. La speranza, diceva Aristotele,
è un sogno nella veglia ; ed altri disse accon-
ciamente , che essa, è simile alle predizioni':
mille false per una vera . Quale stupore adun-
que , se tanti por veggonsi nelle loro folli
speranze ingannati T Nel che quello ch'è iné-
no da compatire si è , che molti poi giungo-
no alla scempiaggine di più turbarsi e ram-
maricarsi al veder delti s-e le loro speranze ,
che non. farebbono per la perdita di un ben
reale.. ? 1 *
L uotoo cauto adunque dee tanto lasciar di
campo alla speranza., quant'è necessario per
dargli stimolò- alPoperarc ; che certamente-
Don vi ha alcuno sì stolto , il qaal si deter—
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N Passioni.
mini a procurare seriamente ciò che affatto
dispera di conseguire . Ma fatto che egli ab-
bia quanto è mestieri per ottenere il propo-
sto fine, egli si deve pure disporre al sinistro
incontro, che il suo disegno riesca a vuoto.
Doppio vantaggio con ciò verrà a conseguire;
imperciocché o il successo è realmente con-
trario , e la fortuna non potrà seco vantarsi
d'averlo colto alla sprovvista , ne tutto quel
male arrecargli , che ad altri cagionerebbe ; o
è propizio , e tanto maggiore ne proverà il
piacere, quanto meno aspettato.
Siffatta cautela intorno alle speranze , più
che a tutt* altri , a coloro è necessaria f che
più sono stati in addietro dalla fortuna ac-
compagnati . Non ch'io ammetta quella ne-
cessità di cambiamento , che alcuno preten-
de , sicché dopo una lunga serie di avveni-
menti felici abbia ad aspettarsene di neces-
saria conseguenza un sinistro . Gli avveni-
menti passati nulla influiscono per questa
riguardo sopra i futuri , e dopo novantanove
casi felici v'ha egual ragione d'aspettar feli-
ce il centesimo f come s'egli fosse il primo ,
o se venisse addietro a no.vantanove casi in-
felici , purché da lor non dipenda.
U primo motivo, per cai a quelli più cho
m tutt* altri io credo doversi raccomandare la
cautela nelle speranze si è perchè meno ne
sanno osare naturalmente . Un esempio sen~
sibilissimo ne abbiamo nel giuoco : in esso
•hi più arrischia i d' ordinario colui t eh' è
più avvezzo ad essere fortunato : una lunga
continuazione di felici avvenimenti fa ch'egli
creda d'avere la fortuna in sua mano , e di
poterne disporre a suo talento . Ond' è pure
«he il soldato più avreazo alle battaglie f ?i
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Speranza. i5j
corre con più coraggio e più confidenza ero-
go' altro ? Tutta la ragione si è , dice argu-
tamente T abate Trublet , perchè egli non è
mai stato ammazzato: esposto sovente ai pe-
rìcoli , sempre n'ò uscito salvo ; questo solo
a lui basta per credere di doverne uscir sal-
vo ancora *
Il secondo motivo è , perchè gli nomini
avvezzi alle prosperità sono quelli che più
$*affannano , quando le cose riescano al con-
trario . La persuasione d'averla fortuna in lo-
ro arbitrio fa che si adirino più acerbamen-
te ove si veggan delusi; e la poca esperièn-
za agli avvenimenti sinistri fa- che tanto me-
na piegare si sappiamo a tollerarli (i>.
Articolo IL
I Timore .
1 timore è da distinguersi in due classi :
.timor de* mali, e timor de' pericoli.
Intorno al primo per due maniere soglio- *
no ben di sovente gli nomini ingannarsi , o
credendo sicari i mali che sono meramente
possibili , o supponendoli assai maggiori di
quello che esser debbono realmente; intanto-
chè sarebbe spesso a desiderare , dice un fi-
losofo , che per disingannarsi vanissero a pro-
vare ciò che paventano;, imperciocché mino-
re sarebbe in essi, la pena al sentirli di quel-
la che soffrono nel temerli •
. Siccome nella speranza, cosi ancor nel ti-
m ' ■ ■■ ■ — » i ■ -
(i) Percii DEMETRIO dicea non esservi al
mondo uom più infelice di quello , al quale
jaiuno sinistro non sia. mai accaduto (P. MÀe
WVZIO Apopht. Lib.,8.) [..
m
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rx5& Passioni.
more , T opiniOBe fondata sagli avvenimenti
passati ha negli uomini aoa grandissima for-
za . Per via di questi eglino si avvezzano a
riguardar la fortuna come una cosa reale ed
immatahile attaccata invariabilmente alla lo-
ro persona , e nata , par cosi dire, con esso-
loro ; in conseguenza di che altri sperano
sempre nuove prosperità , altri sempre paven-
tano nuove sciagure . Chi sa che la fortuna
è una semplice combinatone accidentale di
cose , vede facilmente la sciocchezza dell'una
e dell'altra opinione : contuttoché siccome la
costanza , che si osserva talvolta negli avve-
nimenti o prosperi, o sinistri, serve moltis-
simo a confermare ed accrescere l 1 illusione f
•osi qualche cosa convien toccarne partico—
4 1 annerite .
In primo luogo dunque , ove pure questa,
costanza dipendesse dalla fortuna medesima,
cioè dalla medesima combinazione delle co-
se, ciò noti 1 tOTebbe ponto , ch'essa non fos-
se puramente accidentale ; imperciocché fra le
possibili- combinazioni fortuite v'ha certamen-
te ancor quella*, che alcune volte gli avveni-
menti del medesimo, genere si succedano sen~
sa alternare
Ma il più delle volte- questa costanza di-
.pende da cause reali,, che alla fortuna pun-
to non appartengono . Un uomo, avvezzo àcl.
essere fortunato , opera con maggiore fran-
chezza , esercita più vivamente fa sua. indu-
stria , acquista esperienza maggióre , e dispo-
ne in certo modo* degli avvenimenti ; e quin-
di è , che gli avvenimenti felici in lui sue-
cedonsi più di frequente . Al contrario un
* uomo comunemente sciagurato , va assai più
Unto , poco sperando poco si occupa * opera
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Timore . ^ i5g.
con freddezza e c^n pussillanimitV nulla osa
arrischiare , si lascia spesso uscire di mano
anche le occasioni, più opportune; e di qui è
che gli avvenimenti infelici per lai vanno
sempre crescenda .
Un noni prudente pertanto ne mai dee trop-
po presumere per le passate prosperità , nè
mai disanimarsi per le passate sventure . La
fortuna h un nom^ vano , ed una chimera del
Tolgo . Vera è , che a taluno i migliori con-
sigli riescon male alcuna volta ed a tal al-
tro le più strane pazzie riescono con feli-
ce, successo ; ma ninna solida conseguenza da
ciò può trarsi . L'esperienza e la ragione di-
mostrano 9 che una costante industria, atti-
vità , s avvedutezza *ono l e sole , che vinco-
no alla fine le stravaganza de' casi , e. co—
mandano alla fortuna.
- Circa ai pericoli , sono da distinguere pri-
mieramente i pericoli d'opinione , e i perico-
li reali. Pericoli d'opinione io chiamo quel-
li che sono fondati sopra d'un semplice pre-
giudizio . Quanti timori una volta non ecci-
tavano negli animi le comete * gli ecclissi 1 1
parelj , le aurore boreali , le meteore infoca*
te ? Quanti non ne dentavano i racconti o del-
le case, dominate dagli spiriti , o dei fantasmi
vaganti fra le ombre notturne , o delle malie
e degl'incantesimi, o di altre finzioni siffat-
te, che or confinate rimangono fra l'ignoranza
delle vecchierelle e del basso popolo ? Ài pe-
ricoli d'opinione io riduca puranohe quelli
ohe affliggono si sovente gli ammalati imma-
ginar) , e gli uomini apprensivi, che trema-
no ad ogni soffio di vento , che ogni cibo
paventano , il qual sembri punto alterato, che
mortale si credono ogai leggiera indisposi^
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\
. r $° Patsioni.
fcione , che final men te si ammazzano a for-
fca Hi temer dappertutto la morte.
Pericoli reali sono quelli , da cai un mal
vero ci può venir realmente: ma questi pare
in rimoti e prossimi si hanno a distinguere ,
vi sono degli nomini 9 che impallidiscono fld
ogni lampo ; che ai cavalli nè ai cani mai
non s'attentano di accostarsi ; che mai non
5 imbarcano , se non costretti da iodùpen-
sabil bisojfoo e palpitando; che un rio sa
piccola trave , o un passo angusto ia luogo
scosceso attraversare non osano se non tre-
mando ; ohe si sgomentano ad ogni cocchio,
che incontro lor venga o sovragginnga alle
spalle : e cosi discorrendo . Ora che' taluno o
sia colpito dal fulmine > o percosso da un cal-
cio , © morsicato; ch'egli rimanga naufrago,
o precipiti , o sia setacciato dalle vuote , è
cosa certamente possibile . Ma la mera pos-
sibilità non dee bastare ad eccitare spavento :
altrimenti in qual momento o in qual luogo
potremmo noi esser tranquilli ? Noi non do-
vremmo gustare mai nessun cibo, perchè è
possibile ch'egli sia avvelenate ; non abitare
in alcuna casa ? perchè addosso può rovinar*
ci ; non passeggiare in alcuna piazza , perchè
d improvviso può sprofondarsi , come del foro
Romano già dissero gli antichi . La sola prò*
labilità del pericolo è quella che può aver
diritto a sgomentarci : ma i òasi anzidetti
sono rarissimi , e quanto agli ultimi una mo-
derata cautela basta comunemente ad assicn-
rarcene , senza tenerci perpetuamente inquie-
ti , o privarci di tutti, quei comodi , di eoi
«enza un tale spavento ne 1 viaggi e nella vita
ordinaria gode? potremmo traaquillameate *
H^*v.a*; ■*<*?■•.: , '> . .... . * *unm
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101
• *
Articolo III.
■
■
Coraggio , e ardimento .
ei pericoli prossimi la cautela vuol esse*
ro certamente maggiore ; ma par d'un certo
coraggio anche in questi fa di mestieri • Chi
tlòn sa armarsi d'intrepidezza , troppo sovente
reputa prossimi anche i pericoli rimotissiroi ;
e se talvolta v'incappa , smarrito d'animo dif-
fìcilmente sa liberarsene: laxldove il coraggio
fa in primo luogo che non si temano fuorché
i pericoli veri; ed in questi medesimi serban-
do fresca la mente e avvivando le forze , più
agevolmente i mezzi fornisee di superarli .
Non è però da trascorrere all' ardimento f
passione la più imprudente e più cieca, e
che più facilmente precipita nei mali estremi.
Un uomo ardito per ordinario non sa misu-
rare pericolo di sorte alcuna , ma prosoatuo-
samente affidato nelle sue forze o nella sua
destrezza, tutti egualmente e sconsigliatamen-
te gli affronta . I tristi esempj degli altri non
valgono pure a sgomentarlo , perchè si credo
a quelli superiore ; ed invece l'esito fortuna-
to 9 ch'egli abbia nei primi incontri , lo ani-*
ma sempre più, e lo rende ognor più teme-
rario , infino a tanto eh* o f una o F altra
volta poi vi soccombe . Egli è il saltatore o
il ballerino di corda , che termina final-
mente a fiaccarsi il collo *
D'una prudente cautela pertanto fa di me-
stieri: Tuom saggio, diceva Seneca , non pa-
venta i pericoli , m-a gli schiva; e Cicerone:
convien guardare di non esporsi a' pencoli
senza motivo ( de OJficiis lib. 1. cap. a5*.)*
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I
ifà* Passioni *
Quale stoltezza non è diffatti il cimentarsi a-
pericoli o non necessarj, o abbastanza non
conosciuti ? La fortezza ,. deceva Euripide ,
vuol esser unita, eolla, prudenza,, altrimenti
separate non giovano : ittrumque junge nm nam
seorsum nil valent ( Stellali Ethica. Tom. IL
pag. 4^1 •) .
Anche in quelli che si conoscono, se gra-
vi sono per sè medesimi , l'esperienza passa-
ta non è sempre suffitn^ate pruova ad assicu-
rarci dell'avvenire*. Quante volte le forze, o
l'agilità, a l'accortezza, improvvisamente non
ci abbandonano ? E qnante pure troppo fidan-*
doci alle passate esperienze non andiam noi
più oltre , che non consentono le nostre for-
ze medesime?, O accresci le forze , o scema
l'ardire, diceva Archidamo . Chi non può adem-
piere la prima parte , e non vuol U seconda,
è necessario che al fine sia vittima della su^
$tessa temerità
capo, vnt.
Tra , odio , antipatia , indegnazione *»
Articolo I*.
~ Ira -
A ffetto. contro natura viene da Seneca ap-
pellata F ira ( D * * ra !■ c \ & ) • »♦ Impe-
rocché fino a tanto , dice egli , che 1' uomo
è nel retto e naturale stato dell' animo , chi
di lui più mansueto. , e più amante d' altrui ?
E qual co*a all' opposto p»ù crudele e più
infesta dell'ira ? L'uomo l^nde per natura
alio scambievole altrui soccorso , l'ira alla.
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Ira . 9
rtovina : quegli ama di unirsi ai suoi simili :
questa di separarli : quei gode sovvenire an-
che gì' ignoti , questa di nuocere anche ai più
cari: Y uomo talor sacrifica anche sè stesso
pel bene altrui, T ira non bada a pres tar-
si' , parchi altri seco strascini nel precipizio .
Male adunque conosce la natura delle cose,
conchiude tgli , chi air opera di lei più com-
mendevole , più perfetta , assegna questo
fcrntto, e deforme, e fiero, e pestifero vi-
ce.
RIO
Sebbene però dalla retta natura d**ir uomo
niente vi abbia di più alieno , che V ira è
forza tuttavia il confessare , che non vi è
forse passione, alla quale egli si lasci tra-
sportare più facilmente e più spesso . Dalla
Taciti, dall'ambizione, dall'avarizia, dal
•overehjo amor dei piaceri molti pur vanno
«enti; pochissimi esenti affatto dall' ira ,
A loro escisazione parecchi di ciò incolpa- *
fio il temperamento ; e certo non può ne-
garsi , che un, maggior fervore nei sangue f
una maggiore acrimonia negli umori , una
maggior sensibilità nrlle fibre assai non con- "
corrano a renderci più facilmente irritabili.
Nello stato di malattia ed in quel di tristez-
za , ne' quali il corpo e V animo è più mal
. affetto , noi siamo pure più fàcili a incoi- .
Ieri rei per ogni minima cosa , che in quel-
lo di sanità e di allegrezza .
Bla per quanto ciò sia da confessare , le ^
vere cagioni r che all' ira ci rendono si pro-
clivi , dipendano da,- tu tt* altro principiò, e
non vi ha temperamento collerico , il quale
da chi efficacemeirtt. lo voglia ntm possa al«*
la. fine domarsi .. * v
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ifti _ Passioni.
f 3Vè lievi certamente sono 1 motivi , che
debbono ogni nomo savio determinare a- por-
re in ciò ogni stadio , ed a lare ogni sforza
xnaggiore. Imperocché se la fola deformiti
di questo vizio vogliano noi riguardare , qual
è d 1 esso più brutto , più sconcio , e più di-
sgradevole ? Veggasi la pittara energica e
viva, che Seneca ci presenta dell'uomo irato
(ivi cap. 1. ). , f Come dei fimosi e dei fre-
netici gì* indizj sono il volto audace « mi-
naccioso, la fronte trista , lo sguardo bieco f
il passo affrettato, le mani inquiete f il colora
cangiato , i frequenti e profondi sospiri ; ta-
li , die' egli , sono pure gì 1 indizj cfegli adi-
rati . Àrdono e balzano gli occhi, sparso per
tutto il volto è un rosso fosco , infiammato
n'è il sangue che ribollente dal cuore sale
alla faccia 9 si scuoto» le labbra , stringonsi
i denti , irti si rizzano i capegli , affannato
e stridulo è il respiro , un crepitar degli ar-
ticoli e delle membra , che si tormentano da
sè medesime e si contorcono t un gemito ed
nn muggito quale di toro, un parlar tronco
e confuso e mal inteso r un forte batter di
mani , ua frequente calpestio di piedi , un'a-
gitazione irrequieta di tutto il corpo , ua
minacciare frenetico e furiose, e la faccia
tutta scomposta , e sformata, e deturpata" •
Narrasi di taluna, che mentre era posseduto
dall' ira • avvenutosi in uno specchio , e si
sfiijur^to vegg*ndo*i , inorridì di sè stesso
(ih. lib. a. c. 36.). E quanti pur non avreb-
bero lo stesso orrore , se in uno specchia
tnirar potessero se medesimi nei momenti di
maggior collera? Spccehio però bastante a
ciascuno essere ne dovrebbero gli esempj
altrui , che pur veggonsi cosi frequenti •
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tra. ^ i65
Ma in questo specchio ben pochi san ri-
conoscere sè medesimi . A questi eecessi co-
si deformi , dicono essi , non siam noi asi
di pervenire: un -piccolo risentimento allor-
ché siamo irritati , un qualche lieve traspor-
to ; ma nulla più .
Al che primamente io rispondo , che se
In qualunque passione T uomo è cattivo giu-
dice di sè stesso , molto più nella collera ,
siccome quella eh 1 è mcn soggetta alla ragio-
ne . L 1 ira fu detta già da un poeta un breve
furore (1) : nè è por si breve talvolta. Or,
chi è mai che possa in un impeto di furore '
misurarle in sè stesso i gradi, come fareb-
be a mente placida in altrui ?
Ma quand'anche a siffatti estremi ci aves-
se molti , a cui non- fosse avvenuto mai di
prorompere, chi è poi che possa prometter*
si i ciò che non gli abbia a succedere nem-
meno per T avvenire , quando alla collera e-
gli lasci libero il freno ? E chi può anche
determinare fin dorè un impeto di furore im-
pensatamente possa Tecarlo ?
Certo gli esempj che ne abbiamo son trop-
po orrendi e spaventevoli . Alessandro in un
impeto d' ira , e per lieve cagione , un degfi
amici più cari (2) trafigge di propria mano
in uu convito ; un altro (3) espone alle fie-
re . Atreo per rabbia contro al fratello Tie-
ste , gli uccide i figli barbaramente , e ne
fa al misero padre un orribil pasto . Medea
infuriata contro al marito Giasone , dopo u- .
(1) Ira hwis furor t$t . ORAZIO ,
* (1) OLITO.
(3) LISIMACO' .
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166 Passioni .
cendiata la casa della male Creusa , i prò*
prj figli spietatamente trucida sugli occhi
stessi del genitore. Eteocle e Polinice , fratel-
li e nati ad un sol parto, dopo una guerra
lunga ed arrabbiata , azzuffatisi corpo a corpo
quali due fiere selvagge * si scannano sotto
Tebe atrocemente au coli 1 altro , lugubre ar-
gomento alle più tetre tragedie . Non v' ha
cosa sì cara per natura , o per dover così sa-
cra , che T ira non abbia violato . E quanti
ur non si videro nei lor trasporti d'ira in-
erire contro alla propria persona t e percuo-
tere , straziare, ferire, uccidere sè medesi-
mi? Nè questi erano certamente d* altra na-»
tura , uè altro corpo aveano , o altro sangue ,
o altra fisica costituzione da quella che noi
abbiamo : l 1 abitudine all' ira fu quella che a
poco a poco li trasse a divenir furibondi e
crudeli o contro d'altrui , o contro sè stessi .
Di qui è, che se mai altra passione vuol
essere raffrenata per tempo e tenuta in do-
vere , questa lo è sopra tutte . Fin dalla pri-
ma educazione vorrebbe Seneca ( De ira
lib. 2. ) t che a ciò si desse inóominciamen-
to : non offrir mal ai fanciulli cagione di
giusto irritamento ^l) , e correggerli quando
*
d) Q tanti nort peccano in ciò gravemen-
te o riprendendoli contro ragione, # casti-
gan doli oltre misura , o costringendoli a co*
3e ingialla i o esigendo da loro cose indebi-
te , o mostrando p-r altri un'irritante par-
zialità ! Quanti purè non si trastullano dei
< fanciulli, co ne suol farsi de* cagnolini , e
godono di provocarli * * ridono delle Joro
piccole ire , non bea riflettendo , come frat-
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Ira » 167
irritano a torto ; non mai permetter che Tira
in alcuna cosa lor giovi , e far elle sempre
ne sentano il danno ; perciò nulla mai con-
discendere alle loro grida , agli strepiti, agli
schiamazzi , e panimeli anzi severamente ai
primi incontri , massimaménte quando il
capriccio , la pertinacia , V impertinenza visi
veggan congiunti ; tenerli lontani dalle lusin-
ghe f dalle carezze,, dall' adnlazion dei do*
mestici, che ogni buon seme corrompono ,
e guastano ogni indole ancor più docile e più
mansueta ; lontani dalla pretensione e dai! 1
orgoglio , a cui troppo grave riesce ogni re-
pulsa ; lontani dalla soverchia mollezza e
dilieatezza , che ogni più leggera cosa ren-*
de insoffribile .
Negli educatori medesimi e nei genitori
mai non veggano , dio" egli , esempio 4 di col-
lera nè verso loro, nè verso altrui; le liti
domestiche , le grida importune contro dei
servi mai non feriscan le orecchie di quelli,
che imitatori per natura ( giacché non v 1 ha
animale più imitatore dell' uomo) , niente
più imitano , che gli esempi domestici , cui
/
tanto con ciò fomentano in loro i semi di
una passione che forse col tempo lor diver-
rà funestissima ! Aggiungasi la scempiaggi-
ne delle nutrici , e delle fantesche , le quali
allorché i bambini si lagnano di qualche co-
sa , par che altro mezzo trovar non sappia-
no per acchetarli, fuorché il promettere di
castigare , o di battere or questo or quello,
che abbia dato lor noja , cosi nutrendo ne 1
loro animi fino da' primi tempi I9 spinto
della «adatta . 4
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i68 Passioni •
hanno continuamente sott'oeehio, e nnlla
più oredon lecito di quel che reggono pra-
ticarsi nelle persone , cai per dovere e per
abitudine maggiormente rispettano . Un fan-
ciullo educato presso Piatone , allorché fa
alla paterna casa restituito , udendo il padre
schiamazzar altamente , disse meravigliato :
io nulla di simile non ho mai udito presso
Platon* ; contuttociò t aggiugne Seneca ( loc.
cit. ) , io non dubito . ch'egli non abbia ap-
preso assai più presto ad imitare suo padre,
che non Platone . Qualunque cosa ai fanciulli
avvenga , o qualunque cosa essi facciano ,
mai non siano ripresi o castigati con ira :
sentano la severità t non la collera ; e s'av-
veggano che a punirli ci spinge non il tras-
porto nè T impeto, ma la ragione .
♦ Siccome però assai pochi sono quelli , a
cui sia toccata in sorte un 1 educazione qual
converrebbesi , egli è da vedere come abbia-
no a supplirvi col loro proprio studio , é ad
educare per co*i dire sè slessi . Chiunque sen-
tesi alla collera inchinevole ( e tutti il sono
qual più., qual meno ), deve tosto ferma-
mente risolvere di opporle fino dai primi in-
contri tutte lo sue forze . Molta fatica per
vincerla egli proverà certamente, massime
qualora vi sia già da gran tempo abituato ;
poeo profitto fors' anche ne ritrarrà da prin-
cipio , ina la costanza trionferà alla fine, e
l'esempio di nomini impetuosissimi , che a
forza di perseveranza nel raffrenarsi , riusci-
rono finalmente a rendersi i più placidi e
più mansueti , interamente ce ne assicura .
Per riuscirvi più di leggieri f il primo pre-
poni mento debb' esser quello di sospendere
o^ni azione ed ogni parola , allorché ci sen-
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Irà. i6g
tiamo sdegnati • In Socrate, dice Seneca (tV£
L 3. c. ìS. ) f un segno di collera si era Fab*
bassar la voce e tacere; ed egli medesima
comandara ai suoi discepoli di non fare o
dir nulla, quando sentivansi irritati , prima
d' aver recitato F intero alfabeto , perchè da
ciò comprendessero quanto sia necessario in
quei momenti il dar luogo alla riflessione
innanzi di operare (i) . E certamente in quel
primo bollore , in cui la ragione rimane sor-
presa ed offuscata , quali azioni e quali det-
ti ragionevoli ci possi ani noi promettere, a
da quali trasporti imprudenti assicurare ? Chi
può sperare di andar rettamente senza nè
urtar nè cadere f correndo al b«jo o ad oc-
chi chiusi? Platone , irritato dal servo , nel
primo impeto alzò la mano per batterlo ,
quando di sè accorgendosi , stettesi lunga-
mente in quelF atto ; ed interrogato da un
amico che sopravvenne , che cosa egli faces-
se : io punisco cosi Fira mia » rispose; ver-
gognandosi che tant 1 oltre fosse trascorsa .
Un'altra volta per grave colpa che quegli
aveva commessa , aeceso sentendosi contro
di lui , rivolto a Speusippo , eh* era presen-
te : tu , disse , per me la-castiga , perchè io
mi sent3 sdegnato ( Seneca lib. 3. c. 12.) .
In simil modo pur Carilo provocato dal suo
schiavo : io , disse , ti batterei , se non fos-
si adirato ; e Archita veduta nei suoi fami-
gli non so qual cosa , che fortemente gli
spiacque , partì , dicendo : buon per voi ,
(1) Da altri questo avvertimento riguarda-
si come dato da ATENODORO ad Augu-
sto ( P. MAN. Jpopht . Lib. 4. > -
k
V
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x^o * Passioni*
eh 1 in n' avveggo dell' ira , che m'ha sorpre-
sa ( P. MatKi Àpopht. lib. 8.) .
Ma gii sforzi per raffrenare la collera tor-
neran vani assai volte , o saranno troppo
tardi, se non si penserà eziandio a preve-
nirla con toglierne le cagioni .
I nostri sdegni , per ciò che abbiam det-
to a pag. 47., or sono diretti contro alle
cose insensate o irragionevoli or contro a
noi medesimi , or contro ad altrui .
In tutti questi casi però , se. ben si riflet-
te, la prima e principale, benché segreta ,
sorgente del nostro sdegno è sempre l'orgo-
glio. Noi ci irritiamo , se un nodo presto
non si discioglie , se presto non apre una
chiave , se ano stromento , un ordigno , una
macchina non ben adempie T uffizio suo ;
ci sdegniamo se un cavallo inciampa , o ad-
ombra , 0 s* arresta ; se chiamato il cane
prontamente non ubbidisce; se il selvaggia-
me s' invola alle nostre insidie , perchè il
nostro orgoglio vorrebbe , che tutta la natu-
ra fosse soggetta e prontamente ubbidisse ai
nostri voleri . Nei casi avversi ci adiriamo
contro alla fortuna , perchè vorrebbe l'orgo-
glio nostro , che questa pure ci rispettasse ,
e che ogni premura si desse per secondarci .
" Nei mali che ci avvengono per nostro erro-
re 0 per nostra colpa, e nell'impotenza di
ben eseguirà questa o queir altra cosa , ci
corrucciamo con noi medesimi , perchè il
nostro orgoglio mal soffre di dover confessa-
re a sè stosso la sua imprudenza , 0 impe-
rizia , o debolezza . Negli oltraggi, elle ri-
ceviamo o supponiamo ricever da altrui , c'ir-
ritiamo contro di essi , perchè il nostro or-
goglio s' adoirta , che altri abbia V ardire di
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Ira. ìji
oltraggiarci . Tolto V orgoglio , gran parte
pur degli sdegni sarebbe tolta dall' antan cuo-
re ; nè resterebbe cke il -sentimento dei ma-
li 9 da qualunque cagione ci fosser prodotti,
il qaal sentimento sarebbe di rincrescimeli-
to o di dispiacere , non più di sdegno ,
Ora quanto irragionevole e strano sia il
nostro orgoglio nei primi tre casi , e quanto
più irragionevole P ira che ne deriva , ognun
sei vede bastantemente . ~ .
Ed in vero qual folle pretensione non è
•Ha mai , che le cose insensate o irragione-
volt debban servir prontamente ai nostri cen-
ni , come se avessero quella ragione e quel
senso , di cui sono prive ?
E contro alla fortuna perchè adirarci ? Non
è egli una scempiaggine V irritarci contro una
cosa che non esiste ? La fortuna non è che
una semplice relazione, una combinazione
di cose , accidentale rispetto a noi , dai qua-
li non può prevedersi nè impedirsi ; e neces-
saria rispetto alle leggi generali della natu-
ra , da cui dipende. Ora non è egli una
sciocchezza il pretendere , chela natura deb-
ba cangiare per noi le sue léggi, o l 1 adirar-*
ci , come se nn torto a noi tacesse conti-
nuandole?
Nè meno irragionevole è V irritarci contro
noi stessi. Oggetto dell'ira nostra non può
essere se non colui , che avvertitamente ne fa
ingiuria . Ma può egli uno aver animò di fa-
re ingiuria avvertitamente a sè stesso ? Tutto
quello che operiamo, non è anzi un effetto dell'
amore , talor soverchio , che portiamo a noi
medesimi ?
Ma una singolare astrazione noi facciamo
in questi casi ; in due persone dividiamo noi
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172 Pastoni .
stessi , T ana che ci ha offeso , V altra che
sente T offesa , e contro di noi ce la pren-
diamo , come se ci corrucciassimo con tati 9
altri. Spesso è una parte sola di noi l 1 og-
getto della nostra collera , è la Enano o il
piede che pronto non ubbidisce ai nostri
voleri , è la memoria , che non ci suggerisce
immantinente le ricercate idee; è l'intellet-
to , che la tal cosa non ha bene considera-
to ., la tal altra non ha preveduto , la tale
non intende , qlla tale non sa star fisso ,
sviato dalle sue distrazioni. E tutte queste
parti di noi riguardiamo allora come da noi
separate , come esseri da noi distinti , che si
prendan piacere a farne dispetto.; e per pu-
nire queste nostre astrazioni , puniamo in-
tanto noi stessi .
Certamente nei tre . casi anzidetti la pazzia
delT adirarci è troppo per sè manifesta . Il
quarto caso rimane , in cui sembra, che Vira
nostra sia più da scusarsi, ed è quando al-
cum ingiuria ci venga fatta da altri, Ma qui
pure avanti di a*erc il diritto di risentirci ,
assai cose sono necessarie •
i. E* da vedere se P ingiuria è certa ,o in-
certa, al che pochissimo .soglion badare gl'ira-
condi , che immantinente si lasciano dal lo-
ro impeto trasportare . Vien uno a sburrar-
mi : il tale ha detto , o ha fatto questo con-
tro di voi . Perchè deggio io credere imman-
tinente alle sue parole ? Quanti. per maligni-
tà o per giuoco non inventano cose false a
bello studio ; o non godono di alterare le
vere ? Quanti non traveggono o non trasen-
tono 1* una per P altra cosa , o non danno per
fatti le lor congetture ancora meno fondate ?
Quanti cambiamenti poi le stesse verità non
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subiscono Col suo passare di una in altra
bocca ? E quanto spesso non avvien pare ,
che nello relazioni o si dimentichino , o si
alterino le circostanze più importanti , che
tutta cambiano la natu ra del fatto ? £
sa questi indizj sì mal sicuri degg'io am-
mettere per Tero quello che mi vien ri-
ferito , e cosi tenerlo per certo , come se te-
stimonio ne fossi stato io medesimo ; e così
appunto , e peggio ancora irritarmi ? Dico an-
cor peggio perocché d'ordinario più e' irritano
le cose che contro di noi ci vengon narrate
d* altri, che quelle che veggiamo o udiamo
noi stessi predenti . Perocché oltre alle alte-
razioni portate al fatto <teu delatori , mille
ultre ne aggiugue allora la nostra immagina-
zione riscaldata • Cento sinistre intenzioni
da noi snppongonsi neir offensore , che egli
forse non a mai avute ; cento circostanze
aggravanti sul luogo , sul tempo , sulla ma*
xiiera , sulT impressione fatta nelle persone
presenti , circostanze , che non hanno forse
mai esistito , tutto quello si aggiungerete
può aumentare P ingiuria , tutto si toglie quel- .
lo che può scemarla . Quante ire pertanto
non si risparmierebbono , qualora il fatto ve-
nisse meglio verificato ? E quanto più se men
facile ì 1 orecchio da noi si prestasse ai dela-
tori ?
E per verità qual conto deve mai farsi di
gente , che sol gode nel seminare dissensio- .
ni , ire , inimicizie , e nel tener vivo il fuo-
co della discordia tra le persone sovente an-
cor più congiunte? Àvrebbonsi questi a ban-
dir come peste , ed a riguardare da noi co-
me i nostri maggiori nemici ; che certamen-
te l 1 oltraggio , finché è ignoto , non ò un
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174 Passioni.
male per noi ; e il male ci riene da chi sì
prende il tristo pensiero di palesarcelo . Ciò
non pertanto questi nemici da noi si tengono
alcune volte carissimi , e sommo grado loro
sappiamo d* averci tolta la nostra tranquil-
lità , e si stipendiano ancora talvolta a bella
posta perchè procurino d v inquietarci , e tan-
to più largamente si ricompensano , quanto
maggior cagione ci offrono d* amarezza e
d'irritamento. Un tristo piacere noi ci fac-
ciamo di adirarci , contro calerò singolare-
niente che più abborriamo , e tutti i motivi
zie andiamo studiosamente cercando per vieppiù
giustificare a noi medesimi Tira nostra •
Ma oltre alla pena che nepaghinm di con-
tinuo per la continua inquietudine ed acer-
bità , che l'ira stessa cagiona 9 avvien so-
vente che altra pure ne paghiamo , e ancor
peggiore , pei folli trasporti , a cui la nostra
credulità ci conduce . Teseo , per la calun-
niosa delazione di Fedra , non perdette egli il
figliaolo Ippolito , cui tanto amava , e che
tanto pur meritava di essere amato ? Quanto
più saggiamente non operò Cesare , il quale
trovato fra le spoglie di Pompeo an gran fa-
scio di lettere de' suoi nemici , senza volerò
neppur guardarle , immantinente le gettò al
fuoco ! Alessandro nemmeno alla propria ma-
dre volle dar fede , allorché per lettera l'av-
verti di guardarsi dalla bevanda esibitagli dai
medico Filippo , perocché era avvelenata :
mostrata la lettera al medico , e vedendo que-
sto negare il fatto senza scomporsi, tran-
quillamente la pozione si bevve , più cre-
dendo , dice Seneca , all'onestà dell' amico ,
che alla delazione della madre: sebbene in
ciò, maggior prova egli diede per avventura
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Ira • ^ 175
d'intrepidezza, che non di prudenza.; pe-
rocché senza far ingiuria ali 1 amico , trattan-
dosi che n 1 andava la vita , egli avrebbe po-
tato innanzi con un esperimento assicurarsi .
Ma quando pure la cosa sia certa , è ria
vedere in fecondo Jnogo, se sia tale che
ineriti il nostro sdegno . Una parola, un mai
garbo , una mancanza d 1 attenzione , un ur-
to ci fa talvolta salire all' estreme furie ;
talvolta ancora , dice il filosofo pur or ci-
tato , un bicchiere che di man cada ad un
fanciullo o ad un servo , un piatto non ben
pulito, la tavola non ben disposta, il letto
non ben rifatto , una macchia sopra una
tovaglia o sopra un abito , ed altre simili
frivolezze bastano per mettere tutta la casa
a rumore . Or non è egli una debolezza
l v adirarci per così piccole cose?
, Ma quand'anche una vera ingiuria. e gran-
de ci venga fatta da alcuno , è da vedere
in terzo luogo , se essa sia fatta avvertita-
mente . Se per improvvisa convulsione uno
mi percuote , o se nel bujo mi urta senza
vedermi , o se in una calca rispinto dall'
onda del popolo mi schiaccia il piede , io
non posso certo con lui adirarmi . Ora
quante volte per simil modo anche agli uo-
mini più avveduti non interviene di com-
mettere delle sviste o delle inavvertenze ,
che non vorrebbero aver commesso ? E quan-
to più spesso ciò non accade ai fanciulli,,
ai giovani , alle genti rozze , alle persone
insomma o inesperte, o non avvezze al ri-
flettere ? E gli affronti , o i dispiaceri , che
fatti ne vendono per questo modo , perchè
abbiamo noi a riguardare per veri oltraggi,
%
m
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176
Passioni .
e cosi adirarcene , come se fossero fatti a
bello studio ed espressamente ?
Ma anche il male , che ne vien fatto es-
pressamente , non sempre ci porge motivo
giusto e ragionevole d'irritarci. Impercioc-
ché egli è pur da vedere in quarto luogo ,
da qual cagione ei proceda . Male è per
me , che altri si procacci lo stesso impiego,
o lo stesso acquisto al quale io aspiro ; ma
come poss 1 io di ciò giustamente dolermi ? In
una causa 0 una in lite è male per me, se l'av-
versario mio procura di far maggiormente
valere le sue ragioni ; ma come poss* io di lui
quand'egli il faceia per modi onesti? Non
è egli permesso a ciascuno 1' usare del sua
diritto ? Pur quante volte la concorrenza al-
le stesse cose non fa nascere le più feroci
discordie , e dalle liti puramente civili non
insorgono le più arrabbiate inimicizie ?II solo
disparere 0 nelle deliberazioni , o nelle qui-
stioni letterarie, o nelle controversie famigliari
da pur origine spesse fiate a gravissime dis*-
sensioni d' animo : effetto dell' amor proprio
di ciascheduno , *il quale vorrebbe veder da
tutti abbracciato il parer suo , da tutti ap-
plaudito quello eh' egli approva . Qualora
dunque taluno a noi si oppone 0 per soste-
nere i proprj diritti , 0 per seguire l'opinio-
ne che sembragli più fondata , siccome a
torto egli si dorrebbe di noi, così nessuna
ragiona abbiam noi pure di seco irritarci .
Il solo caso , in cui sembra che aver pos-
siamo giusta ragion di dolerci , egli è quan-
do altri operi ingiustamente contro di noi,
e C09 animo deliberato di farci oltraggio >
Ma anche in questo non tempre abbiamo
lamentarmi , 0 di chi sostiene
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. Ira. 177
cgual ragione di querelarci . Imperciocché i
da vedere in quinto luogo , se spontanea-
mente , e senza averne da noi avuto cagione
egli si muove a farci ingiuria , o se da noi
provocato • Allorché nascono dissensioni fra
due persone , chi ascolta l r nna e T altra par-
te , è ben rado che possa discernere qual ab-
bia dato il primo incitamento: amendue si
accusano a vicenda , e spesso avviene , che
qual per uno, e qual per altro verso , amen-
due rie hanno comune la colpa. Ora $' io sa-
prò di aver provocato il mio avversario , o
di avergli per qualsivoglia maniera dato mo- .
tivo di fare ciò ch v egli ha fatto , come poss*
io aver diritto di corrucciarmenc ?
Pur quanto spesso non awiea egli, che
P ira maggiore in noi appunto si desti contro
coloro, che noi medesimi siamo stati i pri-
mi ad offendere ? Duolci , che abbian essi usa-
to di ribeccarci , quasi che il diritto dì of-
fendere appartenesse a noi soli: punto e fe-
rito aspramente ne rimane il nostro amor prò*
prio , quindi raddoppiansi da noi le ingiurie
per restar pure superiori ; ed una catena lun-
ghissima si forma poi d'ire, d' offese, d'odj ,
d'inimicizie vicendevoli, che si protraggono
air infinito .
Spesso ancora la nostra ingiustizia va as-
sai più oltre : e come avviene , che a certe
persone , benché immeritevoli , seguitiam tut-
tavia a portar amore , ed a profondere il fa-
vor nostro unicamente per aver cominciato a
protèggerle , ed aver loro fatto del bene , co-
si a certe altre per lo contrario noi serbiamo
un'avversione, un'ira, un odio implacabile non
*per altro motivo, che p?r aver loro fatto del
h 3
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>7$ Passioni*
male', quasi che la costanza dell'odio giusti-
ficasse il mal fatto (i) .
Dal fin qui detto apparisce quanto sia raro,
che noi abbiamo giusto motivo e ragionevole
d'irritarci . E 4I1 ri ci acesi al solo caso , in cui
L'offesa ci venga non da cose insensate o ir-
ragionevoli , non dall' accidente o dalla for-
tuna , non dalla nostra inabilità o impruden-
za , ma da persona conosciuta e determinata*
c che l'offesa sia certa , e sia grave , e fatta
avvertitamente, e con animo d'offenderci, e
senza averne avuto da noi motivo . Ma quan-
to è raro che tutte queste condizioni si trovi-
no esattamente congiunte !
E in questo caso puranehe dev'egli il sag-
gio adirarsi ? Gli Stoici , che imperturbabile
.ad ogni incontro il lor sapiente volevano , ed
inaccessibile a qualunque passione 9 escluso
certamente lo avrebbono dal loro numero , se
in questo caso medesimo egli si fosse irritato .
Ma senza nemmeno ascriverci a quella rigi-
da scuola , la retta filosofia abbastanza pur
ne dimostra, che in. quel medesimo caso Tira
vuol essere raffrenata . Perdonerà ella quel
primo risentimento , quel primo moto , che
spesso previene la riflessione , e che la ragion
■■ " « ■ ■ ■
t v r * '
(1) Perseverarmi* , dice SENECA (Ib. Lib.
o. Gap. 29. ) , ne videamur caepisse slne
causa : et quod inìquissimum est, pertina-
cidres nos faclt iniquitas irosi , retinemus enim
illam j et augemus : quasi argumentum sit
juste irascendi graviter irasci . E altrove ( Id.
X.ib. I, Gap. 23. ) . Hoc habent pessimum aru-
vnX magna fortuna, insolentes: quos lae$erunt y
et oimtnt ,
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fra * tjq
bc non sempre è a teaipo di sopprimere o
d* impedire . Ma tosto che Ja riflessione sot-
tentra , tosto che T animo si accorge del suo
turbamento , qualunque ne sia stato il rio- •
tjvo , ella vuole che pronto adoperi ogni sfor-
zo per tranquillarsi .
Ed in vero a qual prò seguitare nella sua
collera , vale a dire nella sua inquietudine ,
Bella sua amarezza, nel suo tormento? Egli
è dolce, dirà taluno , il dare all'ira uno sfo-
go, il render ad altri ciò che ne han fatto di
mal* . Ma oltreché la vendetta , come a suo
luogo vedremo, è cosa per sè ingiusta ed
irragionevole , qual piacere , se non barbaro
e vile, può essa mai offerire? Quanto diver-
so da un torbido vendicativo, che cuoce Tira
nel petto , ed incessantemente si strugge per
ritrovar modo di nuocere e di sfogarsi , non
è egli l'uomo saggio ? che sappia subito ri-
comporsi e richiamar la sua pace?
E qu't opportunamente fin quel medesimo
orgoglio, che in altri è la principale sorgen-.
te dell 1 ira , sa egli trarre in suo soccorso per
raffrenarla: quel nobile orgoglio però , o di*
rò meglio quella elevazione e grandezza d'a-
nimo , che di tanto lo rende ad ogni altro su-
periore . E eertamente oltreché V ira è cosa
sconcia e sconvenevole, elja è puranche aper-
to indizio di debolezza . tìli animali più vili
sono quelli che appena tocchi risentonsi , e
fra gli uomini ancora i fanciulli, gl'infermi,
i vigliacchi , i plebei , ed in genere quelli che
sono di minor forza q di minor predio, so-
no i più- fapili ad irritarsi . Poco trovando-
in sè stessi-, come io ho accennato già altro-
ve (Novelle morati Tom. IL IVov. il.), che
possa renderli rispettabili, temono ognora di
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<
i8o t Passioni.
essere disprezzati , ed ogni leggiero indizio ,
che altri non faccia di loro quel conto eh 1
essi rorrebbono , è una ferita intollerabile al
loro amor proprio , che incontanente li por**
ta ali e estreme furie . Laddove gli nomini
grandi , consci i delle lor forze e della loro
superiorità, e sicuri che l'onor loro non
viene punto a scemarsi per cose di simil
fatta , più agevolmente sanno dissimulare
le ingiurie, o soffrirle con tranquillità e con
disprezzo .
Socrate su d' una pubblica ria da un inso-
lente è percosso d'una guanciata: egli inve-
ce di risentirsi, volge la cosa in beffa, e:
peccato ! dice , che non si possa mai saper
prima quando abbiasi ad uscire colla celata .
Catone , nelP atto che arringava , da Lentulo
uomo fazionario e turbolento è colpito di uno
sputo in mezzo alla fronte ; egli senza scom-
porsi : a tutti quelli , o Lentulo , che ti dico-
no sfacciato , io sosterrò certamente che ta
bai la bocca. Temistocle, in una solcane
adunanza , in cui trattavasi della salute del-
la Grecia, da Euribiade capo degli Spartani,
ch'eragli di parere contrario, nel ealor della
disputa è villanamente battuto; egli placido
e fermo : percuoti , dice, ma ascolta. Questi
esempj saranno al certo in ogni età assai più
memorabili , che di coloro , che ad ogni mini*
ino oltraggio si abbandonano tosto ai traspor-
ti di un estremo furore. \
Mille ragioni sa pur il saggio opportnnV-
mente trovare , con cui scemare agli occhi
proprj la ricevuta offesa , e così disporsi più
agevolmente a sofferirla . Per altri gii va-
le di scusa T età , o V ignoranza , o la man-
canza di riflessione; per altri la rozzezza ,
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ha i8t
o la mala educazione , o la naturale ra-
pidità del carattere e del temperamento per
altri la vivacità , o il trasporto , o la pas-
sione , o V errore . Socrate mentovato po-
canzi , istigato contro d' uno , che mal par-
lava di lui: e'non ha, disse , imparato a par-
lar bene . Altra volta sollecitato a richiamar-
si in giudizio d' un insolente, che in pub-
blica strada 1' avea percosso di un calcio:
e che, disse egli, s'io avessi tocco un cal-
cio da mn asino ? Altra volta pure ammiran-
do i suoi amici , eh' egli punto non si risen-
tisse d' un incivile, che salutato, negato ave*
di rispondere al saluto : s* egli fosse di noi
più mal affetto di corpo , avremmo noi , disse ,
a risentircene? E perchè dunque, s'egli è
più mal affetto d' animo?
Le stesse ingiurie sa ancora il saggio vòl-
gere sovente a suo morale profitto « Noi ab-
biamo d' uopo , diceva Diogene, o d'amici
fedeli f o di franchi nemici ; perocché quelli
ci avvisano , e questi ci riprendono e giova-
no entrambi a entrare i vizj che in noi sono «
Anzi aggiungeva Catone , che ben più soven-
te noi siamo in ciò tenuti ai nemici , che non
agli amici ; perocché quelli dicono il vero,
e questi lo tacciono ( Cicerone de amicitia ) .
Per la qual cosa , o essi ne appongono il
falso , diceva Socrate , e riguardiamolo come
detto a tutt' altri ; o ne accusano di cib che
veramente è in noi da riprendere , e profittia-
mone correggendoci (1) .
(j) Di questo avvertimento ben parve che
usassé FILIPPO il Macedone, il quale dice-
va,, che le ingiurie degli Ateniesi il rendeva-
»
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N
*#2 Passioni ♦
♦ c
Articolo IL
Òdio ? antipatia
e ali 1 ira non dove T uom saggio esser
punto inchinevole molto meno all' odio ,
,cK jè Dna continuazione dell'ira . Lo stato
di un nomo che odia , è certamente il più
amaro e più tormentoso che sia : il doversi ve-
dere innanzi ad ogn'incontro l'oggetto abborri-
to , il dover conversare ad ogni tratto coi suoi
fautori o amici o attinenti , il doverne soven-
te udir le lodi , o veder le prosperità e gl'in-
nalzamenti , sono al suo animo continue tra-
fitture acerbissime e penosissime .
Aggiungasi , che come l'odio provoca Y o-
dio , così egli deve soffrire continuamente dal
suo nemico o il dispiacere, o il timore di
nuovi oltraggi : egli porta sempre , se ^non
altro, in cuor suo la trista persuasione di
aver uno, che gode e fa >si premura d' infa-
marlo per ogni dove , di opporsi a tutte le
sue mire , di tramare a tatti i suoi danni ,
di chiudere per quanto posa le vie a tutte
le sue prosperità . IVè questa persuasione ta-
tor -l'inganna ; e perciò a ragione diceva E-
ra eli 0 , essere più presto da spegnere le ini-
micizie , che non gl'inermi).
Ma senza questo 9 il sol pensiero d' esser
odiato quanto non de« riuscir amaro ad ua
uomo , il cai amor proprio necessariamente
vano sempre paigliore , perocché si studiava
e coi detti , e dbi fatti di convincerli di
znenzogra •
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Odio , antipatia ; i83
o porta a desiderare d* esser da tatti ap-
{ «pezzato ed amato? Quanto perciò più felice
' aomo saggio, che non conoscendo senti-
mento d'odio verso d'alcuno, è libero dalla
p^na che F odio seco porta , e dal timore
<T esser per altri giustamente odiato!
V* ha certi odj pero , da cui V nomo non
sempre sa interamente guardarsi . Tra questi
sono quelli che chiamansi comunemente an-
tipGttìc j cioè quella avversioni che si sentono
rispetto a certe persone, e spesse volte sen-
za saper renderne ragione alcuna , come niu-
na ragione sa rendersi p?r lo contrario di
quelle propensioni che provansi verso certe
altre , e ch<» si dicono simpatie .
Della murai simpatia e antipatia molto è
stato Scritto da molti , e singolarmente da
Smith in un libro a ciò fatto espressamente f
e da Hume nel Trattato deiV umana natura *
Riguardano essi queste propensioni ed av-
rersioni come un effetto meccanico della par-
ticolar costituzione di ciascheduno , e come
un sentimento innato ed impresso nelT ani-
ma originalmente , alla maniera che vi sup-
pongono impresso il sentimento morale. Noi*
che nell'animo con Locke, Condillac , Bon-
net ., e calla più parte dei moderni Metafisici:
nulla sappiam concepire di sentimenti o di
principj o d'idee innate, e molto meno co-
me la fisica impressione prodotta dalla pre-
seaza di una stessa persona , debba in una
eccitar simpatia , ed antipatia in un altro ;
una più facile e più fondata spiegazione ne
troveremo pure col medesimo Condillac , nelF
associazione delle idee, e nelle abitudini con^
tratte fin dalla prima infanzia . Il piacere o ili
disgusto allora recatoci da alcune persone ha
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i84 Passioni.
fatto che una tal forma , una tale fisonomia ,
una tal voce , una tal maniera di parlare , di
ridere di camminare si sieno associate in
noi coi sentimenti del piacere o del dispiace-
re , e quindi con quelli della propensione o
dell' avversione ? con ciò che chiamasi sim-
patia o antipatia • L' abborrimento insupera*
bile , che alcuni hanno per i ragni , per i
sorci, o per altri siffatti animali, ha pur
origine o da mali sofferti, o da terrori loro
ispirati da questi animali nella più tenera fan-
ciullezza. Ma come del tempo in cui si sono
formate queste assoeiazioni , noi non abbia-
mo alcuna reminiscenza , ed elleno si sono
in noi rinforzate successivamente coir abitù-
dine , così ci sembrano derivate dalla stessa
natura r
Esistono perb in noi ancor delle simpatie
ed antipatie di un' origine più recente , del-
la quale serbiam memoria , e che serve a
dimostrare vie meglio l 1 origine di quelle pri-
me . E' noto , che Cartesio ebbe sempre una
dichiarata simpatia per gli occhi torti (i) ,
perchè la prima persona da lui amata avea
questo difetto ; ed io conosco air incontro
chi fu costretto a lasciare la compagnia d'un
uomè, che prima pure egli era cara, sol
perchè al ridere somigliava moltissimo un al-
" tro , cui per gravissimi torti gli avea preso
in abborrimento, e di cui quel modo di ri-
dere gli richiamava ad ogn 1 ora eoa dispiace-
re T immagine .
(1) Che dai Toscani diconsi guerci , e Zo-
schi dai Lombardi.
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Odio , antipatia . a i85
Di tutte queste simpatie ed antipatie per-
tanto dee T uom saggio con tanta maggior
premura curare di liberarsi , quanto sono
esse per sè medesime più irragionevoli . Il
merito intrinseco delle persone , non 1' este-
riore accidental forma del corpo deve diri-
gere il nostro amore ed il nostro odio, le
nostre propensioni e avversioni .
Da certi altri odj deve egli pure liberarsi f
che parimente si sogliono concepir " neir in-
fanzia , siccome sono gli odj nazionali, e
gli odj ereditarj di famiglia . E veramente oon
qoale ragione degg' io odiare una persona f
perchè sia nata sotto del tale o tal altro cie-
lo , e sia uscita di questa o queir altra st r-
pe? Qual colpa n'ha ella in ciò avuto ,5 o
cjual merito avrebbe se fosse nata altrimenti ?
Altri odj vi soco pure, che come apparen-
temente sembrano più onesti, cosi più dif-
ficili sono a deporsi, ma da cui l'uomo sag-
gio deve guardarsi pur egualmente. Disposto
sarà taluno a perdonar generosamente gli ol-
traggi fatti a sè medesimo , ma non sapra
perdonare quelli che vengono fatti ai suoi
amici , o ai suoi attinenti. Siccome meno inte-
ressato , cosi più onesto a lui rassembra quest*
odio , o giungerà infino talvolta a crederlo
ancor doveroso.
Ma quanto al dovere , come niuno pub esi-
gere ch'egli ami altri più di sè stesso; cosi
non potrà esiger mai , che per torti fatti ad
altrui egli debba odiare quelle persone , che
Bon odieiebbe per sè medesimo - E quanto
air onestà f una passione per sè viziosa co-
me pub essa diventar mai onesta , perchè sia
mossa piuttosto dall 1 altrui , che dal proprio
interesse? Cerchi adunque ciascuno di difen-
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i86 ^ Passioni .
dere slt amici Suoi , cerchi x di ripararli dai
torti che hanno sofferto; in ciò egli adempie^
rà il dovere di probo , e saggio , e verace
amico ; ma senza vendetta e senza odio » .cha
siccorae non debbe avere per proprio , cosi
Benmjcno per altrui riguardo .
Articolo III.
»
Inde «nazione . ,
està finalmente quell'ira e quel" odio ,
che nasce dal veder prosperare un uom mal-
vagio f o premiato un uom immeritevole f che
altrove (pag. 87.) abbiamo detto chiamarsi
indegnai ione . Come questa passione trao
l'orìgine da un buon princìpio , ch'è l'abbor-
pimento del vizio , cosi a primo aspetto di-*
rébbesi e giusta e lodevole e virtuosa . M<|
ken lodevole e virtuoso è Podio e V abborri*
tnento del vizio , non già quello delle per-*
sone in cui trovasi , o vien supposto. I vizio-*
sì si sogliono ammonire e corregere da chi
può; castigare e riprendere da chi deve: egli
è libero ancora a chiunque il biasimarli ne)
proprio animo , e fuggirli \ ma V odiarli noq
mai. Tanto più «he vi ha spesso pericola ,
che viziosi o indegni di prosperità e di .pre-r
mio si credano quelli che non sono t o pii|
che non sono veramente , e che Tira e l'odio
procedan piuttosto dall'invidia, di cui pren-
deremo ora a parlare, che dalla indegna-?
«ione»
t ■
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187
CAPO IX.
Invidi a , emulazione , e cognizione
di noi stessi .
-
Articolo I.
Invidia .
Xj invidia è una delle passioni più vitupe-
rose e più turpi , e di cui qua! medesimo ,
che la risente , più suole arrossire. Vi ha tal-
volta , dice La-Rochefoucault, delle anime
si corrotte , che osano far pompa delle pas-
sioni ancor più colpevoli ; ma l'invidia niuno
ha coraggio di confessarla (1) . E benché di
ciò la ragione sia principalmente , perchè la
confession dell'invidia è al tempo stesso una
confessione della propria inferiorità : no» v'ha
dubbio ciò non ostante , che la sua medesi-p
ma deformità, e il vederla universalmente si
detestata , assai non concorra a fare che o-
gnuno se ne vergogni , e cerchi il più che
può di nasconderla.
Pur nondimeno questa passione sì v'ergo*
gnosa e sì vile è forse negli uomini uno dei
vizj più generali e più comuni . Lungi dal
rallegrarsi al mirare le altrui fortune , la più
parte ne sentono ira e rammarico; ed avvie-
ne sovente , che alcuni prendano avversione a
quegli stessi , che più amavano , allorché di
(1) Riflessione, che prima di lui venne fat-
ta pure da PLUTARCO ( Opasc. della dif-
ferenza tra P odio > e Vinvidia ) *
*
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)88 Passioni.
troppo li reggiano prosperare . Fa detto già
da taluno , che nelle avversità dei nostri ami-
ci medesimi vi ha ognor qualche cosa , che
con ci spiace del tatto ; e se ciò è fere , nò
10 è forse che troppo , ben più a ragione si
deve dire , che v' ha ognor qualche cosa nel-
le loro prosperità , che ci spiace .
Nè è già propriamente la loro felicità quel-
la che ne dia pena, ma sì la loro elevazio-
ne. Se avvenisse , che senza acquistar ricchez-
ze maggiori , o maggiori dignità , o maggior
potere , o maggior fama e considerazione , di-
Tenissero più felici a cagione o di una sani-
tà più robusta, o di una maggiore tranquil-
lità o di un animo più moderato e più com-
posto , ogn'invidra cesserebbe . V orgoglio è
la sorgente primaria di questa passione :
11 veder altri innalzati sopra di noi , è
quello che ne tormenta; e ciò tanto più
ève questi o sieno nostri nemici, o nostri
competitori , dove air orgoglio pur V ira e l'o-
dio si congiunga (1) ♦
(1) Pochi certamente hanno la virtù di
PEDARETO, il quale escluso in Isparta dall'
ordine dei trecento , in luogo di dolersene si
rallegrò , che Sparta avesse trecento uomini
di lui migliori ( P. MAN- dpopht. Lib. i $ ) ;
o quella di ESCHINE, che bandito dn Atene
por T eloquenza di Demostene , confessò la
superiorità del suo avversario nell'atto stes-
so , che il danno ne soffriva ; poiché reci-
tando egli io Rodi la sua difesa , e vedendo
tutti maravigliati eh' egli fosse stato pur con-*
dannato : Cesserebbe, disse , la meraviglia , se
aveste udito ciò che contrappose Demostene *
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Invidia . i#c)
Anzi Todio stesso , come osserva il P. Stel-
lici t Ethica Tom. H. pag. 123. ) , allorehè
sia impotente al nuocere , comunemente cam-
biasi in invidia ed in livore, di quel bene
dolendosi , che non può togliere , o quei ma-
le desiderando che non può fare ; e ciò pari-
mente per la ragione , che V orgoglio trovasi
irritato al sentire innanzi al suo nemico la
propria inferiorità, e V impotenza sua al ven-
dicarsi .
Le azioni tarpi ed indegne , a cui da una
bassa e maligna invidia si lasciano gli uomi-
ni trasportare ; i mezzi , ehe adoprano per
attraversare ai loro nemici ogni strada d 1 in-
nalzamento ; le macchine e gli artìfizj , che
usano per precipitarli , quando sopra di sè li
veggono sollevati ; P impegno , che hanno di
denigrarli ed infamarli presso d'ognuno, di
scoprire ed esagerare i veri loro difetti , e di
loro apporne anche di falsi , di declamare
contro air ingiustizia t o alle torte mire dei
loro fautori e sostenitori; sono cose già trop-
po note • Ben cercano essi di ricoprire la lo-
ro malignità sotto al manto del Fin degnazio-
ne , dell'abborrimento all'ingiustizia , dell* a-
inore alla virtù , alla giustizia f al vero me-
rito | ma attraverso di questi veli, quando la
passione cova nell 1 animo , abbastanza pur -
trasparisce .
Quanta però dannosa e pestifera agli altri
è questa vu passione , altrettanto è pur no-
cevole e funesta alP invidioso medesimo . La-
scio i mali gravissimi , eh 1 egli sovente si ti-
ra addosso coi suoi medesimi artìfizj , speci ai-
mente ove le sue macchine e le sue impo-
sture vengano discoperte: la sola rabbia, che
internamente lo rode , è per lui una pena
continua ed acerbissima . V invidia , figliuol
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igo Passioni .
mio , sé stessa macera , disse già il Sanna-
zaro ; e Àntisteae ingegnosamente l'assomi-
gliò alla ruggine , cha a poeo a poco il fer-
ro si mangia e consuma . Perciò Publio in
Roma vedendo Muzio uomo invidioso passar
tutto mesto : o qualche cosa , disse , è a lui
avvenuto di tristo , o qualche oosa di prospe-
ro ad altrui ; ed Agirie Spartano , udendo eh*
egli era da altri invidiato : tanto peggio ? dis-
se , per loro , che avranno a soffrire il dop-
pio tormento e dei loro mali e dei miei beni.
Ma per vedere che cosa sia V invidia , e
quanto abbia a temersi, valga per tutto la
poetica insieme e filosofica descrizione , che
nelle sue Metamorfosi ne ha fatta Ovidio :
Pallido ha il viso f il corpo arido e scarnò,
V occhio ognor^ torno , rugginosi i denti 9
Verde di fiele il sen , di tosco il labbro :
Blso non ha t se duolo altrui noi muove ,
Desta da vive cure unqua non dorme;
Si rode e strugge a' lieti eventi altrui ,
Sè morde altrui mordendo , e a $è medesma
E' pena eterna <i). '
(i) Fallar in ore scdtt , macies in carpa
re toio ,
Nusquam recta acies , livent uligine
dentes 9
Fcctora felle virent , lingua est suffusa
veneno :
Rìsus ab est , nisi quem visi movere dolores,
JSec fruitur somno vigilantibus excita
curìs 9
Sed videt ingfatos , intabescitque videndo
Succcssus hominum , carpitque et carpi*
1 tur una,
Suppuciumquc $uum est*
. m
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. Articolo IL
\ ' Emulazione.
M'-
olio per?) dall' invidia è da distinguere
la emulazione, perocché dove quella è un
sentimento penoso delP altrui elevazione pro-
dotto in noi dall'orgoglio di* crederci ad e&<a»
si nel merito superiori, questa ali 1 incontro
non che una viva premura di accrescere il
nostro merito per renderei eguali a col oro ^,
a cui oi riconosciamo inferiori '\ e percip do *
ve la prima odia ed abbonisce quelli cui ve-*
de sopra di se, la seconda all' opposto gli
ama ed ammira; e dove Trina tenta depri-
merli, l'altra si stadia d' imitarli
Quanto perciò è da biasimare l'invidia,
altrettanto è da commendare F emulazione ^
massimamente eh 1 essa è pur d' ordinario il
più vivo e pia forte stimolo alle* azioni più
grandi. La vittoria riportata da Milziade
Maratona fu a Temistocle , giovane dappri-
ma discolo e scostumato ( a segno di venire
. diseredato dal padre J , quel nobile eccita-
mento , che il fece poi essere vincitore di
Serse a Salamièa , e liberator della Grecia .
In mezzo ai graùdi esempj gli animi si scuo-
tono , e si elettrizzano per certo modo scam-
bievolmente; e quindi escono poi quo' tratti
sublimi di valore , di generosità , di virtù ,
di sapere , che formano la gloria d* una nazio-
ne e et' un secolo .
Fu già osservato con meraviglia, che in
quasi tutte le «azioni i più grand' uomini
( si .golarmcnte celle seienze e nelle arti )
sono spuntati pressocehè tatti in un tempo ^
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1Q2 Passioni- l
Di tal natura fa il secolo di Pericle in Ite*
ne , d'Augusto in Roma , di Leon X. in Roma
stessa e per tutta V Italia , di Ferdinando e
Isabella in Ispagna , di Luigi XIV. in Fran-
cia , verso al medesimo tempo in Inghilter-
ra , nelle Fiandre , nell 1 Olanda , nella Ger-
mania , e più recentemente nella Svezia ,
nella Danimarca $ e nella Moscovia . Di ciò
comunemente V onore si attribuisce alla in-
fluenza de' Mecenati , ni v'Ita dubbio , ch'es-
sa pure non ?? abbia grandissima parte ; ma
il più certamente si debbe alla forza delP
emulazione . Due o tre grandi eseropj , «he
s'innalzino sopra air ordì n comune, e cha
attraggano a sè vivamente gli sguardi dei lo-
ro concittadini e contemporanei , bastano per
eccitarne mill' altri .
Chiunque brama , disse già Fontanelle, di
ben avanzarsi in qualunque cosa , dee pro-
porsi un altro punto di perfezione, e cer-
care quanto più può d 1 a eco star visi ; e per
questo il miglior mezzo si è appunto quel-
lo di mettersi davanti agli occhi un model-
lo insigne , e sforzarsi con ogni cara di pa-
reggiarlo o di vincerlo (i) .
(i) Che avrebbe fatto in luogo mio Plato*
ne , o che detto avrebbe Epaminonda , e co-
me sarebbesi contenuto Licurgo , o Agesilao ?
dicea PLUTARCO ai suoi tempi dover cia-
scuno ripetere a sà medesimo , allorché
alcuna cosa intraprende , onde mirare nei lo-
ro esempj come in ano specchio , in qual
modo egli abbia a conformare le sue azioni
( Del conoscere i proprj progressi nella virtù ) .
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Emulazióne. igj
Mà a ciò è necessario innanzi il saper ben
conoscere noi medesimi per misurare ciò che
noi siamo ; vedere quel che ci manca , e sco-
prire gì" impedimenti , che possono in quello
che ci proponiamo ritardare per alcun modo
i nostri progressi ...
Articolo III.
Cognizione di noi medesimi .
onosci te stesso (1) era uno dei grandi
precetti , che sulle porte del Tempio di Del-
fo incisi redeansi a grandi caratteri : tanto
dai Greci questa cognizione si ripaura im-
portante ! :
A primo aspetto però sembrerebbe » che
on tal precetto esser dovesse il più facile ad
eseguirsi ; imperocché q ual cosa debb' essere
a noi più nota di noi medesimi? Contutto-
ciò l' esperienza abbastanza ne manifesta ,
eh" egli è realmente uno dei. più difficili , e
che noi forse ninna cosa si poeo conoseiamo
quanto noi stessi (2) .
*
(0 In greco Gnothi eauton : l'altro precetto
era Meden agan . Nulla di troppo , Il primo
da LAERZIO è attribuito a CALETE , dell*
altro chi fa autore TÀLETE medesimo , e
chi BIÀNTE , o SOLONE, 0 PITAGORA
(STELLTNI Ethicm Tom. IL pag. n^i. ij).
(a) T A LETE interrogato qual fosse la più
facii cosa ? disse : V ammonire altrui ; e
quale la più difficile ? rispose ; il conoscer sé
stesso . '
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"*j gj, Tassiani .
Due principalmente di, questo* «od 1* ca-
gioni : T una , che troppo noi teniarm o V atten-
zione occupata nelle cose esteriori , e troppo
di rado la volgiamo sa m>i medesimi <i); l'al-
tra , che quando pur ciò avriene ^ i\ nostro
amor proprio non lascia in noi ravvisare se
non quello che può lusingare * il nostro or-
goglio , e tatto quello tìi asconde , che ragione-
volmente potrebbe umiliarci . E per verità
quanta pochi son quelli ? ^che xlei proprj di-
fetti mostrino avere una giusta cognizione?
Quanti non vegliamo anzi sovente quei di-
fetti medesimi più acremente rimproverare in
altrui , di cui pià abbondano in se stessi ? Il
volgare apologo della pentola , che disse al
pajuolo : fatti in là •, che tu non rni tinga ,
si scorge negli tannini verificato 4id ogni
tratto . Quindi veggiamo gli spilorci -scate-
narsi contro gli avari, i superbi -co atro gli
ambiziosi 5 i vendicativi, contro i collerici;
ed è cosa ridicola V udire talvolta nn dissipa-
tore dettar precetti d' economia; o un vano
di modestia ; o un ghiotto di temperanza „
A ben conoscere noi stessi due cose adun-
que son necessarie : prima , una maggiore
imparziali nel giuncare di noi ; seconda ,
un più frequente ritorno, ed una più accu-
rata riflessione su noi medesimi , affin di
meglio conoscere ciò che noi siamo vero-
mente .
- " '
(i) Noi abbiamo semnre lo sguardo fuori
di noi, dicea PLUTARCO J Opale dell*
tranquillità dtlV animo) .
' -J Digitized by Google
Cognizione di noi medesimi-. ig5
„ Sastio ^ dice Seneca ( De ira Lib. III.
c. 32. ) 9 a) fine del giorno , quando erasi
riunito alla notturna quiete , soleva interro-*
gare sè stesso : qual male hai tu sanato
quesf oggi ? a qual vizio ti sei opposto ? iti
qual parte ti sei avvantaggiato! E qual mi-
gliora consuetudine, stegue egli, jche questa
di fare che V animo renda a sè stesso ragió-
ne di ciascun giorno? Quanto dolce, e li-
bero , e tranquillo non viene il sonno , poiché
egli ha futa questa ricognizione di sè sles-
so , or lodandosi , or ammonendosi , e dive-
nendo cosi 'esploratore e censore segreto dei
suoi costumi ? Questo sindacato sopra di me
medesimo , continua Seneca, esercito io pu-
re cotidian amente . Allorché tolto è il lu-
me , e che ogni cosa è tranquilla , io vo
meco stesso ricorrendo tutta la giornata , e
ritessendo tatti i miei detti e i miei fatti ,
nulla tralascio , e nulla mi ascondo ; iraper - %
ciocché a tjual titolo degg 1 io temere di al —
cuno dei miei errori, potendo dire a me stesso :
guardati di non fare più cotesto , or ti per-
dono . In quella- disputa, io vo dicendo a
mt medesimo , hai tu preso soverchio fuoco,
non voler quindinnanzi affrontarti cogT igno-
ranti : essi non vogliono imparare , perchè
non hanno mai impetrato. Hai ripreso quel
tale con più libertà che non conveniva, quin-
di lo hai offeso -, non emendato : di qua in
avanti osserva non pur se sia vero quel che
tu dici i ma se paziente *ia del vero quello
a cui jnrli : V uomo dabbene ama di essere
ammonito , il tristo odia i correttori . In quel
convito i motti di alcu ni ti han ferito : fug-
gi i banchetti licenziosi^; il vino toglie ogni
freno * Hai veduto sdegnato l'amico tuo, per*
i 2 -
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19S Passioni . -
che il portiere di quel causidico , o di quel
ricca lo ha rimandato , e hai preso parte al
suo sdegno : e a che sdegnarti con no can di
guardia ? Passa oltre , e ridi . Posto alla men -
sa in luogo meno onorato , hai preso ira col
padrone , coi corncnensaii e eoa quello cho
ti fa preferito : pazzo ! Che importa qual
parte ta occupi della tavola ? Può egli il luo-
go farti più nobile , o più vile ? Hai guardalo
con occhio bieco uno che male ha parlato
del tuo ingegno" e quanto non avrebbe En-
nit> ad odiarti , perchè il s'io poema * te non
piace, e quante liti muoverti non dovrebbe Or-
tensio , e quante inimicizie giurarti Cicerone
perchè deridi i suoi versi' 6 ? Per questa gui-
sa imitando V esempio di Sestio , andava Se-
Deca esaminando ogni giorno , e correggendo
se stesso ; ed un sirari costume attribuisce
•Giamblieo ai Pitagorici, i quali , dica egli f
mai non sorgevano dal letto , senza a?er pri-
ma esaminato ciò che avean fatto il dì in-
nanzi ( Vita di Pitagora ) : costume . che
certamente da ogni uomo saggio par dorrebbe
essere imitato .
Ma a T>en conoscer noi stessi non basta
questa sola disamina fatta sul fine «el gior-
no f od innanzi allevarci; imperocché qual
è mai che di tntto quel eh 1 egii ha fatto ,
o ha detto si possa appieno risovvenire ? E
potendolo ancora, di quanto tempo a xiò non
sarebbe mestieri? Un unglior abito, e che
di molto eziandio accorcerebbe lo Stesso esa-
me anzidetto, egT è quello di spesso volgere
nel corso stesso della giornata V attenzione
sopra di noi , e non già solamente per far
giudizio di noi stessi nelle cose più grandi f
ma- per esaminarsi incora nelle più piccole ,
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Cognizione di noi medesimi* 197
giacché quel solo , dice Plutarco , è da ri~
potarsi vero amante della virtù , a cai pic-
colo non rassembra nessun errore.
Questo rivalgi mento dell 1 attenzione sopra
di noi deve anzi esser diretto non solo a render-
ci conto di quelle che aodiam dicendo 0 Ta-
cendo noi stessi , ma sì ancora ad ispiare
quale sarebbe l'animo nostro, se ti trovas-
simo in quei casi , in cui altri reggiamo . Il
tale al tal molto si è fortemente irritato, il
tal altro non ha mostrato pur di sentirlo :
che avremmo noi fatto in luogo loro? In una
comune disgrazia uno è stato desolatissimo ,
un altro affatto indolente : quale impressione „
avrebbe essa fatto sopra di noi? Questa con-
sulta avrà il doppio vantaggio»', e di scoprir-
ci i sentimenti interni' del nostro animo , e
di prepararci ove simili casi per avventura ci
capitassero .
Jl disvelare p*ro i più segreti movimenti
dell'animo, ossia quelle inclinazioni od av-
versioni , e qnegli effetti o sentimenti , ohe
impadronitisi di noi medesimi fin dalla le-
„ nera infanzia , e rendatisi per lungo tem- '
po abituali , ben poi rimangono dalla ragion
ne sopiti • ma è raro che spenti sieno radi-
calmente , e del tutto f nemmen V interna
eonsultazione ora accennata può sempre es-
ser bastante. Allorché l'animo è avvertito,
si mette in guardia , e spesso alle nostre do-
mande risponderà , non quello che avrebbe
fatto , ma quello che la ragione gli sugge-
risce , che avrebbe dovuto farsi . Per la sco-
{>erta anzidetta il più sieuro mezzo si è quel-*
o di sorprendere l' animo alP impensata t cioè
in quei momenti , in cai eglT opera guidato
dalla semplice abitudine, senza che la ri-
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Passioni.
flessione deliberata vi abbia parte . Or ciò»
avviene in tre casi principalmente , cioè nei
sogni , nelle distrazioni , e nel giuoco .
Che dai suoi sogni medesimi possa uno ar-
gomentare i suoi progressi nella virtù , qua-
lora nè di alcuna cosa, sconvenevole gli paja
allora prender diletto,, uè alcuna farne ed
approvarne che ingiusta sia ed inonesta : ma
come in una tranquillissima serenità , scevra
d' ogni agitazione , la forza immaginativa dell*
anima , sebbene esposta agli affetti si fac-
cia veder tuttavia illuminata e guidata dalla
retta ragione , fa già sentenza ancor di Ze-
none f e secondo ci riferisce Plutarco ( Opusc.
Del conoscere i proprj progressi nella virtù ) ;
ed on v ingegnosa dissertazione su quesf ar-
gomento ha pubblicata pur non ha guari il
colto e dottor ab. Cassiaa ( Congetture, sui.
sogni > H
Ma come son molti, ohe rare volte sov^
vegonsi dei lori* sogni, e tra' sogni medesimi
sono rari quelli « ove abbia luogo un certo
moto di affetti vivi ed energici , che lascino
di si Cina traccia sensibile nella memoria;
cosi ali 1 oggetto proposto io so» d* avvisò ,
che dì maggior utilità esser possa, il tener
conto delle distrazioni , che sono com'è
già dettò nella Metafisica ( pag* x63> e seg.) ,
altrettanti sogni nella vigilia , e. ehe nba so-
lamente sono più frequenti , ma più spesso
eziandio, s 1 aggirano, sopra ad oggetti she l'a-
nima vivamente interessano, e dove ella
spiega liberamente i suoi affetti , e clave nel
momento in\ cui da quelli risvegliasi , più
-facilmente ne può ritessere tatta. Ja traccia „
sottoporla, ad. esame
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Cognizione di noi medesimi . 199
Ora quante volte non avvien egli , che in
questi sogni della veglia so^prendiam noi me-
desimi o i» aspra lite coir un nemico , o in
in contrasto cT orgoglio e di precedenza con
an rivale , o in una disputa accalorata con
un contradittore , o nell'ansietà ri' un gua-
dagno , o nel rammarico di una perdita , o
nella lusinga di un piacere v o nel timor di
un pericolo , o in altri simili affetti e turba-*
menti dell' animo , i qnali possono indi ser-
vir di norma per darci a conoscere e quali
passioni regnino in noi tuttavia non ben
corrette dalla t ragione V e da quali princi-
palmente dobbiamo tenerci in guardia, e
quali mezzi osare , perchè non abbiano real-
mente a sorprenderci nostro . malgrado ?,
Il giuoco è pure uno di quegli- stati, in
cui T anima pur facilmente ai naturali affetti si
abbandona. Considerando essa Inoccupazio-
ne del giuoco siccome cosa da scherzo , rnen
si vergogna e innanzi agli altrDe in se me*
desima delle passioni che- allora insorgono ,
e pereiò a queste lascia più libero il freno .
Di qui è , ch« siecomo il giuoco fu già ri-
guardato da altri qual opportuna occasione ,
ende conoscere il naturai carattere e le pas-
sioni dominanti nella gioventù; cosi di que-
sta occasione può uno accortamente valersi
onde conoscere pur sè medesimo •
La faciL iranel giuoco o contro agli av-
versar) , o contro ai compagni ch'errano , 0
contro alla fortuna indicherà il tempera*
mento collerico "non ancóra ben domato ,
L 1 avidità del guadagno-, e quindi o il so*
verchio dispiacere delia perdita , o Io sde-
gno ai piccoli giuochi ove il guadagno è
tenue , e F amore ai giuochi grapdi ore può
Digitized
±00 ^ Passioni .
esser maggiore * p dimostrerà l' occulto seme
dell' avarizia . La pretensione di molta peri-
zia ed espertezza nel* giuoco, e quindi la
facilità nel rimproverare gli errori altrui,
l'ostinazione nel difendere i propi 4 ;, la milan-
teria ad ogni tratto che ben succeda ; l' ir-
risione o l 1 insalto o il superbo compatimen-
to degli altri , faran vedere la vanità e V or^
gotjlio . Lo stesso soverchio amore del giuoco
dimostrerà il soverchio amor de' piaceri ; e
così si dica del resto .
. B come queste passioni , ove troppo libero il
torso a lor si lasci nel giuoco , è troppo fa-
tile che rinforzandosi per l'abitudine entri-
no poi a parte eziandio nelle più serie azioni ;
cosi l'uomo saggio riconoscendole , avrà cura
tli sopprimerle e combatterle nel ginoco «tes-
so , onde meno di forza esse abbian poi
nelle cose più rilevanti* rV
r, C A P O X.
«
p . < , ti* » •
Malinconia 9 ilarità , felicità * ■ \ \
.Artico Zi. a .1»
. . . , Malinconia . ...
nanto al ben essere ed alla felicità di un
uomo è conducente un temperamento ilare e
gioviale, altrettanto un tetro ti melanconico
vi si oppone. L' aom mesto, s'aggira sempre»
dice il P. Stellisi ( Ethica Tarn. IL pag. i io. ) ,
come in un cielo torbido e caliginoso ; l'ilare
sempre si treva come in una chiarissima lu-
ce , che ogni cosa abbellisce ,(i)V x
" w ■■ i rj ' 1 — - — a — ""TT ~*
(i) L'immaginazione dei melanconici può
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Malinconia . 501
IT malinconico tempera monto ora trae ori*
gine dalle cagioni fisiche \ ed ora dalle mo-
rali . Tra le cagioni fisiche parò non sono già
i forti dolori quelli che generino malinconia;
essi producono un sentimento più rivo : ma
sono quei dolori piccoli e lunghi , che non
si sanno estirpare; sono quelle svogliatezze ,
e fastidj , e molestie , e indisposizioni , che
spesso non si sanno pur esprimere ; sono prin-
cipalmente quelle affezioni ipocondriache r le
quali fanno che ai melanconici pure si dia
generalmente il titolo d'Ipocondriaci .
Il rimedio fisico a questi mali è certamen-
te difficile a ritrovarsi , ne la medicina pe-
ranche ha saputo proporne di efficaci, ma la
ragione può invece influire moltissimo a to-
glierne od a scemarne almeno gli effetti .
Imperocché dipendendo in quelli il ien so del-
la malinconia principalmente dal tedio della
lunga continuazione delle medesime sensazio-
ni , egli mostra , che dove si trovi modo di
variarle , il tedio e la tristezza verranno tol-
te in gran parie (1) . Se vi ha t^mpo pertan-
to , in cui T occupazione , il moto , Teserei*
zio , la distrazione convenir possano e riusci-
• « ■« • '
m certo modo somigliarsi agli specchi con-
cavi , che gli oggetti ingrandiscono , e defor-
mano , al tempo stesso; quella degl'ilari agli •
specchi conici , 0 cilindrici , che le sottopo-
ste figure prr sè informi., orride-*, irregolari
presentano regolari ? Taeho^ e piacevoli .
0> JVoi . sappiamo eli* U 5^ c^r^^n-
to di dolore , e finanche talvott.i uu doloro
di più , che faccia dar, picare un dolore Iciii-
go e abituale , è per noi un sollievo .
\ 3
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zoi Passioni *
tfi giovevoli , egli è particolarmente allo*
quaado ci sentiamo preii da quelle indispo»
sizioni * che più inclinano alla malinconia ; e
aio tanto più, perchè si fatte indisposizioni
poco o nulla, comunemente impediscono , cha
il corpo e l'animo . , da. chi pur TOglia eser-.
citare si possa , e distrarre
Ma le più, forti malinconie vengono da cau--
«e morali, e queste sono massimamente lt
afflizioni d'animo e la noja . W elle afflizioni
però i da notare, che il sentimento della
malinconia non nasce ne'primi istanti , in cai
avviene qualche infortunio : il sentimento dell*
animo è allora più viro , è cordoglio , ango-
scia , abbattimento . La. malinconia succede
in appresso col' ripensare frequentemente air
accaduta disgrazia, col richiamarla , col Tu-
mularla . Essa perciò è tutta opera dell' im-
maginazione ; e ad impedirne i tristi effetti
tutti i quei; rimedj usar sì debbono , che per
distogliere P immaginazione dall'idea afflitti-
va nella prima Sezione, abbiam. lungamente:
indicati ..
Ma spesso la, malinconia» piuttosto che dai
sensazioni dolorose o da idee afflittive, na-
• sce dalla mancanza, delle ide* e delle sensa-
zioni , o. dalla mancanza, almeno.di.tàli. sen-
sazioni e idee , che l'anima vivamente e pia-
eevolmente interessano . Dietro alla noja vien
d'ordinario la tristezza e spesse volte Puna
all'altra, pure si t confondono Anzi. lì. Vi™.
- che T. altra, spesso divengono un mal conta-
gioso e reciproco imperocché non v'ha mag-
gior noja. o. malinconia che tra du* persone
__fibfi ii iOTojw.9 icaiftbnfrofmente ; ed a produr
rfoja e malinconia in. altrui non v'ha peggio,,
. - •
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Malinconia r- 20T
che In compagnia dei malinconici e degli
MfiiojatK. - ! .."•whji h' ni,
• "A rogKere però la tristezza ^ che dalla noja
procede , io qui >non ini stenderò' a- ripetere
tjael che già? altrove ha bastantemente accenna-
to ( pagina I40. e seg. ) . L' occupazione è il
solo rimedio^, che alla noja si possa opporre »
Ove il corpo e la mente rimangano inopero-
si; la stessa inerzia loro lo stesso- vuoto
onde ^F^nimar -è birtondata , producono il sen-
titó^W^della éòja»i ed indi quello della ma-
linconia , che 'à lei * succede : 1' esercizio* e
l'azione per toglierle e prevenirle r sono del.
tatto iadi^pcn^ab ili
»»
A- R T I C 0 li 0 :.UL
wpq mhv Ilarità ., vhi » ; y.o" io\
a ilarità 'da una felice costifuzfon iisica
dipende anch' éésa in gran parte:; ma in un»;
parte assai maggiore dipende dalla (elicè co-
stituzione dell'animo . Un nomo malsano , o
càg4onet(rie 5 b> di? amori acri e piccanti, o f
di fibra! troppa Wflsifcite %&? irritabile , 0 che*
si giacete affattó^totpido^ ed; obeso , è bea
diffìcile ch r a¥e^ possii r un^ vera e- costante
ilarità . Nel torpido; si scorgerà 1? indolenza f .
nel fervido ed irritabile si tediran dei traspor-
ti d'immoderata allegrezza alternati poi da
Serissime malinconie : nelP nom ' cagionevole
potrà ammirarsi la pazienza; ma quel senso
di contentezza e di piacere , che imbalsama,
V anima , e si diffónde sa tatla la vita, ri?
chiede una Salate costante 4 una moderata.»
sensibilità , una er|uobil temperie d'umori, per
cai alla stessa ilarità , di reni parliamo , si dà-
•omunemente il titolo di buon umor* .
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4ó4 v Passioni . ; ^ s
^Tutte pero le migliori e più felici fisiche
disposizioni a nulla giovano, se la felice di*
sposizione dell' animo principalmente non ri
concorre . Ove domini V tra o l'invidia , dove
la avarizia o l'ambizione , dove l'inquietudine
del desiderio o del timore , dove V orgoglio
o la vanità , la pace , 1* -contentezza ,il pia-
cere, la ilarità non possenò costantemente
aver luogo . Un qualche lampo o trasporto-
d'allegrezza , o piuttosto d' ubriachezza » si
scorgerà qualche volta 9 allorché queste -pas-
sioni arrivino ad ottenere il lor fine ; ma ^sa-
rà momentaneo e passeggèro , e seguito., pure
ben sovente dalla afflizione, dai dolore , dal
rimorso 9 e dal pentimento
Ad avere nna costante ilarità , la pace e
la quiete dell'animo k prima e necessaria
condizione ; e perciò è di mestieri primiera-
mente f che r animo nulla abbia a rimpro-
verarsi , e che ogni .rimorso ne èia- bandito ;
poi 9 che lontane ne sieno tutte le passioni •
tumultuose , o che per la loro maligna indole
e natura siano atte » conturbarlo ; indi che
le altre passioni miti e piacevoli sieno tenu-
te in un giusto e. saggio equilibrio ; finalmen-
te che Fimmacinaziouef^ eserciti a «chiamar
quelle idee soltanto >3«he giustamente possa-*
no rallegrarlo ; ed ogni notere a lei «i tolga
di richiamare te idee moleste ed ingrate .
»
Articolo Uh
Felicità.. - - »
D, - . • ... >; \ . . ♦ ■ : ' • }
«scrivendo ciò eh' è richiesto a formare
mia costante ilarità , noi abbiamo pure de-
scritto atl tempo «esso ciò che costituisce 1»
I
T
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!
Felicità * 2o5
vera felicità . Imperciocché in questa vita afr-
tra felicità certamente non paa ottenersi fuo-
ri di quella chs può derivare nell 1 animo da
un dolce senso e permanente di pace , di con-
tentezza , d'ilarità.
Lungi si stia dal corpo ogni dolore 9
E goda V alma d' un giocondo* senso >
Libera da travagli e dal timore .
già cjisse Lucrezio ()) ; E forse Epicuro mede*
Simo per qoel piacere , , in cai riponeva la
felicita , altra ^osa non intendeva ? che qtìe-
sta dolce e costante ilarità dell' animo , che
coi abbiamo accennala : anzi pure la stessa
contemplazione in cui i Platonici, la sapien-
za e virtù in cai £Ìi Stoici , il complesso ' di
tutti i beni in cui la felicità collocavano gli
Aristotelici- , alla felicità non possono condur.
re,' sé non in quanto giovano, a Stabilire ed
accrescere nell'animo questa gioconda ; ilarità .
c Quindi è , che la ver* felicità è forse me-
no difficile * conseguirsi, di quel etc ere-
desi comunemente » <»n , -r*?
Ma una nozione troppo composta noi ce ne
-andiam fabbricando : onori , ricchezze, titoK,
•autorità», fasto 4 considerazione , : -piaceri sé vo-*
Jnttà d' ogni genere riputiamo a quella indi-
spensabili , é quindj la riguardiamo come lon-
tana da noi per immenso intervallo .
Fontenelle ( Pensieri Tom. L pag. igo»)
somiglia leggiadramente T umana* vita al pa-
lazzo incantato dell'Ariosto , dove gli uomi-
ni andavansi continuamente cercando , e con-
<0 Corpore sejunctus dolor ab sii* mensili*
fruatur ~ K /
Jucundo $ensu , cura semota mciuqìie!*
Lib. IL
. Digitized by Google
2ò6 : Passioni.
tinuamepte s'incontravano senza conoscersi
Così eoi, dice egli, di contiguo andiam cer~
: cando la felicità , ed essa «spessissimo ci si
para davanti, senza che mai sappiala ravvi-
sarla . Il motivo si è , che negli oggetti este-
riori soltanto noi l'andiamo rintracciando , e
quando essa ci si discopre dentro di noi me-
desimi , ove ritien la sua sede •, incannati dai
prestijarj dell' immaginazione non la sappiata
riconoscere . Che se pure la ceno scia m qual-
che voltcT, questa cognizione passeggerà poco
o nulla influisce sulla pratica dei. nostri con-
stami, e sulla' nostra. condotta.
Chi non invidia la dolcezza della vita pa-
storale, quale ce la dipingono i poeti? AI
leggere gl'Idi] 1] del soavissimo Gessner chi tfon
vorrebbe esser nel luogo di c^uei. pastóri tfeli'-
ci , di quelle amabili pastorelle , i coi ragio-
namenti», e- costami Ve sentimenti t ss piace-
ri ne destano una si dolce conaxntziobe? ©ra
in che altro è riposta quella loro felicità \
che tanto ammiriamo , fuorché nel candore ,
neir innocenza v nella tranquillità , nella coa-
tentezza , neir ilarità ,ch<H sopra abbiamo de^
scritta? Chi adunque ci viet», ohe qàèlla lo-
ro felicità, che come un sogno ; dei poeti ri-
guardiamo , non possianxo verificare e realiz-
zare continuamente in noi stessi? Oh fortuJ-
nati gli agricoltori ! diceva Virgilio (i) ; e noi
-diremo più generalmente : oh fortunati gli.
uomini 9 se il loro, ben conoscessero f -
0)*Oh fortunati; dgricolàe sua si" bona
, ■ ' * Georg» Lib. 2.
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ISTITUZIONI
.1 4
DI
E T I C A
PARTE II.
«
Livorno* PROÈO
» I
I NTROD.U Z IO NE .,
. D al greco vocabolo srpetfwv ( prepon ) con-
vefievole t fa il Vossio derivare il latino pro-
c bus ; e come anche il prohare^ ( approvare )
altro con è propriamente , che il. trovar eoa-
venevole ; cosi uomo probo , secondo questa
etimologia, si deve chiamare colai, che o-
per^ndo cose convenevoli , meriti perciò d'es-
sere approvato v ^
ila le azioni convenevoli e degne d'appro-
razione , che ali- uomo conciliano il titola
di probo , son quelle , eh' egli opera non i,n
riguardo di- se medesimo p ma in* riguardo
cT altrui . Quindi è cheElvezio ( Esprit Disc.
2. c. 2* 5.. e <?.) definisce la probità V abito
di fare azioni utili adi altrui ; h
Egli V. avrebbe pero definirà ancor meglio ,
se chiamata 1* avess* 1! abito cji fare azioni
convenevoli ad altrui, vantaggi? : .\ Imperocché
la semplice utilità , che ad altri ne possa na-
scere , non basta a render probe le nostre
azioni , qualora oneste n on sieno e qonve-
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; soS ^ Introduzioni •
nevoli in sè medesime . Utile certamente ad
un reo è ona fSTsjf testimonianza a favor
suo : ad nn uomo malonesto è utile chi tien
m mano alle sue inique azioni , o chi le cela ;
uè probe contuttociò furono mai riputate a-
zio ni di tal natura , o detto mai probo chi
avesse l'abito d'eseguirle.
Anzi non basta pure che le azioni situo
convenevoli ed utili , perchè si chiamino pro-
be ; che certamente giova un esperto medi-
co , il quale sappia guarirne dai nostri ma-
li , e un meccanico , il quale ben ordisca
nna macchina d'alcun uso importante ; nè
in questo essi fan cosa , la quale utile in*
sieme e convenevol non sia : ma non per ciò
essi furono mai detti probi.
• La probità, non riguarda che le azioni mo-
rali ; e come in ciò fé azioni uiiK e conve-
nevoli altre son comandate da nn espr^so
, dèvere , e sono quelle che noi abbiamo chia-
mate oneste ( Logica Par. I. pag. 174. ) ; al-
tre si possono da noi fare spontaneamente
*enza un .precisò dovere , ed oltre a ciòcche
il dovere prescrive , e sono * quelle che ìm
• trenominiarri virtuose ; 'còsi la probità potrà
1 ancor meglio definirsi l' abito di far oriente
'* virtuose Azioni a^ro ^ alimi . ' r
|J Poiché dunque T essenza dell' uotno probo
abbraccia l'onestà insieme e fa virtù, ne
viene , che avendo noi a trattare ili ciò che
1' noni probo costituisce, mo*trare_4?cr noi si
; debbano primamente i db ve ri , V adempimento
■ ilei quali è ihtìispeiisaBilò ; peujhò egli si me-
riti il titolo dì uòmo* vttéstó , primo e neces-
sario londamem^ • di : o^ni proBitS 5 indi per
qnnli mezzi egli possa ancor meri tarsi il ti-
tolo di virtuoso , ' éh« della medesima probità
in certo modo èia corona e il compimento. 1
m
.. , _ Digitized by Google
Introduzione . . aog
Ma perchi tatto questo egli non può ot-
tenere , se non col fare azioni oneste e vir-
tuo se in prò d'altrui , il chè sappone che egli
sia. non solitario ed isolato , ina vivente ia
società coi suoi simili; perciò sarà necessario
innanzi tutto il vedere, come si *ieno for-
mate negli uomini le varie società , come cól
crescer di queste si sieno sviluppati e variati
i costumi , e come stabilite le regole per go-
vernarli .
2
- -'ni -
SIZIONB I, '
Origine delle società , de % costumi , e dei pre-
cetti intorno al loro regolamento .
s
1 1 CAP O I.
r
i . * » * \ ' » • »!
Stabilimento delle società + •
correndo le storie noi troviamo, che qua-
si tutte le nazioni , e quelle stesse pur an-
che, le quali sono divenute in appresso più
gentili c più colte , non furono in prima ori«r
gine che popolazioni barbare e selvagge . 11
settentrione dell' Europa , dove tanta coltura
par .regna presentemente , e tanto, studio del*
le r.rtà e delle scienze , al principio dell' era
nostra volgare sepolta ancora trovatasi per
la più parte nella primiera barbarie • L 1 Italia ,
e la Grecia , che si luminosa comparsa poi
fecero nel! 1 Europa e nel mondo , nei tempi
òhe perTnancanza di storie e di monomen-
ti, chiamati furono oscuri e favolosi, era*o
anch'esse involte nella medesima selvatiche^
uigiti
zed by Google
2lio Società .
za . Tale più addiVtto fu por la condizione
v dell' Egitto , dell' Assiria , della Persia , dell*
India i della Cina, che i primi e più vasti
imperj fondarono poscia nell'Africa, c neil v
Asia . . • * . • '
Quanto air America , il solo Messico ed
il Perù aveano incomin&iato ad uscire dalla
barbarie , allorché vi giunsero gli Europei : e
gran parte dell' America stessa, dèli* Africa
e dell' Asia, con qualche porzione dell'Eu-
ropa più settentrionale sono sepolta nella bar-
barie originale anche ai di nostri
Che p^rò glL uomini sicno xnai stati in al- *
cun tempo * in alcun luogo divisi affatto,
solitarj , isolati , senza alcun principio di so-
cietà , a modo delle fiere , «Ila è bensì opi-
nione, che uno degl! ingegni più grandi in-
sieme e p iù , stravaganti di questo seco-
lo (i) parve voler promuovere , ma più «erta-
niente per vana spirito di singolarità } che
per ragione a per solido fondamento . Le sto-
rie e antiche e modèrne ei manifestano , che
ovunque si sono trovati degli uomini y trovati
si sono già in qualche modo associati : e la
natura stessa dell' uomo, la sua medesima
costituziou fisica ad associarsi lo guida ne-
cessariamente.
i Imperciocché egli è noto: quanto tardi co-
munemente OR; bambino- a svilupparsi!, ed
Invigorirsi a giugnere in grado di potersi
da sè medesimo proca«siare il necessario so-
stentamento , e difendere contro alle fiere
selvagge . La maggior parte degli animali ,
0 > 1*0 USSEAU De V orig. et des fonder*.
(teW: inegab parmi les H&mrries .
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I
Stabilimento delle medesime in-
dice il sig. di Buffon ( Storia naturale Tomo
I. ) # sono più avanzati per le facoltà del cor-
po air età di. dae mesi , che non è un bam-
bino a quella di due anni ; sicché nn tempo
dodici volte maggiore richiedcsi per la fisica
educazione di q uesta • Anzi e g'i perirebbe
sena' alcun dubbio , soggiogne Io stesso au-
tore , qualora fosse abbandonato a sè mede-
simo innanzi ali 1 età di ire anni .
Ora tutto questo tempo ,. che^ i genitori ne-
cessariamente- impiegar debbono per l'alleva^
mento dei loro figli , che vengono nascendo ,
intanto che assistono ancora ai primi , e che
moltiplicano quindi ognor più i legami del-
la loro unione ^ l'amore scambievole , che
collo stesso lungo convivere , e coi bisogni
e soccorsi scambievoli necessariamente fra lo-
ro si desta ; tutti concorrono a far si , che
tra gli uomini ancor più selvaggi la società
di famiglia necessariamente devesi
-
(i)ÀI sentimento ih primo luogo , indi
alV amore dell' imitazione, e peri' ultimo air
utilità , e al bisogno il P. STALLINI attri-
buisce Ir istituzione delle società ( Ethie&Tom,
HI. pag; 21. e seg.>. HUME. dal confronto
degli uomini cogli altri animali fa vedere co-
me !a società a quelli sia indispensabile, e
come perciò- dal bisogno vi sian condotti
(Treati&e of human nature Tom. HI. pag.
5(5), Lo stesso, area già fatto pur SENECA
nel Lib\ IV. De Benepciis >Gtfp. i8« Quo alio
tuli stimus , djce egli , quam x quod'mutuis
j urani ur offuiis ? Hòc uno instructior vita ,
Qontraque incursionfs suhitas muniitQr e$t 9t
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Stabilimento delle medesime . n£
tnp§disca loro tuttavia di avere un' abitazio-
ne fìssa e permanente , e egli obblighi a tra-
sportarsi colle loro greggie da luogo a luogo f
come facevano gli Sciti anticamente, e come
fanno tuttora i Tartari ; ad ogni aiòdo la più
copiosa e più facile sussistenza contribuisce
a far sì , che la società di mano in mano
venga crescendo di numero , e col virere e
trattare insieme più lungamente , gì' indivi*
dui , che la compongono , incoasinciano pu-
re a divenire più colti . .
Frattanto lo stesso ozio pastorale , il fre-
quente convivere e conversare insieme, lo svi-
luppamene maggiore che quindi nasce nelle
facoltà deli* animo , e il lungo soggiorno nei
medesimi luoghi , conducono a poco a poco
a fare delle osservazioni « delle spcrienze sul-
la natura dei frutti e delle piante, sulla lo-
to riproduzione, sul modo di accrescale e
moltiplicarle, e da ciò vengono i^rincipj deJP
agricoltura : stabilita la quale , la vita erran-
te e vagabonda convertesi in una fissa per-
manenza sei medesimi luoghi; e quindi sor-
gono a poco a poco le case, le ville , e le
città, s'introducon le arti , si stabilisce i{
commercio, si fondano le leggi c i governi,
s inventano e si propagano le scienza, e la
società acquista finalmente la sua forma per-
fetta . 1
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3i4 . Società .
capo ir.
Ùngine è progresso de* co sturai , corrisponden-
te alV origine ed ai progressi della società .
ei primi tempi delle società presso i po-
poli, che incominciarono da una vita erran-
te e selvatica , non avendo gli uomini quasi
niun oggetto Fuori di qnellì y che alla vita
son neeessarj , il -qual potesse eccitare la lo-
ro cupidità, queste si rimanevano qua<i so-
pite : e forse la celebre ^tà dell'oro , che tan-
to fu dai poeti esaltata e magnificata , non
altro veniva a significare , se non quella pri-
ma età selvaggia delle loro nazioni. La ter-
ra allora tutto produceva spontaneamente f
perchè ninno sapeva ancor coltivarla ; i cam*
pi erano ^ tutti comuni , perchè niuno ave-
va nulla di proprio ; non Vera oro , non fer-
ro , perchè non sapevano farne uso ; non re-
gnava l'avarizia , ne V ambizione , percioc-
ché non avevano idea di ricchezza, nè di
onori ; goclevasi una perfetta tranquillità , per-
chè Ir passioni non avevano x[uasi niun og-
getto , a cui applicarsi .
Io questo sopore però non "veggìamo , che
in alcun luogo rimanessero gli uomini lun-
gamente . !l vivere grossulano li rende cosi
fi^ri n*lV animo vome forti nel corpo, ed
Aristotele (Polit. lib . 8. cap 4) P er qaesto
appnuto condaonò la disciplina degli Sparta-
ni , perchè esercitati nella fatica e nella du-
rezza del vivere più del dovere , divenivano
soverchiamente feroci •
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I
Loro origine t p/ogres si . 2j3
- Ora questa loro fierezza , raooìfcinciarona
Opprima quegli uomini selvqgjjtad isfogarc
contro alle bestie , o per allontanare , peri-
coli , da cui erano minacciati , o per trarrò
il nutrimento dalle lor earoi , ^ dalle pel-
li le vesti; poi la rivolsero* centro degli uo-
mini stessi, che si ^ponessero alle cupidità
in lor nascenti, le -quali divenivano tanto
più forti T quanto minori di. numero , .quanto
eccitate da pjù pressatili bisogni , e quanto
meno distratte dalla diversità, degli obbietti .
r ia stessa scarsezza dei mezzi onde, sussì-
stere faceva sovente, che più Hi uno si con-
trastassero il possedimento o l'acquisto di una
cosa medesima , e che quindi insorgessero li-
ti arrabbiatissiuae. ,
Queste pur terminavano ben sovente colle
crudeltà più <>rribili.^ perocché non essendo
quegli uomini fieri ancor tenuti da nessun
freno , ed altro pregio non conoscendo fuor-
ché T ardire e la robustezza f dovevano per
una parte credersi lecita qualunque cosa , e
per l'altra stimar pregevole ogni azione an-
cor più atroce, dove la fonsa ,e il coraggio
mostrar potessero maggiori pruòve : di eh* i
moderni selvaggi ci danno pur -tuttavia non
pochi csempj . , }
I più deboli intanto , o per toatura più
mansueti, osservando in altrui , o sentendo
in se stessi 1' abuso di una forza sfrenata,
•in combaciarono, a svolgere fra sè medesimi i
primi w&òepii: del _ giusto e dell 1 ingiusto ,
e ,dal vedersi :o noiajutati nei loro bisogni
incofìpjfpoiarono ad abbozzare puranche la no-
zioner dèlia beneficenza e della virtù.
Ma as;>ai tempo trascorse avanti che l'equi-
tà e la ragione prender potessero impero sui
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: ° Società
più feroéi . ^Imperocché queste richièggono
un animo patito é tranquillo ; laddove essi
portati dall'impeto delle loro passioni , secon-
do i bisogni sfrenatamente si abbandonava-
no alle violenze vAtte usurpazioni , alle rapine,
e tanto ciasctfóo Credeva di possedere legit-
tima ai ente , rfiianto pof e»sé a tira forza strap-
pare altrui .
, Nè simili tapine era)iò r, <ptire fra lor biasi r
mate; ma M*hie dagli aritìòhi poeti raccolse
Tucidide ( Htst; lib. venian anzi dal
maggior- numero comtnVndate quali opere
calorose : e noi veggiamo anche in Ornerò
( Odissea lib. 3. ) , che Nestore in tempi me-
no barbari domanda tuttavia liberamente a
Telemaco , se egli navighi per commercio, o
per far preda a modo de 1 corsari ; e sì dicen-
do, nè quegli crede d'offenderlo , .ne questi
se rie chiama oltraggiato . Fieri corno èrano
e delle loro forze superbi , ninna cosa essi
stimavano pià commendevole , che il poter
fare ciò che richiede maggior valore; nè cre-
devano ingiurioso e sconvenevole l'assalir al-
tri senza cagione, ma riguardavano come ol-
traggio a sè fatto , qualora talano , il quale
Tosse più debole, ardisse lor di resistere .
Questa persuasione non cessò nemmeno sì
tosto che gli uomini incominciarono a farsi
più colti ; poiché leggiamo in Tucidide ( ff/sf.
lib. 1. ) , che i legati degli Ateniesi dissero
apertamente innanzi a$li Spartani, essere dirit-
to di natura che il pii\ forte debba sigrwfeg giare
al più debole , aggiugnendo 9 ,the se talnnotha
oiiì messo alcuna volta d 1 usar stffatto>^\ritW ,
-ciò è stato per rendersi gli animi pia bene-
voli , e servire cosi' per altra mainerà a' suoi
Vantagg] : il che pure difficilmente nei primi
tempi sarebbesi potuto aggiungere .
4
Digitized by Google
t
Loro orìgine e progressi . 21 f
Nemméno questa interessata moderazione
allor di molto si conosceva , e nulla giovava
ai miseri il porre «(aranti agli occhi dei loro
assalitori o V umanità , o la religione , o qua*
lunque altro motivo , per sottrarsi dall' esse-
re divorati , o dati morti in pasto dei cani e
degli sparvieri . 11 Ciclope neir Odissea
( lib. 9 ) : stolto sei tu , dite ad Ulisse , che
in imponi di paventare gli Dei : nulla ci cu-
ri a m noi di Giove ,' perocché siamo di lui più
forti . É Achille ad Ettore , che il pregava di
concedere al suo corpo la sepoltura : tu s ei
già , disse , destinato alle fiere ed agli avoltoj ;
e troppo debole è il mio dolore , che non fa
che io ti tagli qui a brani , e erudo cruda
mi ti divori (j).
Ma poiché ai deboli poco giovavano contro
ai più forti le suppliche , 0 le lamentante , o
il propor loro la giustizia e la ragione ri-
corsero all' astuzia ed air inganno . Quest'ar-
te , siccome indizio di fiacchezza , era ab-
bonata da quelli 9 che troppo si vergognavano
di comparire , che poco si fidassero in sé stes-
si y % nelle lor forze • Perciò Ajace ( nel Filo-
tele di Sofocle) ad Ulisse , che il consigi avi?
a torre colla frode ciò che non potevasi colla
forza , rispose , che ciò non era cosa degna
d' un uomo buono ( che buoni allora chiama-
(1) Questi esempi , e g'* esempj continui
'de* moderni Selvaggi aver doveva un po 1 me-
glio presenti ehi vivendo in mezzo alle colte
Società , e godendone tutti r vantaggi, ad es-
se per intemperanza d' ingegno lo stato sel-
vaggio sì arditamente nei suoi scritti antepo-
neva . [
k
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a 18 Società .
vansi i piÀ forti), e che non voleva lasciare
di esser buono per esser sapiente ( col qual<
nome intendevano apparito gii astati e i frau-
dolenti )
Jl poeo a poco però Y astuzia sf .prese per
£04npagna ancor -dei: forti , siccome quella
che plà agevole rende e più sucuwr la yia al-
le imprese piò grandi ; e il più perfetto , sic-
come abbiamo nelP Odissea ♦( libi 16, y 9 co-
minciò a credersi quegli * che insieme accop-
piasse l'astuzia e la robustezza . Ni monta-
va , che questa astuzia fosse frammista agi 9
inganni , tatto era lodevole purché ben riu-
scisse ; e l'elogia citò presso ad Omero ( Od/s-
se* ) Minerva fa ad Ulisse , ben lo dimostra
liastantemente . Tu avanzi , ella dice , tutti- 1
gii uomini nelT accortezza è negl' inganni;
come io nell' accortezza e negl'inganni avan-
zo tutti gli Dei .
L'astuzia sola però senza il valore e la
' forza fa sempre tenuta in piccol conto; e
dove legittimi ed onesti credevansi gli ac-
quisti fatti coli' aperta violenza , • perchè cre-
devansi ( Hist. lib; 4 ) col diritto di quel po-
tere , che la fortuna ha dato , vituperavansi
all'incontro quegli che facevansi colla sola
frode ; quasiché In violenza non fosse anch'
essa egualmente! i ohe la frode contraria alla
giustizia ed alla ragione .
Ma 1' astuzia , che in gioventù andava solo
in 'C0mpagm»^deire armi , nella vecchiezza
cominciò a< volgersi pensieri più miti, e a
divenir prudenza Considerando i beni dèli»
pace f a cui l 1 etò stessa inclinava , i vecchi
incominciarono a riguardare siccome lodevo-
le bensì qaell' ira , con cai procacciasi una
pace sicura ed onesta , ma come yituperevo-
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Loro origine e progressi . zig
le quella f con cai si perpetuino le dissen-
sioni t le stragi . Poca forza contattociò are-
vano i loro consigli sulP animo impetuoso >
dei Giovani ; e noi difatti veggiam nelP llia-
de'( Lib. I. ) , che Nestore vanamente si af-
fatica a raffrenar V ira indomita di Achille •
Finalmente però o la mancanza di forze ,
o la stanchezza fecero , che cessassero dalle
perpetue guerre , e cominciassero a starsi p*r
qualche tempo in riposo . Allora p?n agevole
fa ai prudenti ed ai vecchi il suggerir pen-
sieri di pace 9 e far conoscere quanto sia me-
glio il comandare a quelli , i quali vinti dai
beneficj servano per amore, che a quelli , i
quali assoggettati colla violenza sempre cer-
chino di scuotere il giogo e di ribellarsi >
Allora dunque si volsero a procacciare di ren-
der fruttifero in pace quello che in guerra
avevano acquistato . E allóra fa , che comin-
ciò a prender piede la giustizia , che comin-
ciò a stabilirsi V ordine nella società , che
cominciò ad introdursi la vera coltura.
Ma Un altro male di qui poi venne f che
siccome la pace genera la sicurezza dell' ani-
ma , P animo sicuro allarga il freno alle cu-
pidigie , e queste danno stimolo ed eccita-
mento all'industria , V industria moltiplica
sempre più quelle cose, onde la passione ed
il vizio si fomenta : còsi V avarizia , il lusso,
r intemperanza , V ambizione , V amor de 1 pia -
ceri incominciarono a dominare più larga-
mente , e quindi nacquero tutti i disordini r
a cui la società è tuttora soggetta .
I cangiamenti adunque che nei costumi de-
gli uomini si saccedettero a misura che le
società si venner formando e progredendo ,
furono i seguenti. A principio regnò da ua
k %
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220 Società .
canto la ferocia', e dall'altro V astuzia senza
ordine e senza legge: sottentrò poi la for- -
tezza e la prudenza , che insegnarono a con-
servare in pace le cose acquisiate in guer-
ra ; indi venne il buon regolamento delle cit-
tà colle leggi e. colla giustizia , infinge V ozio ,
le ricchezze , U lasso , gli agi , U delizia
furon cagione , che le passioni allargandosi
maggiormente , si sollevassero alla violazione
di quelle leggi medesime, da cui tutti questi
comodi riconoscevan l'origine .
Sembra, dice il P r Stellini , dal cui saggio
t>e or tu et progresso, morum è tratto per la
più parte il presente caj>o , che Omero abbia
appunto voluto nei suoi poemi rappresentare
tutti questi cambiamenti , esprimendoli nei
caratteri dei suoi primarj personaggi . Per
lasciar la feroeia brutale rappresentata in
Polifemo f Aehille è pre«so di lui il modello
di una forza invincibile e di un'animo in-
domito ; Ulisse dell'astuzia frodolenta accop-
piata alla forza ; Nestore della prudenza so-
stenuta dalla fortezza 4 Ettore delia fortezza e
della giustizia ; Antenore della giustizia celi
un'imbelle prudenza; Paride in fine del li-
bertinaggio e della mollezza .
Veduti cosi i cangiamenti , che avvennero
successivamente nei. costumi degli uomini , or
sono da esaminar le cagioni, che in essi in-
fluirono maggiormente . ■ v
Quello che gli uomini più desiderano , e
in cui riposta suppongono la loro massima
felicità , egli è il poter fare checché loro vie-
ne in pensiero f e gustare di ciò che lor pia-
ce, senza nessuno impedimento . Or due ca-
se a ciò s' oppongono 9 V inopia , e l'altrui
resistenza » Ciò ha fatto , che la cura prin-
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Loro origine e progressi* 221
cipale , a cai gli uomini ban sempre atteso,
ò stata quella di procacciare dovizie e libertà :
intantochè spesse volte è avvenuto , che total-
mente occupati fa questo pensiero , si sono
poi anche dimenticati di far uso delle dovi-
zie e della libertà per qael fine , per etti le
avevano procurate, ed ban posto tutto il loro
stadio nel continui accrescimento dell 1 una
e delle altre .
Ma da questa tendenza , che tatti avevano
alle medesime cose , dovea nascere necessaria-
mente un conflitto . Imperciocché se le cose
terrene fossero per lor natura infinito, 0 fos-
sero tutte così comuni , siccome è 1' aria e
T acqua , ben avrebbe potuto ognun saziarvi-
li senza pregiudizio d' altrui; ma essendo
esse finite , e per la pià parte scarsissime e
limitatissime, mai potevano soddisfare. ali*
infinita cupidità di ciascuno . Quindi è che
molti, affine di essere pii doviziosi e più li-
beri si sono studiati d' impoverire altrui 0
ad altrui dominare .
Or ciò s'ottiene 0 colle proprie forze, 0
col soccorso cF altrui Le proprie forze sono
la robustezza del corpo , V ardire , e V ac*
cortezza . Nei primi tempi, in cui non fa-
ceasi conto che della forza e dell' ardire , si
tennero soprattutti in pregio i robusti e gli
ardimentosi , dappoi quelli eh* vi sapessero
unire puranche V avvedutezza , o fosse sem-
plice prudenza , 0 fosse astuzia .
Ma in seguito si conobbe , che da sè solo
difficilmente ano può sostenersi, onde quel-
li che amavano di signoreggiare sopra gli al*
tri , incominciarono a procurare di trar mol-
ti al lor partito . E siccome i mezzi più op-
portuni per riuscirvi sono la speranza ed il
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m Stl2 ^ Socifdà l
timore, cosi ciascuno si è studiato di met-
tersi in grado d' ispirare altrui questi af-
fetti . -
Si sono quindi cercate- sempre più avida-
mente le ricchezze e le dignità , non solo
pel potere diretto od immediato che danno f
ma eziandio perchè i mezzi somministrando
di giovare o di nuocere f ritengono quelli cht
temono dall' opporcisi , ^ ed allettano quelli *
«he sperano a secondarci.
Oltre alla speranza ed al timore v'ha an-
che il rispetto e la stima , che molto valgo-
no a fare che altri al partito nostro s 1 ag-
giungano . Ala il rispetto si fonda moltissimo
sopra l'opinione ; ed oltre alla superiorità o di
forze, o di merito , o di autorità , v' è anche
la superiorità dei natali , che molto contri-
buisce a conciliarlo . Le glorie dei maggiori f
od anche la sola antichità d' origine , ispira-
no una certa venerazione per quelli che ne
discendono . Quindi ognuno ha procurato di
$ar comparire l'origin sua più antica e più
illustre ch' egli ha potuto .
Era però troppo facile avvedersi , che il
rispetto appoggiato alla semplice nascita , è
troppo debol motivo per cattivare efficace-
mente e costantemente gli animi altrui : la
stima personale puranche necessariamente vi si
richiede . Ma questa non nasce se notìdal me-
rito j II qual si fonda o nel valore , o nel sapere
o nella virtà . Affine dunque di conciliarsi'
oltre al rispetto ancora la stima, i saggi e
buoni si sono adoperati ad ornarsi di qual-
che merito vero e reale ; i cattivi ma scaltri
si sono studiati di abbellirsi almeno con qual -
the merito apparente .
? Ma ci§ v ch,e lega gli animi maggiormente
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Loro origine e progressi . 1 223
è r amore ; e siccome questo ^'paté si pro-
caccia per rarj mezzi , cosi gli animi gran-
di han procurato di meritarselo colle azioni
illustri e coi bene fi cj ; gli «piriti piccoli si
sono affaticati a guadagnarselo a forza di at-
tenzioni minute , di basse condiscendenze,
di adulazioni , di servitù , di sommessioni .
Cosi ciascuno per varie vie ha corcato sem-
pre <T accrescere le sue aderenze e il suo
partito, di rendersi con ciò potente sopra
degli altri , di metterai peritai maniera in
grado di meglio soddisfare ai suoi desiderj;
e da questa diversità di passioni , di cupidi-
gie , e di mezzi onde appagarle , è nata la
diversità dei costumi , dei quali contenti ora
d'aver esaminata l'origine, ci faremo altrove
ad esaminare la realtà od il pregio .
r •
C A P 0 Uh
' Origine delle leggi , e dei precetti interno
a* costumi .
L»
iberi da principio e interamente padroni
di sè medesimi, facevano gli uomini senza
riguardo alcuno a ritegno tutto quello che
lor veniva in pensiero, e che le forze loro
permettevano . Ma i disordini di questa 'li-
bertà illimitata non han potuto tardare gran
fatto a manifestarsi .
Ogni uomo sente in sè medesimo il dirit-
to di non e^ser offeso ; e quando egli abbia
o colle sue forze o colla sua industria ac-
quistata alcuna cosa, sente in sè il diritto di
doverla possedere egli soìo , e che nian al-
tro debba pretendere dVriWirm ìi parte s«àza
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#
»
»
«4 Società.
1' espresso di lai assenso . Ma questi princi-
pi , che ognun sentila riguardo a si, stimo-
lato poi dall' avidità o dal bisogno , troppo
facilmente era portato a violarli rispetto agli
altri .
Or le continue liti, e guerre, e violenze,
e rapiti-, che indi nascevano , han fatto cono-
scere finalmente , che l' interesse scambievole
di ciascheduno chiedeva , che ognuno lascias-
se V intero e pacifico godimento dei loro di-
ritti ad altrui, per godere tranquillamente
dei proprj.
Da questo nacquero le prime convenzioni ,
le guali furono anche a principio piuttosto
taoite che espresse, e che altro non con-
tenevano , se non in genere , che niuno a-
vesse la libertà di offendere altrui , niuno
potesse usurpare quello che ad. altrui appar-
tenesse •
Mà queste convenzioni di poco uso pote-
vano essere , finehè un arbitro non si stabi-
liva , il quale avesse il potere di farle adem-
piere . ^ Q testo arbitrio in ogni famiglia a
{>rincipio fu assunto dal padre medesimo ; e
a patria privata podestà durò presso molte
nazioni nel suo pieno ed illimitato vigore
anche dopo stabilita la podestà pubblica . Gli
antichi abitatori delle Gallie , secondo Goguet
(Origine delle leggi , delle arti , e delle scien-
ze hb. x. ) , erano nelle proprie case sovrani ,
avendo autorità per fin di vita e di morte
sopra le mogli, i figliuoli, e gli schiavi.
11 supplizio di Tamar ordinata da Giada di
lei suocero ( Genesi cap. 58. ) , fa vedere che
la stessa autorità pur godevano anticamente
gli Ebrei . Omero , e Platone fan fede anch'
*m di questo impero f che presso i Greci |
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Loro origine e progressi *
padri avevano sopra i Ior figli. E nella Gina
anche presentemente i padri governano 1*
laro famiglie con un potere assoluto-.
La violazione dei diritti fra le persone d'una
stessa famiglia per questo modo era impedi-
ta , o frenata abbastanza ma non cosi fra
le persone , che a diverse famiglie apparte-
nessero . In questi casi le usurpazioni e le
offese de IV ano verso dell'altro nor* essendo
represse da alcun arbitro comune , facevano
che ognuno nella propria causa si costituis-
se giudice da sè medesimo ; ed è troppo facile
il vedere , come illimitate per questo modo
dovessero riuscire le pretensioni e le ven- .
d ette . v ' '
Per impedirne gli eccessi ben cominciaro-*
no i padri o i parenti delle rispettive parti ad
intromettersi per comporre e terminar le con-
tese . Ma questo ne assicurava a ciascuno sta*
bilmente i suoi diritti t . n<è sempre era vale-
vole a por fine interamente alle dissensioni :
anzi spesso avveniva f che le querele parti-
colari d* alcuni si facessero generali a tatti
r loro congiunti e aderenti t . td amici . Si
vide pertanto la necessita di fissare un co-
man arbitro, che da tutti come tale fosso
riconosciuto , e al cui giudizio dovesse ogaua
sottomettersi ; e per tal guisa a stabilire si
venne la pubblica podestà.
Questa in alcuni luoghi fu data ad uno
solo , in altri agli ottimati o principali del
popeio , in altri da tatto il plopolo si riten-
ne ; e qsindi nacquero le tre specie* di gover*
Hii , monarchico , aristocratico , e democratico .
ICella più parte dei popoli il governo mo-
narchico fa il primo a. stabilirsi : Roma , ed
Atene ebbero i Se prima d'avere i Consoli *
k 3
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226 Società *
gli Arconti : gli Egiziani , gli Assirj , i Per-
siani , gV Indiani , i Cinesi furono soggetti
sempre a monarchi .
Né è par diffìcile , dice Goguet C loc. cit.),
il concepire le ragioni , per cui l'idea dei
governo monarchico abbia dovuto presentarsi
prima delle altre . Imperocché primamente
era più facile che gli nomini pensassero a sot-
tomettersi ad un sol capo , che a molti , tanto
più che di questo già avevano un esempio
nella paterna autorità • Oltre tiò egli è trop-
po naturale , che in ogni società qualcuno
V'avesse , il quale si distinguesse sopra "degli
altri per qualche singoiar pregio .^Or questo
dovette pure acquistargli sopra degli altri una
specie d'autorità, che dalla lor volontaria som-
znessione renne poi confermata . Nembrotte »
secondo la Genesi (c. io.) 9 fu il primo che
' dopo it diluvio potente si fece sopra la terra*
* e fondò in Babiloni a la prima monarchia ; e
Ja ragione f che di éiò essa arreca, si è , eh'
egli era robustissimo cacciatore , qualità im-
portantissima a quei tempi , in cui la terra
piena di boschi e di bestie feroci , che ivi
ben presto moltiplicaronsi , obbligava gli uo-
mini a star sempre in guardia contro dei lora
«ssalti. Anche le proftfie stonerei presentano
* ì primi eroi princip^lipepte come distruttori
dei mostri . r ' : , *
A ciò s'aggiunge , eh*èssendo quelle anti-
che popolazioni in frequenti guerre , tra lo-
ro, uè potendosi le guerre bea amministrare f
ove un capo dell'esercito non si stabilisca
quegli che a ciò era scelto , avvezzando gli
altri insensibilmente a ricevere ed eseguire i
suoi ordini , venne in molti luoghi a stabilirsi
pcrmanentemejate loto sovrano : ed appunto
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Loro origtriè e progress?. £27
pèr questa guisa Romolo còl suo coraggio
e il suo* valore , fattosi capo di una banda di
fuorusciti , divenite il piftfno Sèi Romani.
♦ A principio seirfcblra ? 'che i t^gni 'abbiate
il^vtfto «es«eT^elct?tivi , ttìtx <*ettbtiA#nte ilon atì^
dò guariy <cfte «ella ma^^iter- |>hrté «dèi' pope*-
Ji divennero ereditar] . hi ^ofti 'lòogh) i w
riti' paterni >i sentimenti ispirati nei figliai
genitori , J« istruzioni lor tramandate i ia par-
té da essi avuta al governo Viventi i padri
medesimi, il rispetto di già ottenuto presso
<lei popoli , feoeró che i figli a tutt 1 altri si
preferissero . In aitri 1 foro proprj meriti , o
la lorò forza , & il copioso 1 partito j!>òter<>tto
«nderK r snpetiori ai 1 òro r Competitori . FìhàU
mente le dissensióni , i tumdlti , h guaite
nelle nuove elesioni, poterono anch* e*s& in
più'lnoghi esse* fcagionè i eh® *\ celasse di
prevenirle collo stabiliménto 1 dèi tfrotìi Eredi-
tar j. Tali si veg$ònoMfcmàtoèfc*e e*ie*e Sta*
ti presso dei popiri* Wco* più aòtlclii Vi Bai
tilònesi , gli Jkiiìt\ i i Persiàtfi / gli Egiziani,
gV Indiani , i Gi*e*i , gli ÀfàWi i*Qlttcf \4
tatini , tutti ci; offfoftb antichissimi' etfeàfrj^
delle ereditarie tóònaìrchie '* r • f • ' ' :
- r'regni-però'da pntftìtyto èfanó riStraftiiii^.
mi : ogni tiittfcv'o piuttòsto ogni villaggio! aVe-
Va il* sud Re . Ai* t«*tiapi' A&fomb ti!n<}u#
ne Contavano néltòsola ralle di Sdc&ifaa^
hesi ' 1 '™)). 1 >4. ) ; '<Jd i ^é' disfate ^Sròlèf
fcrtiravàno à trènthno fjbstté te^y.'&U
cane? sparti delP Mthk , : 'deli' Asià.>. fc^ifelW
Améric* preseli tano tritumi a hn r imtiià^me? ! dì
quei ptfhfi tempi i^erofc<&èi^
fo dfi ^àese : vi Viticonifa grjià quantità di St**
Vr'atii i e&'o^iVidèòl districo* V. il >ao rir&^
ticslare. ♦ ( " -\ à & rmv>
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228 Società,.
Il governa repubblieano non si formata
quasi in nino luogo, se non dopo il monar-
chico , e non ha avuto orìgine che da qual-
che rivoluzione • Tale negli antichi tempi
fa lo stabilimento delle repubbliche d' Atene
e di Roma; tale nei tempi posteriori quello
delle repubbliche di Venezia , degli S
dell'Olanda ; e recentemente quella delle Pro-
vincie-Unite della America settentrionale.
Stabiliti i governi, si venne allo stabilimen-
to delle leggi. Per lungo spazio però alle leg-
gi espresse , che aneor mancavano, suppliro-
no le leggi tacite, dirò cosi, ossia le wn-
snetudini . I popoli della Licia non avevano
verun corpo di leggi , e si governavano sempli-
cemente sagli usi. Nelle Indie da tempo im-
memorabile tutto è appoggiato alle consuetu-
dini , che si tramandano di padre in figlio .
lo stesso era nella maggior parte deli 1 Ame-
rica , e lo è tuttavia in molti luoghi dell'
America stessa , deli' Africa e dell'Asia .
Queste consuetudini in molti luoghi , fon-
date sopra grossolani pregiudizi e sopra ese-
crabili superstizioni , erano pur barbare ed
inumane . Gli Sciti credevano cosa pia 1' uc-
cidere i padri loro dopo i sessantanni ; i Sar-
di T ucciderli dopo d'averli battuti con ver-
ghe ; i Galli l'uccidere i servi ed i clienti più
tari ai defanti padroni ; le mogli Indiane il
gettarsi nei roghi dei loro mariti; i Galli, e
3 Gei mani il placare gli Dei col sacrificare i
prigionieri; i Persiani il seppellirli vivi; i Tau-
ri il sacrificare gli ospiti ; i Fenicj il sacrifica?»
re i fanciulli nobili; ì Mfngreliaai il seppellir
▼ivi i proprj figli, ì Caraibi l'ingrassarli e
mangiarseli ( V. Stallini De orla et progr.
morum Gap. I. saia. il.) .
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Loro origine e progressi* 229
Oltreciò la legislazione appoggiata alle sem-
plici consuetudini rimaneva sommamente in-
determinata. Gli abusi 9 che ne venivano, fe-
cero adunque , che si pensasse a stabilirla più
fermamente , ed a formare un codice di leg-
gi . Ma privi negli antichi tempi dell' arte di
scrivere, come poteano i legislatori far note
al pubblico le lor sanzioni , ed ai posteri tra-
mandarle ? La poesia ed il canto supplirono
allora alla mancanza della scrittura . Noi tro-
viamo presso di tutti i popoli più antichi Ta-
so di mettere in versi le loro leggi , e quei
fatti , di cui amavano conservare la memoria .
Apollo , secondo una tradizione antichissima,
passava per uno dei primi legislatori , e di-
cevasi , eh* egli avesse pubblicate le sue, leggi
al suon della lira; le prime leggi della Gre-
cia non erano pure che una specie di canzo-
ni ; le leggi degli antichi abitatori delle Spa-
gne erano similmente in versi ; e i Germani,
che riguardavano Tuistone come il loro pri-
mo legislatore , dicevano anch'essi d'averle da
lui ricevute in versi •
Queste leggi contenevano le pene fissate
ai principali delitti , e i regolamenti intorno
«gli affari della vita più importanti , vale a
dire, comprendevano i principj più generali
del diritto criminale e del diritto civile .
La prima lesge penale è stata quella del
tallone , cioè che al reo fosse fatto quello eh*
egli aveva fatto ad altrui (1) . Ma non in tntt*
i delitti questa legge è praticabile, ne m
(1) Noi troviamo questa legge presso gl
Ebrei , gli Indiani , 1 Locresi , e parecchi altri
<STEULNI Ethica T. III. )
r «
* •
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s3o \ Società i »
tutte le circostanze. Chi aresse uòciso tra al-
tro , ben si potea obbligare a dover per«ler la
propria vita ; ma chi avesse ad altrui rubato
CQ$a che più non avesse , ed; a cui nulla aves-
se d'equivalente ; non si <pdteva già obbliga-
re a restituirla ; e molto ra«no ad aggiunger-
» vi punto del pròprio . Aitile pene in questi
oasi furono dunque sostituite ; é queste a prin-
cipio comunemente furono rigorosissimi . Bra-
cone , uno dei primi legislatori d'Atene , pa-
ssiva di morte qualunque piccol delitto ; sic-
ché si disse , eh' egli aveva sentite le leggi
sue col sàngue • Le leggidi Minosse ini Cre-
ta , da cui Bracone aveva tratto in gran pàr-
. te le proprie, erano quasi altrettanto severe .
ww
p
Li
ni erano piene similmente di rigidissime pe-
lile. E presso gli antichi Galli il supplizio,
comune de' rei èra bruciarli ? ivi in oncire dei
loro Pf-Utnii. • • \ :: o'i «.i J t ai v? , ;
>\ • Lenteggi civili riguardavano il diritta <lr prò*
prietà , i contratto" , i ;matrimonj^ e<le (eredi-
tà . Ma presso ai primi (popoli cacciatori e
pastori pochissima di «siffatte ! leggi erano ne-
cessarie. Poco o nbifa posfeededdo , errando
sempre da un luogo all' altro ; non avendo
; vitina società fissa , appena di qualche conven^
5&ÌQne avevan essi n) ostieri , conv>enzionè pWt-
i tosto privata*cbe pubblica , e^foriclataìpiattosto
\ sulla -conistte'tuditté f che: su- lè^gi espresse .
i All' agricoltura ,qaa*i gfcneraloietìte è dòvu-
: ta l'origine della civile giumpradenziì . Gli
- £gizj infatti da Osiride riconoscevano ad nn
j tempo e V agricoltura e Te leggi V Lo stesso
dicevano r Greci idi Cerere», u>' frinii popoli
deinitalia -di Saturno , gli •< antichi abitatori
delle G^llte di Alita, i jWufatti di Mancoca-
l>ac, ed i Cinesi di
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• t
Loro orìgine e progressi . 201
Trovata l'arte di coltivare la terra, una
legge era necessaria per assicurare a ciascuno
la proprietà dei campi , eh 1 egli prenderà a la-
vorare , e dei frutti , che ne raccoglierà . Mo-
rendo esso e lasciando dei figli 0 dei con-,
giunti, una legge chiedevasi per la divisio-
ne della sua eredità . Somministrando l'agri-
coltura più di quello ch'è necessario pel man»
tenimento del solo coltivatore * e facendo luo-
go perciò a molti di occuparsi Bell'inveititi*^
ne di altre arti , una legge era di mestieri
per lo stabilimento ed incoraggiamento di ;
queste arti , e pel cambio vicendevole dei Jor
prodotti con quelli dell 1 agricoltura ♦ Altre
leggi vennero necessarie a misura che crescen-
do le abitazioni in un medesimo luogo for-
maronsi le città , che eoli* invenzione delle
monete si venne aumentandosi il commercio , -
che dilatandosi il commercio e l'industria ,
s n introdusse e a* accrebbe la disuguaglianza
delle condizioni , che venne sorgendo il lus-
so , ec : per le quali ragioni a poco a poco
venne formandosi ed aumentandosi per ogni
dove il codice delle leggi civili-
Ma una società non può esser felice, se
tranquilla interpamente non è apche sicura
dagli esterni assalti. I mali prodotti dalle
continue guerre fecero conoscere la ^cessiti
di stabilire eziandio fra le diverse^ prpvincie
e i diversi regni degli scambievoli patti , on-
de assicurare la tranquillità di ciascupp ^ E
quindi vennero i diversi trattati di pace , . *
cT alleanze , di commercio , sui quali e sui
generali principi del diritto comune è fondato
il diritto pubblico o delle genti • , e
Le leggi senza alcun dubbio moltissimo
Jbanno contribuito cosi alla privata,,/ cerne
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1
^ ^ ^ Società .
alla pubblica fèliciti.Male però da se soie potea*
no a tatto esser bastanti , Imperocché mille
colpe vi sono , a cui le leggi non san ripara-
re (1) ; oltreché esse vietar non ponno il de-
litto , se non col minacciarne la pena , qua-
lora sia scoperto e dimostrato. Ma quanti
delitti non si rimangono occulti ? E quante
volte sebben conosciuti par non si possono -
dimostrare bastantemente ? La pubblica sicu-
rezza e felicità richiedeva pertanto , che
mezzo alcuno si ritrovasse , onde impedire i
delitti col prevenirli ; e ciò coli* estirpare i
vizj fin dalle prime radici , coli 1 imprimere
negli animi profondamente le massime della
vera onestà , eoi persuaderli intimamente del-
la importanza di praticarle ; e a tal uopt fa
istituita la morale , e la scienza dei co-
stumi •
Ad un altro difetto delle leggi , difetto ri-
levantissimo , ma a cui esse non han com-
penso o riparo , si è pur supplito colla mo-
dale • Le leggi si occupano per la più parte ,
e quasi interamente nei soli doveri negati-
vi , cioè nel vietare che ad altrui facciasi
ingiuria. 1 doveri positivi , cioè quelli che
prescrivono di giovare altrui , dalle leggi so-
no appena toccati. Ni* molto in questa par-
te avrebbono pare le leggi potuta estender-
si . Come costringere gli uomini a giovare ad
altri? Come fissare tutti i casi , in cui uno a
ciò debba esser tenuto ? Come verificare quan-
• *
<t) Non vi ha lngge , dice DUCLOS , ( Cort-
sid. sur les Moeurs ) contro T ingratitudine
e la perfidia , e in molti casi nemmeno con-
tro la calunnia , l' impostura , e V ingiustizia.
I
Loro orìgine e progressi .
do vi manchi? Come punirlo? Oltre all'offi-
cio pertanto d'ispirare la giustizia, quello
ancora cT ispirare V umanità e la beneficenza
alla morale fu affidato . ' ■ «
Le sentenze e i proverbj furono i pri mi
mezzi , che gli antichi adoperarono P e r. Q i-
stillare i precetti della morale . A questi s t-
tentrarono le allegorie , le similitudini , le
parabole, e ^ gli apologhi, in cui^ tra
i Greci si rese celebre singolarmente Uso-
po, il quale perciò, da Apollonio veniva
anteposto a tutti gli altri poeti (Filostrato
Vito di Apollonio lib. 5); e Lisippo mostrò
<T anteporlo anche a tutti gli antichi filosofi ,
perciocché la statua di lui egli pose alla te-
sta di quelle dei sette sapienti . ;
Il primo però , che fra i Greci abbia ridot-
ta la mo.rale a scienza , è stato Socrate .
Quanta fosse innanzi a lui V oscurità , V in-
certezza , e F inviluppo di questa sì util par-
te della filosofia , dai libri di Platone dice il
P. Stellini (De ortu et progr. morum cap. 3.) ,
si può abbastanza raccogliere. Non era sta-
bilito peranche qual fosse la natura della vir-
tù , da quai segni distinguasi esattamente it
giusto e 1* ingiusta , quali sieno i primi ed
immutabili principj dell 1 onesto : tutto era con*
fuso , arbitrario , capriccioso . Socrate, fingen-
do di voler apprendere da coloro f che tutta- ^
via di queste cose con fasto andavano ragio-
nando , facevasi ad interrogarli , opponeva
quindi delle difficoltà , finché a poco a poco
li conduceva a dover confessare la loro vani-
tà e leggerezza . Levati cosi i pregiudizi ,
mostrato debole ed incerto tutto ciò che cer-
tissimo e fermissimo malamente si riputava,
gettò i primi semi della vera morale , che
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" 234 Società .
coltivati poi furono da Senofonte e Platone
suoi discepoli , e ridotti a miglior forma da
Aristotele discepolo di Platone .
Bbvendo ora noi, premesse queste nozio-
ni , venire alla trattazione particolare di ciò
che r uomo probo costitaisce , in due altre
Sezioni questa parte divideremo , di cui la
prima s* aggirerà intorno ai doveri , la secon-
da intorno alle virtù .
SEZIONE IL
DEI DO VIRI .
I o chiamo dovere tutto ciò che un corno ,
secondo i varj casi , è tenuto a fare o non
fare . Affino* di meglio conoscere e dichiarare
F origine di tali doveri, e i loro gradi diver-
si, incomincieremo a considerare più uomi-
ni f che in un dato luogo convivano , sena 1
avere niuna dipenderla- V upo dall' altro ; e
ci faremo ad esaminare ciò che V uno all' al-
tro generalmente dovrebbe in tale stato . Ria
se due di questi si unissero in amicizia scam-
bievole è chiara, che nuovi doveri da ciò
verrebbero ; altri s'accrescerebbero , se Y uno
facesse alF altro alcun beneficio ; ne sorge-
rebbon di nuovi , se due persone di sesso di-
vergo in nodo conjogale *' accoppiassero ; ©-
ve nascessero de 1 figli, isopraggingnerebbero
altri doveri e de 1 parenti verso di questi, e di
questi verso sparenti, e fra loro ; se più
famigli s'accordassero a formare una sola
società sottoponendosi concordemente a certi
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Doveri
patti , altri nuovi doveri ne nascerebbono ;
finalmente ne sopravverrebbero di nuovi , se
più società particolari similmente s* unissero
con certi patti a formare una società genera-
le . L' esame di tutti questi doveri sarà il
soggetto della presente Sezione.
*
* CAPO t
Doveri generali di uoYno a uomo .
Troppo son celebri e troppo noti ad ognù-
no i due precetti , i quali peTcbè derivati dal-
la natura medesima , chiamatisi naturali , e
che generalmente comprendono ciò che ogni
uomo indispensabilmente deve ad ogn* altro,
cioè : non fare ad altri quello che ragione-
volmente egli può pretendere che a lui non
si faccia; e fare ad altri quello che ragione-
volmente può esigere che a lui sia fatto . Il
primo di questi precetti contiene i doveri che
ekiamansi negativi; il secondo quelli che so-
no detti positivi . Incominciamo dai primi ,
Articolo?.
Doveri negativi .
Osni !cnlei „ .» s „ S so a diri.,0 di
godere tranquillamente di ciò eh' è suo .
Questo diritto na>cc immediatamente dalla
nozione stessa delta proprietà ; poiché mio
proprio non posso dire se non ciò chea me
solo esclusivamente appartiene ; e di ciò che
a me solo appartiene , ogni ragion vuole ,
eh 1 io solo debba avere il diritto , ossia la
padronanza e la facoltà di godere-.
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2 3(5 ^ Doveri
Da questo principio con una conseguenza
chiarissima e facilissima egli è condotto a
conchludere , eh 1 egli deve adunque anche agli
altri lasciare il godimento sicuro e tranquil-
lo di ciò che è loro ♦ Imperciocehè se a lui
fosse lecito l'usurpare V altrui , agli altri an-
cora sarebbe lecito egualmente 1' usnrpare ciò
che ad esso appartiene y e ninno più avreb-
be il diritto di godere esclusivamente di ciò
eh 1 è suo .
Questo primo dovere , eh* è quello che chia-
masi dovere di giustizia (i>, è cosi sempli-
ce, e cosi facile a comprendere, ch'io non
so come trovati si sieno dei filosofi , i quali
abbian creduto necessario il supporlo inna-
to , supporlo impresso dalla natura , quasi
che gli nomini non dovessero per se mede-
simi arrivare ad intenderlo . Innanzi che Lo-
cke mostrasse cosi evidentemente, com'egli
ha fatto , l'assurdità delle idee innate , i fi-
losofi potevano anche esser più compatibili»
La meraviglia maggiore si è , che anche do-
po di lui il sentimento morale innato , il
quale preso col miglior senso (2) altro non
(1) Gli Etimologisti traggono il nome
stitia da ]uhere comandare, perchè essa ap-
punto è comandata dalla ragione , e dalle leg-
gi , che da questa dipendono .
(a) Dico preso nel miglior senso , poiché
qualora s'intende per "sentimento morale,
come pur vogliono alcuni , lo stesso effetto
meccanico della piacevole o molesta impres-
sione , che la vista delle azioni buone o mal-
vagie in noi produce, e questo effetto mec-
canico si costituisca giudice immediato della
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Negativi • ( 23;
significa , fuorché i principj pratici, che innati
supponevansi dai Cartesiani , sia stato da al-
cuni timor sostenuto •
L'origine dell'inganno è l'universalità, che
nel sentimento del giusto o dell'ingiusto soor-
gesi fra gli uomini . Ma oltreché questa me-
desima universalità ammette delle forti ecce-
zioni , ove gli uomini sieno corrotti o dalle
passioni , o dai prfcgiudizj , o dalle prave con-
suetudini (i), basta una leggiera attenzione
per cotnprpndere , che in taoto egli è univer-
sale in tutti gli uomini che abbiano il sen-
so comune non guasto dalle passioni o. da*
pregiudizj , in quanto dipendendo da una
semplicissima conseguenza , non v' ha niuno
si stupido , che non sappia ded'urla : massi-
mamente che l'esperienza l'obbligherebbe jnir
finalmente a dedurla anche suo malgrado ,
giacché troppo spesso vedrebbe i tristi effetti, •
loro bontà o malvagità, egli è ancora più
apertamente falso ed assurdo . Imperocché il
veder uno ammazzare un altro lo stesso ef-
fetto meccanico certamente in me produce o
il faccia egli per offesa o per difesa , o per
privata o per pubblica autorità ; e se il con- v
danno nel primo caso , e nel secondo V as-
solvo , non è già per diversità d'impressione
meccanica , ma per ragione. Il sentimento*
inorale del buono è come il gusto del bello ,
i che non s'acquista se non a forza di osser-
I vare gli oggetti , di paragonarli, di studiarli,
insomma a forza di riflessione e di esercizio , *
nel «he certamente non vi ha nulla d f innato .
(t) Veggasi qui pag. 228., e nella Meta-
fisica a pag. 42.
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238 m * Doveri
che gli nascerebbero , ove si volesse far lecito '
l'usurpare liberamente l'altrui . -
Il diritto di proprietà , che ha ciaseun uo-
mo , a tre cose generalmente riduceài : la per-
sona , le sostanze , e V onore . Dovere di cia-
scun aorno è pertanto di non offendere al-
trui in niuna di queste tre parti . Incomin-
ciamo da ciò che riguarda la persona .
§. L Non offender altri nella persona .
Quattro sono principalmente i motivi , che
sogliono recare gli uomini a far ingiuria ad
altri nella persona : la povertà , l'ubbriachez-
za , Tira , e la prepotenza .
La povertà forma i pubblici assassini, i
pirati, i sicarj . IVfa oltreché qualunque po-
vertà anche estrema non può mai dare il di-
ritto d'inveire contro l'altrui persona , egli
è pure assai rado , che la povertà , la quale
conduce a siffatti delitti , sia per sè medesi-
ma incolpabile. L'ozio, V infingardaggine ,
l'abborrimento alla fatica , il giuoco , la cre-
pola, il libertinaggio sono i vizj, che in una
povertà o voluta , o meritata mantengono
siffatta gente. E poiché troppo è difficile,
che da questi vizj si corregga chi con laJun- *
ga consuetudine v'abbia formato l'abito,
quindi appare manifestamente la somma im-
portanza d'allontanarne la gioventù fino da-
gli anni primi ,ed avvezzarla alla temperanza,
all'occupazione, all'amore delia fatica.
IV ubriachezza è la seconda , e forse an-
cora più frequente cagione delle risse, delle
ferite, e delle stragi » Quand'essa sia del tut-
to involontaria ♦ come avviene pur qualche
vwlt;i , c sia tale , che tolga affatto l'uso del-
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Negativi . ttZg
la ra gioite , le azioni che in tale stato com-
mettonsi, non sono imputabili a colpa , come
noi sono quelle d' an frenetico o d'an forsen-
nato. Ma è ben raro , che> Tubbriachezza sia
accidentale affatto ed involontaria ; e tosto -
che ano avvertitamente si espone al pericolo
di perdere la ragione , egli si fa reo di qua- '
lunquè delitto, che in tale stato commétta .
Quindi è che Pittaco, affine di meglio distor-
re gli uomini dall' esporsi a cosi fatto peri-
colo , voleva che i delitti commessi nell ub-
riachezza fossero doppiamente panili . Al-
trove gH nbbriachi erano gastigati colla pub-
blica ignominia : né certamente fra tutt 1 i
vizj alcuno ve n' ha , che retida V uomo più
disprezzabile, e più degno d'obbrobrio , ag-
guagliandolo esso alle bestie irragionevoli , e
sotto di lor medesime degradandolo .
La collera o è di primo impeto , o rifles-
sa • In un impeto primo l'uomo non è pa-
drone di sè medesimo , e ciò eh' egli fa non
è a Ifcu imputabile , perocché fatto senza de-
liberazione, e con solo movimento mecca-
nico • Rare volte però avviene , che tfuesto
impeto primo trasporti V uomo sì rapidamen-
te ad operare, che non gli Lisci alcun tem-
po ai riflettere . Comunemente tanto di spa-
zio gli lascia almeno da conoscere ciò eh 1
egli fa ; e tosto che là riflessione è la co-
scienza di ciò ch'egli -operai, inuomincia ad
aver luogo ; incomincia pure la colpa .
La collera riflessa talrófta nasce An invidia
o da m*ljgifftfr, e {talvolta da ingiurie rice-
vate . L'invidia e la malignità vengono , co-
me è già detto , amendue in prima origine
da!P orgoglio . Noi ci sdegniamo di veder al-
tri superiori a noi, il che è invidia , ci sde-
sfa Doveri
gimmo pari talvolta di veder altri a noi e-
guali , e cerchiamo di'. far loro del male per
abbassarli sotto di noi» per sentirne la no-
stra superiorità al confronto , il che è ma/i-
gnità . Ma di amendue siffatte passioni l'ini-
quità e U turpitudine è sì manifesta , che non
accade pur favellarne .
la collera , che proviene da ingiurie rice-
vute f sembra a primo aspetto più compati-
bile , e lo è realmente , trattandosi del pri-
mo moto . M*, allora quando è continuata e
riflessa , quando diventa *x>cìio e rancore, e
molto più quando portasi alla vendetta , es-
sa non è meno condannabile di qualunque
altra .
Imperciocché ben fu parere d' alcuni anti-
chi filosofi , che fosse lecito il render male
f>er male; e Cicerone pùr disse (de Ojficiis
ib. i. c. 6) , che il primo dover di giusti-
zia è di non nuocere a nessuno , ove non
siamo da lui offesi ; quasiché il nuocere in
questo caso fosse permesso . Ma ni una cosa
propriamente può mai dare all' uomo il dirit-
to della vendetta . Egli ha innato il diritt o
delJa difesa , come aniesso a quello della
propria conservazione: può avere anche il
diritto della punizione ( con quelle restriziò-
_ ni che fra poco accenneremo ) , onde im-
pedire che T offensore ardisca d 1 oltrag-
giarlo altre volte ; ma la vendetta é sempre
barbara e brutale, né dall'ingiuria differisce,
secondo il savio detto di Seneca (De ira
lib. ì. ) , se non nel tempo e neir ordine •
Anzi essa può dirsi ancora più che brutale ;
poiché se la vipera morde chi la calpesta , se
morde il cane chi lo minaccia o il percuo-
te , egli è sempre per modo di difesa : un
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Negativi. *it
odio perseverante e riflesso appena dalle be-
stie è conosciuto .
Lo stesso diritto deltapunizione , in quan-
to tende ad assicurarci dagli oltraggi avve-
nire^ ben può appartenere a ciascuno per-
sonalmente, quando egli viva in luogo, che
privo sia d 1 ogni legge e d* ogni governo; ma
tosto eh 1 egli si unisce in società , egli cede
all' autorità pubblica questo suo diritto : e
per ottenere la riparazione dell' ingiuria ri-
cevuta, eia sicurezza dalle ingiurie avvenire ,
alla pubblica autorità egli deve ricorrere ;
imperocché niuua società potrebbe sussistere f
se il diritto della privata vendetta a ciascun
individuo rimanesse
Un mal inteso orgoglio è il particolare
motivo | che negli uomini nutre questo spi-
rito di vendetta . La taccia di viltà o di de-
bolezza essi temono, ove lascino di vendi-
carsi . Ma qua! lode in primo luogo può fi-
gli mai sperare un vendicativo ? 0 viene ad
ottenere la vendetta per mezzo delle prote-
zioni , dell 1 autorità , del denaro 9 e la loda
sarà del suo denaro , o del suo grado , o del-
le sue protezioni , non di lui stesso ; b l'ot-
tiene di propria mano, e la lode d'aver i
muscoli un po' più forti f o le membra uu
po' più agili f o le armi un pò 1 meglio tem-
prate , è tutta quella eh* egli p 0 ò aspettar-
si . Ma questa lode è essa paragonabile alla su-
blime grandezza d f un nomo magnaoimo ,
che sappia vincer sè stesso , e concedere un
generoso perdono ? Adriano salito appena?
all' impero , avvenutosi in un antico nemi-
co ; tu T hai scippata , gli disse , accennando
che cosa indegna di un imperatore egli ri-
putava il vendicarsi ; E con qua! senso cti
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242 > Doveri ^ 9 -
venerazione non sono da noi riguardati quel*
• li che hanno dato di questa magnanima ge-
nerosità i più illustri esempj ? Fooionc f che
condannato dagli Ateniesi ad ingiusta mor-
te, non altro comanda al figlio, se non di
perdonare agli Ateniesi; Cinna , che oltrag-
giato da ano dell A plebe, e dell'oltraggiosi
dimentica e dell 1 offensore ; Augusto , che in-
sidiato da Cinna , cui egli colmato arerà di
beneficj f non altra rendetta ne prende , che
farlo arrossir della sua ingratitudine , e di
nuovi .. beneficj ricolmarlo , da chi non sono
preferiti a' detestati nomi di Medea , d' Atreo ,
e d' altri tali famosi per le più atroci ren-
dette ?
Che fosse di lode il rendicarsi ne'tempt del-
la primiera barbarie, in cai, siccome abbia-
mo dianzi redato , di n all'altro si facea con-
to che delle forze £el corpo , non è difficile
a comprendere. Ma qaanto non è vergogno-
$0 , che lo stesso onore alla rendetta s'attri-
buisca anche a 1 dì nostri da quelli , che ad
ogni momento hanno l'onor sulle labbra ^sen-
za conoscere in che veramente egli consista ?
E ben forse n' arrossirebbono essi medesimi,
Sa riflettessero , che il pregiudizio , il quale
fa ad ogni minima offesa por mano alle armi ,
che fa credere che non si possa lavare un ol-
traggio se non col sàngue, è un avanzo ap-
punto delle massime atroci a noi portate dai
bàrbari del settentrione , propagatesi poi ne'
barbari tempi della cavalleria , e dall'orgoglio
do' giovani più sventati e prosontuosi d' età
in età tramandate. Il qual pregiudizio , ben-jj
chè più forse per effetto del lusso e della
mollezza, ehe per ragione , si sia a* nostri
- te*» pi scemato in parte , non è tuttavia a
V
Digitized by Googlè
Negatiti.
sperarsi che mai si vinca del tutto , finché
1 T opinione , che presso a molti tuttora il so»
stiene , non sia superata col legare pubblica-
mente a siffatte vendette tanto d 1 infamia e
di disonore , quanto d'onore e di lode ingiu-
stamente vi s' attribuisce .
Il quarto motivo , ohe guida gli uomini ad
offendere altri nella persona , è la prepoten-
za . Egli è raro difatti , che la forza superio-
re non inviti ad abusarne, per quel maligno
piacere che ha V uomo , piacere pdcanzi ac-
cennato 9 di sentire al paragone la propria su-
periorità; e ciò col gravare altri d* ingiurie ,
0 col farseli schiavi .
Un tale abuso di forze è quello che forma
1 grandi tiranni ne' grandi imperj; che forma
gli oppressori del debole , del povero nello
piccole società ; e che sì presto sviluppasi pur
ne' fanciulli , i quali sovente , come io ho
altrove accennato (1) , un tristo piacere si
formano di fare ad altri del male solo per
far mostra della superiore lor robustezza .
Siffatto abuso è stato pure riguardato da
Hobbes come un istinto della natura , corno
lo stato naturale dell' nomo : ingiustamente
però e stoltamente: perocché anzi la natura
ci grida di continuo colle voci della sensibi-
lità e della ragione , che indegno pure del
nome d'uomo è colui, che brutalmente si
vale della sua superiorità per opprimere i suoi
simili .
La sicurezza di non averne a soffrir danno
è quella che a ciò suole animare pi* for-
(0 Nella Lettera al Conte Carlo Fettoni
premessa al Voi. I. delle Novelle morali •
l z
Digitized by
244 Doveri
temente. Ma mille esempi funesti dtfvrebbo-
no togliere questa vana presunzione di sicu-
rezza . Il far male è cosa si facile f che non
Vha persona, per quanto debolo e vile e
povera ella sia, che quando ciò si proponga,
o tosto o tardi , non sappia pure riuscirvi .
Dove non giungono le forze, arriva l'astuzia
e la frode; dove non valgono le mani, sup-
plisce la lingua. Ninno , che faccia ingiuria
altrui | può mai essere pienamente sicuro di
non averne a soffrir la vendetta. V aquila
d'Esopo, affidata al valor delle sue penne,
beitavasi delle minacce e delle querele della
volpe , a cui rapito aveva uno dei figli; ma
questa, presa una fiaccola , col dar fuoco al-
la pianta , ove l'aquila aveva il nido , i figli
di lei col nido stesso ben presto v'avrebbe
abbruciato, se fatta accorta l'aquila del pe-
ricolo, non avesse immantinente alla volpe
il figlino! suo restituito .
•
§. II. Non offender altri nelle sostanze .
•
La violenza e la frode sono i due mézzi ,
onde gli uomini mal onesti si valgono per
usurpar l'altrui . Ma dei ladri manifesti io non
farò qui parola , i quali , come dice Cicero-
ne ( de Olficlis ìib* 3. cap. 8. ) , non colle pa-
role, o colle dispute dei filosofi , ma colle
catene e colle carceri sono da raffrenarsi . Io
prenderò invece ad esporre brevemente ciò che
. le regole della giustizia e del dovere da ogni
uomo onesto geperalmente richieggono .
Primieramente adunque non solo non de-
ve egli mai appropriarsi ciò che sa aperta-
mente «ssere d'altrui > ma nemmeno farsi pa-
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Negativi . 2*45
tfrone di ciò eh 1 è dubbio , infinchè questo non
è disciolto (i) .
2. Ove trattasi di co*a dubbia , bab^n cia-
scuno il diritto di far valere le sue ragioni ,
ma per modi onesti e sinceri . Qualunque
soperchierìa , o inganno « o artificio deve es-
ser tolto ; niuno deve mai abusare dell'altrui
debolezza , o sciocchezza , od inavvertenza :
Altrimenti ogni acquisto fatto per tali mezzi
sani sempre iniquo e vergognoso.
3: Nelle compere , nelle vendite , e ne*
cambj Ia*bnona fede più esatta dee sempre
regnare ! nè chi vende deve abusare dell 1 avi-
dità o ignoranza dei compratori per preten-
dere più del dovere ; nè chi compera può va-
lersi della necessità, in cui talvolta è il ven^
ditoro, o della sua imporizia , per levargli
punto del giusto prezzo (a) : molto più deb-
(1) Dionigi Tiranno di Siracusa per toglie-
re in Epidauro la barba d'oro alla statua d'K-
sculapio , ed in Olimpia il manto d'oro a
Giove , disse del primo eh' essendo Apollo
imberbe, non conveniva che il fìgliuol suo
fosse barbato ; l e del secondo , che qnsl man-
to troppo pesava d' estate , e troppo era fred-
do d' inverno . Quanti di quei pretesti , onde
valgonsi per usurpare l'altrui coloro , tha
vergognandosi dell' aperta frode e violenza ,
cercano pure di ricoprirla per qualche modo,
non sarebbero c|a somigliarsi a quelli di Dio-
nigi P
(2) Q. SCEVOLÀ. nel contrattar il prezzo
di un fondo sentendosi chiedere dal vendilo -
e a*sai m?ao % di qusllo eh* egli lo stimava 9
spontaneamente v'aggiunse cento mila s$$-
terzj ( GIG. de Offic. Lib. 3. Cap. S. )
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Doveri
• no essere affatto lontane tutte le fallacie
«elle misure ne* pesi 9 nelle qualità delle
mere io del denaro , e somiglianti (1) •
(i) Rispetto alla qualità dAìe merci , qaand'
abbiano dei difetti noti soltanto al venditore
e che <lal compratore non possano conoscer-
si , è cosa abbastanza chiara per sk medesi-
ma , che il Tenditore è tenuto a manifestarli
* in molti casi ciò è par dalle leggi espres-
camente prescritto * R' qnistione soltanto ,
f egli sia tenuto a palesare ancor quelli 9 che
il compratore con ona mezzana attenzione
po£> discoprire per sì medesimo , nel che teb -
ben CICERONE ( loc. cit» ) il voglia assoluta-
mente obbligato , non sembra però eh 1 egli
fio abbia un espresso dovere f purché non usi
alcun artificio a nasconderli , e ti contenti
sol di taotrli ; nè abasi dell 1 ignoranza o inav-
. vertenza del compratore per esigerne poi uh
prezzo maggiore del convenevole.
RONE(Ib. cap. 7. ) f che mi piace di riporr
tar per esteso . Pone egli il caso d' un mer^
catante , il quale partito da Alessandria per
Bodi con nna nave carica di frumento , vi
giunga in tempo che ivi sia estrema scarsez-
za; e domanda ; se sapendo egli esser parti-
to da Alessandria altre navi egualmente cari-
che alla stessa volta , debba ai Rod) manife-
starlo , o tacendolo vendere il suo frumento
a miglior prezzo. A disputare intorno 3 ciò
egli introduce DIOGENE in Babilonia , a
eoi pareva che il venditore fosse ben tenuto
a scoprire i difètti secondo il prescritto della
legge civile ; ma che nel resto egli senza fro-*
>■
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Negativi . 2Ì7
4- Nello promesse e nei contram la parola
data debb' essere inviolabile . E in questo
non solo la massima sincerità deve usarsi V
onde sia tolta ogni frode ; ma eziandio la
massima chiarezza e precisione , onde sia
de potesse giustamente cercar di render* il
fatto sno al iunior prezzo t ed ANTIPATRO
dtscrpolo di lui , il qual voleva alP incontro
che tatto si palesasse , dimodoché il cómpra-
tore nulla ignorasse di ciò che al venditpr
fosse noto : „ Io ho qoa condotto il* frumen-
to f/ fa egli dire a DIOGENE , l'ho esposto
in sai mercato , noi vendo più degli altri ,
c fors' anche meno : se n'ho maggior copia ,
a chi Fo io ingiuria con questo? Cotpe ? ris-
ponde ANTIPATRO , tu che agli nomini dei
provvedere, e servire air umana società , che
sei nato colla legge di dover sempre ubbidire
a quei principi di Natura f 1 quali vogliono
che il tuo vantaggio sia il vantaggio comune,
terrai celato agli nomini ciò che di comodo
e di abbondanza vien loro apprestandosi ? -
Altro è il celare, ed altro il tacere, ripiglia
DIOGENE : s'io non ti dico ora qual sia la
natura degli Sei , qual la fine dei buoni ;
pose , la cognizione di cui assai più ti giove-
rebbe , che V utilità del frumento , io non tei
celo per questo : non tutto ciò che ad altri
è utile F ascoltare , è a me necessario il di-
re • - Necessarissimo , replica ANTIPATRO ,
se pur ti sovviene , che tra gli uomini la so-
ciety è statuita e formata dalla stessa Natu-
ra , -Me ne sovviene , ripiglia PIOGENE j
ma questa società è forse telo , che ninno
«hbia nulla di propri*?? Se ciò fosse , niente
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r ^ . Doveri
rimossa ogni ambiguità o controversia o in-
certezza (i • '
.5. Nei censi , nei mutui , e nei prestiti di
ejgni specie quel fratto sojo si deve esigere ,
pare s 1 avrebbe a vendere , ma tatto avrebbe
a donarsi 44 . *
CICERONH qui 'sembra dar maggior paso
alle ra&ioni di DIOGENE ; ma pare in segui-
to (Ibid. cap. 8.) abbraccia il parere d' ÀNTI-
FA I RÒ . Imperocché egli è un celare , di-
ce , il volere per tao profitto , che altri ignori
ciò che tu sai , e che ad essi pare importe-
rebbe il sapere. E questo celare, segue egli 9
ehi noli vede di quale specie di uomini sia
proprio ? Certamente non di un uomo aper-
to , e semplice , o ingenuo , e giusto , e dab-
bene ; ma piuttosto di uno scaltro, e capo ,
e astato, e fallace, e furbo , e malizioso 4 *.
Checché sembrasse però a CICERONE ,
me certo non pare, elle a quel mercatante
di Rodi siffatti titoli si convenissero, qualo-
ra dell 1 altrui ignoranza egli non si servisse
per mettere il suo frumento ad un prezzo
indiscreto . Io concederò volentieri , che ope-
ra assai più lodevole egli avrebbe fatto, ma-
nifestando il frumento che altri recavano ; ma
3QOn tutto ciò eh 1 é lodevole è pur di esprcs^
so e indispcnsabil dovere ; né quel che a far-*
ti è virtù , è sempre vizio o delitto jl tralas-
ciarlo , Qorne vedreipo nella seguente Sczio-s
(ì) Le ambiguità da alcuni si asano es-
pressamente per abusarne, Come già fece
secondo PLUTARCO ( Apopht. Lac.) lo spar-
tano Cieomejpe , il quale patteggiati coi n?-
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I
Negativi. 24.3
che le leggi permettono , allontanata ogni
sarà .
6. Chi per nitri affatica ha diritto di ricer-
care air opera sua la ricompensa; ma nè egli
deve porla a maggior prezzo , che per si stes-
sa non merita , nè chi il servigio ha ricevuto
deve la mercede o negargli , 0 ritardargli ol-
tre il dovere .
7. Chi riceve o deposito , o amministrazio-
ne di cose altrui, esserne deve fedele costo-
de ed amministratore , non trascurarne la
guardia e' la tutela , sicché ne vengano a pa-
tire , non valersene a proprio vantaggio con
pregiudizio del possessore •
Qualora recato siasi altrui del dapno o
per imprudenza o per colpa , dee. ripararsi "
scrupolosamente, ove il danneggiato sponta-
neamente non lo rimetta , . ' '
9. Ogni regalo o promessa * che servir pos-
sa d 1 insidia , onde farci mancare al dover
nostro , deve riggettarsi come un' ingiuria •
Celebre in quésto si è resa presso ai Roma-
ni r integrità di Curio, e di Fabrizio ; e
presso agli Ateniesi quella di Senocrate, e
di Focione (1). Cleomene Spartano , tentata
mici cento trenta giorni di tregua 9 saccheg-
giava le lor campagne di notte , dicendo
ch'egli avea promessa la tregua di giorno,
ina non di notte ; e come altrove abbiamo
già accennato ( Logica Part. fi. pag. 99,)
che fecero pure i Romani f i quali convenu-
. ti con Antioco eh' égli dovesse lor cedere la
metà delle scie navi , pretesero che non la
metà del numero, ma la metà di ciascuna lo-
ro cedesse , col qual pretesto niuna interai
gliene lasciarono .
<i) CjURIO ai Sanniti , ehe tentavapQ di
I
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a5o ^ Doveri
anche egli con doni da Meandro Samio ? non
solo li ricusò , ma lo fece pur esiliare , per-
chè altri non corrompesse .
io. Le stesse eredità acquistate per testa*
mento non sono oneste , dice Cicerone (de
Officiu lib. 3. cap. 8. ) , qualora siano pro-
cacciate con maliziosi arti fi cj ; e peggio anco*»
ra ove s' ottengano con pregiudizio di quelli ,
a cni toccare dovrebbono legittimamente . ^
Insomma per tutto chiudere in breve , il
rigor massimo usare da noi si Jeve in que-
sta parte: guardarci dal recare mai ad altri il
minimo nocumento , guardarci dall' usurpa-
re , o dal ritenere giammai cosa alcuna , so-
pra di cui non ci consti d' avere un sicuro ed
indubitato diritto. >
A ciò non pur dal dovere , ma ancor dal
nostro proprio interesse noi dobbiamo essere
determinati; giacché non vi ha cosa che ren-
da T uomo più abbonito e vituperevole , che
r usurpazione , la trufferia , e la mala fedo .
Un solo tratto malonesto , che in alcuni si
' 4
»
m mm m mmm .
corromperlo con danaro, fece veder la sua
cena , eh' era di sole rape , dicendo loro : Non
abbisogna di oro chi appagasi di cotal cena .
lo stesso disse SENOCR ATE ai Messi di Ales-
sandro . FABRICIO non solo rifiutò i doni di
Finto , ma legato in appresso gli foce con*
durre il Medico , che offerto si era di avve-
lenarlo . FOCIONE ricusando cento talenti
mandatigli da Alessandro : lascia , disse ,
che io m' abbia la riputazione di corno onè-
sto . e lo sia • E certamente il dùjmteresse
è impunto la maggior pruova dell' onestà ,
o^de CUIIONE meritamente dicea , che Toro
è all' uomo ufee air oro è pietra di paragone.
\
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Negativi . s5i
scopra , ,ba$U per rènderlo perpetuamele
sospetto; per quanto egli cerchi d'asconder-
si , è ben difficile ^ che aluna volta Y nomo
jnalonesto non si discopra . Al contrario non
v' ha cosa, che ad nn nomo renda più ono-
re che un'illibata integrità (j). Aristide ,
che dopo avere por molti anni in Atene avu-
ta l'amministrazione del pubblico erario,
morì poverissimo , per questo titolo sarà eter-
eamente glorioso (2)
Ma un forte bisogno noal può egli far le-
cito qualche volta V appropriarsi l'altrui?*
Alla conservazione di sè stesso ognuno ha
certamente un imprescrivibii diritto ; e se
uno che langue di fame non ha altro mezzo
di provvedersi f s* è necessitato assolutamente
a toccare l'altrui , questo pure sarà a lui per-
messo P Ma tante condizioni a ciò si richieg-
gono , che è ben difficile che mai il caso ne
avvenga . Conviene, eh' egli abbia indarno
cercato di procacciarsi onestamente il neces-
sario colla sua industria e fatica , o che 9
ciò per costituzione di corpó sia affatto iip*.
potente , e elj.e indarno abbia procurato d'ot-
* ' f ù
'. mm-m ■■■ ■ ■ ■■ . i ■
(i) Fundamentum perpetuale e ammenda*
thm et f*mae, diee CICERONE ( De Of T
fic. lib. 2. cap. i4) est j 11$ tùia, dine qua
nihil potest esse laudabile .
. (2) Lo stesso ARISTIDE , allorché TEMI-
STOCLE propose di abbruciare tutte le* navi
.dei Greci , affinchè itene sola avésie fi Àq-
minio del mare, si contentò di dirè s 'cìie il
progetto di Temistocle era utile , ma non
onesto ; e ciò bastò, perchè il progetto da 1
popolo si rigonasse , ti / \
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*5fc Doveri
tenerlo spontaneamente dal soccorse altra! f
e che il bisogno frattanto sia estremo e non
ammetta dilazione ; e in questo caso puran-
che quel solo a lai sari lecito A x appropriar-
si , ohe si rich legga al presente bisogno , *
txon più : ai bisogni avvenire egli dee cerca-
re in seguito di provvedere o colle proprie
fatiche qualora il possa , o «Sol chiedere Fai-
trai pietoso sovvenimento .
Io dico primieramente cotte proprie fatiche
qualora il possa ; imperciocché non è già
esente da colpa chi potendo procacciarsi il
fitto eòi supi lavori f sceglie piuttosto di pro-
curarselo mendicando . Se Y altrui non usur-
pa egli colla forza , V Wpi allor colla fro-
de quella impotenza mostrando e quel bi-
sogno 9 ohe non ha veramente , e frodando
intanto i veri impotenti di quei soccorsi >
ehe soli essi hanno, diritto di esigere dalFal-
troi umanità .
Ma ciò «he spinge pia comunemente ad
usurpare T altrui o colla forza o ooU» frode f
Vi h l'avarizia, la quale nasce in alcuni dal
solo amor del denaro , e dal turpe e vile de-
siderio di ammassarlo ; ed in. altri dall'op-
posto y\z\o , io voglio dire dalla prodigalità
e dal lusso . Chiunque spende sopra alle
forze , chiunque vuol comparire più che non
è , air eccésso delle sue spese supplir non po-
tendo «oh nudi onesti , conviene che agFino-
pesti, ricorra • ttùo dei quali» o il più fre-
qnente % sebbea meno scrupolo se ne faecsa-
mo la maggior parte f si è il caricarsi di de-
biti pltre misura , e frodar poscia o con fai-
si raggiri > o con un turpe fallimento i pro-
nrj creditori
y % ha dei politici , i quali lodano il Usto
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/
Sfegativi . ^ *5$
come atile alla società, perchè anima , dico-*
no essi , V industria , promuove le arti e it
commercio , e fa che il denaro non. ristagni
in poche mani , ma corra, e circoli , e si
diffonda . Or che ciò possa riuscir di vero*
vantaggio , infin che il lusso è ristretto nei
soli ricchi e nei grandi , e che da essi pur»
s'esercita in modo proporzionato alle lo r fa-
colia ( nel qual caso è magnificenza f non
lusso), io il concederò volentieri . Ma che
sia utile alla stessa società , quando egli si va
diffondendo nelle classi minori, ed ognuna
vuol grandeggiare sopra alla propria condi-
zione ; quando per supplire alle spese , che a
ciò richieggonsi , la più parte sono costretti
a ricorrere a mezzi turpi e inonesti ; quando
nasce perciò un conflitto continuo fra i cit-
tadini di violenze e di frodi , e quello si tie-
ne più valoroso e più accorto , che meglio
sa opprimere» ed ingannare altri; quando è
spenta in conseguenza la buona fede , cor-
rotti sono i costumi, e regnar si vede da uji
canto l'astuzia e la malizia, anziché un'in-
dustria lodevole, e d ali* altro l'ozio., il II-
bertiffaggio , il dissipamento, io certamente
non so concepirlo . Checché a* politici possa
parere deh ! asso in questo caso , la morale
certamente per niup modo, non potrà mai ap-
provarlo , ed io lascerò poi ad essi il decide-
re se alcun oggetto politico possa mai real-
mente esser utile, quando sia opposto alla,
morate (i)-.
* •
(1) Guai a chi pone , diceva . ÀRRTÀNO ^
in un luogo V utilità , e in no altro ì*
dovere ; e U Libro III. degli UfSc) di CIGR.^
i
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254 Doveri
• *
§• IH. Non offender altri nell'onore*^
^ La riputazione è fra i beni dell* uomo il
più importante e più prezioso ; ed il togliere
altrui la riputazione è talvolta peggi or de-
litto , che V offenderlo nelle sostanze , o nel-
la persona ; conciossiachè le conseguenze, a
/cui può condurre una calunnia o una maldi-
cenza , sieno infinite , e il detrattore o calun-
niatore si faccia reo di tutti que 1 inali , che
possono derivarne .
Questa specie di delitto ciò non ostante è
forse la meno considerata, e di essa gli uo-
mini minor ribrezzo comunemente si fanno *
L* orgoglio , che apertamente o segretamente
domina in ciascun uomo , fa che ognuno go-
da di vedere £li altri abbassati, e che quin-
di volentieri ascolti chi parla male d'altrui,
e facilmente si lasci trarr? a parlarne mal*
cgh stesso .
Allora principalmente egli è difficile il con-
tenersi , quando gli altrui difetti caricar si
possono di ridicolo . La ricompensa di lode,
che il maldicente promettesi dalla brigata
eoi saperla far ridere a spese altrui , è qna
fortissima tentazione (2) , alla qrjale tanto più
RONE è quasi tutto occupato a dimostrare
«he niuna cosa deve ntile riputarsi qualora
non sia onesta : il che se è vero rispetto a
ciascun uomo , molto più esser deve rispet-
to all' intera so si età .
(a) Perciò dice LA ROCHEFOUCÀULT
che alcuni sono maldicenti più per rapiti «he
j?er malizia .
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facilmente sì cede f quanto meno di pregiu-
dizio si suppone che hi pittata- di tali difet-
ti debba recare alle persone f a cai s'oppro-
pria . Ma un solo motto , un tratto sol di ri-
dicolo è stato qualche volta la rovina di
quelli contro di cui fa lasciato. E siccome
tanta maggiore impressione egli fa, e tanta
più lungamente suol ritenersi , quanto è più
arguto e più rivo ; cosi in* questi casi via
maggiormente dee V nomo onesta saper vin-
cere Y amor proprio e raffrenarsi .
Tanto più che la sperare colla maldicenza»
▼era lode, o stima, o affezione da quelli
ehe ascoltano , è una vana illusione ; poiché
se in sul momento piacciono i motti vibrati
contro d y altrui , o le detrazioni dell' altrui
fama , non pub piacere però , ne amarsi una
nona v da cai ciascuno gli stessi motti 9 o
tesse detrazioni possa, temere in altro
tempo per sè medesimo .
Aggiungasi che lo spirito di maldicenza,
è una forte presunzione contro di ohi l'eser-
cita ; Se noi non avessimo dei difetti , die*
JLa-Roehefo ucaalt , non proveremmo tanto
piacere a notar quelli degli altri ; e non so ehi
dissa pure una folta assestatamente ad un ma*
ledieo : tu sparli incessantemente di tutti 9
perchè altri non. abbia tempo a sparlare del
falli tuoi.
V uomo onesto pertanto dee in primo luo-
go guardarsi dal caricare mai alcuno d' in-
giuriose parole in sua presenza , il che ol-
tre ad essere malonesio , è' pur costarne trop-
po scortese e villano r
2. Dal volger mai altri in ridicolo , ove non.
facciasi tra amici con ano scherzo urbano e
gentile, e materie unwcenti.
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I
1
256
Doveri
3. Dal! 1 osar mai d 1 intaccar V onore d* al-
enna persona assente, giacché Y accasare chi
non può adire le accuse e giustificarsi, oltre
ad essfere azione rea r è par azione bassa e
vigliacca .
4. Dal riferir mai ciò che ode vociferarsi da
altri contro d' alcuno , specialmente quando
le imputazioni vengano da persone non ab-
bastanza degne di fede. In questo pochis-
simi si fanno quel carico, e quella dilica-
tezza dimostrano , che ognun dovrebbe . P$r
loro , che il non essere i primi autori della
maldicenza , e il ridire soltanto ciò che han-
no udito da altrui , gli assolva da ogni col-
ciò che hanno udito di noi , da chi procede
origina Un ente , se non da noi stessi?
L' inventare poi a bello stadio espresse
calunnie per lacerar l'altrui fama , o ad un
piccolo fondo di vero aggiungere mille falsi-
tà per esagerarlo 4 o metter in pubblico ciò
che a noi soli è palese , sono azioni si ne-
re , che basta soltanto accennarle per eccita-
re in ogni animo , che abbia pare qualche
senso di onestà , il pia sdegnoso e più fiero
overe positivi d 1 ogni uomo abbiamo det-
to ( pag. 235.) esser quello di fare od altri
-ciò che ragionevolmente egli può esigere , che
in agnal caso a lui sia fatto,. Or a due tose
.abbonimento ,
A k t 1 c 0 fi o IL
Doveri positivi ,
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Positivi* *Bj
principalmente questo dovere s' estende : pri-
mo a giovare ad altri , ovunque senza pro-
prio danno o incomodo si possa fare fecon-
do a soccorrerli eziandio con qualche danno
o incomodo ne'casi almeno più gravi .
Che anche questo dovere ci sia imposto
dalla natura , non è difficile a comprendere,
ove si voglia attentamente esaminare il na-
turale effetto, eh* in noi la vista degli altrui
mali spontaneamente produce . Risvegliando
essa rapidamente la memoria più o men di-
stinta de'mali che abbi a m sofferti noi stessi,
in noi eccita naturalmente un certo fremitò*.
e un certo affanno , singolarmente alla regio-
ne del petto , simile a quello che proviamo
nei nostri proprj mari; e questo fa sì che ci
mettiamo i senza pur quasi avvederci, nello,
stato della persona che "soffre ; che c'identifi-
chiamo in certo modo con lei , che entriamo
a parte de'suoi stessi dolori , che spinti in fi.
ne ci sentiamo a soccorrerla , come se aves-
simo a sovvenir noi medesimi . (1) . Or questo
t-t mmm » i H m i ii ■ ■ ■■■ ■ ■■ i i m a
(i) Intorno alla compassione merita di es-
ser letto il filosofico Saggio dell' Ab. CASSI-
NÀ . V Autore delle idee sull'indole del pia-
cere f ( come abbiamo accennato a pag. 17.)
sembra portare opinione , che il sentimento
della compassione non consista che nel fre-
nato d 1 alcune parti unisone della nostra sen-
sibilità ; a cai si mi he è pare 1' opinione che
mostrano generalmente i sostenitori del sen-
so morale, e della moral simpatia . Quando
però con ciò vogliasi intendere un effetto pu-
ramente meccanico , certamente in quella gui-
sa che io aoa so ammetterlo riguardo alla
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$58 _ # Do peri
che altro è mai , se non una chiara è Tira
voce della natura 3 la quale ai impone di
porgere agli altrui mali quel pronto soccor-
so f the brameremmo nei nostri proprj ? Un
simpatia e al senso morale (V. pag. x83 e
237. ) , cosi nemmeno riguardo alla compas-
sione . Io osservo difatti , cko questo tremito
macchinale punto *on si discopre in chi non
abbia sofferto mai vera» male ; e il detto di
Bidone pressa VIRGILIO {Aeneid. Lib- 4.) :
Non ignara mali miseria succurrere disco , è
non men vero e filosofico , che poetico » I bam-
bini , che ai segni esterni ancor non abbiano
legata l'idea de'mali interni f dì cui sono indi-
aio , alla vista dei mali altrui ben. ricevono
le medesime impressioni , come gli adulti ;
ina non dimostrano perciò verun sentimento
di compassiono , il qual pur dovrebbono di-
mostrare , se la compassione altro non fosse
che un fremito di parti unisone , 0 qual che
si voglia altro effetto meccanico . Osservo di
più che questo sentimento suol essere gene-
ralmente proporzionato alla maggiore o mi-
nore esperienza, che ciascun abbia dei pro-
pri mali , e alla maggiore 0 minor pena che
gli cagionano . Perciò veggiamo i fanciulli
compassionare quei mali che hanno provato
in *è stessi, e pochissimo senso mostrar per
quelli , di sui non hanno cognizione ; per-
ciò le donne leggiamo comunemente alla
compassione più inchinevoli 9 che non sono
gli uomini , o perchè a maggiori mali vanno
soggette , o perchè essendo di qna tessitura
più bilicata li sentono più vivamente : fra gli
nomini stessi veggiamo pure universalmente
1
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Positivi . *Sg
taore barbaro e snaturato è il solo che giù-
gner possa a soffocare in sè ed estinguere il
general sentimento della compassione 9 ed a
mirare gli altrui mali, spezialmente più gra-
vi , con occhio placido e tranquillo . Indi è*,
che inumano meritamente vien detto chi quel
sentimento sopprime , o ad esso non ubbidi-
re, perchè appunto alla natura dell'uomo
con ciò si oppone; e dovere ef umanità è
chiamato "quel che prescrive di porgere altrui
soccorso nei loro mali , perchè la natura dell*
nomo coi sentimenti della compassione apct»
ta mente il comanda (1).
E chi è difatti , che mostro anzi che uomo
non chiami colui , il quale vedendo taluna
languir di fame , e potendo soccorrerlo , bar-
baramente il rifiuti: o vedendolo in grave
pericolo , e potendolo sottrarre f osi inuma-
li amento negargli a j cito ; o mirandolo ingiu-
stamente assalito ed oppressa , e potendo di-
più compassionevoli i deboli ed inferrale ci f
che non i sani e robusti , e più quei ohe so-
no più dilieati e sensibili, ohe non i duri ed
alpestri : finalmente anche verso degli altri
animali la compassione è in noi più forte ,
quanto più chiaramente , • vivamente dai lo-
ro segni argomentiamo il dolore che soffrono ;
e ognun certamente sentirà saggiai pena al
veder ammazzare un cavallo , od an cane ,
che una mosca , o una pulce .
(i) CICERONE il chiama pure un dover di
giustizia : Fundamenta justitiac f primum ut
ne cui noceatur ; deinde ut communi utilitat
.sermtur ( De Qffic. lib. {. Gap. *i< )
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af?o Doveri
fenderlo o liberarlo , spieiatamente il rica-
si ? (2) •
Nè vale , cb« aleun dì sagio siffatti soccor-
si cagionar debbano a chi li presta . Ad un
cuore compassionevole ed amano ben più di-
sagio e molestia cagiona il sentimento deli 9
attrai male , finche non è tolto .
Che se ancora con qualche disagio vuole
la umanità, che porgiamo ad altri soccorso;
molto più il vaole quando ninna pena e ci un
incomodo abbia a portarci . Indi è , secondo
Cicerone ( de Ojficiis lib. 3. cap. 7. ) f che
presso gli Ateniesi per legge erano caricati di
pubbliche esecrazioni coloro, che ad nn no*
mo errante o smarrito negassero d 1 addittare
la retta via ; e lo stesso farebbesi giustamen-
te a ihi negasse ad un viandante sorpreso dal-
la pioggia an momentaneo ricovero , o nna
favilla di fuoco a chi ne abbisognasse per
accendere il proprio; o ricusasse dar mano
ad ano che fosse caduto per rilevarlo di ter-
ra , o di porger consiglio a chi ne'saoi dab-
bj ne lo chiedesse , o di prestar alcun altro
di quei servigj , che il medesimo Cicerone
X ) chiama utili a chi li riceve , e non mo T
lenti a chi li porge. Siffatti ufficj certamente
rifiatar non si possono senza inumanità. Al-
tri maggiori ne sono, a cui un espresso ob-
bligo non ci costringe ugualmente; ma In
appunto ove cessa il dovere d'umanità inco-
mincia poi il merito della beneficenza , sic*-
€ome appresso vedremo v
(1) CICERONE dà anzi a questo il titolo
d' ingiustizia ; Injustitiae duo genera sunf ;
unum eorum qui, inferunt 9 alterum eorum ,
qui ah iis qtiihus infertur 9 si possint , non
propulsanl injuriam < de Offic. Xib. I.Cap. 8.)
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CAPO fi.
Doveri scambievoli tra gli amici .
X otti generalmente abbiamo mestieri d'ai-
tcano , che ci consoli nelle afflizioni , che ci
consigli Dei dubbj , che ci corregga nei vizjj
o negli errori, che ci soccorra nelle indigen-
ze , ed in seno a cai poter deporre con sicu-
rezza i nostri segreti . Un amico pertanto alla
nostra felicità è importantissimo: onde ben dis-
se l'Ecclesiaste ( Cap. VI, ?. 1.4? ) » che chi sa ri.
trovarJo det e far conto d'aver trovato nn tesoro
Ma come assai raro è cosi fatto tesoro , co-'
ipe pochissimi sono i veri amici ; cosi nella
scelta di questi ò da procedere con grandis-
sima cautela. Per tal motivo, innanzi d'es-
porre i doveri, che verso gli amici usare si
idebbono, io credo troppo necessario il prò-
-mettere le condizioni, che si debbono in es-
si richiedere avanti di sceglierli .
•* ■
Articolo I,
... . . ■ - . • • •;
Scelia degli amici.
Gì I
li uomini , dice il sig. d\ Alembert , co-
munemente incominciano dal fidarsi di tutti ,
e terminano col non fidarsi pia di nessu-
no. Ora per non cadere in questa universa-
le diffidenza , che forma poi il maggior sup-
plizio della vita , è necessario, Y incomincia-
re da una savia diffidenza a principio . G! :
atti comuni d* urbanità e di convenienza usar
•i rogliono generalmente con tutti ; ma agli
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a6ir Vwtri
atti di famigliarità e di confidenza non si
dee passare con nessuno , se non dopo averne
diligentemente esaminato » e pienamente co-
nosciuto il carattere .
Un fondo di massima onestà è la priiùa
eosa f ehe in un amico si dee richiedere , e
chiunque scoprasi aver commessa o tramata j
una rea azione 9 dalla nostr* amicizia deve
incontanente sbandirsi.
Ma non tutte le azioni degli uomini sem-
pre veder si possono , e dall'altro canto il
mondo troppo più abbonda d'jipocriti e d'im-
postori , che non sarebbe a desiderare : onde
potrebbe avvenire agevolmente, ohe uno fos-
se del peggior cuore , e che tuttavia muna
rea azione in lui giugnessimo a discoprire.
Altri indizj però abbastanza supplir potranno
in questo caso. *
Dall'ira, e dalla fiso no mi a la maggior par-
te s f affrettano a giudicar del carattere delle
persone . Ma benché il volto f il gesto , il
portamento , e V occhio più di tutt* altro gio-
vi assai volte a far eonoscere V interno stato
dell' aai mo , e specialmente le passioni ohe
allor vi regnano , si fatti indizj sono però
troppo incerti , ed insufficienti a dinotare il
carattere fondamentale ; e per quanto si
sieno sforzati Giambattista Porta nei tempi
addietro , e più recentemente il sig. Lavati er ,
é De-la-Sale a indovinare il carattere abitua-
le a* un uomo dalla fronte, dagli occhi, dal
naso , dalla bocca , dal mento , dalle rughei
o rette o curve, o orizzontali o verticali,
quei loro segni tròppo sovente alla pruova si
trovan vani e fallaci . Oltreché i più scaltri
sanno troppo ben mascherarsi , troppo ben san-
no comporre il viso j gli occhi, gli atteggiameli-
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■s
Scelta degli amici . S6S
ti , e troppo corre pericolo d' ingannarsi chi
si affretta con soverchia celerità a giudicare
alia esteriori apparenze .
I discorsi ne sono indizj meno ingannevo-
li . Chi sopra il giusto e l'ingiusto, il leci-
to e T illecito mostra d' aver massime false o
stravaganti; ehi da a conoscere cT operare
senza principi , o variar di principi al variar
dello circostanze, e aggirarsi secondo il ven-
to , è da fuggirsi interamente .
Lo stesso par è da fare con quelli , che
colle dolci parole e colle adulazioni artifi-
ciose si studiano di lusingare e carezzare
il nostro amor proprio (1) Ognuno ama na-
turalmente la loie , • inchina a prendere af-
fetto a coloro, che gli dimostrano maggiore
itima e rispetto . Ma la lode è V esoa appun-
to , di cui maggiormente si valgono i tristi
per coglierci ai Toro amo , o trarci nelle lor
reti (2>.
V adulazione h facile assai volte a distin-
guersi da una lode sincera, qualora dall'amor
proprio non siamo soverchiamente accieca-
ti . Ovunque *i vede dell' esagerazione , del-
lo studio , dello sforzo , dell'artifizio , l'adu-
lazione è manifesta , molto più quando le
lodi ci sien profuse per bagattelle di ninno
o pòchissimo ponto; e peggio ancora quando
V » *
■ t
(i) Cavendum est ne assentatoribus paté*
faciamus qures * neque adularì nos sinamus ,
in quo fall facile est. (CICERONE de Oftic .
•Lib. 1. Cap. 29.)
(«) Coloro , cht prender si lasciane dagli
adulatori, BIONR gli assomigliava alle anfo-
re , che attorno si portano p er te orecchie *
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*S4 Doveri
lodate ci sieno o scusate con soverchia coti*
discendenza le cose pur biasimevoli . La stes-
sa felicità di far eco alle nostre parole f
d' approvare qael che è da noi approvato f
e condanare quel che da noi si condanna , è
aperto indizio d'adulazione. ISegat q'tis ?
nego . Ait i ajo. Postremo imperavi agame t
mihi omnia assentavi, diceva quel 4 furbo ap-
presso Terenzio . *
I più scaltri però sanno sovente adoperare
un'adulazione sì fina, che da una lode sin-
cera mal si distingue ; e da questa appunto f
diceva Cicerone f più accuratamente convien
guardarsi. Giungono essi talvolta a valersi fin
della stessa contraddizione , e ci adulano pur
liticando con noi ; perciocché alla fine si
danno vinti, onde quegli ch'essi vogliono
gabbare si lusinghi in cuor suo di veder me-
glio degli altri (i) .
E perchè da questa adulazione più astuta
è più facile che noi ci lasciamo abbagliare ,
ove trattisi di noi medesimi ; perciò dobbia-
mo attentamente osservare quando essa è usa*
fa verso d'altri. Giudici imparziali noi, pos-
siamo allora giudicare più rettamente; e to-
(i) Ànimadvertant ne callida assentatone
0 apiantar \ aperte enim adulantem nemo non
videi , nisi qui admodum est excors . Calli*
das ille , et occulta* ne se instinuel studiose
cavendum est; nec enim facile a*noscitur ,
quippe qui etiam adversando saepe assente-
tur, et litigare se simulans blandiatur , af-
que ad e&remum det manus , vincique se
pattatile 9 ut is qui illusus sit plus vidisse
videatur. De Àinieitia»
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>
i Scelta degli amici . 265
sto che scopriamo taluno essere adulatore con
. altri , a dispetto di tutto il nostro amor pro-
prio dobbiam conchiudere ch'egli è adulatore
con coi paranchi , e prontamente da esso al-
lontanarci <i) ♦
ì E veramente qual v'ha carattere più abbo-
i rmncvole, o che più sia da paventarsi ? Qua-
le indegnità non possiamo noi aspettarci da
un uomo , che parla contro ai sentimenti del
i proprio animo , e che si vale della nostra
medesima debolezza per ingannarci? Meno è
eerto a temersi chi apertamente ci carica d'in-
giurie e d'improperj , come meno terribile è
un aperto nemico , eho un traditore coperto •
Perciò a ragione Alessandro , orgoglioso e
vano com'era , fece tuttavia con isdegno geU-
tar nelPldaspe il libro adulatorio d'Aristobo-
lo , dicendogli , che gran mercè era pure, che
lai medesimo non vi gettasse .
Ma quanto ama ognuno d'esser lodato , al-
trettanto pur gode di vedere gli altri o posti
i in ridicolo , o censurati , e quindi è che an-
che i maledici, specialmente ove sappian dir
male con acutezza e con ingegno , comune-
i mente sono ben accolti , e festeggiati ed ac-
carezzati . Ma un maledico certamente non
• sarà mai T amico, che un uomo saggio ed
j (0 Giocondo, diceva AGESILAO , è Tes-
ser lodato , ma da quelli soli , che non te-
] merebbono pure di biasimarci se in noi
I alcuna cosa lor dispiacesse: e perciò dal-
le lodi, e dai biasimi, che uno dava ad
? altrui , soleva egli prendere occasione di
, esaminare il carattere di amejidue ~ *
r
« « i»
»
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±66 Doveri.
onesto per sfc trascelga . Imperocché qual con-
to si può mai fare di uno che tutta pone la
sua gloria e il piacer scio del lacerare la fa-
ma altrui ? E quanto par atiche non è a te-
mersi, che qaello stesso ad altri dica di noi,
che tx nói dióe degli altri?
Non basta però che una persona sia one-
sta , e di rette massime e costanti, e sin-
cera , é non maledica , per meritare la no-
stra scelta. Ella vuol essere in secondo Ino-
go ancor prudente . Imperocché siccome Ta-
mico esser deve il depositaria dei nostri se-
greti , così troppo importa j che sieno questi
affidati con pienissima sicurezza .
Esclusé per questo titolo debbou essere dal-
la nostra confidenza primièramente le perso-
ne leggiere o sciocche , che anche senza mal
animo potrebbero facilmente tradirci . Escluse
similmente le persone soverchiamente loqua-
J2
i
sire . Esclùsi pur finalmente coloro , che su-
surrando ci vengono segretamente all'orecchio
i fatti altrui , e che in egual modo a mille
altri andrebbero segretamente air orecchio
susurrande i fatti nostri .
Onestà e prudenza sono i due caratteri fon-
damentali da chièdersi in on amico ; e dove
questi si trovino , possiamo ivi riporre con
sicurezza la nostra confidenza .
Ma oltre a queste condizioni , altre pure
in un amicò cercare si debbono , le quali
sebbene meno essenziali , perchè non riguar-
dano la sicurezza e la fedeltà , sono però im-
portantissime , perchè il diletto riguardano
■ ti» • • —
dell amicizia .
Esaminar* si deve pertanto in terzo luogo
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Scelta degli amici. ,267
il temperamento . Un aomo collerico ed ira*
petuoso difficilmente formar potrebbe un' a-
micizia lunga e costante : un aomo pigro ed
insensibile difficilmente potrebbe esserci d'al-
cun soccorso : ua temperamento attivo e vi-
vace , ma regolato dalla ragione , è desidera-
bile sopra d'ogn'altro .
4- L' umore puranché è da riguardarsi . Chi
troppo tende alla melanconia , non farebbe
che attristarci continuamente in luogo di sol-
levarci : un' allegrezza smodata , oltreché è
difficile che sia durevole , pure ci sarebbe so-
venti volte di noja : una moderata , ma sta-
bile giovialità è quella che più merita d'es-
sere preferita .
5. La cultura dell'animo è ancora da ricer-
carsi quanto è possibile. Un nomo fornita
d'ingegno e di cognizioni , oltre ai vantaggi
che ci può recare colle sue istruzioni e co f
suoi consigli , può anche offrirci co" suoi di-
scorsi oggetto continuo di piacevole interte*- -
nimento ; laddove un uomo sciocco ed igno-
rante, oltre al pericolo dell' imprudenza cha
abbiamo pocanzi accennato f non può presen-
tarci che dna compagnia nojosa e stucche-
vole .
6. La conformità nella maniera di pensa-
re è similmente a desiderarsi . Due persona
troppo discordi nelle opinioni è diffìcile cho
ncll 1 animo sieno lungamente concordi .
7. Dove si possa, cercar si deve pur la
concordia e conformità nelle occupazioni •
Imperocché quelli che attendono ai medesi*
mi studj , o che si occupano nello stesso ge-
nere di vita , oltreché pià agevolmente aver
possono dei soggetti interessanti , sopra di
m 2
*
• *
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L
ft68 9 Doveri
cui trattenersi, grandissimo ajuto si possono ali-
ghe prestare scambievolmente .
. S. Finalmente l'eguaglianza di età e di con*
.dizione è par da cercarsi quanto le circo-
stanze il permettono ; giacche le inclinazio-
ni , gli umori , i temperamenti della gioven-
tù e della vecchiezza sono troppo dissimili
per formare una unione contante ; e la gran-
dezza colla piccolezza è raro che stabilmen-
te possa associarsi .
Tutte q.ueste qnalttà è certamente jdiffici-
Je che in una sola persona si trovino raduna-
le : nel cjual caso quelle persone debbonsi
preferire , che ne posseggano un maggior
numero , incominciando dalle due prime , one-
stà e prudenza , .che sono assolutamente in-
jd impensabili..
IVLa in questa scelta è da procedere soprat-
tutto con molta maturità (i) . Dalla scelta
de' suoi amici , dice Seneca , si conosce l'ac-
cortezza di un uomo ; ed una scelta sover-
chiamente affrettata è difficile ehe sia pru-
dente (2)„.
(1) Se si ha a comprare un vaso , si
guarda prima e si esamina da ogni parte ,
riicea ÀRISTIPPO^ e perchè non si esamina
pur da ogni parte la vita di quelli, che ab-
biamo apprendere in amicizia?
4jt) Una scelta sollecita di raro
Divisa andò da un pentimento amaro
Dicea pur la Duchessa del VASTOGIRARDI
negli Awert. a sao, f iglio : e, ciò suole avve-
nire massimamente quando non l'onestà , la
irintù, ed il merito , ma il piacere, o Tititeres-
ce 9 o il caso , o una prima impressione for-
uxìslq il vincolo d*H' amicizia .
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Scelta degli amici* 269
Non è pare necessario affannarsi a cercar-
ne molti . Meglio è un solo buono , diceva
Anacarsi , che molti men buoni ; e la pru-
denza vuol pure , che il minor numero pos-
sibile sia messo a parte della nostra confi-
denza e dei segreti del nostro animo . Un so-
lo comunemente è bastante : agli altri , seco***»
do che più o meno essi abbiano delle quali-
tri saccennate , maggiore a minor parte po-
tarci concedere delia nostra famigliarità ; ma
r intima confidenza a quel solo si dee riser-
bare , che tutte quante le possegga , o tutte
al tan no le principali.
Esposte le cautele * che usar si vogliono
nella scelta degli amici , ora sono da esami-
nare i doveri , che l'amicizia impone .
Articolo IL
1
Doveri delV amicizia •
v^i orae T onesta, e la prudenza formano la
prima base dell 1 amicizia , così ancora ne co-
stituiscono il primo e principale dovere . Il
tradire un amico avvertitamente è P azione
più orrenda ; il tradirlo per imprudenza, do-
po la prima è la più condannabile.
Il a. dovere è L'amore , e il soccorso reci-
proco . 1/ arnico è un altro me stesso , dice
Zenone ; é Pitagora : fra gli amici tutto debfr
esser comune (i) . Una vera amistà dee fare
che agli amici quell'amore portiamo, che
portiamo a noi stessi ; e che perciò dovunque
(i) Sentenza però , la qual vuol essere in-
tesa colle debite restrizioni»
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2*]0 Doveri
è mestieri ,. quella stessa prontezza usiamo *
quella premara io soccorrerli , che useremmo
per noi medesimi . Damone e Pitia, sublimi
modelli delia più perfetta amicizia , andaro-
no ancor più oltre , e la nobil gara* con cui
cercarono innanzi a Dionigi tiranno di Sira-
cusa di morir l'uno per l'altro, gara che giun-
se ad empir di stupore e di tenerezza infia
queir animo barbaro e crudele , sarà ammira-
ta e celebrata in tutti i secoli.
Non dee però l'amore verso gli amici ac^
ciccarne in guisa , che per secondare le lor
passioni , o servire ai loro interessi , manchia-
mo ai primi e fondamenti li doveri della one-
stà • Un amico pregava Pericle a giurare una
falsità in suo favore. Amico io ti sono , ri-
spose Pericle , ma fino all'aliare ; ed avrebbe
meglio ancora risposto : aepico più non ti so-
no , dacché osi chiedermi un delitto. Jo noli
so pure come fra gli esempj dell'amicizia,
gli antichi ci abbiano annoverato Teseo e
Piritoo . Due persone f che s'accompagnano p«r
trarre a fine una rea azione, indegne sono
certamente di questo nome . Troppo hanno e$~
si pur esaltato gli effetti dell'amicizia d'A-
chille per Patroclo • Se egli l'avesse difeso,
avrebbe fatto ciò che riebiedevasi dall'amici-
zia ; ma il vendicarlo non fu che lo sfogo d'un'
ira intempestiva . Imperoccchè in quella gui.
sa che ninno ha il diritto di vendicare sè stes-
so , cosi averlo^ non può nemmeno di far
vendetta per -altri .
La sincerità è il terzo dovere dell'amicizia;
c di questa l'amico usar deve * negli avver-
timenti e nei consigli. Un uomo onesto ovun-
que sia richiesto del parer suo , dee sempre
dire veracemente quello che sente pel suo
animo j ma cogli amici egli dey© fare ancQ-
* «
*
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I
Degli amici . m 271,
ra di più: anche non richiesto egli deve av-
vertirli di tutto ciò ch'egli crede poter loro
essere vantaggioso ; e qiialor? in essi disco-
pra alcun difetto o ajcpn ejrrorè , deve aver
pure il coraggio di ayyisarli . f
Di molta dilicatezza però in qnesto si ynole
osare . L'amor proprio di ciascheduno fe trop- ,
po sensibile ai rimproveri ? egli è come 1 9
papilla dell' occhio , che non si può toccar
senza .offesa . Convien pertanto fare che l 1 ^
idìco conosca ij suo difetto 0 p errar sjuo 9
ma come da sè stesso, ora proponendoglielo per
via di dubbio 9 ora mettendolo in circostante
che da sè medesimo egli se n'avvegga . Con-
viene soprattutto cogliere il tempo opportuno ,
in cui più disposto egli sembri a bep acco-
gliere la verità ; guardarsi dal rimproverarlo
in presenza d 1 altrui , il che suol rincrescere
maggiormente; mostrar persuasipne , che il
sqo difetto od errore venga .da seqiplipe cpsó,
o vista 9 o inavvertenza ; fare insomma , clje
innanzi n npi egli abbia il men che è pos-
sibile ad arrossirne , e torgli ogni sospetto t
che usurpare da noi si voglia sopra di Jui Yùùr
tonta di pedante o di precettore • XJn rimpro-
verò fatto o fuor tjj tempo 9 o con maj gra?-
do, è stato so yen te cagione di rompere le più
ferme e più lunghe amicizie,.
4- Quanto però esser dobbiamo premurosi di
emendar quei difetti dei nostri amici , che
toglier si possono , ond ? essi diyengano sem^
pre migliori , altrettanto dobbiamo esser pa-
zienti di quelli che non si possono correg-
gere . Ninno è senza magagne f diceva Ora-
zio , e r ottimo è chi ne ha meno (1). Air.
» ".i. ». ■ . ■ ' ■ '
(1) Vitiis nemo sine nascitur 9 optimus illeest
Qui minimis ufqetur . Art. Poet.
*
f
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«7 2 . Doveri*.
«uni difetti vi uno pare f ohe procedendo o
da temperamento , o da lunga abitudine , dif-
ficilmente possono emendarsi . Ove questi
adunque non tocchino il sostanziale carattere
d 1 onestà e di prudenza , che in an amico
indispensabilmente devé richiedersi , eoa re-
ciproca indulgenza si vogliono tollerare .
5- Siccome poi ciò che lega principalmen-
te e mantiene , e rinforza ogoor più ii vinco-
lo della amicizia , è il piacere e l'interesse
scambievole , che un amico prende dell 1 al-
tro ; cosi tutto quello si dee fare , che nelP
animo mantenere possa giustamente questa
piacere e questo interesse , ed evitar tutto
quello che a ciò si opponga . Quindi non
dargli mai avvertitamente cagion di noja o
di dispiacere, non contraddirgli seBZra biso-
gno, non attristarlo importunamente col rac-
conto dei nostri mali , non contrastar le sue
voglie allorché sieno innocenti, non esiger
da lai più di quel che conviene ; ma ralle-
grarlo dove si possa, e metterlo a parte dei
nostri piaceri dov' è permesso , e secondarlo
ov $ è lecito , e il nostro volere al volere di
lui sacrificare puranche dove sia d'uopo .
6. Dei piccoli dissapori, e delle lievi discor-
die nondimeno è impossibile , che ancor fra
gli amici più intimi non insorgano di quan-
do in quando. Ora queste primieramente si
debbono con cautela tener ad altri nasceste ,
onde non porger motivo ad importuni crca-
lamenti : indi il più presto eh' è possibile
trovar si deve maniera di togliere -la cagio-
*e del dissapore, e riconciliarsi. E poiché il
puntiglio è il principale ostacolo che a ciò
si oppone, a qualunque puntiglio con un a-
ipico debbesi rinunziare; e* chiunque dei dop
* < ... • j
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DelV amicizia • ■ • .
abbiasi la ragiono od il torto , ciascuno de-
ve affrettarsi di essere il primo a rìcbi amare
la pace. Non v'ha certamente più delizioso
e più caro momento di quello, in cui fra
. due amici , dileguata le nebbie dei disgusti
o delle male intelligenze , la serenità o la
. calma si ricompone * e. questa momento quan-
. to non debb 1 esser più dolce a chi il merito
princip ilo di questa riunione possa, ascrivere
a sè medesimo Arrstippo entrato in discor-
. dia con fischine , ed interrogato da uno ; or
dov'è quella vostra amicizia? Essa dorme ,
rispose , io. ben presto saprò destarla e
corse immantinente a rincorici li arsi con lui.
7. Che se un giusto motivo ci spinga pu-
re , siccome avviene talvolta,, a d^ver ritirarci
da un 1 intrapresa amicizia , ogni riguardo aver
si^ debbe e all' amico ed a noi stessi, e fug-
gire ogn' indecente clamore, e toglier luo-
go ad ogoi diceria indiscreta , ed allontanar-
si a poco a poco ed insensibilmente , e tro-
vare di ciò ragioni , che tortp non. facciano
nè air una nè ali' altra parte , e disciogliere
ingommi e scucire le amicizie , per usar la
frase <\\ Cicerone, anziché romperle o tron-
carle (1).
ni, 3,
(1) Amicitias , qaae minus delectent , et
minti s probentur , magis decere ccnsent
pientes sensim dissuere , quam repente prae*
rìdere (De Ojjic . Jib. i. cap. 4.0. ) Dello
stesso Autore tutto il libro de Amicitia me-
rita di e**er lett > •ìc^uratameute , stcoo«ne qael
di \ PLUTARCO de Amicorum t multitudine .
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4
. ?74 ' Doveri
d A P o in,
Doveri verso i benefattori .
lN" r dr atto che alcuno ci fa &lcun bene , «
#he questo siccome tuli è da poi conosci u-*
fo , non si può certamente non sentir nasce-
re dell'amore verso chi è la cagione; e
questo amore per $è solo ai mette la tina di*
sposinone e in un desiderio sì viro e since-
ro di ricambiare chi ne benefica, che non v*
ha alcuno di animo si brutale , il quale se
offerta allora gli venisse Y occasione diricom*-
pensare il *uo benefattore , con tutto il pia-?
cere non T abbracciasse ,
11 dovere adunque verso i benefattori a
questo riducesi principalmente , a tener sem-
pre riva la memoria del beneficio ricevuto ;
e quando l'occasione presentasi di ricambiar-
lo , metterci ip quella disposizione medesi-
ma in cui eravamo , allorché si fu conferi-
to . Senza altro precetto , il sentimento al-
lora per sò medesimo opererebbe bastante-*
mente ?
Ma appunto il contrario suole avvenire il -
più delle volte, e ben a ragione Aristotele
interrogato t qual cosa invecchi più presto ?
La memoria 9 disse, dei beneficj /
Nè però sempre la sola dimenticanza è
quella che forma un uomo ingrato, e spes-
se fiate è invece una passione , ohe supera il
sentimento della riconoscenza ; e questa tal-
volta è T ira f allorché dai benefattori
appresso ricevuto alcun torto j e più frequen -
temente è T orgoglio •
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Vers® i benefattori, *t5
f %a memoria dei beneficj è à UH teiup*
stesso la memoria di un bisogno avutol o
questa memoria è aborrita dalle anime su-
perbe , perchè loro rinfaccia la loro passata
inferiorità ed indigenza . Una tal memoria a
coloro principalmente è grave, i quali si so-
no trovati altre volte in abbietta condizione ,
e sollevati si veggono in appresso v a stato e-
minente . Si vergognano 9 e^si .allora dei be-
nefici ricevuti , ossia vergognansi dello stajtQ
in cui furono ., e talvolta V ingratitudine por-
tano pur ai segno di abbonire infino la vi-
sta dei loro antichi benefattori .
Ma sebbene contro gì- ingrati «ori vi abbia
presso di noi veruna legge positiva, come
già eravi appresso .ai Persici , secondo Seno-
fonte ( Cyrop. Jifcu 1.) , «on vanno però
nemmen essi impuniti . V orrore stesso e il
rimorso che accompagna V ingratitudine , l'or-
rore eh 1 essa ispira in altrui , il disprezzo pub-
blico , la pubblica abbominazione , ne sono
pene inevitabili % .
Nè già ad assolvere dal dovere di gratitu-
dine vate la ragione d' un torto qual che
si voglia , che dal benefattore siasi ricevuto :
pretesto solito dell' ingrato , onde sgravarsi
del peso della obbligazione , Se verso nin-
no è mai lecito il .tener rancore , se per
donare si debbono le ingiurie a chicchessia ;
quanto più a ehi abbiaci bonificato ? La più
crude! situazione v dice il signor .Dnclos
( Consid. sur les moeur$ > , è quella d 1 aver-
ci a 1 agri are di chi ci ha fatto del bene :
ina ella è crudele soltanto a chi il male
piuttosto avna di riguardare , che il bene f a
chi di qu*l sdlo sa tener conto. Un uomp
riconoscente al contrario al solo bene si fi*r
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'z?6' Doveri
sa, e gode che questa considerazione -vieppiù
gli agevoli i mezzi • , onde spogliarsi del tri-
sto affetto dell' ira .
Ma v'ha chi s'irrita, dice Seneca ( De
ira ) , fin degli stessi beneficj , ove non giun-
gano a quel segno , a cui la sua cupidità , o
il suo orgoglio avrebbe volato che arrivasse-
ro . Il tale m' ha fatto il tal dono , ma io
H 1 aspettava, un più grande ; m' ha conferito
il tal grado , ma io ne meritava, un maggio-
re ; m'ha usata la tale distinzione , nva una
più laminosa mi si doveva . Tali sono le la-
gnanze , che odonsi di quando in quando.
Che se altri ci paja essere stato meglio trat-
tato , lo sdegno cresce vieppiù , attizzato an-
cor dall'invidia . Ma come- mai deggìo io
irritarmi d' an bene, che ano m'abbia fat-
to, perchè non me n'abbia fatto an maggio-
re? O d* an dono, che gli sia piaciuto di
compartirmi , perchè ad altri n'abbia conferito
udo più grande? Non è egli ciò nna ma-
nifesta ingiustizia ? Io sarò. grato per lo con-
trario a quello stesso, che alcun bene
m'abbia fatto per inavvertenza, o per ca-
so, e senza volerlo ; a quello ancora , che
mi sia stato-camion di bene nelP atto che
alcun male ha voluto farmi ; t non potendo
in questi esser grato all' intenzione , io lo
sarò all' effetto;.
In ogni caso poi , dice Seneca, la ricono-
scenza non dee già essere forzata , che poco
dista dall'ingratitudine, ma volontaria e
spontanea; né sol di parole,: ma anche di
animo e di, fatti . La. vera riconoscenza , se-
gue egli , rende per certo modo l 1 uomo in-
quieto , finché restituito noif abbia o ricam-
biato, ciò che ha ricevuto . Essa è però , que-
sta una dolce «quietudine , aìlor che nasce
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Perso i- benefattori. 277-
<$a tm sentimento sincero e virtuoso-. L 1 nonio*
grato sente allora- in sè stesso un merito-,
che lo- agguaglia al scio medesimo òen emit-
tore - : egli è generoso in- quel momento al
par di lui : la differenza consiste solo nella
mancala de'mezxi , mancanza eh 1 egli sa
troppo bene di non dover imputare a sè
stesso-. 4
Di qui èf che non solo il dovere , ma ai>-
cor T interesse medesimo alla gratitudine ci
esorta . Oltreché essa dispone ad ottener be-
neficj sempre maggiori, oltre la stima ch'es-
sa procara all' uomo riconoscente , un piacere
interno par eccita , piacere vivissimo a chi
ha T animo, abbastanza* ben fatto , onde sa-
pere sentirlo «
C À< E 0
Doveri scambievoli fra. i congiunti ► «
*
. ^ À R t 1 c a lt 0 I*
« . I » i »
- 4 , « : Doveri fra i conjiigati > <i .
;
>
iocome le le^ttime parentele tutte dal
vincolo eonjugale dipendono, cosi avendo
noi, a trattare dei doveri scambievoli fra i
congiunti , da quelli incomincieremo * che
"seco porta siffatto Vincolo* .
Nell'atto che- du.e persona in. nodo coniu-
gale s'uniscono , esse vengono conciò stes-
so a fumare il .patto della ..più intima e pia
! perfetta amicizia;, e perciò tutti i doveri con-
traggono , che circa gli amici abbiamo po-
canzi: accennato , con questa differenza , eh© -
tanta maggiormente vi sono* tenute , e tanta*,
debbono più perfettamente eseguirli , quanto*
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/
»
*
278 Doveri
<è superiore ad aoa Jibera amicizia un'amici-
zia arata con patti espressi e solenni.
Ma oltre a questi doveri un altro loro s'ag*
£Ìugne , ch'è quello della fedeltà eonj.agale :
^dovere , che costituisce la principal essenza
del matrimonio . Dei mali , che nascoso rìal-
Jia mancanza a questo dovere , non parlere-
mo, perocché troppo son noti per sè medesi-
mi . Alcuna cosa diremo prafcLosto delle ca-
gioni , che a ciò soglion cjondarre .
La libertà soverchia e la ^depravazione de'
.costami ne sono certamente i motivi più ge-
nerali ; perocché in mezzo alle contiene ten-
tazioni ed ai contagiosi esempj , di molta vir-
tù è mestieri a saper je&istere , e la virtù non
è certamente il dono più comune. Alla de-
pravazione dei costami il lasso e la mollez-
za principalmente a poco a poco jie han cop-
dotti ; ed a ciò pure io vorrei , che i politici
lodatori del lusso sfacessero un poco più di
riflessione . Massi ina mente che oltre ad esse-
re generale cagione d'incontinenza e liberti-
naggio P e r 'a corruzion generale che nei co-
stumi produce, a motte persone il lusso ne
diyien pure cagione particolare , spingendole
a procacciarsi a speserei proprio dovere quei
mezzi che loro mancano , onde soddisfare al-
le pompe , alle vanità, alla moda , alla in-
temperante smania di comparire .
Altre cagioni in ciò derivano dalla condot-
ta reciproca degli sposi . Le discordie dome-
stiche alienando gli animi , allontanano par
facilmente ?dair esatta osservanza dei proprj
doveri (1; . La stessa gelosia , masstmamen^ e
1 1 ■ ■ ■ ■ ' 1 ■ I I N .
(1) Spesse volte le cose ancor più leggiere,
to ve sieno frequenti , producono le maggiori
Digitized by Google
Ve' genitori,
pye sia eccessiva o irragionevole , produc*
spesso un contrario etfetto a quello che $1
proprone, ^infero adempimento adunque dei '
doveri scambievoli dell 1 amicizia , accompa-
gnato per parte del marito da un esercizio ,
dolce e amorevole di quella superiorità, che
la natura e le Jeggi gli hati dato (1) ; e per
parte della moglie da una dolce ed araorevo.
le subordinazione , par mi che sieno i soli
mezzi , onde ottenere puranche costantemeA^
$e là fedeltà conjugale ,
r 9 €
ÀRTICO IO H.
Doveri de' genitori verso de" figli
T
J j $ educazione e fisica e morale , siccome
Vuoto, è quella che i genitori debbono ai
figli ; e ad essa , anche anteriormente e in-*
dipendentemente dalle leggi , e la voce stes-
sa della natura gli obbliga , e gì* invita il
proprio interesse .
4 Quanto alla prima ? cioè all'educazion fi--
alienazioni d'animo , PÀOLO EMILIO dop
*ver vivuto lungo tempo colla Jpogli* Papiria,
e averne avuto il celebre Scipione Emiliano ,
alla fine la ripudiò ; di che biasimandolo gli
amici , che ninna ragione di ciò vedevano :
Voi non sapete , Jor disse , ove la scarpa mi
duole . * ^ ' #
v (t) Jmperium viri in uxorem non Iterile*
non praefectorhirn , sed civile esse debet , dU
cea CALLICRAT1D1A ( STELLINI Ethic*
Tom. IV. pag. «7. )
Digitized by Google
28o Doveri *
frica , tutti gl'i animali noi vegliamo occa-
parsi colla massima cara all' allevamento dei
loro parti ; nè è già l'istinto, termine la-
go e insignificante , come abbiamo detto prà
volte , quello che a ciò li determina.; ma
queir amore che ogni ente sensibile pruova
necessariamente per ciò che riguarda come
cosa sua propria , e come porzione di sè
medesimo ..
Della cura però che aver debbisi nella fi-
sica educazione dei figli , noi lasceremo che
trattino i medici , a cui ciò più propriamen-
te appartiene . E già molto veramente essi
hanno detto e dell 1 abuso di nutrire i bam-
bini coli 1 altrui latte , e dello stringerli col-
le fasce nelT infanzia , e coi busti nella pue-
rizia , e -dell' allevarli con soverchia delica-
tezza , e d'altre sanili cose , che presso lo-
ro potranno vedersi , e sopra di cai anche
Locke , si eco: uè medico insieme e filosofo ,
nel suo trattato delT educazioni?, si è lunga-
mente esteso .
Ma negli nomini la principal cara de?e
rivolgersi ali* educazione morale . Dono infe-
lice farebbono essi ai loro figli, se dando
laro la vita , e conservandola , gli allevasse-
ro poi nella scioperatezza, nell" ignoranza,
e nei vizj (1) . Invece d'uomini formerebbon
(0 ELVSZLO la differenza degli nomini
cosi ne 1 costumi , come nelle cognizioni tut-
ta attribuisce alla sola educazione ; e seb-
bene forse a questa egli abb a dato pia che
non dovevasi , non è però da dubitare eh es-
sa non v'abbia la massima, influenza . LI-
CURGO il dimostrò coli 1 esempio, dei due
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De* genitori. , # 28*
essi dei mostri perpetaamente infelici in sè-
stessi , ed a tutto V uman genere perpetua-.
mente abbomi ne voli . ;i
I primi a portarne la pena sarebbono pu-*
re essi medesimi ; imperocché qual coinpen^
so aspettare da figli male allevati , quid con-
forto nella vita , qual soccorso nella vec-
chiezza ? Un figlio discolo è anzi il tormen-
to perpetuo de genitori . u
E di qui appare la sciocchezza non mei*
ridicola , che detestabile di coloro , i quali
a varissimi sono in ciò che riguarda l'educa-
zione dei loro figliuoli . Sembra , che niuna
porzione, delle loro ricchezze essi credano
cosi male impiegata , come quella che im-
piegasi a qnest' oggetto . Ma le sostanze ,
ch'essi risparmiano, in chi debbono termi-
nar finalmente , se non figli medesimi?
Or quale è miglior retaggio : il lasciarli ri<w
chissimi , ed al tempo stesso o zotici o*vi T
ziosi , o il lasciarli nn poco men ricchi,
ma colti e virtuosi (1)? Nian figlio ben a^
levato saprà cèrto, dolersi mai di ciò che i
4 »«■ • *
HH — 1» 11 1 1 I » | 1 1 inai 11 . ■ 1 ! 1 ■ m
p « •
cani nati ad ua medesimo, parto t ma V uno
allevato alla cacciar, V altro all'ozio ed. alla
delicatezza domestica „ a? quali presentato da
una parte il cibo , e dall' altra una tapre ;
il primo , abbandonando il cibo , alla lepre
subito tenne dietro;, il secondo, a quel si av-
ventò, ingordamente f e ad esso rimase .
; (i») Per allevare .il figlio di non so chi
ARIST1FPO chiese cinquecento dramme. 1^
posso a meno , disse quegli , comperarci
uno schifo . Tu dunque ne avrai dop »,
rispose ÀJRISTIPPO N ,
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s8fc Doveri
genitori per la sua miglior educazione ab-
biano consumato .
La cura della morale edacazione secondo
la natura dovrebbe im mediatamente assumer-
si dai genitori medesimi . Siccome però a
molti o manca il comodo e, il tempo , per-
chè distratti da altre care , o manca l'abili-
ta necessaria « o manca pare la necessaria
pazienza ; cosi è permesso il sostituire altre
persone in loro vece . Ma la scelta di que-
ste persone , a cui affidare ao dovere cosi
importante , debb'.esser fatta con massima
maturità ; e la paterna soJJecitudine non dee
cessar mai di vegliare , quanto è possibile f
sulla loro stessa condotta «
I piani , ed i sistemi di edacazione rpora^
Je si sono , specialmente a questi ultimi
tempi , air infinito moltiplicati : ma pare ,
che quanto più crescono i progetti , più Ver
datazione vadasi peggiorando . ] .
Molto soprattutto si è conteso, se Tedu?-
cazione privata alla pubblica sia da prefe-
rirsi ; e parecchi poi sopo , che l'atta all'al-
tra accoppiano nel peggior modo . Imperoc^
m che invogliati a principio dell'educazione dor-
mestica , sono solleciti a provvjedere i lorju
figlinoli* nei primi anni di ajo e di precetto-
re ; indi in età più adulta di questa educa-
zione o annojati , o mal soddisfatti , li ri-
mettono all'educazione de 1 Collegi . Ma qaal
profitto allora ne 1 Collegi può mai sperarsi
da un giovane già fatto indocile per età 9
avvezzo gii> alla liberta , al lusso ♦ ed alla
mollezza domestica - 9 e pieno fors'anche di
faille domestici pregiudizi?
Una prudente combinazione della pubbli-
ca colla privata educazione io pur giudico
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D* genitori . $83
da prefesirsi a ciascuna di queste presa se-
paratamente , ma in modo affatto contra-
rio (i) .
Allorché de'fanoiqili incomincia a svilup-?
parsi la ragione, e ij corpo a prender rigo-
re, il che a-viene fra i sei e gli otto anni j
egli è quando io credo per molti titoli do-
versi alla educazione domestica anteporre
l'educazione dei Gollegj .
Imperocché troppo difficilmente nn uomo
abile e di vero merito si troverà , che vo-
glia a quel tempo sacrificarsi con un fanciul-
lo , e quando pure si trovi, finiranno ben
presto colTannojarsi scambievolmente amen-
due . Non ss potrà intanto , per quanto pu-
re si voglia, impedire del tutto, che il
fanciullo non pratichi frequentemente coi
servidori, coi famigli , colle fantesche , del-
le cui adulazioni , e lusinghe , e «ciocche o
prave insinuazioni approfitterà assai più ,
che non delle austere massime del precetto-
re . Nei presenti costumi «gli è pure impossibi.
le che molte xsose egli non vesga e non oda ,
che u^ire e veder non dovrebbe , e che s^rvan
ben presto a -guastargli i) cuore e la mente <2) .
Da tutti questi pericoli certamente in
quei primi anni assai meglio nei Gollegj e«
|i) Questo sentimento appoggiato noq
meno alla ragione , che air osservazione e
.all'esperienza , io ho già espresso altra vol-
ta nelle Novelle morali Tom. IL Nov. 3. 1
(») Assai più necessario, dicea SENO CR A-
TE, è il ben riparare l'orecchio de'fanciulli,
che non quel degli atleti : . e come ottenerlo
con sicurezza in nna domestica educazione?
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2&ì Doveri
gli pub eseere preservato Lontano dalls fan-
tesche e dai servidori, lontano dalla licenza
delle conversazioni e degli spettacoli , custo-
dito sempre e ad ©gui passo da persona
probe , che vegliano sopra di Ini, meno di
pregia lizj e di false massime certamente
egli può apprendere , e più invece di retti ,
e onesti, e virtuosi principj . Egli ha il cam-
po frattanto nelle ore a ciò destinate di sfo-
garsi liberamente coi suoi eguali in qoei
giuochi e trastulli innocenti , che si eonvech
gemo all'età soa, ebe tanto giovano nlla sa-
lute, all'agilità., alla robustezza, e che sop-
pressi forzatamente in una educazione pri-
vata , scoppiano poi sovente più tardi eoa
sommo scandalo e pregiudizio . Egli ha pare
il vantaggio dell'emulazione , clie tanta e si
uti! forza ha nei fanciulli, e che nell'edu-
cazione domestica non può destarsi che tra
i fratelli , cosa sommamente pericolosa , dice
Bacone (Serra; 7) , perocché spesso dà ori- ■
gine a fraterne invidie , e discordie , e rnale-^
volenze , che si perpetuano, poi nelle età an-
cora più tarde . ,
, 11 sola pericola è quello che può venire
dai cattivi esempj di qualche tristo compa-
gno . Ma questo pericolo assai leggiero è in
quei primi anni, in cui essendo in pieno
vigore le regole e la disciplina , i cattivi so-
no dal gastigo costretti a correggersi o a
raffrenarsi . Il pericolo si fa maggiore allor-
ché cresciuti in età incominciano a scuoterli
giogo , e che il rigor delle regole più non
è rispettato; e allora appunto egli è il tempo
di richiamarli . •*
Più facile a queir età è il. ritrovare persona
dotta., e proba, e prudente, che prenda a
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De'geìiilori . ^ o85
perfezionare P incominciata educazione, e
istruire il sao allievo non solo nelle lettere
e neile scienze , ma ancor nel vivere onesto
é civile , e che seco usando da amico c da com-
pagno più che da pedante , sappia dai detti
n dai tatti altrui coglier pure opportune oc-
casioni , onde informarlo di ciò che fare o
dir si conviene , e dei modi con cai in cias-
cuna cosa è più onesto e lodevole il con-
tenersi .
Qualunque però sia ti sistema d' educazio-
ne , che si abbracci, e qualunque F educa-
tore , alcune massime generali vi sono , che
mai non si debbono perder di mira , e che
lasciar non vogliamo di ricordare.
Prima cosa si è, die l'educatore ottenga
dal suo allievo sommessione e rispetto . Im-
paziente delle briglie e del freno , questi pro-
caccia subito per ogni modo di sciogliersi,
o di prender la mano a chi il regge; e se
una volta egli vi riesce , egli è qualcayollo
indomito e sboccato , che più non si può
contenere * Coraggio e fermezza accompngna-
ta dalla ragione e da au giusto e moderato
rigore, è di mestieri singolarmente nei primi
tempi, e nei primi contrasti, che sogliono
decidere di tutto il resto,
2. Oltre al rispetto , egli dee procurarsi an-
ehe T amore , (^ìde quel eh' egli impone ven-
ga eseguito non per timore soltanto e per
forza , ma spontaneamente e con piacere ; e
ciò "egli otterrà; quando non l'impeto e la
passione il governi , ma la ragione (1) ; quar„
^^ m ^ mmm ^^,^1 ^.^^^^^ ^^^^^^ ^ ^ ^^^^^^^^^^^^^^^^^^
" (i) Ita quod es Pater ut ere , ut memìneris
te et hominem esse , et hominis patron , di-
ceva PLINIO (Epist. 12. Lib. 9)
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*8(S Doveri
do fermo ad esigere ciò che richiede il do-
vere , ed a negare ciò che a questo $' oppone f
sia però al medesimo tempo facile e condi-
scendente in tatto quello che può con sica*
rezza concedersi ; quando sappia non meno
allettare colle lodi e coi premj, che repri-
mere coi rimproveri e coi castighi.
3. II caore principalmente e il costume
deve cercarsi di ben formare: nel che assai
mancano la più parte , che più si curano
render dotti i loro allievi f che di renderli
buoni , e il più delle volte riescono poi a
non averli nè dotti , nè buoni .
4. A tal fine i primi semi reprimer si deb-
bono delle passioni disordinate , punire se-
veramente tatto ciò che discopre malvagità e
malizia , perdonando poi facilmente ciò che
viene solo da leggerezza, onde sappiano i
fanciulli accuratamente distinguere V una
co«a dall'altra ; togliere tutto quello che
possa condurre ad abitudini viziose (1) }
ispirar sentimenti d'abbominazrone e d' or-
rore alla crudeltà , alla malvagità , alla men-
zogna , alla frode , e sentimenti d" 1 amore e
di tenerezza air umanità, alla giustizia ,
alla verità , alla virtù: sopra tutto preceder©
Jn ogni CO39 coi buoni esempj (2) .
CO PLATONE veggendo o$ fanciullo giun-
care ai dadi acremente lo rampognò, e di-
cendo questi : Tu mi sgridi per poca cosa ;
Piccola cosa , rispose , non è la mala assue*
fazione ( DIOG LAERZIO nella vita di PLA-
TONE ,
(2) Siocoroe l'esempio, dice SENECA * me-
glio istruisce che la ragione ; cosi mostra*
conviene coi fatti quello che insegnasi coi
precetti .
«
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De' genitori. 287
Ma la più saggia educazione andrà spesse
tolte fallita, ove attento riguardo non abbia*-
si al momento, in cui sciolto dal vincolo
della educazione, medesima , il giovane esce
in libertà. Il più teribil momento egli è quel-
lo , e s'egli allora si abbatte in cattivi com-
pagni, o in male pratiche, che sono pur fa-
cili e sì frequenti, egli è perduto. -
A distoglierlo da siffatto pericolo assai
gioverà V avvezzarlo innanzi a compagnie
saggie , oneste , irreprensibili ; ma gioverà
soprattutto il sapere acconciamente ed util.
mente occuparlo. Abbandonato eh' egl» sia
ali 1 ozio ed alla scioperatezza , come impe-
dire , che avvenendosi con altri a lu? egua-
li , dalle insinuazioni loro e dai loro esem-
pi i loro vizj non apprenda , e tutto quel
guasto 1100 ne derivi, che suole dall'ozio pro-
venire .
Chi dalla propria condizione è determinato
a doversi colla sua industria procacciare il
sostentamento od i comodi della vita , ai
pericoli e ai mali dell'ozio è meno esposto.
11 peggio è per quelli , a cui la fortuna è
stata più liberale , e che da ninna cosa ob-
bligati si veggono ad occuparsi r L' amor
degli studj , o delle belle artr , o degl 1 im-
pieghi militari o politici , o delle magistra-
ture , è desiderabile, che a questi forniscano
quella occupazione che loro manca ; e quan-
do ninna di queste cose abbia luogo , a
quel mezzo almeno dovrebbono i genitori
ricorrere , eh* più facile si presenta , ma da
cui una sconsigliata gelosia d'impero più
comunemente li tien lontani , e si è disso-
ciarli ai domestici affari , e iv i regolamenti
di questi impegnandoli , toglierli ai mali
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»
ad un pieno
ozio e dissipamento .
A ETICO LO' IH.
Doom oV/fgK verso de' genitori .
-Hl tre riduconsi principalmente i doveri dei
figli, verso dei genitori; e sono ubbidiènza,
rispetto , e gratitudine .
lj dovere d' ubbidienza nasce da quel me-
.77 ' « Padri impone d'attendere
aita loro educazione ; imperocché ogni cura
sarebbe vana, ove non fossero ubbiditi. E
siccome i genitori trasmettendo in altri il
carico cT alevarli, in loro trasmettono par-
anche quella porzione d' autorità , che al
loro uffizio si compete ; cosi anche verso di
T?iHJ ann0 i fi « K « dovere medesimo
ti ubbidienza .
Bue sono però i casi, che da un tal do-
vere gli i esimono : 1' uno è qoando i genito-
ri o gli educatori comandano cose ree ed
inoneste , essendo il dovere della onestà e
(Iella giustizia anteriore a qualunque altro;
il qua! caso però deve supporsi che mai non
avvenga, o b^n di rado . L'altro, che può
essere p.u frequente , è quando si trattinleHa
elezione di uno stato fisso t perpetuo . In
questo siccome i genitori non hanno il di- *
ritto di rendere i loro figli infelici, così i
ligii non sono tenuti ad ubbidire, «uàndo
volessero obbligarli ad un vincolo , da cui
prevedessero dover loro venire una perpetua
infelicità. Esenti però in tal caso dall'asso-
luto dovere d'ubbidienza , noi sono da quel-
li d'una deferenza rispettosa. In un affare,
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Ve' figli. . 289
che influir debbe sa tutta la loro vita 9 non
1 hanno essi a precipitare la scelta senza il
consenso di quelli , che hanno vegliato fino
a quel punto sovra di loro , e seguiranno
tuttavia a vegliarvi
Il dovere di rispetto e di riverenza viene
da quella sommessìone , che ognuuo dee prò.
j fessare a chi ha autorità sopra di lai , e che
ai parenti si deve più che ad ogn' altro ,
siccome a quelli , a cui l'autorità è data
dalla natura medesima . Prossimamente dopo
gli Dei vuole la legge che si rispettino i
genitori , dice Menandro (1) ; e secondo Seno-
fonte , chi a ciò mancasse presso gli Ate-
niesi era punito , ed escluso dalle magistra-
ture •
Nè un tal rispetto ai parenti soltanto si
dee ristringere , ma estendere eziandio a
f quelli , che superiori per P età loro , una
certa autorità sopra di noi acquistano , for-
nita loro dalla età stessa, e dalla esperi enza
acquistata cogli anni (2) .
I vecchi erano singolarmente onorati presso
degli Spartani; e narrasi , ch'essendosi ne'giuo-
chi olimpici presentato un vecchio a vedere
gli spettacoli , mentre egli aggiravasi per ri-
n
.ti ■
(1) Infatti noi vegliamo pur nel Decalogo*
che dopo i precetti che Dio riguardano , il
primo è quello di onorare il padre .e la
Madre .
(2) Est imitar adolescentis irìajores nata
v eferi , diceva CICERONE , ex hisque dilige*
re optimos et probatissimos , quorum Consilio 9
atque auctoritate nitatur (De OfJiQ. Lib. I.
Cap. 4i )
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•9* Doveri
ttovar laogo , molti degli altri. Greci di lai
beffaronsi; ma allorché giunse o v'erano gli
Spartani , tutti rizzaronsi immantinente; di
eoe essendosi fatto gran plauso : oh Dei ! es-
clamò il vechio , come tatti i Greci cono*
. scono ciò chVè lodevole , ed i soli Spartani
lo eseguiscono 2
Il dovere di gratitudine è proporzionato ai
beneficj ricevati. Ora siccome la vita , 1^
conservazione di essa negli anni pjù teneri
e pericolosi , i travagli , le pene , le solleci-
tudini per I 1 educazione e tìsica e morale,
sono benefìcj ad ogni altro superiori ; così la
gratitudine *erso dei genitori debb' essere la
più grande , più viva, « più costante : e male
a coiai il quale o nelle loro indigenze ver-
gognosamente gli abbandoni , o con un te-
nore di vita scorretto , licenzioso , vitupere-
vole indegnamente gli affligga e li contristi .
ÀRT1COXO IV.
' *
Doveri scambievoli tra i fratelli .
JLj amore e la concordia sono i doveri scam-
bievoli tra i fratelli e felice quella famiglia f
dove i vincoli della natura sieno confermati
e rinforzati da quelli di ona costante e vera-
ce amicizia ! ^ _
Quindi Teipistio {Qrat. de ùmic.) ordi-
nava, che per conoscere V animo d' alcuno
si riguardasse principalmente qual fosse il
suo contpgnp ai fratelli * Nè già delle
sostanze solamente e dei beni della fortuna»
ma ancora della gloria volea Plutarco, che fos-
sero i fratelli chiamati a parte • £ Je racle :
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pél figli. *g\
se tao fratello , diceva f è teco sfeortesje , ta
mostrati miglior di lui , * vinci, colla tua a-
morevolezza i selvaggi di lai costami . Im-
perocché , aggiagaeva Epitteto , la natura ti
ha unito* al fratello , non al fratel buono ,
laonde non hai a considerare come egli ti
tratti, ma come tu abbi a trattar lui per
vivere convenientemente alla natura ....
- Questo amore poi e questa • premura , e
non di sole parole, ma di fotti , dee propa-
garsi di mano in mano anche, agli altri con*
giusti secondo che a noi sono più o meno
stretti di sangue^ finché essa termini in quel
sentimento di benevolenza , che a tutti gli
nomini generalmente è dovuto (i) .
i % ♦ • * . * *
■
- \Doveri vena la patria , è là società .
1 dover primo ^ ogni cittadino verso la pa-
tria è l'esatta osservanza delle sue leggi Ina-
1
1
c4 vile società , noi
no eglino sottomessi spontaneamente a certe
condizioni , le quali sono poi state ridotte a
(ì) Noi siamo posti , diceva JEROCLE , co-
me nel mezzo di varj circoli concentrici , i
quali esprimono i nostri maggiori , o minori
doveri Versò degli altri , secondo 4 che tonò
questi nel circolo più o meno vicino *hl cen-
tro dove noi siamo ( STEJLLINI Etìlica Tom.
IV. pag. ai6. ) n
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/
Doveri •
leggi , perchè acquistassero una solennità e
fermezza maggiore . Or siccorfie (iairo«$ervao-
za di queste dipende la pubblica tranquillità
e sicurezza; cosi chi ricusa di ubbidirvi o
dee coudannarsi da sè medesime» ktTT antica
solitudine delle selve , o come infrattore dei
pubblici patti dalla pubblica autorità deve es-
ser punito .
• li deposito delle leggi, V autorità di sce-
marle , accrescerle , variarle secondo le cir-
costanze , e T autorità di farle eseguire , sic-
come abbiamo similmente accennato , in al-
cuni luoghi fu confidato ad un solo , in altri
ai capi del popolo , ed in altri da tutto il
popolo fu ritenuto * Qualunque sia però la
specie di governo f sotto del quale uno vi-
ve , coru' egli è tenuto di ubbidire nlle pub-
bliche leggi 9 cosi anche agli ordini parti-
colari dì chi ha la. legittima autorità di pre-
scriverli -
Ma la conservazione della pubblica tran-
quillità e sicurezza , e il provvedimento ai
pubblici bissgni richieggono delle pubbliche
spese . Or di queste , come ognuno gode il
beneficio f cosi ognuno deve concorrere al pe-
so ; e di qui nasce il dovere 9 che ha, ciascu-
no , di soddisfare,, con esattezza e con fedel-
tà a quella parte delle pubbliche contribu-
zioni , che gli compete «
La difesa pubblica richiede pure talvolta
l'opera personale di .ciascheduno , \\ che av-
viene nel .caso di, un nemico assalitore, A
quale cerchv d; opp^rnére la libertà dcjjUa pa-,
tria, o togliere i ^uoi diritti . Ogni cittadina,
in questo caso è tenuto a difendere la causa
pubblica W tutte ^-sue forze, e col peri~
• -
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Versò la patria • ^ 290
colo ancora della vita , ove il bisogno la
chieda (1) *
• Ma alla pubblica felicità Bon basta la sem-
plice tranquillità e sicurezza . Essa risulta pu-
re dal concorso delle fatiche comuni , e delle
1 opere particolari di ciascheduno (2) . Siccome
ognuno pertanto ha Ja sua parte al pubblico
bene; cosi ognuno pur deve per la sua par-
te o colle braccia , o coli 1 ingegno contribu-
irvi . Un cittadino inoperoso indegno si ren-
de di ciò che la patria per le fatiche degli
altri viene a somministrare : egli è ir fuco ,
che oziosamente si divora le fatiche delle api .
Ciò che uno deve alla patria , cioè a quel
luogo dev 1 egli è nato , 0 donde trae V origi-
ne , o dove tiene fissamente hi* sna dimora ,
il deve pure in gran parte a qualunque lue-
go , dov' egli passi per molto o breve tempo
a soggiornare . Il rispetto alle pubblice leggi,
il] : rispettò a chi ha Ja pubblica amministra-
zione r la proporzionata contribuzione ai bi-
(1) Anzi egli deve pure in tal casa, dice
CICERONE , posporre aM* amor della patria
qualunque altro amore : Chari sunt parcnles,
diari liberi , propinqui , farniliares : sed omnes
omnium charitateis> patria una complexa est
£De Offic. Lib. 1. Cap. 18. ); e memorabile
esempio fra i< Romani» ne diede già M. BRU-
TO , allorché alla morte condannò i proprj
figli , perchè contro alla patria congiuravano
a favor deTarquic}.
te) La società , die? SENECA ( %pi$t. g5. ) ,
ìfc carne una volta , la qua! cadrebbe, se tut-
te le pietre che la compongono » non concor-
ressero a sostenerla .
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2i)4 Bàveri
sogni pubblici è indispensabile ovunque ano
si trovi . Anzi an uomo probo come cittadi-
no di tutto il mondo si «leve considerare; e
adempiati esattamente i doveri , che alla pa-
tria più da vicino lo legano , i doveri d'uomo
giusto e d'uomo utile deve par eseguire , per
quanto egli possa, rispetto a tutti gli uo-
mini (i) .
*
C A P O VI-
i * » i * *
Del giudice interna della bontà r o malvagità
delle nostre azioni % ossia della coscienza *
m •
a coscienza , net senso in cui dagli Etici
si suol prendere, altro non è che la stessa
ragione, la quale paragonando coi doveri le
azioni fatte a da farsi % giudica se siano ad
essi conformi o contrarie , e quindi se Steno
buona b malvage (2) * l . . -
(1) Non nobis solum nati sumtts , dice
CICERONE < De Offic. Lib. 1 Gap. 6.)ortus~
que nostri partem patria vindicat , partem
parente $ » partem amici f atquè ut placet Stoi-
cis quae in tetris gignu: ititi* ad usum homi-
num omnium credrì ? Ho&ines autem haminum
causa esse génitos , ut ipii intèr sè aliis olii
prodesse possent ; in hòc Nato ram debemus
ducem sequi 9 et conimutiei; utilitatcs in me-
dium afferre mutatione òjficiorum , dando ,
acci p tendo : tùm artìbus V tum opera , tum
faculta tibus devincire homìhutn ihìer homines
societatem ' \ )} M ' i
<2) Questo, senso è un^ f diverso d* quel-
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Delia coscienza . zgp
Perciò la coscienza distili guesi in antece-
dente , e susseguente : la prima delle quali
giudica delle azioni da farsi o da tralasciarsi,
la seconda di ciò che si è fatto od ommesso .
La coscienza antecedente è quella, a coi
s'appartiene generalmente il dirigere le nostre
azioni ; e chiunque opera contro alla co-
scienza , con ciò medesimo si fa reo , perchè
opera contro alla ragione . Ma questa co-
scienza può esser retta od erronea, e certa
o probabile o dubbiosa .
Essa è retta quando si ha una vera cogni-
zione dei proprj doveri , e veramente si gra»-
dica delle azioni che sono ad essi opposte , o
conformi ; ed è erronea quando intorno ai
proprj doveri , intorno al giusto ed all'ingiu-
sto , al lecito ed ali 1 illecito si hanno falsi
principj » oppure degli stessi principj veri si^
fa alle azioni particolari una falsa applica**
zione .
Àmnchè dunque la coscienza sia retta , due
cose richieggonsi : primo , che delle léggi e
dèi doveri oosì generali come particolari si
acquisti una esatta cognizione ; secondo , euo
avanti di decidersi ad alcuna azione , si esa-
mini attentamente, se questa e in se stessa,
e nelle circostanze che la precedono o seguo*
no od accompagnano , ai doveri e alle leggi
convenga, o disconvenga ; se giusta le me-
desime essa sia o comandata espressamente 1 ,
* i " ■ ii i ■ ■
-, »•
«
lo, in cui la coscienza suol prendersi da'Me-
tafisici , i quali per essa intendono sempli-
cemente quell'atto, con cui l'anima é con^-
sapevole a sè medesima di ciò che avviene
dentro di lei ( V. Logica Part. I. pag. 07; )
# •
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a espressamente vietata , o liberamente per-
messa , e quindi se essa abbia a farsi ed a
tralasciarsi .
Ma non sempre delle leggi e dei dove*
> ri si ha una cognizione certa e sicura , nè
sempre si sa distinguere con esatta evidenza
firn dove la legge o il dovere s'estenda , e se
una tale o tal altra azione ne sia compresa
od esclusa • In tal caso F uomo probo a quel
partito deve appigliarsi , che più probabile
gli sembra , cioè appoggiato a maggior nu*
mero e valore così di Scagioni , come di auto-
rità . •
Che se questo numero o valore di autori-
tà e di ragioni si contrappesano , e si di-
struggono scambievolmente f egli deve allo-'
ra sospendere e il giudizio suo e F azione ,
finché o per sè medesimo , 0 colF ajuto e con-
siglio altrui non giunga a discoprire da qual
lato sia realmente la preponderanza , e qual
sia il partito da abbracciarsi •
Nè auesto esame dev* egli soltanto premet-
tere alle sue azioni avanti d'intraprenderla
ma spesso ancora ripetere dopo che sono ése-r
guite , affin di rendersi conto se esse sono
bene 0 mal fatte . Ciò è specialmente neces-
sario allora quando egli non abbia avuto in-»
Danzi , siccome accade assai volte , il tempo
e il comodo conveniente di ben ponderarle,
o si avvegga che le passioni , o la preven-*
«ione , o F esempio , od altro simil motivo lo
^ abbia ad esse determinato più che la ragio-
ne . E in questi casi qualor conosca , che
alcuna cosa sia stata malamente fatta, egli
deve tosto e con ogni premura esser sollecito
di ripararla .
Questi» è P we 1* strada f come gii
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Velia Coscienza .
altro** si h détto (V«rt. l. Sez. I. Cap< IV.
§. I. ) , per evitare il rimorso , il quale* Hv 1
ir; menti ostinato seguace ne accompagnerà
in ogni- tempo e in ogni luogo , nè per quan-
to da noi si faccia, mai si potrà interamente
allontanare. Le furie, onde Oreste era ognor
inseguito e straziato , altro non esprimeva-
no , dice Cicerone (prò Sexto Moscio Ame*-
rìno ) , che i suoi crudeli rimorsi ; Una rea
azione ci è dalla coscienza vendicatrice ognor
rinfacciata : anche senza volerlo , dice un fi-
losofo , noi ci mettiamo allora nel luogo di
tutti quelli che ci riguardano , quel» giudizio
ch'essi fanno di noi , tutto ideila più aspra
maniera il' sentiamo dentro di coi medesi-
mi . Le adulazioni o del nostro amor pro-
prio , o d'altrui ben possono di quando in
quando e per qualche. intervallo sopire que-
ste severo giudizio ; ma egli ritorna anche
nostro mql^ràdo ognor più fiero a presene
tarsi. ] i . \ (
'i
SEZ I O N, E I IX %
DELLE VIRTU%.
• .-
€ A P O t ■*
Bell* virtù in generale ;
* »
■ r ♦ •
I" ** ' •
1 primo fra gli antichi-, il quale fornito ci
abbia un trattato delle virtù, è stato Ari-
stotele . Egli ha posto la loro sede im un*
certa mediocrità, la quale sfugga da ambo
n 3
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29S Virtù
le parti gli estremi , e le ha divise in mora-
li e intellettuali*.
Delle prime egli n'annovera undici, vale
a dire 1. In fortezza , per cai l 1 uomo incon-
tra i pericoli , e soffre i mali della vita con
anima grande : e i suoi estremi quanto ai
pericoli sona F audacia e il timore , e quan-
to ai mali sona F insensibilità ( la quale pe-
rò, ove esistesse, sarebbe piuttosto difetto
di natura che vizia ) e F abbattimento .
2. La temperanza f per -cai l'uomo s'astie-
ne dai piaceri , a ne gusta sol quanta vuol
la ragione; gli estremi sono Fin temperanza,
e la suaccennata insensibilità o stupidezza *
3. La liberalità , per cai F nomo dona ad
altrui del suo agevolmente ed a proposito :
' gli estremi sono V avarizia e la prodigalità .
4- La magnificenza , per cui egli fa spese
grandi , ma quando e come conviene : gli
estremi sono la profusione e la spilorceria .
5. La magnanimità , per cui egli si stadia
di conseguire i primi onori , ma moderata-
mente e seconda la ragione : gli estremi so*
no la superbia , per cui pretendonsi i primi
onori, quando non convengono , e la pusil-
lanimità f per cui si trascurano quando pur
converrebbero * - ; : j,v ^
6. La modestia , per cui Aristotele intende
la premura d' ottenere anche i piccoli ono-
ri f ossia le proprie convenienze secondo la
retta ragione: gli estremi sono l'insolenza
e F abbi ezìone *
7. La mansuetudine , per cui P uomo. trat->
tiene Pira ili maniera che stia dentro ai
termini del convenevole : gli estremi sono il
trasporto e P indolenza . J . •
$. Anche il lodare sè stesso accortamente
*
*
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In generale . agc)
e moderatamente da Aristotele meltesi a
conto di virtù, e chiamasi da lai elettrica o
verità : gli estremi sono la milanteria , e
V umiltà affettata.
9. Egli riguarda pare come virtù il lodare
i detti e i fatti altrui t ove facciasi a buon
fino e convenientemente : gii estfettii sonè
l'adulazione, e il negare altrui ia debita
lode %
10. Una virtù parimente è presso lai il
saper rallegrare le brigate con graziosi ra*
giovamenti e leggiadri motti : gli estremi
sono la buffoneria e Ivi rustichezza .
L' Hi virtù finalmente è la giustizia , per
cai l 1 Qomo dà a ciascuno quello che gli si
deve : gli estremi sono Y usurpazione dell'
altrui , e la dabbenaggine in lasciarsi toglie-
re il propria, "i • "
Le virtù intellettuali* ohe da lai si accen-
nano , sono quattro: 1. V 'intelligenza , pe*
«ni si conoscono prontamente ie cose nei
lor principi * • '
2. La scienza, per cui si conoscono pron-
t amante , e si dimostrano le conseguenze
che ne discendono * * :
3. La prudenza , per cui si conoscono le
azioni , che in ogni circostanza convien fa-
re , o non fare . ^ ; i
4. V arte , per cui si conosce tutto ciò
eh 1 è richiesto a rendere bella e perfetta
F opera che si fa * #
Sembra , ohe Aristotele abbia generalmen-
te riguardate per virtuoso tutte le cose , *he
possono meritar lode # e abbia inteso per
virtù l 1 abito di far prontamente qualunque
cosa lodevole. Quindi egli annovera tra le
virtù il saper fare acconciamente le grandi
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Soo Virtù
spese , sapere acconciamente 'procurare i
primi onori , acconciamente sostenere le
proprie convenienze , lodar sè stesso , lodare
altrui , rallegrar le persone , con cui si Usa.
• Ma oltreché egli molte ne ha ommesse y
che assai più meritavano di essere Domina-
te , come la clemenza , la fedeltà , la grati*
tartine , la cortesia , .troppo crescerebbe il
numero delle virtù, qualora si volesse pren-
dere questo termine nel senso, ch'egli v'ha
applicato . Perocché se vi ha una virtù , che
s 1 occupa intorno alle spese , un 1 altra , dice
Francesco Maria Zanotti f dovrà pur notar-
sene , che versi intorno alle fatiche , un' al-
tra intorno agli studj , un'altra intorno alle
▼isite , ai passeggi eo. 9 essendo queste cose
tutte capaci egualmente d' eccesso e di difet-
to , e tutte essendo lodevoli quando si usano
moderatamente ; e se tra le virtù morali si
pone X abito d'usar facezie, perché , die' e-
gli, non dovrà porvisi quello di far sublimi
ragionamenti, di far onesti racconti , di far
esortazioni, e così discorrendo?
Ma la parola virtù anche presso degli al-
tri antichi usata si trova in un senso egual-
mente vago e indeterminato . Nei primi tem-
pi, siccome il pregio maggiore d'un uomo
poneasi nella forza , cosi per virtù intende-
vasi soprattutto il valore . Noi veggiamo in-
fatti , che. apern ( arefe ) presso i Greci, e
virtus presso i Latini adoperavansi principal-
mente nel senso di forza o valor militare ;
e la sua stessa origine appresso i Latini
sembra anche venire da vis , forza (i) /
* 1 . - . . *
; <i) VÀRFONE, e CICERONE traggono il
Home yirtù da vir uomo , qua lo stesso vir '
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In generale. t Zot
Virtuose in appresso si sono chiamate taf—
te quelle azioni morali , che richiedendo un»
certa forza nel]' animo , perciò si credettero,
meritar lode ; virtuose similmente tutte le
operazioni intellettuali , e le abilità corpo-
ree , che por si credettero commende voli :
tanto che Virgilio sostituì fin anche il nome
di lode a quel di virtù ♦ dicendo : sitnt hit
etiam sua praemia laudi , invece di dire w>-
tufi ( Aeneid. Lib. IV. K •
Or affine di meglio determinare il lignifi-
cato di questo termine , noi osserveremo pri-
mieramente, ch'esso è ben riserbato soltan-
to alle azioni lodevoli, ma non ogni azione
lodevole virtuosa si chiama » Merita lode un
geometra , che scioglie un difhcil problema ;
nn comandante , che riporta una gloriosa
vittoria ; un pittore . che forma un bel qua-
dro ; un poeta , che fa nn poema eccellente;,
ma noQ si dicona virtuosi per questo . .
Alle sole azioni morali questo titolo pro-
priamente suol darsi ; ma anche qui non a
tutte si concede , e nemmeno a tutte quelle
che pur si riguardano come buone azioni .
Il pagar nn debito , il Soddisfare ad una
promessa ;« il restituire un deposito sono cer-
tamente buone azioni , ma non si celebrano
contuttociò come azioni virtuose. All'incon-
tro il beneficare un nemico o un ingrato ,
il sollevare un' onesta famiglia dalla sua
mendicità , F opporsi alla prepotenza d' un
poi sembrano dirivare da vis , forza . Pirtus.
ut viri* vis a virilitate ; dice VARRONE
( Lib. 4. de Lingua Lai. ) ; e CICERONE :
Appellata est enim eoù viro virtus ; viri uutem
propria maxime tst fortitudo ( Qutest. Tusc*
Lib. 2. Gap. .
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3oz Virtù.
frìgi u*to usurpatore per la difesa d 1 ub debo-
le -innocenti., V esporre generosamente per
l 1 altrui salute la propria vita ad un immi-
nente -pericolo , sono azioni ; che in tutti i
tempi, e da tutti sono state sempre ricono-
sciate e commendate come veracemente vir-
tuose .
Ma che è ciò che distingue queste azioni
dalte accennate dianzi , e fa che queste, non
quelle virtuose si chiamino ? La differenza
si è , che le prime sono d* espresso e indis-
pensabile dovere, non le seconde • Ora cbi
adempie esattamente i suoi doveri f ma non
più , chiamasi , come già altrove si è detto
(Logica Par.L pag. 17&, e Metafisica pag.268.)*
semplicemente uomo onesto : egli è nel caso
espresso da Orazio ad altro proposito : PtW*
vit deniqae culpam , non laudem mentit
( de Arte Poet. ) . Quegli , che fa delle azio-
ni lodevoli senza esservi dal dovere costrfet^
to , oA oltre a ciò che il dovere prescrive ,
è il solo , a cui diasi veracemente il titola
di virtuoso . ' "'.
Non basta però una sóla azione di questo
genere , percnè uno costantemente s' onori
con questo titolo . V abito Vi si richiede di
farle ogni volta che Y occasione presentisi $
e tarlo prontamente e spòfctaoeamente .
La virtù adunque potrà definirsi V abito di
fare prontamente e spontaneamente delle buo-»
ne azioni morali non comandate da espresso
dovere , 0 superiori a questo dovere mede^
• »»# * * »» » . ••
Simo .
* Da quest' analisi (O periamo vedere quan-
(1) Che io aveva fatta già altrove inciden-
temente ( Appendice alla Guida delCintellet*
nella ricerca della verità ) .
x 4 Digitized by Google
In generale. 3o5
to inesatta sia stata la distinzione * che h*
fatto Aristotele delle virtù in morali ed in-
tellettaali ; quanto male a proposito i Greci
e i Latini abbiano confusa la» virtù col vaiò*
re , chiamando amendae collo stesso nome ;
quanto peggio alcuni Italiani abusino di
questo termine , applicando il tìtolo di vir-
tuoso a chiunque ha abilità in alcuna cosa,,
e quasi per privilegio ai musici ed ai balle-
rini^ Colla medesima analisi noi ' pò tre in
giudicare , se a ragione Montagne abbia as-
serito , che la virtù è una nozione vaga e
inde terminata , la quale varia secondo i se-
coli o le nazioni ; se Locke a ragione l'abbia
fatta dipendere dalla semplice opinione , as-
serendo , che le azioni si chiamano virtuose
e viziose non per sè stesse , ma secondo
eh© sono credute pubblicamente degne di
loda o di biasimo ; se Elvezia abbia avuto
ragione di riporta nel suo desiderio del ben
pubblico ; se Montesquieu con ragione abbia
stabilito un diverso fondamento alle repub-
bliche ed alle monarchie, cioè a quelle la
virtù ed a queste Y onore ec* > i
La virtù suppone sempre una certa forza
e grandezza d 1 animo % nel che essa corris-
ponde alla sua etimologia ; perchè ] e anime
deboli appena sanno adempiere ai loro do-
veri , non che oltrepassarli • Ma questa for-
za ora si esercita nelle azioni che riguarda-
no noi medesimi , e costituisce le virtù che
appartengono all'uomo saggio* di cai le
principali sono la fortezza nei mali , l'umil-
tà e la modestia nelle lodi e negli- onori , e
la temperanza nei piaceri , di cui già abbia-
mo parlato : ora si esercita nelle azioni che
riguardano Dio , e forma le virtù che spetta-
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5To4 - Pfrtù .
Ho air uomo pio, di cui parleremo Della IH.
Parte ; ora si esercita nelle azioni che ri-
guardano gli altri uomini , e costituisce 1*
virtù sociali , o spettanti alT uomo probo ,
di cai prenderemo ora a trattare particoLar-
mei, te .ti.'
c a p * o rr.
Delle virtù sociali in particolare ,. e primie-
ramente della beneficenza .
P ' •* ' * /.i 1 * ' 1 !
er virtù sociale, secondo quello che ne
abbi'am detto pur ora, si deve intendere Va-
gito di fare delle azioni lodevoli a favo?
d' altrui, senza che il dovere adesse ci ob-
blighi , od oltre a ciò che ih dovere assola*
ta mente richiede. Ora ciò posto , sicoomfe il
dare a ciascuno ciò che gli appartiene, nel
che è riposta la giustizia; il mantener le
promesse, nel che consiste la fedeltà; il
parlare secondo i sentimenti io terni del cuo-
re , il che costituisce la sincerità ; il serba-
re memoria dei benefacj , e ricambiarli po-
tendo, il che formar la gratitudine; T aste-
nersi dalla vendetta , sa che è fondata la .
mansuetudine; e tutte le altre azioni, di
cui abbiamo parlato nella Sezione preceden-
te , sono di preciso ed assoluto dovere ; co-
sì benché degne di molta lode ( perocché la
perversità de' costumi , dice un* filosofo , si
rari esempj ci porge di chi adempia esatta-
mente il dover suo , che pur questo solo è som-
mamente da commendarsi ) 9 non arrivano
contutto ciò a quel grado sublime , per cai
meritino il titolo di virtuose *,
» .
»
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Beneficenza . ' 365
La prima tra le virtù sociali , a cui vera-
mente debbasi questo titolo , è la beneficen-
za : anzi tntte per certo modo in lei sola
por si racchiudono (i) . Ma siccome essa ba
molti gradi , così non tatti sono questi di
egaal pregio , nè tatti par giungono a meri-
tar il titolo di virtù .
Il primo grado della beneficenza è l'umani-
tà , la qaale consiste nel prestare altrui quei
servigj, che n» un danno od incomodo a noi
non costano , e soccorrere altrui eziandio con
qualche danno ed incomodo nei mali almeno
più gravi . Ma questo , siccome abbiam di-
mostrato ( pag. a5g> ) , è preciso dovere , e l'a-
dempierlo non può tra le virtù annoverarsi ;
(i) Beneficenza è nome generico , e ab-
braccia tutte le virtù , che tendon per qual-
che modo a far bene ad altrui . Più partico-
larmente però beneficenza si chiama il bene-
ficare coir opera , e munificenza o liberalità
il beneficare con doni o con denaro , sebbe-
ne CICERONE ( de' Offic. Lib. 2. Cap. il. )
chiama liberalità anche la prima , Che se il
beneficio consiste nel rimettere ad un reo la
meritata pena , egli è clemenza ; se è accom-
pagnato da un eerto sentimento di pietà e di
tenerezza , è benignità ; se è fatto con una
certa grandezza di animo , è generosità ; se
è riposto nel grattar altri lautamente , è splen-
didezza ; se neir uso di certi graziosi riguar-
di, e certe spontanee attenzioni verso dVal~
trai , è cortesia; se nell'accogliere amichevol-
mente, e cortesemente trattare i forestieri,
ospitalità ; se nel soccorrere i poveri di quar
luaque maniera % è carità *
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3o6 Virtù .
I mali minori , c che meno appariscono , o
che graire incomodo richieggono , o grave dan-
no e pericolo in chi debba prestarvi ajuto ,
fono quei soli , i quali non sembrano impor-
re a ciascuno l'esprèsso e indispensabil do-
vere di poTger loro soccorso ; meno ancora
appare il dovere di dar ad altri spontanea-
mente del proprio senza un preciso bisogno,
o più del bisogno - Or là appunto ove cessa
il dovere assoluto d* umanità , incomincia ,
siccome altrove abbia m detto ( pag. 260. ) i -
il merito della beneficenza .
Questo merito poi è proporzionato cosi al-
la quantità e qualità dei benefioj , come irl-
le circostanze di quelli che li fanno o li ri-
cevono .
Circa alla quantità la cosa è manifesta per
Sè medesima. La qualità dipende dalla natu-
ra stessa del benefizio . Imperocché certa-
mente chi salva ad altri l a vita fa assai più f
che soccorrendo in una minore indigenza ; e
assai più vale un benefizio, il quale influi-
sca su tutta la vita d* un uomo , che un be-
nefizio passeggero . ; " . -
Ma il maggior mento della benencenza
suol derivare dalle circostanze di chi benefi-
ca . Imperocché quanto maggior incomodo
egli dee soffrire , o quanto maggior forza dee
fare a sè medesimo 9 tanto pur certamente è
meritevole di maggior lode ; Così chi ha un
solo pane , e sentendosi egli stesso affamato f
il divide con un altro famelico , fa assai più f
che chi dona mille scudi del sua superfluo •
* la qu<?<to però un vantaggio hanno gli
uomini ricchi e possenti f che quanto meno
loro costa il far del bene , e quanto menò
perciò essi meritano per questa parte , tanto
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Beneficenza ♦ 3<r>7
pià accrescer posano il loro merito col mol-
tiplicare i beoefizj , e col farli maggiori .
Ma ano sforzo , che può praticarsi egual-
mente e dai grandi e dai piccoli, e che a
tatti egualmente è gì àrie so allorché sanno
esercitarlo ', egli è il beneficare un nemico f
od un ingrato. L'astenersi dalla vendetta f
siccome abbiam dimostrato ( pag. 24t. ), è
un dovere*, e sebbene questo solo richiegga
sovente un grave sforzo , non è tuttavia da
mettersi in conto di virtù, come non è virtù
10 sforzo che altri far debba* per resistere ad
una gagliarda tentazione , che il porti a qual-
che azione inonesta » La virtù incomincia al-
lora quando all' oltraggiatore si ha puranche
11 coraggio di far del bene ; e questo sforzo»
il qual suol essere gravissimo, è pure il trat-
to più generoso , a cui un 9 anima veramente
grande arrivar possa .
11 medesimo , dice Seneca, si è puranche
il beneficare un ingrato . La vista d'un uo-
mo sconoscente irrita comunemente e ribut-
ta ; e però chi ha il coraggio di superare que-
sta tr oppo facile avversione ; chi occorrendo
un nuovo incontro, sa beneficare con animo
superiore quegli stessi , che ingrati gli sono
stati altre volte , merita al pari e veracemen-
te il titolo di uomo grande , e magnanimo,
e generoso .
~ Riguardo al 1* oggetto che si benefica, tan-
to più degno di lode primieramente è il bene-
fizio, quanto abbraccia un maggior numero
di persone • Perciò Andrea Boria , che alla
patria dona la libertà ; Milziade , Temisto-
cle , Camillo , Fabio , Scipione , Marcelle*,
che alla loro patria la libertà conservarono
Tito; Trajano > Marc Aurelio % che formaro*.
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So8 ^ Viriti . \
no la felicità del più Tasto impero del mondo ,
saranno soggetto d' ammirazione e d'amore
in tutte le età. Non n*eno degni della pub-
blica riconoscenza sono pur quelli , cbe V u-
man genere istruiscono co' loro studj e colle
loro scoperte , nè meno grata è pur verso di
loro T umanità ; e certamente Galileo , Carte-
sio , Bacone , Bewfon , Locke , ed altrettan-
ti saranno celebrati in tutti i tempi .
. Ore trattisi di una sola persona , tanto più
le Jevole è il benefizio , quanto è meglio im-
piegato ; imperocché la beneficenza vuol es-
ser bensk generosa , ma non già cieca (1) .
Nei concorso di molti , su quelli per pre-
ferenza versar si debbono i benefizj 1. che
più ci appartengono per parentela , o per be-
nemerenza, o per amicizia, o per società,
o per patria , 2. cbe ne hanno maggior biso-
gno , 3. che se ne mostrati più degni . E qua-
lor si prevegga, che alcuno abbia a rivolge-
re il benefizio nostro in mal uso * conviene
astenersene ; perocché allora sarebbe il dare
ad un uomo malvagio le armi in mano ,
perchè possa nuocere ad un maggior nomerò
di persone (2) .
Ma oltre alta scelta, anche il modo ed il
fine', eoa cui, ad altri si fa del bene , pos-
sono rendere il benefizio più. o mena eoa*-
^ ■ * ■ 1 ■ 1 ■ 1 " ' T"*
. » -
(1) Bene facto* male locata , maìefacto- ar-
litror, diceva ENNIO. (Vedi CICERONE
De Offic. Lib. 2. Gap. mu)
(1) ridendum est , dice CICERONE)» De
Offic. lib, 1. Gap. 14. ) , n* oh sit benignità s
et iis ipsis , qiribus benigne videbitur feri.,
et caeteris ^ m .1 v« ' •
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Beneficenza. TSog
ttìfcncJe*ole . L 1 abate di Saint Pierte . caden-
do' Cina porzione delle stìe sostanze al sig.
Varignon , dod altro folle per patto , sen-
xwnchè questi non avesse da lai a dipendere
per conto alcuno : eroismo , dice il sig. d'A-
letnbert, ben degno d'esser proposto a tut-
ti i benefattori . Un eroismo ancora maggio-
re fa aaello di Montesquieu i che^pantanea-
xrifiite sborsando una somma . considerevole
per restituire ad un' onesta famiglia il padre ,
che tra i barbareschi languiva in misera
schiavitù , mai non volle neppur esserne cono-
sciato (1) . - »
Il dono, diceva Senèca ( Dè betiéf. ) dee chiu-
der la bocca a chi il fa , ed aprirla a chi il
ricevere Chilone diceva anche di più , che i
benefizj fatti dimenticare si debbono , e ricor-
dare soltanto i ricevuti . Chi vantasi dei be-
nefizi , o ne fa pompa , non è più degno di
gratitudine; perocché già ne usurpa da se
medesimo la ricompensa .
Che se biasimevole è chi benefica per va-
nità , assai più lo è quegli che il fa per vi-
le interesse . Chi dà per ricevere , dice il me-
desimo Seneca , non dà nulla ; ed altrove;
convien dare il benefizio , non prestarlo ; ed
in seguito : un uomo virtuoso nel dare ad
altri non dee cercare ch^, il solo piacere
d'aver dato (2). v
• «
<i) Veggasi il fatto tra le Novell* Moratti
VbL 2. No*. 12.
• (a)Dubiurn non est , dice CICERONE < Ve
Legibus Lib. 1.) , xjuin is, qui iiberalis beni-
gnusque dicitar , officium non fractum* se-
quatur. « " 1 .V .
*- . ^*»-it.r; ,l> .9 bili, . !i> *
Dìgitized by Google
3\o Virtù .
_ Nè già questa sola per sè medesima è pic-
cola ricompensa; Imperocché ad un'anima
.sensibile, quale può esser maggiore piacere f
.che quello di farne altrui? Il poter dire, fra
sè : il tale è vivo , è lieto , è felice per ca-
gion mia , quanto non è soave e delizioso
pensiero ? Chi ha questa disposizione , non
avrà pure mai a pentirsi d' aver fatto altrui
del bene : Imperocché comunque ingrato al-
tri esser possa , non potrà mai levargli il
piacere , chp ; avrà già gustato nel benefi-
cario • r .;•.'».♦• » • i •
Sebbene è par raro, che un o omo vera-
mente benefico , e tale per sol principio di
virtù, non per vanità o per sordidi fini ^tro-
vi delle anime' inarate . La riconoscenza è un
affetto che tutti sentono , e sentono pur eoo
piacere; e se taluno diviene ingrato , la colpa
è per lo più dei benefattori , stessi P Un uo-
mo vano, il qual benefica con un atto di
superiorità che ributta ,, o , fa , vergognare il
beneficato col milantarsen^ , o giugne pu-
ranche ali 1 insulto di rinfacciargli i suoi b«-
nefizj , come pjuò egli essere amato ? Un uo-
mo sordidamente interessato, che alla perso-
na beneficata presenta sempre l'idea d 1 un
creditore importuno come non deve esser
fuggito? All' incontro un uomo Teracemenr
te virtuoso eh 1 ispira l 1 amore e la confi-
denza nel!' atto che benefica ; che non solo
prontamente sovviene a chi ne lo chiede , ma
previene anche spontaneamente le altrui do-*
raande , onde toglierne il rossore ; ohe è poi
%\ priifto ^jtJtìSCondere gelosamente i suoi be-
ru&b]'^ che- altra ricompensa non cerca fuor-,
che 1* -felicità di quelli, a cui, fa bene, egli
v certamente guardato sempre da tutti eoa
o ;oh o di gratitudine e di tenerezza : egli *
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Beneficenza. .3n
rispettato come un Dio tutelare ; quanto più
egli tace , tanto più si fanno altri un dovere
di celebrarlo ; quanto meno egli cerca , tanto
maggior premura si fa ognuno dì palesargli
la sua riconoscenza .
Opposti alla vera beneficenza è liberalità
sono egualmente i due estremi , prodigalità
e avarizia . Intorno a questa la cosa è chia-
ra per sè. Della prima soltanto potrebbesi
dubitare ; ma cesserà ogpi dubbio ove riflet-
tasi i. che la prodigalità profondendo i bc-
ncfizj senza misura e senza scelta , il più
delle volte gli sparge sopra ai malvagi , a
cui il far bene e ad un tempo stesso far
male ai buoni ; 2. che la profusione è ben
difficile che vada lungamente scompagnata
dall' opposto vizio dell 1 avarizia è della rapa*
.cità . L'uomo prodigo , dilapidati' cEe abbia
i suoi beni , non sapendo . tuttavia astenersi
dalla profusione e dallo scialacqoarnenio a
cui è accostumato , per alimentare il suo
Vizio ricorre d'ordinario a* mezzi iniqui ,
togliendo air uno quello che dissipa in altri.
.„ Alle largizioni , dice Cicerone , succedono
le rapine ; imperocché quando a forza di
profondere gli scialacquatori iocominciano a
scarseggiare, sono costretti a metter mano
negli altrui beni . . • Per la qual cosa , se-
gue egli , le proprie sostanze nè debbonsi
tener chiuse in modo , che la benignità ad
altri non possa aprirle , nè spalancare in
guisa , che sieno a tutti esposte • Modera-
zione richiedesi, e questa proporzionata , al le
facoltà. Convien rammentassi l'antico pro-
verbio , che la prodigalità non ha fondo (1) "
0) Stquuntur largii ionem r a pinae ? Cura
emm dando egète coeperint \ uiienis bonis
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3i2 ■ Virtù .
capo in.
Della cortesia .
I^a cortesìa consiste in quegli atti uffizio-
si i che prestatisi di buon animo e sponta-
neamente ad altrui ; e che sebbene per la
loro piccolezza non abbiado il nome di be-
sefizj 9 recano però a chi li riceve piacer
grandissimo , e molta lode procacciano e
molto merito a chi sa usarli acconciamente. *
I riguardi <T urbanità e convenienza a
chiunque vive fra gli uomini , e speziai*
mente nelle colte società, sono del tutto
indispensabili ;*e chi ad essi manca , meri-
tamente come rozzo e villano è da tutti
biasimato ed abborrito . La civiltà adunque :
e la buona creanza , la quale consiste nel
dimostrare a ciascuno il dovuto riguardo ,
nel contenersi decentemente e pulitamente
in faccia a chicchesia , nell 1 usare verso di
tutti quei modi di convenienza , che il loro
grado richiede, o che il buon costume pre-
scriverei fuggir tutto quello negli atti e. *r
nelle parole , "che ad altri possa riuscir di
fastidio , o di nausea , o di dispiacere , è
»• \ • • fc • m
manus afferre coguntur Quamobrem nec
ita blandendo est res familiaris , ut l eambe-
nignitas aperirè non possit , nec ita rese-
randa, ut pateat omnibus • Onnino memi-
ntsse debemus id , qttod a nostris hominibus
saepissime usurpatum , jamque in proverbu
consitetudine-n venir : Largiùonem fundum
non, habere . (De Offic Lib. a- C. li.)
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. /
Cortesia . Si 5
debito non Yirtù ; e di cih potrannosi veder
a lungo e minatamente i precetti nel Gala-
teo di Moni, della Casa (1) .
Ma in quella guisa, ehe dorè termina il
dovere d' umanità incomincia il merito della
: beneficenza ; cosi quello della cortesia par là
incomincia , ove cessa il dovere assolato d'ur-
banità . Mille piccole attenzioni vi sono a cai
mancar si potrebbe senza mancare a questo
assolato dovere, ma che usate formano il mag-
gior condimento e diletto della cirilè società •
Di questo genere è il prevenire gli altrui
desiderj , loro prestando spontaneamente e
senza esser richiesti quegli uffizj , che l'urba-
nità vorrebbe che si prestassero quando fos-
simo domandati ; il far puranche a taluno del-
le dolci sorprese , quei servigj porgendogli , eh*
egli pure non s* aspetta ; il risparmiare ad
altri or questo , or queir incomodo , sponta-
neamente assumendolo in noi -medesimi ' l'of-
ferirsi volontariamente a quello che si pre-
vegga poter loro essere di piacere ; il metterli
volentieri anche a parte dei nostri piaceri me-
desimi ; il distinguerli con bel modo e one-
rarli alle occasioni , e fare che siano dagli f
altri onorati e distinti. ; ^;
Alla cortesia presentemente può riferirsi
ancor l'ospitalità . Negli andati tempi era que-
sta un dovere d* umanità , e lo è tuttavia in
quei luoghi, ove mancano i pubblici alberghi
IH-
(O Chi amasse vedere questi precetti rac-
colti pi4 in breve , potrebbe anche dare un*
occhiata alle Regole della Civiltà aggiunte
al picciolo trattato dei Doveri dell' uomo per
oso de 1 Fanciulli .
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3i4 m Virtù.
Ma dorè questi sodo introdotti , a mano pia
non corre il preciso obbligo d 1 accogliere in
propria casa e dar ospizio ai forestieri , salvo
il coso straordinario di dar ricetto ad alcuno
per qualche momento , o quello ancor più
raro, che altrove non possano trovar ricove-
ro e ripararsi. Atto dunque di cortesia è l'of-
ferire spontaneamente la propria casa agli a-
xpjci o. ai conoscenti-, e Tolentieri accoglierli
ed onorarli, ^ prestar loro tutti quei servigj,
<ìhe all' ospitalità si convengono .
fi tutti questi atti di cortesia benché al me-
rito della beneficenza non giungano , poco
però ne sono lontani; ed avviene pur qual-
che volta, che gli animi restino più dolce-
mente legati, e ^«appiano maggior grado, e
tengano in maggior conto un atto di semplice
urbanità e gentilezza , «che un benefizio (i)-.
C APO IV-
Della prudenza.
S i è disputato da molti *e la prudenza si
avesse o non si avesse a collocare nel nume-
ro delle virtù . Dall'analisi che noi della vir-
tà abbiamo fatto nel Capo I. par veramente,
ctìe la prudenza appartenendo più all'intel-
letto ohe al cuore, sia piuttosto da riguardar-
si come direttri^ * regolatrice delle virtù ,
(i) Lg stesse virtù , dice GIANSON , non
accompagnate dalla gentilezza perdono mol-
tissimo : soa come le gemine gregge , di cui
il valore non si conosce , se loro non si to-
glie ruvida crosta che le ricopre .
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Prudenza . 5i5
che come virtù per sè stessa . Gontffttociò noi
ci siamo qui riserbati a trattarne , perchè an-
che escludendola dal numero tlelle virtù , non
lascia d'essere air nota virtuoso il pregio più
essenziale ed il miglior compimento. La pru-
denza 9 diceva Bione , è alle virtù quel eh* è
l'occhio ai piedi e, alle roani: e noi abbiamo
già accennato ., che la beneficenza stessa f ora
dalla prudenza non sia guidata , in luogo d'es-
ser utile , pub riuscire perniciosissima < pag.
309.)* Anzi pure sovente la stessa virtù di- A
yien vizio , se la prudenza non V accompa-'
gna : così un imprudente coraggio è temeri-
tà * u^a liberalità imprudente è prodigalità ,
no 1 imprudente clemenza verso i malvagi divie-
ne ingiustizia verso dei buoni . .
Or cominciando dal nome, prudenza vale
* un dipresso il medesimo , che previdenza;
ed una saggia previdenza è quella appunto ,
che costituisce principalmente la sua natura .
ÌTn domo , che potesse . preveder chiaramente
tutto quello che dee avvenire , ; e secondo que-
sta previdcBZa regolasse costantemente le sue
azioni , sarebbe il più prudente di tutti.
Ma la diversità degli accidenti dipende in
parte dalle azioni diverse degli uomini , e in
parte dalle azioni degli altri esseri della na-
tura . Indi è , che per aver la perfetta pru-
denza, converrebbe* poter prevedere esatta-
mente così rispetto agli uomini, come agli
altri esseri tutte le azioni , che sopra di noi
possono influire . <3Yf a questa esatta previdèn-
za non è certamente possibile, poiché- sareb-
be necessario il saper tutte le leggi, da eui
gli esseri fisici sono diretti, e tutte le circo-
stanze, in cui trovar si debbano successiva-
mente , perchè il talco tal altro ne risulti ;
m 2
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3i6 VM. 1 :
necessario Sarebbé il poter préredere tutte le
successive deliberazioni 'degli uomini , il che
non è riserbato che all' Autor supremo della
natura. ; • <[ : * [ ■ ^ '
Sebbene però: 'uni previdenza sicura ò pre-
cisa nòtì sia possibile ,* molto, rióssiamò tùt-
. tavia con ana* probabile congettura inoltrarci .
E ■ primieramente molte leggi 'della natura
già ci soh note , e tnólte colle osserrazioni e
colle esperienze se ne vanno continuamente
scoprendo. Or siccome gli esseri fisici ubbi-
discono a queste leggi necessariamente , cosi
ogniqualvolta sarà in nostro potere il collo-
carli nelle circostanze opportune a produrre
un tale o tal altro effetto f noi saremo sem-
pre sicuri dell'esito; e aliando il metterli in
tali circostanze non sarà in nostro arbitrio ,
noi potremo assai Tolte e dalla osservazione
delle loro circostanze attuali dedurre ciò che
debba attualmente succedere , e dalle osser-
vazioni delle circostanze, in cui , posti al cu*
ni dati , si sogliono mettere ordifcariamente da
sè medesimi , argomentare eziandio probabile
mente ciò che debba succedere in avvenire.
ha volontà degli uomini è quella , di cui
meno possiam disporre , e che essendo la più
variabile, meno ancora si può da noi preve-
dere . Tuttavolta hanno anch' essi alcune
leggi , secondo cui sogliono regolarsi.
Una legge- costante si è , che tutti cerca-
no il loro ben easéré . Òr noi abbiamo ben
dimostrato , che la base dell* umana felicità
è la tranquillità dell* animo V che il compi-
mento è la contentezza , e che queste senza
T onestà e la virtù non si possono ottenere:
ma una tal verità nè da tutti gli uomini è
«crosciata abbastanza , nè tutti 0O"!K e 1 <
a, ,d
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Prudenza . 3 17
U comprendono sono sempre costanti nel
praticarla » V immaginazione , i pregiudizi e
le passioni fanno , che alcuni riguardino
come principale elemento della loro felicità
le ricchezze , altri il comando , altri la glo-
ria , altri la vastità delle cognizioni, altri
la inerzia , altri il piacere . Ora ciascuno di-
rige le sue azioni a queir oggetto principale
niente , in cui spera di ritrovare la sua mas-
sima felicità • Conosciuto pertanto V ogget-
to ., a cur un uomo ha dirette principalmen-
te le sue mire , non sarà difficile o il mét-
terlo in circostanze, in cui della sua volon-
tà più o meno possiam disporre , 0 sapute
le circostanze , in cui egli si trova , preve-
dere quali esser debbano le sue azioni. .
Da questi principj le regole della pruden-
za discendono per sè medesime « innanzi
adnnque d' intraprendere verona cosa sarà
necessario 1* esaminar diligentemente quali
esseri fisici possano avervi influenza, quali
siena le proprietà di questi esseri , in quali
circostanze probabilmente trovar si debbano
o si possano da noi porre , onde favoriscano
r esito , o non lo contrastino ai. quali per-
sone impiegare sii debbano I ali 1 esecuzione
dell' opera , quali aver possano interesse a
favorirla o combatterla , quale sia il caratte-*
re , la passion dominante , e la forza fisica
o morale di queste persone , onde impiegare
ed avvalorare le persone favorevoli, ed im-
pedire o rendere inutili gli sforzi delle con-*
trarie • . • • t v *
Prima di tutto però è necessario -esamina-
re attentamente la natura dell'impresa me-
desima . .Io oredo inutile l'avvertire , che *t
T impresa non è onesta , non dee occupare
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. 3i« PiVtò.
per an momento i nostri pensieri , non ch&
le nostre anioni . Ma oltre air onestà , Phti-
1 i tà pur anche dee riguardarsi; poiché sareb-
be la massima imprudenza V affaticarsi in
opera o inutile , o perniciosa . V utilità mi-
surare si deve da un esame matura delle
conseguenze favorevoli * che sperare si pos-*
sono , confrontate colle conseguenze sinisrre»
che se ne posson temere , e colle spese , col
tempo, colle difficoltà , co gl'incomodi i che in-*
co ntrare si debbano nella esecuzione dell'opera.
• Tutti questi esami , come ognuno vede %
richieggono tempo , riflessioni , e mente po-
sata . Quindi è in 1 . luogo , che qualunque
risoluzione presa, nel bollore d'una passia-
ne , sari sempre imprudente , 2. che impru-
dente sarà, in generale qualunque risoluzione,
presa troppo precipitatamente •
Nè è già che debba si usare dall' altro can-
to una soverchia lentezza: essa può nuocere
molte vqH? egualmente che una soverchia
precipitazione . Dee tenersi unicamente la
regola di non operare , finché veduta non
siasi chiaramente il prò e il contra di ci&
che vuol farsi. ^ , - i
Il tempo. , che a ciò richiedesi , può esse--
re maggior 0 minore, secondo V importanza
c la natura, dell 1 impresa medesima % e se-
condo la salacità e prontezza d* ingegno iti,
chi la considera. Una felice abitudine di
veder prontamente le cose su tutti gli aspet-
ti, di scorrere prontamente tutta la catena,
delle loro, relazioni , di prontamente rilevar-
ne le conseguenze,, farà the a taluno basti
un* ora o un momento quando, ad un nitro
più giorni saranno appena bastanti* - L
Ciò ohe può molto giovare a rendere que-
sto esame più celere e più sicuro , si è il
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Prudenza^ # # 019
| notare di mano in mano i pensieri » che la
[ riflessione ci vien* suggerendo . "Nei momen-
I ti 9 in cai F animo è occupato a consultare
su d* un affare importante , mille idee gli si
affollano tutte ad un tratto : oppresso dal
| loro numero f sulle prime egli rimane confu-
so , e non sa dove volgersi : quando egli co-
mincia a volerle considerare separatamente ,
il timore di perderle fa che egli salti disor-
dinatamente dalF una alF altra , e dalF una
all'altra disordinatamente ritorni : questo
invece di rischiararlo non fa che- accrescer
maggiormente la sua confusione : stanco per-
ciò finalmente A y un tal assedio», e d' an tal
contrasto, 0 abbandona ogni pensiero e ca-
de nelF inazione , o si lascia trasportare sue-,
cessivatnente dai pensieri , che confusamente
succedonsi e combattonsi fra di lora , e oh**
deggia bella perplessità , o abbraccia dispe-
ratamente *H primo cha si presenta f . e preci-
pita nelF imprudenza . ALF incontro scritte
che siansi di mana in mano, le idee: che si
sono offerte f F animo ne «resta per cosi dir*
sgravato : egli può allora posatamente ordi-
narle senza timore di perderle , e ordinate,
che sieno , più presto, e con piti sicurezza,
può determinarsi .
Egli è però assai difficile r che uno solo,
possa av*r s&aipre tutte le viste , che sempre
ad un solo p esano suggerite tutte b idee
necessarie e tatto* le- n'étaessarié relazioni .
Quindi un uomo prudente non si fiderà mai
di sè solo , massimamente negli affari di
gran rilievo ; e eia tanto meno perchè la
passione e % F immaginazione possono fa~
eilmente e spessa abbagliarlo o intórno ai
mezzi dell' esecuzione , 0 intorno alla utili-
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3ao Virtù .
ta dell' impre$a ; Con salterà egli dunque con
altri innanzi di determinarsi ; e s' egli avrà
prima scritte le proprie riflessioni , questo
farà , che più pronto f più savio , e più fon-
dato possa sperare il loro consiglio .
Debbon però i suoi consiglieri essere pri-
mieramente persone illuminate , che possano
dare un esatto giudizio , persone oneste e
sincere che voglian darlo , persone spassio,
nate e disinteressate, che non possano lasciar
dubbio della maturità e sincerità dei loro
consigli .
Ma perchè V anima degli affari è il segre*
to , perciò le persone eh 1 egli consulterà ,
oltre alle accennate condizioni , dovranno
essere pure • fedeli e circospette f e saranno
anche nel minor numero possibile . Un se-
greto confidato a molti è ben difficile che
sia segreto : e come pretendere , dice La-Ro-
chefòucault, che custodiscano altri ciò che
non abbi ani saputo custodir noi medesi-
mi? (i) .
Presa con tutte queste cautele l'opportuna
deliberazione , non resta che eseguirla ; ed
in ciò si dee procedere con ardore e con
fermezza (2) . Io intendo però un ardore
proporzionato alla qualità dell'impresa ; poi-
ché alcune anzi non si pessono condurre a
\ * * *
<i) ISOCRATE anzi volea ebe il segreto
non si affidasse faorchè a coloro , i quali
«vesserò al tacerlo eguale interesse che noi
medesimi : cosa per altro che ben si può al~
cane volte , ma non già sempre ottenere .
i (2) Lento sii nell'intraprendere , dice BIAN*
TE, ««ivo e ./ermo nei proseguire»
> —
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«
Prudenzà . $21
buon termine che colla pazienza e colla len-
tezza: intendo una fermezza proporzionata
alle circostanze ; poiché quando sopravvenis-
sero difficoltà insuperabili , o quando le cir-
costanze si variassero , il continuare nello
stesso proposito sarebbe temerità o sciocca
ostinazione (1) . y <
Questo è per ciò che riguarda le operazio-
ni più complicate e più rilevanti. Il lume
della prudenza però, non dee esserci di gai ito
in queste sole, ma accompagnarci in ogni
azion della vita : essa dee pur presiedere al
governo della nostra immaginazione e della
nostre passioni ; presiedere alla scelta dei no«-
stri amici 4 air esercizio delle tirtù , all' ese-
cuzione dei doveri, al regolamentò degli af-
fari f a tutta la condotta del viver nòstro .
~ Per ottenere questa lume , di molto studio
e molta attenzione fa di mestieri . Noi sia-
mo soggetti ajl 1 azione d? un' infinità d- og-
getti fisici che ne circondano , e conviene in-
dagar, diligentemente le proprietà almeno di
quelli che ne toccano più da vicino * per e?i-
1 > ?%v ~. • i • ' m $ ' •< _
' (i> E' però da guardarsi da ciò che avvie-
ne a molti , i quali desiderano degli ostacoli
per aver un pretesto alla propria inerzia , o
amano di credere gli ostacoli assai più for-
ti , e più, grandi , che veramente non sono .
Chi s' imbarca pel viaggio della vita , dipe
GIANSON , brama piuttosto di' avanzar cain*
mino per impulso di vento , che per fona
di remi! ed altrove : Noi siamo sovente pri-
*i dei beni che bramiamo , perchè invece di
affaticarci per acquistarli perdiamo il tempo
«1 lagnarci di non averli ,
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&g . Virtù .
far le influenze lor perniciose, e procurare*
lp utili . Noi viviamo in mezzo aj un'infinità
di persone eh diverso carattere r di diverse in-
clinazioni r di diversi principj : e tutto questo
esaminare si deve attentamente per preveni-
re i mali chfc ce ne possono venire , e pro-
fittare dei b*nt eh* possiamo sperarne (i) .
L/arcano più, difficile* a penetrarsi è il cuo-
ia dell* uomo * perocché i maligni sanno, tra-,
cestirsi e mascherarsi i a mille maniere ; ed èj
più facile , dice* La-Roch.efoupa.alt , il cono-
scere gli uomini in> generale s che un : uomo,
golo in. particolare Tuttavolta attraverso a.
questi loro, m$4esuni trave* timpnti l 1 uoru
saggia e<\ attento; a, lungo, andare sa alfin di-
scoprirli . ^pa. verità ed una onestà a pparen-
te non può, es$$rp r per-; lungo. IrattO; costante;
3 $è medesima?; Ja codtraddìzione; si mani-
testa alla fine ; e talvolta una piccola azio-.
ne ^ una parola t un gesto basta a rompere
il velo,, e palesare l'interna malignità •
Ma. infino. a. tanto che il carattere d' una
persona, *pa v pi sia, noto, bastantemente , re*,
gola generale*, debb! essere di andar molto,
cauti nel fi larcene v Gli uomini: onesti, facil-
mente parano gli altri da, sé medesimi , e
provano, ùo<i spec e di dolce soddisfazione a.
crederli tatti onesti. Ma una trjsta. esperien-
za fa, vedere, col tempo * che Y onestà negli,
nomini iloti, èfc posi, universale , come si ripu-
tava a principio . Innanzi dunque , di dover
%araré qi^sta, funesta, ferità, a proprie spe>
B « * f »— — i ... - —
ti* • . '
m i% MENADRÒ) volpa , che< in Juogo del;
fi) /se e te insani, fosse. scritto, Nosce alias ; e
pertaa. nte io, non saprei qual; delle due cor
$uizioni sia p u. importaste ». u
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Prudenza . . SsST
sé, V uomo prudente sali' esperienza degli
altri dee regolarsi , e andare 'p&rcib colla mas-
sima cautela e circospezione . 1 ; '
Questo egli dee fot soprattutto dove trat-
tasi d'interessa. II deftarò J>er gli uomini è
cosa troppo seducente , e f&eilrtfente essi al
denaro sacrificano il lor dovere . Le ingiusti*
zie , le frodi ,.- i tradimenti per la massitaa
parte non vengono che dall' amor del dena-
ro . Ogni qualvolta pertanto veggiama che
uno aver possa interesse ad ingannarci , rad-
doppiar dobbiamo: le cautele.
E siccome Y interessa è pure la principat
sorgente delle discordie e delle liti ; cosi chi
ama di prevenirle, e di vivere co stantemen-
te tranquillo, in ogni convenzione , dove
F interesse possa, aifer parte ,. dee procedere
colla maggiore chiarezza e precisione , e non
dee pure fidarsi alle sole parole troppo faci-
li ad alterarsi o dimenticarsi 3 mh'cùfare che
le convenzioni sieno poste in iscritto V
Come neir operare M uomo, prudente dee
sempre essere attento * circospetto', cosi
ancora e motto più net parlare . TWtéglSo S ;
sdrucciolar coi piedi , che colfa:. lingua , di-;
ceva Zenone ;; e quante volte noni é- stata
una. parola imprudente casyonev cler j>?tì fune-
sti effetti ? Innanzi di parlare adunque si dfee:
riflettere maturriniente a quel, che si dice , e :
con chi ,
J Questa riflessione è difffbfle* che aver pos-
sano, quelli che amano di parlar m >lto . La,
smania; di parlare , dice Seneca , è ti li a specie
d'ubbriache^za^^he ci fa diresovente'qa/llo che
non conviene.. Quindi è , che un. fyomb pru-
dente si guarderà sempre con mofta cnra d&I '
*izio, della garrulità . Mi sono pentito pA
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3*4 Pirtà .
Volte di aver parlato , diceva Senocrate , non
inai cT aver taciuto .
. Questa massima aver debbono ben presen-
te ali 9 animo specialmente i giovani , a cai
la soverchia loquacità può divenire tanto pia
perniciosa , quanto meno usar sogliono di ri-
flessione . Perciò Zenone ad un giovane , che
amava più il parlare che V ascoltare : gli orec*
• ehi 9 disse , ti sono scorsj| nella lingua .
* Non è per questo che debbano soverchia-
mente essere tacitami. La facilità d'espri-
mersi con precisione , con ordine , e con una
certa facondia adattata al soggetto , è un
acquisto troppo importante , e non può farsi
che a forxa d'esercizio. Ma nell'atto che
si esercitano a parlare , debbono insieme av-
vezzarsi a parlar con riflessione / a non
dire spensieratamente tatto qaello che vien
sulla lingaa , a non lasciare , come dice Chi-
Ione , che la lingaa corra innanzi al pensie-
ro , a saper anche tacere quando V occasione
il richiede .
^ Quelli , che sono nel parlare più disatten-
ti e pia scorrevoli , credono di mascherare il
loro difetto col chiamarlo sincerità . Ma è da
distinguere accuratamente la sincerità dalla
leggerezza. L'uomo onesto non deve mai
dire una menzogna per qualunque cosa del
mondo , nè mai parlare contro ai sentimenti
del proprio cuore : questo è ciò che ri-
chiede la sincerità . Ma essa non richiede
già , che diciamo pazzamente in ogni occa-
sione, e senza riguardo al luogo, al tempo,
alle persone, tutto ciò che^s appi amo . Bugia
non mai, e verità non sempre, è la regola
dell' aom sincero e prudente •
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32$
• -
ISTITUZIONI
ETICA'
PARTE III.
' V UOMO P 1 0 t
- '
sfera??** zz^rrjzxzszmttrixttz^
INTRODUZIONE»
■
I doveri, che all' uomo pio appartengono .
troppo facilmente si scoprono per sè mede-
simi. ì
» Oltre però a que' doveri , clic riguardano
■ 'qualunque uomo generalmente , noi prende-
• remo qui e dimostrare eziandio quelli cho
.riguardano più particolarmente V aom cti-
strano , facendo vedere quanta ragione abbia
. *gli sopra d'ogni altro non solamente ad
esser pio * ma insieme ancora ad esser e pro-
bo e saggio : [ifi^
E ciò faremo tanto più volentieri perchè
servirà a richiamare in compendio e rapida-
mente ciò che abbiamo detto fin qui ; e nel
tempo stesso a- far conoscere quanto la Cri-
stiana religione abbia aggiunto alla morale
- filosofia non solamente di peso ^,di autorità ,,
ma aneora di eccellenza e di perfezione ...
• ' > M
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S26
CAPO 1.
DelV uomo pio in generale »
JL< a fabbrica portentosa dell' universo , il
mirabil ordine che vi regna , la struttura di
tutte le su* parti saggiamente disposte in
guisa che dai mezzi più semplici i più gran-
dì effetti costantemente risultano , tutto ci
avvisa , che v'ha un ente supremo, autore
e regolatore di questa macchina immensa ;
tutto ci attesta , che vi ha un Dio .
Per conoscere V esistenza di questo Ente
supremo , noi non abbiamo, comesi è detto
già altrove ( Metafisica pag. ) , nemmen
bisogno d 1 uscire di noi medesimi • Anzi dal*
P esistenza di queir essere che in noi pen-
sa , esistenza che di certezza immediata e me-
tafisica ci è manifesta , e dalla manifesta
impossibilità, che quest'essere in noi esista
da sè medesimo, noi abbiam appunto fatto
vedere , come si tragga la più diretta e più
certa dimostrazione della esistenza di Dio .
Questo Ente supremo noi abbiam pur di-
mostrato , come necessariamente debba es-
sere eterno, onnipossente, libero, immen-
so /onnisciente, infallibile , provvido , uno ,
semplice , immutabile ^^finitamente buono ,
infinitamente giusto , infinitamente perfetta
( ivi pag. 363. e seg. ) •
Or da questo deriva in 1. luogo, eh* es-
sendo Iddio V autore supremo del nostro es-
sere , e noi debitori a lui essendo di quanto
abbiamo, la massima gratitudine e ncono^
scensa dobbiamo professargli continuamente .
<*. Che come la yera gratitudine jjon pui
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in generale . * S2J
«ssere scompagnata dall'amore, Iddio oltre a' be-
nefizj che ci ha compartito , anche per sè
medesimo e per le sue infinite perfezioni me-
rita sopra ogni cosa d' essere amato ; cosi
pur deve sopra ogni cosa da noi amarsi .
3. Che queste medesime perfezioni infinito
eotne lo rendono il più grande , il più ma-
gnifico , il più sublime, il più ammirabile 9
e più rispettabile di tatti gli esseri ; cosi pur
vogliono , che sopra tutti egli sia da noi ri-
spettato e venerato • ■ * '
( 4* Che tal rispetto e venerazione non dt&
ristringersi ai soli interni sentimenti del cuo-
re f ma eziandio manifestarsi con quei segni
esteriori, che sono una testimonianza degl*
interni affetti dell' animo ; e ciò tanto pià
perchè 1* amore e la gratitudine verso quest'
Essere infinito dee farci desiderare , che come
tale egli sia pure da tutti e conosciuto e a-
dorato , e quindi stimolarci a lor precedere
coir esempio .
5* Che la dipendenza , in cui siamo da
esso in ogni cosa , e il potere infinito ch'egli
ha sopra di noi , deve ispirarci un* tubile som-
: anessione > ed una _ ubbidienza dispettosa ed
esatta si suoi voleri.
6. Che avendoci egli questi voleri manife-
stato colla ragione , la qnal ci scopre ciò che
ad esso dobbiamo , ciò che agli altri , e cifr
che a noi stessi ; a tutti questi doveri dob-
biamo adempiere esattamente come a stie leg-
gi ; e temere quei gastighi , che come infi-
nitamente giusto la stessa ragione pur ci di-
mostra dover egli avere fissato ai trasgres-
sori (ì) . m 5
(i) La considerazione , che i doveri a noi
manifestati dalla ragione soi^o volontà espres-
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3*$ V uomo pio %
- 7. Che siccome la stessa ragione et fa co-
noscere, che ogni cosa per .conservarsi ha \
mestieri continuamente dell' opera di lui , ^
che perciò tatto règola, a tatto è presente;
cosi ciò deve ispirarci un" umile rassegnazio-
ne a quanto ne accade quaggiù di bene e di
male , colla persuasione , che tutto da lai
dipende , e eli' egli come infinitamente è gin-
sa di Dio , sono leggi di lui medesimo , h
quella che mette il colmo , e per così dire la
principal sanzione air obbligazione morale
di adempirli ( Veggasi BURLAMAQUI Prm-
cipes da Droit natur. Part. IL Gap. 7.
10.) Alcuni anzi sono di parere, <;he la ve-
vera obbligazione morale da questo solo pro-
ceda ; imperocché essi dicono, T obbligazio-
ne suppone ima dipendenza , e questa un
Legislatore , che abbia V autorità Ai coman-
dare , e la forza di punire . In questo mede-
simo senso però 9 dicono altri , sembra che
anche la sola ragione in qualche modo chia-
mar si possa obbligatoria. Imperocché non
può certamente dubitarsi , che la -ragione non
abbia il potere di comandare alla volontà;
poiché a lei si appartiene di reggerla , e nell*
atto stesso che le dimostra ciò chela giusti-
zia richiede , n'impone pure l'eseguimelo ; v
e se non ha la forza di punirla con pene e-
sterne , ha però quella di puuirla interna-
mente , co' rimorsi , facendola vergognar di
sè stessa , quando alle leggi della giustizia
abbia contravvenuto . Checché ne sia però.,
certamente che V obbligazione morale abbia
da Dio la principal sanzione non si piuò
nettere in dubbio ...
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V uomo cristianó . 3?g
sto e baono non lasciera di ricompensarci o
in questa o in altra vita di ciò che avremo
e poaienteoiente sofferto , e bene operato .
Ma tutti questi doveri, che la ragione
stessa ci scppre , all' uom cristiano sono poi
dalla sua religione vieppiù chiaramente e
manifestati e prescritti , siccome ora ve*
dremo .
. .
CAP 0 H.
DtlV uomo cristiano in particolare »
u na religione angusta e santissima, annun-
ziata da Dio già tanti secoli innanzi colla
voce de suoi Profeti , portata quindi da Dio
medesimo in terra , e dalla sua propria voce
manifestata , avvalorata dai suoi esémpj, con-
fermata dai suoi miracoli , ninn dubbio pub,
lasciar certamente sopra ai doveri ch'essa im-
pone , e sulla importanza di ben adempirli .
Or <jue$ti doveri non solamente sono consen-
tanei a ciò che la ragione dimostra, ma so-
no anzi la conferma più autorevole, e la più
sablime perfezione di ciò ch'essa insegna ; va-
le a dire , che ogni uomo debba esser saggio
nel. goyerno di se medesimo , probo cogli al*
tri , pio verso al supremo Autore . Egli è dun-
que <a vedere quanto maggior motiyo chi co-
nosce e professa questa augustissima religio-
ne aver debba sopra d' ogni altro a bene ed
esattamente adempirli.
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I
33o ' V uomo pio .
* * -* Articolo I.
f 1
Ragioni , che Vuomo crhtiarto ha più d'ogni
altro ad esser saggio .
XJ omo saggio abbiam detto esser quello -
che sa ben regolare e la sua immaginazione
e le sue passioni , e sa rendersi per questo
mezzo tranquillo e contento , e conseguente-
mente felice .
La cagione primaria dei nostri mali , e che
più serve a fomentarli ed accrescerli, abbia-
mo dimostrato essere la immaginazione. Al
tempo stesso però abbiam pur fatto vedere ,
che questa , ove sia ben governata , serve an-
zi ad offrirci le consolazioni più pronte.
Ora uno de'più possenti conforti , che l'im-
maginazione valga nei mali a somministrar-
ci, è la fondata speranza o d f un rimedio o
d'un compenso ; e noi ei siamo ingegnati col-
la ragione ad accennare a suo luogo i ve:/
motivi , che in ognuno ed in ogni occasione
eccitar possono questa speranza .
Ma un motivo di più , e motivo grandissi-
mo e fortissimo, ha sopra tutt'altri l'uom cri-
stiano . Egli sa e per ragione e per rivela-
zione , che una provvidenza benefica veglia al
governo di tutte le cose; sa che questa prov-
videnza vede i nostri mali , e li vede con oc-*
chio pietoso; sa che ella può il nostro bene,
e lo. vuole. Egli è adunque sicuro , che i
mali suoi cesseranno , tostochè questa cessa-
zione giovar possa al suo vero bene . Che se
non cessano , egli è sicuro , che ciò è ordi-
nato saggiamente da questa provvidenza be-
nefica per preparargli un ben maggiore ; che
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Vuomo cristiano . 0Z1
se questo bene quaggiù ritarda , egli è sica-
rissimo , che la medesima provvidenza glielo
riserba dunque espressamente nell'altra vita ,
per accordarglielo vieppiù grande e più ma-
gnifico • La speranza pertanto , anzi la eer-
tezza o d'un rimedio o d'uà cornpehso ne'jna-
li stessi più disperati ali 1 uom cristiano non
può mancar mai ; ed è certo di più , che per
ottenere questo compenso non ha appunto
che a soffrire frattanto siffatti mali con ras-
segnazione e con tranquillità, vale a dire,
non ha che a consolarsene .
Tra le passioni , quella che più univer-
salmente contribuisce alla nostra infelicità ,
perchè in sè stessa più universale , è T ec-
cesso de* desiderj . Questi abbracciano vari
aggetti , tra i quali i primi sono le ricchez-
ze , gli onori , e i piaceri ; Siffatti oggetti
però non eccitano i nostri desiderj, se non
in quanto alla nostra immaginazione presen-
taci sotto air aspetto di beni veri e grandi.
Or qual conto di essi abbiasi a fare real-
mente , noi l'abbiamo già dimostrato a lun-
go colla ragione .
Ma alla ragione per V uom cristiano la
rivelazione s'aggiunge a vie meglio persua-
derlo . Il Vangelo è la più perfetta scuola
di disinganno intorno al valore delle, cose
x terrene. Esso mostra perpetuamente quanto
poco sian da valutarsi le ricchezze, le di-
gnità , i piaceri , dietro a cui gli uomini cor*
fono sì pazzamente ; ed affine d' allontanar-
celi vie meglio , egli mette loro sott' occhio
il valore de 1 veri beni , a cai solo debbono,
aspirare.
Per abbassare frattanto il loro orgoglio ,
ed amiliare la lor vanità, egji mostra loro
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5oz V uomo pio .
apertamente la viltà della loro origine , la
debolezza delle lor forze , la loro ignoran-
za, i loro vizj , Jc loro imperfezioni. '
• A convincerli maggiormente del poco con-
to , ohe far si deve de* beni di questa terra,
c della vanita e sciocchezza dell' amano or-
goglio, egli loro presenta V esempio lamino-
sissimo dello stesso Uomo-Dio, che quei
beni sì disprezzo, e che malgrado la sua
grandezza , fu ir più perfetto modello della
più verace umiltà .
Per rimuoverli parimente dall' invidia , dal-
l' ira , e dagli altri affetti aspri e turbolen-
ti , in lui medesimo lor propone U più gr&a-
efe e più vivo esempio della più costante
dolcezza, e della più inalterabile mansuetu-
dine . ' . >
Pfcr toglier loro ogn' Importuno timore ,
* egli li anima con una dolce speranza in quei
soccorsi, che Iddio promette , e che mai non
ricusa a chi sa ben domandarli.
Finalmente per obbligarli maggiormente a
reprimere tutte queste passióni , e ad esser
saggi, per così dire , anche loro malgrado-,
espressamente lor vieta l'avarizia, la super-
bia , l' intemperanza , V ira , la invidia , la
< diffidenza ne' divini ajuti : minaccia loro se-
verissime pene ove ad esse trascorrano , %
gli alletta colle promesse di pretti} incompa-
rabili , ove sappiano astenersene .
Ma* una dottrina che la filosofia non
aveva sapnto peranche stabilir pienamente ,
e che la Cristiana religione ha posto fuor
d'ogni dubbio, si è il debito,, che ha ogni
nomo di conservarsi, finché all'Autor suo
giaccia in questa vita di trattenerlo.
Che il suicidio sia effetto per lo più. di
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Vittimo cristiano . .353?
un pano furore ; che il darsi la morte nei:,
gravi mali per impazienza di tollerarli sia
pruova di debolezza piuttosto e di viltà, che
di magnanimità, e di fortezza; chs nato
essendo V noma non per sè solo , ma pei pa-
renti , pei figli, per la patria , per gli ami-
ci , debba a lor conservarsi , finché la natura
il consente ; che debitore essendo, egli della
sua esistenza ali 1 autor sapremo della natu-
ra , di questa esistenza non passa arbitra-
riamente disporre ^ e privarsene a suo t*-,,
lento senza V assenso di chi gjiel' ha da-
ta (1) , ben sono cose che la ragione stessa
pur abbastanza dimostra . Ma a queste vo-
ci della ragione è dove l'impazienza , e dove
il pregiudizio o un falso fantasma di ma.
gnanimffà e di fortezza si opponeva. Av-
vezzi gli nomini un tempo a disprezzare
la morte , e ad esporre continuamente la
vita nelle battaglie , come un atto di gran-
dezza d* animo riguar lavano il darsi morte
da sè medesimi . Gli Stoici credeansi pure
a ciò autorizzati dalla natura ; e noi sap-
piamo quanti elogj furon profusi all' atroce,
animo di Catone , il quale anziché sotto-
mettersi a Cesare f si lacerò le viscere di
propria mano. Or a togliere così fatto pre-
giudizio , a convincerne , che dispotica pa-
dronanza noi non abbiamo su noi medesi-
mi v °he malgrado i più gravi mali noi
» *
<i> I Pitagorici secondo PLATONE ( nei
Fedone) diceano , che Iddio ci ha messi
questa vita , come in un posto , che hqu
dobbiamo abbandonare senza sua permis-
sione *
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334 # Vuomo pio .
dobbiamo, vivere e sostenerci , finché all'Au-
tor nostro si piace , alle voci della ragiona
l'espresso e positivo precetta della religione
s'aggiunge. Ne ali' nomo , che impaziente
dei mali si credesse" in diritto di liberarse-
ne eoll f uscire di vita, o che venisse ad ac-
cusar Dio di crudeltà , perchè l'obblighi ai
vivere e a sopportarli r lascia essa par luogo
di poter sa di ciò giustamente lagnarsi ,
conciossiachè tV infiniti beni lo assicuri in
appresso , ove questi mali egli sappia pazien-*
temente soffrire..
Articolo It..
Ragioni, che Vuomo cristiano ha piU
d'ogni altro ad esser probo.,
JLtf a onestà , e la virtù sono quelle , che
che costituiscono!, il carattere dell 1 uomo
probo» \
•?$oi abbiamo già dimostrato,, come la ra-
gione stessa c'impone d'esser onesti , cioè
di non nuocere a persona , e di lasciare a
ciascuno il tranquillo, e libero godimento
di ciò eh* è suo v E peichè senza; di questo
nrana *eciet& potrebbe sussistere , e dal be-
ne generale della società, risalta il ben par-
ticolare rfi ciascuno individuo , ciò basta
pure a far vedere, come ciascuno individuo
ad esser onesto dal suo medesimo interes-
se debba sentirsi determinato (:) . , s
♦ .. *
■« i n i ■.■ ! ■ m 9 i «
« ' , . • « , .
~(i) Unum de.b?t esse omnibus propositum ,
dice CICERONE ( De Offe. Lib. III. Gap. 2.),
H^eademsit utilitasuniascujusque et universo--
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li 1 ttomo cristiano 33£
Ma 'una forte tentazione per tnoltt «*tras~-
gredire le leggi dell' onesti egli è quando*
sperano, di poter farla impunemente . Sem*—
bra loro, in tal caso r che 4 potendo con uo.
delitto, acquistare un bene;* e non avendo-
ne a temere nessuna pena , il loro interesse
richìegga, di procurarsi Questo- bene , anzi-
ché tralasciarlo.
Se però ben riguardassero alle conseguen-
ze , vedrebbero- certamente ^cbe^ anche ia,
questo, casa medesima il loro stessa interes-
se vuol che abbandonino qualunque bene
più lusinghiero,, anziché mancare; alle leggi
dell' onestà . • * ^
Perciocché in prima luogo egli è ben dif~.
ficile* il potere aver mai una. piena e assola»
ta sicurezza,,, che il delitto rimanga occulto ;
ed ogni aual^olta. si scopra oi la penarpre- .
scritta, dati* leggi , a;li* pubblica* detestatici
ne ne sona effetti inevitabili . u
In secondo* luogo , quand'anche il delitto
restasse occulto , non sarebbe contnttooiò
suo. autore meno pernicioso . Una prima
sperienza ben ri uscita, conduce per ordinario,
ad nna r seconda ; questa dà coraggiò per nfia^
terza ; dopo- una quarta o una quinta , ileo-'
gaggio arriva alla te^pìtà: si òpera a Degras
senza aver più i riguardi che avevansi pri-
lla ; f si tentano spensieratamente le imprese
ruftS: quanta si tad- se* quisque ^ rapiatr» d'isso}-
v&ttKamni$. httrn#ria consociati® : In, quella,
guisa appunto f dìce> egli, uo po! prima , «b*v
tutto, il corpo verrebbe a perire, se ciascun^
membro volesse trarre a sè medesimo la*
sanità , } e la forza del suo vicino.
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336 \ V uomo pio.
ancor più difficili : quando anche il pericolo
si conosca , F abito già contratto nel tizio fa
che alla tentazione più non si sappia resi-
stere ; il delitto finalmente si manifesta , e
ad un sol trailo si soddisfa per tutti . I più
grandi scelleditr, e che più cara han pagata la
na de 1 lor misfatti , tatti vi sono giunti per
questa via . Niuno diventa grande scellerato
in un momento (t) • Delitti forse a princi-
pio piccolissimi , a principio rimasti occulti
o impuniti, son quelli, che a poco a poco
hanno preparata la strada a delitti maggiori t
e finalmente agli estremi- 4 »V
Il nostro medesimo interesse adunque ci
obbliga ad esser onèsti costantemente , o
private o pubbliche sieno le nostre azioni,
o palesilo nascoste ::(*)♦ E ciò tanto più f-'
perchè comunque nascosto rimaner possa uà*
delitto agli occhi degli uomini , noi sarà mai
certamente a quel supremo Esvere , che tut-
to vede • Ora quest' Essere infinito , qaest'
Essere giusto , benefico , perfettissimo non può
mai certamente approvare up delitto : egli cosi '
facendo troppo contraddirebbe a sè medesimo V
Per quanto adunque %i stia occulto, nìua.
delitto può mal andare del tutto impunito ;
e quand 1 anche sfugga il gastigo degli uoaii-
(1) Così nel bene come nei male nerno re-
pente fit summus ; dice l'antico proverbio .
m (2) Quand'anche uno avesse l'anello di <5i-
ge per rendersi invisibile , dice CICERONE
( : jPj ofjic. Lib. IV. Cap. 3. ) f non avrebbe
a credersi pià lecito il peccare , che non
arandolo- * ■
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ti uomo cristiano .
ni, quello del sapremo Giudice gli è asso-
latamente inevitabile. * .
Nè vale opporre l'esempio d'alcuni illustri
scellerati , che dopo aver Rodato lungamente
il fratto delle loro malvagità , han finito di
vivere senza lasciare indizio d' esser mai stati
.puniti . Questo anzi ci guida a conoscere ,
che dopo la vita presente un'altra di necessi-
tà vi deve essere , ove i giusti e virtuosi sieno
ricompensati , e paniti i malvagi .
Fin qui ci scorge anche la soja ragione.
Sia quanto la rivelazione non avvalora que-
ste importantissime verità! Essa ci fa vedere 9
che quelle leggi dell'onestà, che auche la
. ragione ci manifesta , sono leggi espresse di
Dio medesimo ; essa ce ne intima colle vo-
ci di lui la più rigorosa osservanza ; essa ci
y ; :,ta severamente il contravvenirvi non solo
colf opera , ma anche par col pensiero ; ci as -
sicura , che giudice rigorosissimo Iddio osser-
va agni nostra azione , ogni nostro passo ,
ogni movimento del nostro cuore ; che di
tutto avremo a rendergli uno strettissimo eoo-'
to; che pene atrocissime ed eterne ci stanna
già preparate , ore a siffatte leggi noi man-
chiamo . E qual sarebbe, se a ciò ben ri*
flettesse, l'uomo cristiano, che più ardisse
commettere un delitto ? s
V interesse , che ha ciascun uomo ad esse-
re onesto, lo ha pur anche ad essere virtuo-
so . Oltreché la pubblica estimazione ,il pub-
blico amore , l'impegno pubblico mille como-
di e piaceri prepara all'uomo virtuoso, e di
mille vantaggj lo assicura (1) , il piacere stes-
<i) Bemm omnium, dice CICERONE (Z>e
Offic. Lib* 9. Gap, $.)t me aftius est quic*
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t
1
r Zlìè Vuomo pio •
so di aver fatta una buona azione è il più
paro, più dolce , e più durevole, che l'uomo
aver possa sopra la terra.
' Questi allettamenti dovrebbono certamente
per sè medesimi aver grandissima forza per
invitare qualunque uomo alla virtù . Ma Tuom
cristiano bea più forti e più possenti motivi
ne ha ancora . La beneficenza verso di tutti,
• è fin versa gli stessi nemici , gli è in ogni
luogo espressamente raccomandata dalla sua
legge . Tutti gli nomini si hanno da lui a
riguardare come fratelli \ tutti deve egli amare
come se stesso: la benevolenza scambievole, il
vicendevol soccorso', la carità debb'essere in
certo modo la sna divisa , il suo proprio e
distintivo carattere ; e ciò adempiendo , non i
è la sola estimazione pubblica o la pubblica
riconoscenza il fròtta ch'egli deve aspettarsi 9
al quale anzi non deve nemmeno por men-»
te ; ma è una ricompensa ineffabile , incom-
prensibile , eterna , ch'egli è sicura d v ot tenere»
Questi motivi difatti hanno saputo far si ,
che nella Cristiana religione veduti si sieno
quegli atti eroici e quei prodigiosi esempj di
generosità, di virtù, di beneficenza, che ninii*
altra o setta o religione , e ninna r.igion fi-
losofica ha. mai saputo pradarre . ILI in vera,
in quale a religione , o setta , o filosofìa tro-
terem mai chi spogliata si sia interamente di
tutte le su*? sostanze % e fattosi miserabile per
sollevare i miserabili; chi tutto sè stesso ab-
bia sacrificato a prò delle vedove , o de*papil«
li , o degli orfani , a degl'infermi» o degli ap-
" • • ^ i .
* •
qitam ad opes twendas ae tenendas , quarti
diligi * nec alienai , quam timbri .
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V uomo cristiano . ^ 2^9
pestati ; chi per togliere altri di schiavitù si
sia pasto egli medesimo nelle catene ; chi
abbia data la sua vita po' suoi stessi nemici ,
siccome nella nostra religione infiniti escmp)
di ciò. s'annoverano ? I quali esempì nelPat:*
to che all'uomo cristiano vieppiù dimostrano
l'eccellenza della sua religione , essere gli
debbono ancora per sè medesimi un nuovo ,
e più forte, e più vivo stimolo ad imitarli *
Articolo III.
Ragioni , che Vuomo cristiano ha più (Fogni
altro ad esser pio <
L,
a esi stenda del sapremo Essere non è air
uomo cristiano solamente scoperta dalla ra-
gione f ma dalla vivelazionè paranche espres-
samente manifestata • Delle infinite perfezio-
ni di questo Essere, che la ragione ci fa co-*
noscera % Paomo cristiano ha par nei dommi,.
e nella storia della sua religione le proove
più luminose . La bontà soprattutto e la prov-
videnza da un canto , la possanza e la giu-
stizia dall'altro, e nel vecchiàV nuovo
Testamento si scoprono, ad ógni tratto in una
maniera la più evidente insieme ei più. ammi-
rabile * Ora ciò ben dimostra quanta, ragione
abbia V uomo, cristiano sopra tutt'altri di rin-
graziare , ed amare , e venerare , e temere que-
sto Essete infinito-.
Il culto non meno interno che esterno f
con cui Iddio vuol essere adurato. , è pure a
lai dalla sua religione per le voci di Dio me-
desimo espressamente prescritto ; ed egli non,
ha che a seguirle , sicuro di non ingannarsi •
Ben egli s! ingannerebbe però 9 quando noi*
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3 4o L'uomo pio .
ken intendendo le leggi e lo spiritò della sua
religióne, s'abbandonasse al culto esterno
unicamente ± senza acompagnarvi il eulte in-
terno che più importa; e quando il culto e-
sterno avyilisse con superstizioni puerili, o
tutti riponesse i doveri dell', uom cristiano nel
solo esercizio di questo culto esteriore , tra-
scurando frattanto i doveri più sacri e più
inviolabili di uomo onesto , e di uomo utile
a'saoi simili . Misericordiam volo 9 non sacri-
ficium , gli grida Iddio medesimo ( Osea cap.
6. v. 6,, Matth . cap. 9. i3. ), per fargli
conoscere , non che gli atti del culto este-
riore si debbano ammettere, ma che gli atti
d' illibatissima onestà e di carità vicende-
vole sono i primi a cui de Ve attendère , so-
no quelli che a -'tatti gli altri dee preferire,
sono quelli in fine , da coi per ninna ragio*
»e non deve «ai dispensarsi . '.ir*
\ ' .
del Tanto Quarto
I
* . •
r
# < T • •
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Hi
: 1NDIC E.
*
PARTE I, Emtno saggio . • *»S« ' 9
• SEZIONE I. ■
- : DelV immaginazione • io
CAP. I. Natura e forza dell immagina-
ztone . . ;* iti
CAP. II. Irruenza dell' immaginazione
su* mali dell' animo . j 1 : t£
CAP. IH* Influenza delV immaginazione
sui mali del corpo. 28
CAP. IV. Rimedj ai mali che dairimma-
ginaziortè dipendono * . ^ g L
Art. 1. Rimedio generale : Richiamar
V animo daW immaginazione alla sen-
sazione » iri
Art. II. Che a ciò il maggior ostacolo
è il piacer segreto che pruovasi
1 neW afflizione , 3^
Art. IH. Mezzi meccanici per distoglie*
re V immaginazione daW idea afflit-
t iva > C?JJ
7 T ' X' Mezzi filosofai per prevenire
Ì* "lfli?i°nj9 0 dissiparle . Jjj
CAP. V. Jtiimedj deli' immaginazione a i
f*»'J nali * Che da lei non Spendono. 6q
CAP. VI. Piaceri delV immaginazione . nk
• , SfeZIQlMi n b ^
Z'eife Passioni. - Q
r^n ?;°7 g " IC C ngf " ra rfg//g Passioni, m
CAI*. II ^morc , e oa,o <fo no £ ste S « . oi
4, Aut. I. Jmbr di nwt stessi . 53
Aìit. II. Orfto di noi stessi. ^
r a p /v S r S°.$° * " mi7fà ' *W • ' * ioi
ìaAt . IV. f'omfa , modestia , cura o dis-
dell'estimazione. • 107
CAP. V. Desiderio, contentezza. n5
Google
34* *\
CAP* VI* Amore delle ricchezze y del sa-
pere, della gloria , delle dignità, del
potere , e del piacere . 1Z1
r , Art I. Amore delle ricchezze . in
Art. IL AmQr del sapere * iSy
+ Art. III. ^mor della gloria ; ; i4*
Art. IV- Amor degli onori f e del po-
tere . * i44
Art. V* Amor del piacere. .1 i4§
$AP* VII. Speranza , timore ^coraggio ,
ardimento* « i53
Art. I. Speranza . . . * * - ivi
A\t. IL TiiffORr ■,. ... ^ 1.57
Art. III. Coraggio 9 ardimento ^ 161
£ÀP. Vili, /ra , oaia f antipatia , fodte-
^nazione 162
Art. L /ra . ivi
Art. IL-Orfift , antipatia. , 182
Art. III. lndegna%ione. % . t i« 186
CAP. IX. Invidia , emulazione, ecogni-
zione di noi stessi . 187
Art. I., Invidia v , : ';. ..• ; TT^ ? ivi
Art. IL jÈmuJaztone • ' # . » 191
Art. IH. Cognizione di n$i stessi . i§3
CAP. X. Malinconia 9 ilarità, , felicità . gpo
Art^ I. JfaffyuHinia » ^ ^ jg
Art. H» Ilarità . , » "\? - iatoò
Art. HL Felicità . ... :\ t # 2o4
PARTE IL Uuamp'^roho f r^ go 7
— ; " seziotnk 1,, . y r. ■
' ''Origine delle, società de\cos tu mh , • . ' »
dei precetti intorno al Imo regola- T
mento-. , \ v a >
CAP, L Stabilimento delle società*. . ivi
CAP. IL Origine^ e p r ogressi de' costumi :
corris pèndente ali origine e progres*- w
f si delle società . , *• — .gi4
i . * t LJ « — s ^
Google
\ 343
CAP. TU. Origine delle leggi , e de'pre-
celti intorno accostumi • . m ~ 22 3
; .'SEZIONIMI. >
Dei doveri . 234
CAP. I» Doveri generali di uomo a uomo . 255
Art. L Doveri negativi . \\ j v j;
Art. IL Doveri positivi . • ' 256
CAP. IL Doveri scambievoli tra gli
amici . 261
Art. L Scelta degli amici . ivi
Art. II, Doveri delV amicizia . 269
CAP, III. Doveri verso i benefattori . 274
CAP. IV. Doveri scambievoli fra 1 con-
giunti. 277
Art. L Doveri fra 9 conjngati . ~~~~~ ivi
Art. IL Doveri de^genitori verso de'Jìgli. 279
Art. IIL Doveri d^Jigl{ verso de
nitori « ' 288
Art. IV- Doveri scambievoli tra' fra-
telli . . ! 290
CAP. V. Doveri verso la patri* e la so ■
cteta
CAP. VL Z?e/ giudice interno della bon -
tà , 0 malvagità delle nostre azioni f
ossia della coscienza . ~ ^ 294
SEZIONE - III. ^
CAP. 1, > Delle Virtù in generale . • * m
CAP- II, JPg//e Virtù sociali iq, partico -
/gre f e primieramente della bene/i-
cenza » 3o4
CAP. IIL Cortesia . 3i2
CAP. ly. Prudenza . 3i4
P ARTE IIL Vuomo pio . 5 2 5
CAP. 1 De W uomo pio in generale . 3z6
CAP il. DeWuomo cristiano in panico -
Google «
344
Art. I. Ragioni , che V uomo cristiano
ha più tfogn* altro ad esser saggio . 330
AaT. li- Barioni , che V uomo cristiano
ha pià «f* ogn* altro ad esser probo . 334
Art. III. Razioni che l*uomo cristiano
ha pià d y ogrì altro ad esser pio . 38
RE1MPRIMATU R,
■
Si videbitar Reverendi Patri Magistro
Sacri Palatii Apo stolici .
Can&dus M* Fruttini Archiep. Philipp*
Picesg*
RE IMPRIMATUR,
Fr. Philippns Anfiossi O.P. Magist. Rmi.
P. M. S. P. Apost. ,
fi
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